Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile
LA COERENZA NON E’ DI QUESTO MONDO, LA DIGNITA’ E’ UN OPTIONAL, LA POLTRONA UN RICHIAMO DELLA FORESTA… NUOTARE CONTROCORRENTE E’ RISCHIOSO, MEGLIO AVERE UN SALVAGENTE… STORIE IMPROBABILI QUATTRO ANNI DOPO DALL’ESPERIENZA DI FLI
Domanda iniziale che vale per ogni nuova forma di aggregazione politica: quando nasce una nuova forza partitica, che sorga ex novo o da una scissione pregressa, a che titolo si aderisce, quali sono le motivazioni che portano a impegnarsi?
Sotto varie latitudini diremmo che esistono due “molle” principali, una sicuramente nobile, l’altra un po’ meno.
La prima dovrebbe essere quella di adesione a un programma, a idee e valori, alla rottura dal partito di origine che non corrisponde più a ciò in cui si crede.
La seconda è quella della scelta di convenienza, di opportunismo, di salire sul carro di quello che si ritiene vincitore o in ogni caso foriero di una nuova “sistemazione”.
E’ evidente che la prima ipotesi dovrebbe costituire la prassi e la seconda un’eccezione, almeno per chi concepisce l’impegno politico come un “percorso” certamente ad ostacoli e che ammette “deviazioni”, ma sempre in nome di una coerenza sulle linee ideali di fondo.
“Futuro e Libertà ” nacque in rottura con l’ipocrisia del partito aziendalista, con il becerume leghista, contro la mancanza di democrazia interna al Pdl, rivendicando parole d’ordine dimenticate da quel tipo di centrodestra, ovvero legalità , diritti civili, destra europea.
Non ci interessa in questa sede stabilire se ci fu coerenza nel coniugarle nella politica reale, se la classe dirigente fosse adeguata, se le scelte politiche furono giuste, se le alleanze elettorali furono le migliori.
Su queste ognuno è giusto che abbia le proprie opinioni, noi le abbiamo espresse senza infingimenti in tempi non sospetti, attirandoci parecchie critiche e poche amicizie vere.
A distanza di tempo e a bocce ferme, è il momento di guardarsi intorno e chiedersi: che fine hanno fatto molti di questi finiani che correvano entusiasti a Mirabello in nome di una “destra diversa”?
Al netto di chi ha rinunciato coerentemente a impegnarsi in politica, venendo meno quel progetto e di chi ha continuato con altri mezzi, anche culturali, a delineare “la destra che non c’è”, molti hanno scelto una strada diversa, sintetizzabile nel concetto “tengo famiglia”.
Ma come farebbe specie vedere dei “mangiapreti” fare la fila alla Caritas o degli integralisti bacchettoni abbordare trans sui viali, altrettanto sconcerto provoca la vista di tanti ex finiani in testacoda rispetto alla linea di Fli, in fila di fronte a beceri centri di accoglienza per ottenere una nuova cittadinanza sovranista.
Tutto per un posto in un anonimo consiglio comunale, la presidenza di qualche sotto-ente, la illusione di una poltrona: con molta libertà , sarebbe il caso di dire, e poco futuro.
Nessuno che abbia tentato di ereditare quella esperienza e portarla avanti con i necessari aggiustamenti , neanche a livello locale, in compenso tanti tentativi di riciclarsi, in piena sintonia con il ciclo dei rifiuti.
Per riapprodare spesso o nel partito aziendalista che tanto si criticava o in quell’area sovranista ormai in disfatta in tutta Europa e che rappresenta l’opposto delle tesi di riferimento di Fli.
Cercando la ruspa sono finiti nel camion tritarifiuti diretto alla prima discarica.
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Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile
UNO DEI MAGGIORI AVVOCATI ITALIANI PER UN ACCORDO BIPARTISAN
Quando Berlusconi e Renzi ricominciano a parlare, c’è sempre un versante “giudiziario” del Nazareno.
Questa volta ha un profilo alto, autorevole del professor Franco Coppi, uno dei più grandi penalisti italiani. E che da un po’ di tempo segue le non poche vicende giudiziarie del Cavaliere. L’idea è nata nelle stanze di Arcore: “E se candidassimo Coppi alla Corte Costituzionale?”.
La questione è urgente. Proprio nel suo ultimo e importante intervento, quando convocò al Quirinale i presidenti di Camera e Senato, il capo dello Stato invitò a sanare questo vulnus.
Perchè di vulnus si tratta, in un paese civile: un organo dello Stato, chiamato a giudicare le leggi e i conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, che ancora non ha un plenum completo.
