Maggio 9th, 2017 Riccardo Fucile
L’ALTRO CANDIDATO ALLA SEGRETERIA FAVA: “CON I RADICALISMI FORSE RIEMPI LE PIAZZE MA PERDI LE ELEZIONI, SI TORNI A PARLARE DEL NORD”… FAVA E’ RIUSCITO, NONOSTANTE I BOICOTTAGGI, A RACCOGLIERE LE FIRME NECESSARIE: 1.055 CONTRO LE 6.925 DEL SEGRETARIO… SALVINI E’ NERVOSO: “SE NON OTTENGO PIU’ DELL’80% MI DIMETTO”… ECCO CHI STA CON FAVA
«Non sono disponibile a fare il segretario della Lega con il 51%. Se alle primarie non raggiungo la cifra che ho in mente, al congresso di Parma faccio un passo indietro». Così Matteo Salvini che oggi ha parlato al consiglio federale della Lega dopo la sconfitta della sua alleata Marine Le Pen in Francia.
E’ arrivata la conferma che il suo sfidante interno Gianni Fava, mantovano, assessore lombardo all’Agricoltura, ha superato le 1000 firme tra gli iscritti necessarie per correre alle primarie de 14 maggio.
Salvini in mattinata con i suoi più stretti collaboratori ha messo nero su bianco il suo paletto. E, raccontano fonti leghiste, ha mostrato il biglietto con indicata la soglia da superare: «Se non raggiungo l’80% torno a essere un semplice militante come ho fatto per 30 anni (non a lavorare, tranquilli, ma mantenendo i 12.000 euro al mese da parlamentare europeo)
E ancora, in pieno psicdramma: “la mia sfida è per l’egemonia nel campo del centrodestra. Se qualcuno ha nostalgia di una Lega al 3% in ginocchio da Berlusconi, si cerchi un altro segretario».
A onor del vero ha ereditato un partito al 4,3%, ma che qualche anno prima, nella versione “indipendenza della padagna” aveva raccolto i suoi voti attuali.
Parole dure, sintomo di un momento difficile. Questo inizio maggio, nei piani del leader leghista, doveva andare in modo molto diverso.
E ora nel mirino c’è Berlusconi: «Come si fa a fare un’alleanza con uno che è contento della vittoria di Macron? In ogni caso, se resta il Consultellum a noi conviene correre da soli».
Salvini è parso seccato per le critiche interne alla linea lepenista e sovranista che ha portato avanti negli ultimi anni: «Il nostro nemico è l’Europa, e Marine è l’alleata più preziosa che abbiamo. Questa è la mia linea».
I suoi avversari interni prendono la palla al balzo: «Sono riuscito a fare un’impresa con 1055 firme, grazie ad altrettanti coraggiosi che si sono presi questo rischio», sorride Fava. «Le strutture del partito sui territori hanno lavorato per il segretario uscente e ci hanno reso la vita difficile. Ma ce l’abbiamo fatta».
Nel dettaglio, Salvini ha raccolto 6925 firme, Fava 1055 di cui 735 in Lombardia.
«Da oggi cambia tutto: il progetto sovranista va ripensato completamente, dobbiamo fare tesoro dell’esperienza francese: con i radicalismi magari riempi le piazze, ma poi perdi le elezioni. Alle primarie ci sarà l’occasione di tornare a parlare di Nord e di indipendenza, e questo farà bene alla Lega, perchè consentirà a tanti militanti di restare nel partito».
A sostegno di Fava nelle settimane scorse si è schierato il fondatore Umberto Bossi.
E anche il governatore Roberto Maroni negli ultimi giorni su Facebook ha postato il suo vecchio slogan “Prima il Nord”, foto di Pontida (commentando: «Emozioni mai spente») e la notizia della candidatura di Fava.
Oggi commenta: «Le primarie saranno una grande operazione di democrazia che fa onore a Salvini che le ha volute. E’ molto interessante perchè si confrontano due visioni che sono quelle della Lega, ma con accenti piuttosto diversi».
Maroni, almeno per ora, non si schiera ufficialmente. Ma nella sua città , Varese, Fava ha fatto incetta di firme superando le 130 su 700 militanti.
E tra i principali sostenitori dello sfidante ci sono diversi dirigenti che facevano parte della corrente maroniana dei Barbari sognanti: dal deputato romagnolo Gianluca Pini al consigliere regionale dell’Emilia Fabio Rainieri e al trentino Maurizio Fugatti. Anche il presidente del Copasir Giacomo Stucchi ha dato una mano a Fava nella raccolta firme nella sua Bergamo e non nasconde la sua simpatia.
Dunque Fava è riuscito a rimettere insieme Bossi e Maroni? «A me interessa salvare la Lega, se poi Umberto e Roberto fanno pace mi fa molto piacere…», spiega il candidato.