Ecco le parole di Mattarella: “Il Parlamento — disse Mattarella – provveda sollecitamente al compimento di due importanti adempimenti istituzionali: la nuova normativa elettorale e l’elezione di un giudice della Corte costituzionale”.
Urgente la legge, urgente il giudice di un organo costituzionale dove la legge potrebbe arrivare, come accaduto con le ultime due, Porcellum e Italicum.
Gli azzurri rivendicano il posto vacante lasciato da Frigo, che venne eletto membro della Consulta nell’ottobre del 2008 in quota centrodestra.
E l’intrigo è sembrato, fino ad oggi, irrisolvibile, proprio perchè ne va eletto uno solo di giudice e non un paio, il che favorirebbe la classica coppia, “uno in quota Pd”, uno in quota “Forza Italia”.
Ora la ripresa del dialogo diretto tra Renzi e Berlusconi potrebbe favorire l’elezione, con un candidato del “Nazareno”.
Raccontano i frequentatori Arcore che avrebbe ambito al ruolo anche l’avvocato Niccolò Ghedini, che però è apparso troppo divisivo anche in clima da ritrovata intesa tra il Cavaliere e Renzi.
Coppi è un profilo perfetto per un accordo col Pd. È stimato, stimatissimo, “Coppi? Il numero 1” dicono nel Palazzo, in cui gode di una stima trasversale cresciuta in decenni di processi pesanti: Giulio Andreotti, difeso nel processo per mafia a Palermo e come mandante dell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli a Perugia; l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio; l’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro indagato per le violenze al G8 di Genova; il generale Vito Miceli, accusato del golpe Borghese; Vittorio Emanuele di Savoia, indagato dal pm John Henry Woodcock; Piero Angela, che era stato denunciato per diffamazione dal presidente dell’associazione dei medici omeopatici; i dirigenti della ThyssenKrupp, accusati del rogo nella fabbrica di Torino.
E tanti altri, fino ad arrivare ai proprio a tutti i protagonisti del Nazareno. Celebre la sua difesa di Berlusconi, in vari processi, ma soprattutto nel processo Ruby, dove ribaltò la tesi delle cene eleganti, ammettendo che quelle cene erano molto lussuriose e che le signorine che vi partecipavano non era prettamente delle educante e che, se vogliamo dirla tutta, il loro essere disinibite veniva ampiamente ricompensato, c’era tutto questa ineleganza, però mancava la prova che il Cavaliere sapeva che Ruby era minorenne. Assolto.
Proprio questo giganteggiare del processo deve aver spinto Denis Verdini, quando ha visto davvero le brutte, ad affidargli la sua difesa nel processo per il crack del Credito cooperativo.
Con meno fortuna, almeno per ora, perchè in primo grado l’ex plenipotenziario di Berlusconi è stato condannato a sette anni di reclusione per la bancarotta del Credito cooperativo fiorentino, più altri due anni di pena per la truffa ai danni dello Stato sui fondi per l’editoria.
Riservato, scaramantico al punto che leggenda vuole che vada in giro con un cornetto in tasca, superstizioso con quel vezzo di scrivere sempre a penna con una penna Ferrari rossa, Coppi è refrattario alla mondanità sguaiata della Capitale, tra terrazze e paparazzi.
Al suo studio che pare una biblioteca sobria sono arrivati anche i potenti dell’ultima generazione. Lì si è precipitato Luca Lotti quando è rimasto coinvolto nell’inchiesta Consip dove è indagato per rivelazione del segreto di ufficio.
I ben informati, anche nel Pd, assicurano che un profilo di questo tipo e con tali clienti passerebbe facilmente.
Finora, quando il Cavaliere ha accennato l’argomento, l’avvocato ha preso tempo, anche perchè l’elezione alla Corte comporterebbe la rinuncia al lucrosissimo business del suo studio.
Sarebbe però un gran finale di carriera, alla soglia degli ottant’anni, di grande prestigio, con la prospettiva anche di ricoprirne il ruolo di presidente.
Se dicesse, sì, sarebbe fatta. Alla Corte l’avvocato del Nazareno.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile
IL FILM “IN THE FADE”, PROTAGONISTA LA TEDESCA DIANE KRUGER, RICORDA OMICIDI E ATTENTATI CONTRO GLI IMMIGRATI COMPIUTI DAI NEONAZISTI IN GERMANIA, GRAZIE ALLE CONNIVENZE CON LA POLIZIA TEDESCA
Non è solo il terrorismo islamico a mettere bombe e ammazzare, è anche il terrorismo dei neonazisti xenofobi. Dati alla mano, non meno letale.