Ora la parola passa agli iscritti il 14 maggio. Il 21 a Parma il congresso del Carroccio«Domenica mi auguro grande partecipazione alle primarie (in realtà votano solo gli iscritti “militanti”). Ogni militante potrà scegliere se riconfermarmi alla segreteria oppure no” ha concluso Salvini.
Ma ormai è evidente che c’è un fronte interno che si sta rafforzando contro la sua linea politica.
Andrea Carugati
(da “La Stampa”)
argomento: LegaNord | Commenta »
Maggio 9th, 2017 Riccardo Fucile
L’AD NON PARLA, DE BORTOLI NON FORNISCE PROVE, LA BANCA SMENTISCE: SE ERA UN MODO PER GARANTIRE LE VENDITE DI UN LIBRO E’ PERFETTAMENTE RIUSCITO
La vicenda su cui si sta esibendo da ore la “peggiore politica” italiana (poi non meravigliatevi se arriva un Macron e sbaraglia il campo) è fondata sulla sabbia mobile.
Ferruccio de Bortoli accusa la Boschi di aver chiesto all’ad di Unicredit Ghizzoni di “salvare” Banca Etruria acquisendola: è attendibile la sua versione?
A favore del sì sta il fatto che è un giornalista quotato e puo’ aver raccolto indiscrezioni.
A sfavore giocano due elementi: che è un nemico “dichiarato” di Renzi e lo fa in un libro che ha scritto e da cui deve ricavare un guadagno.
Domanda: perchè non lo ha scritto al momento del fatto e ha atteso di pubblicare un tomo?
La Boschi ha replicato passando la pratica ai legali per querelare l’autore della affermazione e chi la fa sua, senza elementi probanti.
Non poteva fare altro perchè, a torto o a ragione, si ritiene infangata nel suo onore.
Se è innocente ha fatto non bene, ma benissimo.
De Bortoli non ha fornito finora alcun elemento atto a provare la sua accusa: se non lo farà si può certificare che in Italia si può diffamare chiunque senza provare le accuse.
E non ci pare un gran giornalismo.
Mentana , uno che se ne intende, ha parlato di notizie “de relato”, in pratica De Bortoli avrebbe raccolto “testimonianze indirette”.
Sono quei “sentito dire” che hanno portato in carcere innocenti, poi prosciolti ai processi.
Non ci piace questo giornalismo, chi fa inchieste deve produrre testimoni e prove, altrimenti taccia.
L’ad Ghizzoni finora non ha detto nulla, ma in serata fonti vicine alla banca informano che “Unicredit come sua abitudine non commenta il caso”. Sostengono però di “non aver subito pressioni per esaminare nessun dossier bancario, incluso quello in questione”.
Quindi di che si sta parlando?
Di fatti concreti o di una operazione commerciale per vendere un libro?
Nelle prossime ore attendiamo una risposta .
Nel frattempo abbassiamo l’audio di quella pletora di imbecilli, di professione politici, che urlano solo per nascondere il vuoto politico che rappresentano.
argomento: denuncia | Commenta »
Maggio 9th, 2017 Riccardo Fucile
LA CORTE INTERNAZIONALE DENUNCIA I LEGAMI TRA IL TRAFFICO DI ESSERI UMANI E LE RETI TERRORISTICHE LIBICHE
“Il vero problema è in Libia. Abbiamo notizie di violenze indicibili, di stupri e torture, migranti costretti a seppellire vivi altri migranti feriti”.
Flavio Di Giacomo, portavoce italiano dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, denuncia il dramma di chi aspetta di imbarcarsi dall’altra parte del Mediterraneo in un’intervista alla Stampa.
“Questo è il vero fattore di spinta. Tanti riescono a lasciare la Libia, ma la maggior parte di loro affronta il rischio del mare”.
Un’emergenza sulla quale interviene anche la Corte Penale Internazionale dell’Aja, che parlando davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dichiarato la sua intenzione di aprire un’inchiesta sui crimini commessi contro i migranti proprio in Libia. Un Paese diventato “mercato per i trafficanti di esseri umani”.
L’analisi del portavoce dell’Oim arriva dopo un weekend nero, con oltre duecento persone morte in due naufragi. Ma le vittime potevano essere ancora di più: “Sono arrivati in 6.600, i soccorritori hanno fatto un lavoro eccezionale”.
E chi è riuscito a sbarcare portava i segni di torture: “Si tratta di violenze razziali, perchè le vittime sono tutte di colore”.
Dall’inizio dell’anno, spiega Di Giacomo, l’Oim ha calcolato 1.222 morti in mare, contro i 960 dello scorso anno: “Ma in percentuale sono diminuiti, perchè ora ci sono diecimila arrivi in più”.
L’organizzazione poi insiste sullo scarso impegno di Bruxelles nel far fronte all’emergenza migranti, che l’Italia si trova quindi a fronteggiare da sola. “Manca la solidarietà dell’Unione Europea, altrimenti questo fenomeno si potrebbe gestire”, precisa Di Giacomo, sottolineando che i 181mila arrivati lo scorso anno sono “lo 0,3% della popolazione italiana”.
Sulla ragione dell’aumento, il portavoce dell’Oim ricorda: “A ottobre i trafficanti dicevano ai migranti che finito l’addestramento della Guardia costiera libica da parte dell’Italia, li avrebbero ripresi tutti e rimandati indietro. Potrebbe essere una ragione”. Per Di Giacomo, poi, “il fattore attrazione non esiste: nel 2015, finita Mare Nostrum, ci fu un aumento di arrivi e di morti. Quell’aprile arrivarono in 16mila, adesso siamo a 12.900“.
E il tema delle torture subite dai migranti arriva anche all’Onu, con le dichiarazioni della giurista gambiana e procuratrice capo della Corte penale internazionale Fatou Bensouda.
Parlando davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha denunciato i legami tra il traffico di migranti, lo sviluppo della criminalità organizzata e le reti terroristiche del Paese nordafricano.
La Corte, poi, sta raccogliendo le prove sui crimini commessi all’interno dei centri di detenzioni, già segnalati in alcuni rapporti: stupri, omicidi e torture. Gli stessi riferiti dall’Oim.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Maggio 9th, 2017 Riccardo Fucile
PER RIANIMARE SALVINI, MELONI E DI MAIO ORA CI VORRANNO I SALI… POI ZUCCARO DICE LA SOLITA COSA ORIGINALE: “C’E’ UN INTERESSE DELLA MAFIA NELLA GESTIONE DEI PROFUGHI”… LO SA CHIUNQUE LEGGA I GIORNALI
“Le mie osservazioni sui rapporti tra trafficanti e Ong è stata fraintesa, la mia era solo una ipotesi investigativa”: ho ha detto questo pomeriggio il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, in audizione alla Commissione Antimafia, rammaricandosi che qualcuno abbia voluto speculare sulle sue parole per motivi politici.
Poi ha parlato dell’interesse della criminalità organizzata nella gestione dei profughi:«C’è una massa di denaro destinata all’accoglienza dei migranti che attira gli interessi delle organizzazioni mafiose e dico questo sulla base di alcune risultanze investigative», sottolineando comunque come «sia sbagliato ritenere che la mafia operi dovunque, perchè così rischiamo di aumentare l’aurea di onnipotenza».
In sostanza quanto si può comunemente leggere sui media da qualche anno a questa parte, nulla di più.
Poi una proposta: “se sulle navi delle Ong che ha fatto vi fossero unità della nostra polizia giudiziaria avremmo già preso i trafficanti e li avremmo già nelle nostre galere» ha aggiunto ribadendo che «l’obiettivo delle indagini non sono le Ong ma i trafficanti ed alcune recenti modalità del traffico li stanno favorendo».
Questi criminali, ha aggiunto, «sono autori di violenze inaudite e del tutto gratuite».
Qui Zuccaro però dimentica che ormai la maggior parte dei barconi arrivano senza uno scafista, come da risultanze delle forze dell’ordine, ma guidate fino al confine delle acque territoriali libiche da una barca d’appoggio dove poi lo scafista trasborda, lasciano le istruzioni di rotta ai profughi per l’ultimo tratto, prima di essere avvistate dalle navi della marina italiana e delle Ong.
In sostanza non serve avere a bordo la polizia perchè non ci sarebbe nessuno da arrestare. E nei rari casi in cui ci fosse, cambia poco se lo scafista viene arrestato a bordo o a terra.
I problemi sono altri, come ad esempio la collusione della Guardia costiera libica con i trafficanti: su questo Zuccaro farebbe bene a spendere il suo tempo.
(da agenzie)
argomento: emergenza | Commenta »
Maggio 9th, 2017 Riccardo Fucile
IL PADRE PARLA DI “TRADIMENTO E DI DECISIONE DESOLANTE”… IL FRONT NATIONAL RISCHIA DI SFASCIARSI
Marion Marechal-Le Pen ha comunicato la sua decisione di lasciare la politica alla zia Marine Le Pen, secondo quanto riferisce Le Parisien.
Marion ha parlato alla zia di “scelta personale”, di desiderio di “cambiare vita”. Marine le avrebbe risposto: “rispetto la tua scelta. Conosco i sacrifici che la politica esige”.
In una lettera inviata al Dauphinè Libèrè, Marion Le Pen parla di una “pausa” dalla politica, ma precisa che la sua rinuncia “non è definitiva”. “Conoscete la mia storia, sapete che da sempre il mio mondo è quello della politica. A 27 anni, è ancora tempo per uscirne un pò (…) Penso che l’epoca dei politici sconnessi dalla vita reale con decenni di mandati elettivi sia finita”, ha spiegato.