Piombando in concorso a Cannes con la strage di Manchester ancora negli occhi, la provocazione politica del turco-tedesco Fatih Akin è di quelle che fanno riflettere.
Il film, “In the fade”, vede protagonista la star germanica Diane Kruger (adottata da Hollywood) che recita per la prima volta senza trucco e nella sua lingua natale, il tedesco.
Rivanga, polemicamente, la catena di sangue versata dalla cellula neohitleriana Nsu ( Nationalistischer Untergrund ) tra il 1997 e il 2011, nove omicidi e attentati-bomba a sfondo razziale.
Ma la grande storia fa da solo da sfondo a un thriller sui generis, in cui una bionda ariana vendica il marito turco e il figlioletto, sventrati da un ordigno neonazista.
E conta soprattutto il “come” lo fa, dopo un processo che ha mandato assolti i killer per mancanza di prove: da kamikaze, facendosi esplodere con gli assassini.
L’Isis dei buoni?
Fatih Akin ci tiene a indagare sui depistaggi e le connivenze della polizia tedesca, che a lungo, sostiene, ha cercato i responsabili tra gli immigrati, evocando attività criminali, commercio di droga, regolamenti di conti.
Ci fu una campagna di stampa che condizionò perfino i familiari delle vittime, indotti a interrogarsi su affari “sporchi” e segreti nascosti dei propri congiunti.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile
A GRAGNANO TREBBIENSE UN ATTESTATO A CHI FA LAVORI DI PUBBLICA UTILITA’…NEL PICCOLO CENTRO DI 4600 ABITANTI SONO STATI ACCOLTI 24 RIFIUGIATI
Keita viene dal Mali, Abdou dal Togo, Kouname dalla Costa d’Avorio. Sono loro i primi “volontari comunali” d’Italia.
C’è infatti un piccolo paese in Emilia-Romagna che “diploma” i richiedenti asilo che lavorano per la comunità . È Gragnano Trebbiense, in provincia di Piacenza.
La sindaca, Patrizia Calza, crede nei diritti di chi viene accolto, ma anche nel rispetto di coloro che accolgono. Per questo, premia solo chi si impegna davvero in lavori di pubblica utilità , con un attestato di “volontario comunale”.
Già il decreto Minniti, approvato definitivamente il 12 aprile scorso dalla Camera, prevede “l’impiego di richiedenti protezione internazionale, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali”.
In attesa della sua applicazione, c’è chi si è portato avanti come il primo cittadino di Gragnano. «Il nostro comune non aderisce alla rete Sprar d’accoglienza — premette Patrizia Calza, eletta con una lista civica nel 2014 — ma a ottobre del 2015 abbiamo saputo che una società di Gragnano aveva partecipato a una gara d’appalto della prefettura e all’improvviso abbiamo visto arrivare sul nostro territorio profughi e richiedenti asilo». Oggi i 4.600 abitanti di Gragnano convivono con 24 rifugiati.
«Ci siamo subito accorti che questi richiedenti asilo venivano alloggiati e sfamati, ma non veramente gestiti — racconta la sindaca — per questo ci siamo attivati. Non ci piace che ci siano persone che per mesi girino per il paese senza fare nulla, non sapendo come ammazzare il tempo. È indecoroso per chi deve accoglierli, ma anche per loro. Non sono dei pacchi da collocare in un posto e basta. Nell’agosto scorso abbiamo chiesto loro di firmare con il comune e l’Auser un patto di volontariato. Hanno accettato in 18, tre hanno garantito un lavoro continuativo e serio. Hanno collaborato con il nostro operaio comunale alla manutenzione del verde, alla pulizia delle strade dalle foglie, all’annaffiatura degli alberi, all’allestimento delle manifestazioni cittadine. Per questo gli abbiamo riconosciuto un attestato».
«Credo — conclude la sindaca — che questo loro impegno debba valere anche ai fini della concessione dell’asilo. Andrebbe inteso come un requisito, o almeno come una corsia preferenziale. ”
(da “La Repubblica”)
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Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile
VIAGGIO NELLA CULMV, LUOGO SIMBOLO DEI LAVORATORI
Una volta parlarne scatenava entusiasmi, incomprensioni, dibattiti, discussioni: nel bene e nel male, sangue che circolava nelle vene, passioni magari contrapposte ma con molto da dire, da fare e disfare. Le elezioni come atto cruciale del fare politica, quindi di partecipazione a un processo collettivo.