Jean-Marie Le Pen in una dichiarazione al Figaro.fr. “A meno che non ci sia un motivo gravissimo per questa decisione, considero che sia una diserzione (…) Che in piena battaglia per le elezioni politiche, una delle personalità più amate e ammirate del movimento molli, rischia di avere conseguenze terribili. Spero che le abbia misurate. In piena battaglia politica, la trovo una decisione desolante”.
(da agenzie)
argomento: Europa | Commenta »
Maggio 9th, 2017 Riccardo Fucile
“IL M5S CERCA DI NASCONDERE LA MONNEZZA NELLE STRADE DI ROMA E LO SCANDALO DI PALERMO”
Non si fa attendere la replica di Maria Elena Boschi alle anticipazioni del libro di Ferruccio De Bortoli.
L’allora ministra delle Riforme e attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha sempre negato di essersi interessata alle vicende della banca di cui il padre era vicepresidente.
E torna a farlo anche ora: “La storia di Banca Etruria viene ciclicamente chiamata in ballo per alimentare polemiche. Vediamo di essere chiari: non ho mai chiesto all’ex AD di Unicredit, Ghizzoni, nè ad altri, di acquistare Banca Etruria. Ho incontrato Ghizzoni come tante altre personalità del mondo economico e del lavoro, ma non ho mai avanzato una richiesta di questo genere. Sfido chiunque e ovunque a dimostrare il contrario. E siccome sono stupita per questa ennesima campagna di fango, stavolta ho affidato la pratica ai legali per tutelare il mio nome e il mio onore. Chi è in difficoltà per le falsità di Palermo o per i rifiuti di Roma non può pensare che basti attaccare su Arezzo per risolvere i propri problemi”, scrive su Facebook la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio.
Interviene anche il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato: “È vergognoso e strumentale l’attacco M5s a Boschi teso unicamente a coprire i disastri di Roma o l’inchiesta sulle firme false a Palermo. Si occupino dei problemi della gente e non di fare gli aspiranti pm, visto che non hanno nè le qualità morali nè le capacità giuridiche”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: denuncia | Commenta »
Maggio 9th, 2017 Riccardo Fucile
ANTICIPAZIONI DEL LIBRO “POTERI FORTI (O QUASI)?”… LA MINISTRA HA SEMPRE SMENTITO DI ESSERSI INTERESSATA ALLA BANCA DI CUI IL PADRE ERA VICE-PRESIDENTE
Pubblichiamo alcuni stralci dell’ultimo libro di Ferruccio De Bortoli, “Poteri forti (o quasi). Memorie di oltre quarant’anni di giornalismo” (edizione I Fari), in uscita l’11 maggio.
In un passaggio, De Bortoli parla del ruolo dell’allora ministra per le Riforme, Maria Elena Boschi, nella vicenda di Banca Etruria, di cui il padre era vicepresidente. La ministra, secondo quanto scrive De Bortoli, chiese all’allora amministratore delegato di UniCredit, Federico Ghizzoni, di valutare una possibile acquisizione della banca aretina.
Scrive De Bortoli:
“L’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all’amministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere”.
Così continua De Bortoli
L’industriale delle scarpe Rossano Soldini mi ha raccontato di aver avuto molti sospetti sul ruolo della massoneria locale nella gestione dell’istituto. Elio Faralli, che ne fu padre-padrone per circa 30 anni, fino al momento in cui fu costretto a lasciare il timone a Giuseppe Fornasari, era notoriamente un massone.
Soldini fece molte domande scomode, in particolare sul ruolo del consigliere Alberto Rigotti, il cui voto, probabilmente invalido, fu decisivo per eleggere Fornasari. Rigotti ebbe prestiti dalla banca, mai rientrati, e finì in bancarotta con il suo gruppo editoriale. I consiglieri dell’Etruria godettero di affidamenti per un totale di 220 milioni. Gli organi statutari erano del tutto ornamentali.
Non sarebbe il caso di chiedersi se anche legami massonici o di altra natura non trasparente siano stati all’origine della concessione di troppi crediti facili e della distruzione di molti piccoli risparmi?
A maggior ragione ora che alcuni istituti di credito vengono salvati con i soldi dei contribuenti?
Alessandro Profumo, ex presidente del Monte dei Paschi, il 15 giugno 2016, durante la presentazione del libro di Fabio Innocenzi Sabbie mobili. Esiste un banchiere per bene? (Codice, 2016) rispondendo a una domanda sul tracollo del Monte dei Paschi se ne uscì con questa frase: «La colpa è tutta della massoneria». Se ne parlò poco. Profumo mi spiegherà poi di avere avuto sempre la sensazione che ci fossero fili sotterranei, strane appartenenze.