Prova invece a domandare a uno, cinque, dieci, venti e oltre genovesi della sfida per Palazzo Tursi del prossimo 11 giugno ed è tutta una sequela di facce stralunate, mezze frasi risicate e un certo moto di fastidio.
Come se la politica fosse diventata un argomento tabù, al massimo da condividere solo con persone fidate e discrete. Anche in luoghi dove l’impronta ideologica è stata per decenni un motore inesauribile di esperienze, relazioni, cambiamento.
Primo esperimento, la storica “Compagnia unica lavoratori merci varie Paride Batini”, dizione estesa della Culmv. L’orologio della Sala Chiamata del porto si è fermato al 1° gennaio di chissà quale anno, alle ore 10,22.
Ci sono due ritratti incorniciati ai lati: Guido Rossa, l’operaio comunista dell’Italsider ucciso dalle Brigate rosse; Giuseppe Di Vittorio, storico segretario della Cgil. Dall’altro lato del salone, altri due primi piani: Vladimir Lenin e uno dei padri del Pci, Palmiro Togliatti.
Le idee, tra le centinaia di lavoratori che trafficano per questi locali un po’ diroccati, dovrebbero essere chiare. Almeno in grandi linee.
Un operaio di 39 anni con la tuta arancione – «no il nome no, preferisco, non si sa mai» – ammette che sì «più o meno qui si dovrebbe essere di sinistra ma ormai diciamoci la verità , non esiste più nulla, è saltato un mondo, una volta al governo fanno tutti le stesse cose».
Destra e sinistra che non ci sono più è un argomento in voga, comunemente accettato. Sapete chi sono i candidati? Un gruppo di portuali seduti a un tavolino del bar si guardano l’uno con l’altro, chi risponde? «Uno della giunta comunale del Pd, uno di Giovanni Toti e il Cinque Stelle no?», quasi chiede un aiuto Alessandro, anni 42, da tredici in forza alla Compagnia (dopo ci tiene ad aggiungere che «il sindacato non esiste più», il discorso non è collegato ma forse sì).
Di manifesti, appelli al voto o altro non ce ne sono da nessuna parte, resiste qualche volantino comunista per il Primo maggio.
«Certo, ai tempi di Batini era tutto diverso — spiega Carmine, uno dei più loquaci — C’era comunque un senso di appartenenza. Ma è la società ad essere cambiata, mica solo qui. Ne ho di colleghi che votano Lega, non mi stupisce la cosa. Quindi forse la sinistra ancora prende qualche voto in più, ma solo per tradizione. A crederci sono rimasti in pochi».
Il problema è che parlare di “sinistra” è quanto mai sfuggente, cosa vuol dire sentirsi di sinistra e votare di conseguenza? «Mah, Pd e affini oppure M5S».
Dalla Compagnia nei giorni scorsi è passata anche Giorgia Meloni, cioè l’ultradestra. Inosservata. Neanche la voglia di fare un po’ di casino? «Se non sbaglio anche Matteo Salvini è andato al Cap…», risponde un altro camallo. In realtà alla fine il leader del Carroccio in via Albertazzi non ci è più andato, però il clima è questo: la politica è diventata un sentito dire.
A domanda generica sulle elezioni in sala mensa, un altro portuale si irrigidisce: «Non mi piace parlare mentre sto mangiando. Soprattutto se il tema è la politica». Il resto del tavolo, altri due colleghi, annuiscono. Fine del discorso.
Altro luogo simbolico della Genova di una volta, la società di mutuo soccorso “La Fratellanza” di Pontedecimo. Circolo Arci, bocciofila molto frequentata, resiste al tempo appiccicato in bacheca un simbolo dei Democratici di sinistra, la vecchia Quercia.
Pensionati che giocano a scopone scientifico o a tressette, mamme con il figlio in carrozzina che prendono un caffè, un luogo vivo e popolare.
Ciò che una volta si sarebbe detto “granaio di voti” per la sinistra. «Gianni Crivello a me piace molto, è uno dei nostri, concreto e poche chiacchiere», interviene il signor Federico, 73 anni, impiegato in pensione.
Però «appassionarsi ormai è difficile, in giro non si sente un granchè parlare di questa cosa», e “questa cosa” è l’elezione del sindaco. «No grazie, preferisco non dire nulla sull’argomento», risponde la presidente Clelia Cecchin. Esprimere una opinione, quasi un affare di Stato. Pure qui. Tra un tiro e l’altro con le bocce — sette over 70, tre voteranno Pd, uno Paolo Putti, gli altri tre rigoroso silenzio — l’ex operaio Roberto sentenzia: «Vincerà la destra, perchè è il cambiamento nella conservazione, questa è una città di conservatori che però adesso si sono un po’ stancati». Sarà questo il ragionamento più articolato ascoltato dopo numerose richieste di pareri spassionati.
Il terzo luogo è invece sganciato dalla storia e parla tutto al presente (e probabilmente al futuro).
Basta scendere un po’ il Polcevera ed eccoci all’inconfondibile blu e giallo Ikea. Fuori dal grande magazzino c’è esposta la linea “Applaro” di gazebo, tavoli e sedie per il giardino. Una coppia confabula, il tema è la qualità del legno («Ma quando piove secondo te si rovina subito?»).
Si va a votare, sapete? «Sì certo». E? Lui: «No non vado, ma da dieci anni ormai». Lei: «Dovrei informarmi, sarei di sinistra ma votai Beppe Grillo tempo fa». Christian, 24 anni, studente di Giurisprudenza: «Scelgo il giorno prima, comunque mai Salvini». Due ragazze in fila per gli hot dog ammettono di non saperne nulla, lo stesso la cassiera. Trovare una opinione ferrata è arduo, i nomi dei candidati rimangono un grande mistero per i più. Comunque sia, sulla carta, su nove risposte compiute, tre voti a destra, quattro ai Cinque Stelle e due al centrosinistra.
Un signore sulla settantina, Aldo Manara, ribatte al quesito generale con una domanda: «Le dico cosa ne penso se prima lo fai lei con me. Per chi voterebbe e perchè?». Sembra un buon compromesso, dopotutto. Manara ascolta per due minuti e poi interviene: «Potrei pensarla come lei, in teoria. Il problema è che sono residente a Bogliasco…».
(da “La Repubblica”)
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Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile
QUANDO UN CERINO DI IDIOZIA VIENE TRASFORMATO DAI MEDIA IN UN TIZZONE D’INFERNO CHE PROVOCA UN INCENDIO VERO
Lunedì sera una guardia giurata di Pioltello, periferia faticosa di Milano, passa davanti a un bar di marocchini e vede gente che si diverte.
Tornato a casa, accende la tv e apprende della strage di Manchester.
A quel punto lo spirito di Sherlock Holmes si impossessa di lui. Nella sua testa i due fatti sono con ogni evidenza collegati: i marocchini stavano festeggiando l’attentato.
La guardia confida le sue brillanti deduzioni a un giornalista di Panorama, che non esita a riferirle alla platea di Canale 5.
La rivelazione dilaga sui social, grazie a una consigliera di Forza Italia folgorata sulla via di Pioltello da un moto di indignazione irrefrenabile.
Gli anziani del posto si barricano in casa. Gira voce che i nordafricani siano pronti a farsi esplodere per strada.
E i carabinieri, che fanno i carabinieri? Indagano.
Ed essendo le persone più serie di questa storia arrivano alla conclusione che i festeggiamenti nel locale sono avvenuti ben prima che la notizia di Manchester fosse di pubblico dominio. Quindi, o i frequentatori del bar erano dei veggenti, o sapevano in anticipo dell’attentato, oppure siamo in presenza di una macro-bufala.
Ipotesi, quest’ultima, che avrebbe persuaso anche l’autentico Sherlock Holmes.
Ma intanto l’altra notte un’esplosione intimidatoria ha annerito la saracinesca del bar.
Difficile trovare una vicenda più rappresentativa del nostro tempo.
Un cerino di idiozia, lanciato nella polveriera di un quartiere con troppi immigrati, viene trasformato dai media in un tizzone d’inferno che provoca un incendio vero.
Urgono pompieri dell’anima.
Massimo Gramellini
(da “il Corriere della Sera“)
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Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile
ANCHE LE FONDAZIONI DICONO NO… IL GOVERNO PUNTA SUL SOSTEGNO PUBBLICO
Per salvare la Popolare di Vicenza e Veneto Banca serve un miliardo che deve arrivare obbligatoriamente da soggetti privati, ma nessun banchiere si fa avanti.
Dopo il no di Intesa Sanpaolo la situazione si fa più ancora più nera: le Fondazioni non intendono mettere un euro e si spengono così anche le ultime e flebili speranze di riuscire a rispettare le indicazioni prescritte da Bruxelles.
La trattativa tra il governo italiano e la Commissione europea si fa complicatissima e il Tesoro, secondo quanto si apprende da fonti vicine al dossier, punta ora all’unica soluzione possibile: strappare uno sconto sulla cifra chiesta dall’Europa e tenere il punto sulla ricapitalizzazione precauzionale da mettere in piedi attraverso un sostegno pubblico.