E che il sospetto dei legami massonici emergesse soprattutto quando si trattava di assumere qualcuno, constatando i diffusi malumori per un no inaspettato. E ha usato un esempio dalla Settimana Enigmistica. Unisci i puntini e scopri il disegno. Ma quanti sono i puntini? E qual è il disegno?
D’Alema, Cuccia e il futuro di Mediobanca
La privatizzazione di Telecom, nel 1997, può essere considerata un punto di svolta nella storia industriale del Paese. Era la condizione per poter entrare nell’ Unione monetaria. Il ticket dell’ ammissione. Salato. Prevista dall’ accordo Andreatta-Van Miert.
Il gruppo Agnelli vi partecipò distrattamente, con l’ Ifil che ebbe una quota modesta del cosiddetto «nocciolino». Cesare Romiti era favorevole a una maggiore diversificazione del gruppo torinese: «Ma Agnelli voleva concentrarsi sull’ auto e la famiglia temeva che fosse un modo attraverso il quale avrei potuto espropriare l’ azienda».
«Telecom all’ epoca era la migliore d’ Europa», ricorda Fabiano Fabiani, amministratore delegato della Finmeccanica, «dava lavoro a centomila persone, non aveva debiti, fu la prima a introdurre la fibra ottica». E, aggiungiamo noi, aveva contribuito a rendere l’ Italia – insieme alla Omnitel generata dalla Olivetti – il Paese europeo più avanzato, competitivo ed efficiente nel settore della telefonia cellulare.
La designazione del primo presidente della Telecom privata, Gian Mario Rossignolo («un estraneo al business», lo definisce Fabiani), fu la prova della scarsa volontà dei nuovi azionisti, che in totale controllavano solo il 6 per cento. Insomma, dei privatizzatori controvoglia. Con il braccio corto.
E scelsero la persona sbagliata. La debolezza azionaria esporrà il gruppo alla famosa scalata dei «capitani coraggiosi», guidati da Roberto Colaninno che, nel febbraio del 1999, lanciò un’ Opa da 100 mila miliardi di lire.
Il presidente del consiglio, Massimo D’ Alema, convocò una riunione con il ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi, il titolare dell’ Industria, Pier Luigi Bersani e quello delle Finanze, Vincenzo Visco. Era stato chiesto alla Guardia di finanza di indagare sui componenti della cordata, senza trovare nulla.
Si decise, con una lettera di Ciampi all’ allora direttore generale del Tesoro Mario Draghi, l’ atteggiamento che il governo, in parte azionista, avrebbe avuto nella vicenda. Un’ operazione di mercato, certo. Ma avventata perchè caricava inesorabilmente di debiti, per il 70 per cento dell’ Opa, la società .
Un’ operazione finanziata con il debito bancario e con l’ incasso ottenuto dalla cessione di Omnitel e di Infostrada ai tedeschi di Mannesmann e con un aumento di capitale della Olivetti per 2,6 miliardi di euro.
Un ruolo decisivo lo ebbe, come advisor , Mediobanca. Ricordo, come esemplare di una nuova era un po’ muscolare e aggressiva, l’ episodio del tappo di champagne che esce da una finestra di Mediobanca, durante i festeggiamenti per il successo dell’ offerta.
Carlo Mario Guerci, economista consulente dell’ operazione, ne andava fiero: «Si sono aperte le finestre del capitalismo». Potevano tenerle chiuse, risposi.
Qui si compie un passaggio decisivo nel cambiamento di pelle dell’ istituto di via Filodrammatici. Un segno del declino, anche nel giudizio di Cesare Geronzi che di Mediobanca sarà poi presidente. Massimo D’ Alema, presidente del Consiglio dal 1998 al 2000, aveva avuto l’ opportunità di conoscere Cuccia a casa di Alfio Marchini.
E negli incontri si era parlato anche del futuro dell’ istituto e della determinazione del presidente onorario di vedere il proprio delfino, Vincenzo Maranghi, come suo naturale successore. Il potere peraltro lo aveva già di fatto in mano. Cuccia andò una volta a trovare D’ Alema a Palazzo Chigi, insieme a Maranghi, ma decise di non farlo entrare nello studio del capo del governo.
Lo lasciò fuori. «Sì è vero», ricorda D’ Alema, «volle parlare a tu per tu con me. Discutemmo del futuro di Mediobanca. Io gli proposi come presidente Mario Draghi. A mio parere, l’ istituto doveva cambiare pelle e ridisegnare il capitalismo italiano. Non poteva limitarsi a essere la cassaforte che garantiva il controllo di pochi grandi gruppi. Gli dissi: normalizzatevi e la persona giusta è Draghi». E il presidente onorario di Mediobanca come reagì?
«Apprezzava Draghi ma difese Maranghi, con affetto quasi paterno, mi descrisse il suo carattere di uomo mite ma determinato. E poi mi chiese di farlo entrare».
Cuccia morirà poco dopo, il 23 giugno 2000. Nella ricostruzione di Geronzi, Cuccia accettò di sostenere l’ Opa dei «capitani coraggiosi» in cambio della continuità di Mediobanca. «Io non chiesi a Cuccia di sostenere Colaninno», aggiunge D’ Alema, «e ci tengo a dire in questa circostanza, perchè di leggende sulla Telecom ne ho lette molte, che non conoscevo nessuno dei protagonisti dell’ Opa.
Colaninno l’ ho conosciuto in seguito. Cuccia mi disse che la situazione era insostenibile, che l’ azienda andava malissimo, senza una vera proprietà . Cuccia riteneva insopportabile l’ arroganza di Umberto Agnelli. Volevano che impedissi l’ Opa. Chiedemmo un parere al Consiglio di Stato, c’ era un problema di normative europee.
La scelta del governo, anche per la propria quota, fu di neutralità . Nè aderire nè sabotare. Si scatenò il finimondo. De Benedetti, in odio a Colaninno, fece il diavolo a quattro. E sa chi fu l’ unico a non fare pressioni? L’ avvocato Agnelli, il quale mi disse che l’ establishment di questo Paese, mediocre e vendicativo, lo definì così, me l’ avrebbe fatta pagare».
Nel 2001 la quota degli scalatori, con un’ ingente plusvalenza, verrà rilevata dalla Pirelli di Marco Tronchetti Provera e da Edizione dei Benetton. A un prezzo elevato, seppur in linea con i multipli dell’ epoca, corretto dopo lo choc planetario delle Torri Gemelle. Tronchetti fu sfortunato, non amato dal centrosinistra, ma commise anche degli errori. «Gli dissi un giorno», ricorda ancora Geronzi, «che non era un imprenditore. Era un buon manager e ha trattato bene con i cinesi di ChemChina, salvaguardando il suo ruolo».
Il debito di Telecom al 30 settembre 2001 era di 22,6 miliardi, mentre quello di Olivetti era di 17,8. Complessivamente gravava sul gruppo un debito di 40,4 miliardi. (…) Nel 2007, al termine della gestione Tronchetti, era di 35,7 miliardi. Gilberto Benetton ammette oggi che l’ investimento in Telecom fu un grosso errore. «Ma può capitare».
La perdita? Circa due miliardi.
Del resto il suo gruppo è stato il protagonista delle privatizzazioni meglio riuscite. (…) «Ricordo che un giorno», continua Benetton, «chiamai Umberto Agnelli perchè noi volevamo solo Autogrill, la grande distribuzione non ci interessava. E lui mi rispose che Autogrill l’ aveva già promessa a un fondo inglese. Ma non era vero, era solo un modo per tenerci lontani. Il gruppo Agnelli, nelle privatizzazioni, non aveva molta voglia di pagare». (…)
Le privatizzazioni tutti le chiedevano, tra gli industriali, pochi però erano pronti a mettere mano al portafoglio e rischiare in proprio. Afferma Fulvio Coltorti, ex direttore dell’ ufficio studi di Mediobanca, che le privatizzazioni furono viste da gran parte dell’ impresa privata italiana come un affare eminentemente finanziario, raramente industriale.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Maggio 9th, 2017 Riccardo Fucile
ALL’OMBRA DELLA REGIONE: IL GOVERNATORE CHE VUOLE FUGGIRE ALLA GIUSTIZIA
Roberto Maroni è un ottimo passepartout: basta aver lavorato una volta per lui per vedersi spalancate le porte delle società controllate o partecipate da Regione Lombardia.
Così è successo a Luca Morvilli, l’esperto in comunicazione olistica che nel 2013 ha contribuito alla sua vittoriosa campagna elettorale per le regionali.
Tra il 2014 e il 2016, Morvilli ha ottenuto tre consulenze in tre anni da due società controllate dalla Regione, per un importo totale di 192 mila euro.
Il primo a ingaggiarlo è stato Eupolis — l’istituto di ricerca, statistica e formazione della Regione — che gli ha commissionato lo sviluppo di “una strategia di comunicazione olistica, nell’ambito del Programma di attività Ufficio Studi”. Il contratto prevede un compenso di 48 mila euro in 10 mesi.
Nel 2015 e nel 2016 Morvilli fa il bis con Ferrovie Nord Milano SpA, la holding che gestisce i trasporti ferroviari lombardi, guidata dal leghista ed ex segretario generale della Regione Andrea Gibelli.
I contratti — di cui Business Insider è in grado di dare conto in esclusiva — sono due: nel 2015 Fnm affida a Morvilli una consulenza di sei mesi per il “riposizionamento del brand Fnm”. Valore: 48 mila euro, come era già accaduto per Eupolis.