Trattativa al cardiopalma: se non si raggiungerà un accordo, le due banche andranno gambe all’aria.
Per questo, spiegano le stesse fonti, i colloqui tra Roma e Bruxelles andranno avanti anche durante il week-end. L’obiettivo è capire subito se i funzionari della dg Competition apriranno o meno all’ipotesi dello sconto. “Se si scende anche fino a 700 milioni l’Europa farebbe fatica a dire di no al salvataggio”, spiega una fonte dell’esecutivo
Le condizioni dettate da Bruxelles per il salvataggio delle due banche venete sono chiare: al piano messo a punto dai due istituti, che si incentra su una ricapitalizzazione precauzionale di 6,4 miliardi sulle spalle dello Stato, bisogna aggiungere un miliardo che deve arrivare obbligatoriamente dai privati.
Ottenere uno sconto da parte di Bruxelles appare oggi l’unica via d’uscita possibile.
A spegnere anche le ultime speranze su un apporto sostanzioso al miliardo da mettere sul piatto sono arrivate le dichiarazioni perentorie di Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri: “Le Fondazioni non intendono mettere più un euro”.
Niente peli sulla lingua e una sottolineatura che rende evidente come le Fondazioni non intendono sborsare nuove risorse per salvare le due banche venete dal bail-in: “Abbiamo già messo 538 milioni” attraverso il Fondo Atlante e “vedremo che fine fanno”.
Anche la Fondazione Cariverona, che non ha partecipato alla costituzione di Atlante, si tira indietro. “Noi riteniamo di aver fatto la nostra parte. Noi abbiamo appena dato 40 milioni alla Popolare di Vicenza comprando parte della quota Cattolica, anche avendo ben chiara la finalità di dare sostegno alla banca”, ha dichiarato il presidente della Fondazione, Alessandro Mazzucco, a Radiocor Plus.
Il Governo non può quindi contare sul sostegno del sistema bancario nonostante i contatti continui tra il Tesoro e i vertici dei principali istituti per coinvolgerli nel salvataggio delle due venete. I due istituti in questione, dal canto loro, attendono l’esito della trattativa da spettatori.
“Siamo nelle mani del governo”, ha affermato il presidente della Popolare di Vicenza, Gianni Mion. La riunione dei due cda delle banche ha preso atto delle prescrizioni di Bruxelles. Il consiglio d’amministrazione di Vicenza ha confermato il piano di ristrutturazione che prevede la fusione con Veneto Banca e ha preso atto delle “rassicurazioni” fornite dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.
Il cavaliere bianco non è arrivato e ora l’ultima speranza è affidata alla trattativa tra il governo e l’Europa.
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile
LA DECISIONE FINALE SPETTA AL MINISTERO DELLO SVILUPPO CHE SI ESPRIMERA’ NEI PROSSIMI GIORNI
La cordata Am Investco Italy, formata da Arcelor Mittal e Marcegaglia con il sostegno di Intesa Sanpaolo, secondo “fonti vicine al dossier” citate dall’agenzia Ansa si è aggiudicata l’Ilva.
A breve dovrebbe essere diffusa la graduatoria delle offerte presentate ai commissari Piero Gnudi, Enrico Carrubba ed Enrico Laghi, a cui il governo ha affidato la gestione del siderurgico fino alla vendita ai privati prevista da un decreto del 2016. E Am Investco risulta appunto in testa.
Gli elementi valutati sono stati il prezzo offerto, circa 1,8 miliardi, l’impatto ambientale e il piano industriale.
L’altro pretendente era AcciaItalia, cordata costituita da Arvedi, Cassa Depositi e prestiti, Delfin (la holding finanziaria della famiglia Del Vecchio) e l’indiana Jsw Steel, che fa capo a Sajjan Jindal. Che, se vincitore, aveva annunciato di voler utilizzare, per alimentare l’impianto, il preridotto e altre soluzioni tecniche basate sul gas, in modo da ridurre l’inquinamento prodotto dal siderurgico.
La decisione finale spetta al ministero dello Sviluppo economico, che si pronuncerà nei prossimi giorni. Il ministro Carlo Calenda ha convocato per il 30 maggio i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm, Ugl Metalmeccanici, Cgil, Cisl e Uil per “comunicare lo stato di attuazione della procedura relativa alla cessione degli impianti”.
Successivamente scatterà un periodo di 30 giorni per verificare la rispondenza del piano ambientale presentato dall’azienda assegnataria alle indicazioni del ministero dell’Ambiente, che entro l’autunno emetterà un proprio decreto.