Nel 2016 l’esperto in comunicazione raddoppia impegno e stipendio: la consulenza annuale vale 96 mila euro, ma qualcosa va storto e il 31 ottobre 2016 il contratto viene rescisso in anticipo.
Alla fine Morvilli incasserà “soltanto” 26 mila euro. Fnm — un po’ come la Cia — non conferma e non smentisce le cifre: durante l’ultima assemblea degli azionisti dello scorso aprile il presidente Gibelli si è limitato a ribadire che «la comunicazione olistica è una cosa seria».
Silenzio anche da parte di Morvilli, al quale abbiamo chiesto — fra l’altro — se avesse mai lavorato con società partecipate o controllate da Regione Lombardia prima dell’insediamento di Maroni.
“Le clausole di riservatezza previste dai contratti — ci ha scritto — non mi consentono di rispondere”.
Secondo Isabella Votino, portavoce del Governatore Maroni, “le collaborazioni di Morvilli con Eupolis ed Fnm non sono certamente state decise dal Presidente”.
Il pupillo del governatore
L’esperto in comunicazione olistica, in ogni caso, è un “amico alle prime armi” se paragonato al vero pupillo di Bobo Maroni, il suo confidente e avvocato personale Domenico Aiello.
Nel 2015 il legale calabrese ha ottenuto almeno due consulenze da Fnm: la prima, come si legge nel verbale dell’assemblea degli azionisti del 2016, “ha ad oggetto la costituzione in un procedimento penale ed ha un corrispettivo, valutato secondo tariffa, per la fase del giudizio per massimi 100.000 euro a seconda delle udienze; (…). La seconda consulenza ha un ammontare massimo di 50.000 euro».
Tutto normale, si penserà , se non fosse che il giorno prima dell’assemblea Aiello negò di aver ricevuto incarichi dalla holding dei trasporti lombardi.
“Me lo ricorderei — disse al Fatto Quotidiano — Al massimo potrei essere stato pagato per le spese legali come controparte di Fnm, ma non ho firmato nessun contratto con Norberto Achille (ex presidente della holding, finito male per una storia di “spese pazze”, ndr) per una consulenza legale”. Aiello, insomma, era consulente di Fnm a sua insaputa.
Gli albori
Il sodalizio tra Aiello e Maroni risale ai tempi del Ministero degli Interni, quando il non ancora governatore della Lombardia fu indagato per finanziamento illecito ai partiti (la sua posizione fu poi archiviata).
Da quel momento, il legale si è trasformato nel “Mr Wolf” personale del Presidente e ha gestito una lunga serie di patate bollenti: lo scandalo dei diamanti comprati con i fondi del Carroccio; la costituzione di parte civile di Regione Lombardia nel processo Maugeri: un compito che Aiello ha svolto bene, ottenendo dal tribunale, come scrive in un’interrogazione il consigliere regionale del Pd Bruni, il versamento di circa “15mila euro di spese legali alla Regione» a fronte di una parcella da 188 mila euro (pagata con soldi pubblici).
Una cifra «spropositata», secondo Bruni che si è rivolto alla Corte dei Conti per danno erariale
Non basta, Aiello ha ricevuto dal Pirellone incarichi anche nel processo contro l’ex capo di Infrastrutture Lombarde, Antonio Giulio Rognoni, in quello per i danni dell’ex enfant prodige della Lega, il consigliere Fabio Rizzi, accusato di aver intascato tangenti da Maria Paola “Lady Dentiera” Canegrati.
Non mancano poi le consulenze alle altre controllate della Regione: oltre alla già citata Fnm, Aiello viene arruolato anche da Aler (nel 2013) e da Pedemontana.
Il processo a Maron
Ma dove il rapporto tra Maroni e Aiello si dimostra granitico è nel processo che vede imputato i Bobo per induzione indebita e turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente.
Secondo il pm Fusco, Maroni avrebbe fatto ottenere un contratto di lavoro in Eupolis a una ex collaboratrice (Mara Carluccio) e avrebbe fatto pressioni affinchè un’altra sua ex collaboratrice (e per i pm, sua amante), Maria Grazia Paturzo, partecipasse a un viaggio istituzionale a Tokyo a spese di Expo.
Quando il presidente della Lombardia scopre di essere indagato dai pm Fusco e Addesso nomina immediatamente Aiello — à§a va sans dire — suo difensore personale, il quale giustamente inizia le sue lecite e doverose indagini difensive.
Chiede quindi alcuni documenti a Expo spa, ma il cda della società ne fornisce solo una parte. Pur di averli, Aiello si rivolge in procura, lamentando di non riuscire a ottenere le carte.
Tuttavia, anche i magistrati milanesi ritengono che quei documenti non siano necessari nè pertinenti all’inchiesta. A quel punto Maroni, con un colpo a sorpresa, decide di far dimettere il rappresentante della Regione nel cda di Expo spa, Fabio Marazzi, sostituendolo con chi? Esatto, proprio con l’avvocato Domenico Aiello, che da quel momento, in qualità di consigliere avrà accesso a tutte le carte della società .
In molti allora sottolinearono quanto fosse quantomeno inopportuno che nel cda di Expo spa sedesse l’avvocato di un indagato, azionista di Expo spa, finito nelle pesti proprio per aver fatto presunte pressioni sulla società .
Per Maroni questo conflitto non c’è mai stato e ha tirato dritto, facendo guadagnare da allora ad Aiello 27 mila euro l’anno come membro del board della società .
Torniamo a oggi: quel processo si sta celebrando (si fa per dire) in questi giorni e, in caso di condanna, Maroni decadrebbe dalla sua carica in base alla legge Severino.
In realtà non si sta celebrando affatto, visto che le udienze saltano una dopo l’altra a colpi di legittimo impedimento: prima perchè Bobo era candidato come consigliere comunale a Varese, poi perchè l’avvocato Aiello era in sciopero, oppure perchè colpito da mal di schiena talmente lancinanti da impedirgli di essere in aula.
Malesseri certificati dai medici, che però stanno trasformando il procedimento in una pantomima: alla terza udienza consecutiva saltata a causa del mal di schiena del legale, i giudici hanno ordinato una visita fiscale a casa.
Neanche fosse un impiegato pubblico assenteista. «Questo processo è fermo da più di due mesi e così rischia uno stop fino alla primavera del 2018», ha sbottato il solitamente mite pm Fusco.
Di questo passo si potrebbe andare avanti ancora per un anno, proprio quando si dovrebbe tornare a votare in Lombardia.
Una coincidenza? Forse, di sicuro chi trova un amico (presidente), trova un tesoro.
(da “Business Insider”)
argomento: Maroni | Commenta »
Maggio 9th, 2017 Riccardo Fucile
“HA L’OCCASIONE DI ALLINEARE L’ITALIA AL RESTO D’EUROPA”
Mentre Pd e M5S provano tra incertezze e tattiche ad avviare un dialogo sulla nuova legge elettorale, Dario Franceschini sposta nuovamente l’asse dem verso il centro, lanciando un appello a Silvio Berlusconi sulle pagine del Corriere della Sera e del Messaggero.
“Vorrei rivolgermi direttamente a Silvio Berlusconi” dice il ministro dei Beni culturali in un’intervista al Corriere della Sera che arriva all’indomani dell’esito delle presidenziali francesi, con l’affermazione del centrista Emmanuel Macron contro l’ultradestra populista di Marine Le Pen.
“L’onda generata dalla globalizzazione ha travolto gli schemi del Novecento. Il vecchio bipolarismo tra destra e sinistra è stato sostituito dallo scontro tra forze responsabili e forze populiste. Anche il nostro Paese sta dentro questo fenomeno, che coinvolge tutta Europa. Ma mentre nel resto d’Europa il blocco moderato marca una linea di separazione rispetto agli estremismi, l’Italia resta un’anomalia. Il Pd la sua parte l’ha fatta: con le estreme ha chiuso, non punta in futuro a governare con l’area guidata da Fratoianni. Ora tocca a Berlusconi attribuirsi una funzione storica che da tempo gli chiede il Ppe, di cui fa parte. Lui ha l’occasione di allineare il nostro Paese al resto dell’Europa, dove Fillon non ha appoggiato Le Pen al ballottaggio, dove la Merkel non si sogna di governare con AfD, dove la May non vuole avere nulla a che fare con Farage. L’Italia non può essere l’unico Paese in cui una forza moderata di centrodestra sta insieme a populisti ed estremisti”.
Franceschini chiede quindi a Berlusconi un preciso impegno politico, il distacco dalla Lega Nord di Matteo Salvini.
L’Italia è “dentro una bufera”, afferma il ministro, “siamo tutti al bivio” e servono scelte forti. Franceschini respinge il sospetto che stia lavorando per diventare il premier di un governo di larghe intese.
“Ma che c’entra. Se sostengo che Berlusconi ha l’occasione di far cadere l’ultima anomalia rimasta in Europa, se ritengo che abbia il compito di riaggregare l’area del centrodestra moderato che in questi anni si è divisa e si è sparsa un po’ ovunque, è perchè penso in una logica di sistema. E penso che tutti debbano affrontare questo tema, proiettando i propri ragionamenti oltre l’orizzonte del contingente. L’Italia dei prossimi venti anni passa dalle scelte dei prossimi dodici mesi: se non si arriva a questa distinzione tra forze responsabili e forze populiste, ci rimetterà il Paese”.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: governo | Commenta »