A quel punto scatterà l’esecutività del contratto di acquisizione. A condizione che il vincitore della gara passi il vaglio dell’antitrust europeo. Che lo scorso 10 aprile aveva inviato a Gnudi, Carrubba e Laghi una lettera per ammonire sulle “regole della procedura per gli aiuti di Stato” e “i rischi correlati ai due offerenti”, tra cui anche “quelli di natura regolatoria che potrebbero rendere la vendita difficile da completare, a fortiori, se questa venisse completata in tempi brevi”.
Infatti ArcelorMittal in Europa è tra le aziende leader e rischierebbe di sforare il 40% delle quote di mercato.
Mercoledì scorso però AcciaItalia e Am Investco hanno accettato la richiesta dei commissari di mantenere l’offerta invariata in termini economici — quindi garantire gli investimenti già indicati e non modificare il piano, compreso il perimetro dell’azienda, anche in presenza di eventuali prescrizioni dell’Antitrust. In caso di contestazioni, dunque, ArcelorMittal dovrà cedere attività in altri Paesi.
Se non ci saranno problemi, il via libera di Bruxelles arriverà entro 25 giorni lavorativi dalla notifica, come vuole la procedura.
Se il caso dovesse essere più complicato scatterebbe una seconda fase, che può arrivare fino a oltre 100 giorni lavorativi.
L’acquirente potrà contare su una dote di 1,3 miliardi da utilizzare per la bonifica delle aree inquinate dal siderurgico: si tratta dei soldi che la famiglia Riva aveva depositato in Svizzera.
Nei giorni scorsi Adriano Riva ha patteggiato due anni e mezzo di carcere per bancarotta, truffa ai danni dello Stato e trasferimento fraudolento di valori e ha contestualmente rinunciato alla cifra, già sequestrata dai pm milanesi, sbloccandone il trasferimento in Italia.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile
LA GIORNATA DEL VERTICE DI TAORMINA
La prima giornata dei lavori del G7 a Taormina si chiude con la dichiarazione contro il terrorismo. Uno dei temi sul quale c’era più unione di intenti.
Soprattutto dopo l’attentato a Manchester. Un documento che porta, ha spiegato il premier italiano Paolo gentiloni, “al rafforzamento della cooperazione tra le 7 maggiori economie del mondo occidentale su diverse questioni, dalla collaborazione informativa all’impegno dei leader per far promuovere dai grandi internet service dei provider un impegno nei confronti di quello che circola in rete che spesso amplifica gli atti di terrorismo”.
Ma sul clima la seduta è sospesa, lo scontro rimandato a domani.
In una Taormina blindata come mai nella sua storia il G7 dei capi di Stato e di governo, si è aperto sotto la presidenza italiana.
Due giornate di lavori fitte per discutere i quattro temi principali in agenda. Immigrazione, clima, terrorismo e commercio internazionale. Su tutti restano divisioni di vedute.
“Sappiamo che non sarà un confronto semplice. Lo spirito di Taormina ci può aiutare nella giusta direzione”, ha detto il padrone di casa Paolo Gentiloni, non nascondendo una vena di preoccupazione per il risultato finale.
Apprensione condivisa dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk: “Non c’è dubbio che questo sarà il vertice più impegnativo tra i G7 degli ultimi anni. E non è un segreto che i leader che si riuniscono qui hanno qualche volta posizioni molto diverse su temi come il clima ed il commercio”. Ma, ha ammonito Tusk, “il nostro ruolo è di fare di tutto per mantenere l’unità su tutti i fronti”.
Immigrazione.
La frase con la quale Gentiloni ha aperto i lavori è stata dedicata alla Sicilia: “Siamo molto felici di avere questa opportunità : la Sicilia ha una posizione geografica particolare, rappresenta un ponte tra le due sponde del Mediterraneo”.
Il Mediterraneo, il mare dei barconi, degli sbarchi, dell’emergenza. “Pur sostenendo i diritti umani dei migranti e rifugiati, riaffermiamo i diritti sovrani degli Stati di controllare i loro confini e fissare chiari limiti ai livelli netti di immigrazione, come elementi chiave della loro sicurezza nazionale e del loro benessere economico”, si legge in una bozza del documento finale del G7, tuttora sottoposta a un negoziato aperto.
Nella bozza si ribadisce poi “la necessità di sostenere i rifugiati il più vicino possibile ai loro paesi di origine, in modo che siano in grado di tornare” e “di creare partnership per aiutare i paesi a creare le condizioni all’interno dei loro stessi confini per risolvere le cause delle migrazioni”.
Il clima.
La discussione è sospesa, almeno per oggi. Sul destino dell’accordo di Parigi tra i leader del G7 non c’è ancora una posizione comune per il comunicato finale.
E il tema resta irrisolto. Trump dovrà annunciare la sua decisione sull’accordo del 2015, da cui vorrebbe ritirarsi, proprio al rientro a Washington.
“Al presidente interessa ascoltare cosa hanno da dire i leader del G7 sul clima, in modo che si possa aprire una discussione solida sul tema”, perchè “l’ambiente gli interessa e gli interessa fare quel che è giusto”, ha detto il consigliere economico di Trump, Gary Cohn.
E il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker non ha dubbi: “Penso che gli accordi di Parigi debbano essere attuati pienamente”. Cohn aveva preannunciato che sarebbe stato un confronto ‘very robust’, robusto, impegnativo, sia sul clima che sul commercio. “Pronto ad affrontare con i leader Ue tante questioni, tra cui crescita economica, terrorismo e sicurezza”, ha scritto stamane Trump su Twitter.
Commercio.
“Il presidente Donald Trump e il primo ministro Theresa May hanno ribadito il loro impegno per aumentare gli scambi commerciali tra Stati Uniti e Gran Bretagna” ha detto il portavoce della premier britannica Theresa May.
L’impegno tra i leader è stato confermato in un faccia a faccia nel corso del vertice del G7 a Taormina. Ma anche sul commercio oggi non si è arrivati ad alcuna dichiarazione. Sempre Cohn aveva assicurato che “continueremo a combattere per quello che crediamo sia giusto, cioè un commercio libero ed equo”.
Terrorismo.
I 7 hanno firmato la dichiarazione per la sicurezza e contro il terrorismo, tema sul quale c’è una maggiore unità di intenti. La dichiarazione sancisce “l’unità dei maggiori paesi del mondo libero contro il terrorismo in risposta all’attentato di Manchester – ha spiegato il premier Paolo Gentiloni -. Diversi punti di questa dichiarazione si riferiscono al rafforzamento della cooperazione tra le sette maggiori economie del mondo occidentale”.
“Grazie Theresa”, ha aggiunto il premier italiano rivolgendosi alla premier britannica. “Grazie”, ha detto May. “Credo sia importante dimostrare questa determinazione di tutti i paesi per combattere il terrore e tutelare i nostri cittadini”. May ha a disposizione solo oggi: ha deciso di anticipare la ripartenza da Taormina e salterà la seconda giornata di lavori.
Al vertice partecipano i capi di Stato e di governo di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania e Giappone, oltre naturalmente all’Italia. I leader hanno fatto il loro ingresso nei resti monumentali nell’ordine prestabilito: Juncker e Tusk per primi, poi Abe, May, Merkel, Trudeau, Macron e Trump
Nordcorea.
Bilaterale a margine del summit tra il presidente Usa e il primo ministro giapponese, Shinzo Abe. Sul tavolo il dossier Corea del Nord. Usa e Giappone sono concordi sulla possibilità di ampliare le sanzioni, identificando e punendo anche le persone che sostengono il programma balistico e nucleare di Pyongyang.
“Il presidente ha detto che gli Usa lavoreranno con il Giappone e con la Repubblica di Corea, e anche con altri alleati e partner nel mondo, per aumentare le pressioni sulla Corea del Nord e dimostrare che l’attuale comportamento non è sostenibile”, si legge nella nota della Casa Bianca. I due leader sono anche d’accordo “sul rafforzamento dell’alleanza tra i due Paesi”. Infine i due, discutendo dell’attentato di Manchester, si sono detti pronti a aumentare la loro collaborazione per combattere la minaccia del terrorismo.
Tra il presidente Usa Donald Trump e il primo ministro giapponese Shinzo Abe c’è anche stato spazio per una battuta: “Devo confessareti una cosa – ha detto Abe – oggi non potremo giocare a golf insieme”, ricordando come i due abbiano invece calcato il green nella recente visita del premier giapponese a Mar-a-Lago, la cosiddetta Casa Bianca d’inverno in Florida.
Abe ha quindi lodato “il forte impegno” sul fronte della sicurezza mostrato presidente Usa durante il vertice della Nato e nel corso delle visite in Arabia Saudita e in Israele
Ucraina e Siria.
L’unione europea, ha detto Tusk, si attende che il G7 “mostri unità sull’Ucraina” e che le sanzioni contro la Russia, per le sue responsabilità nella crisi del Paese, siano confermate “fino alla completa applicazione degli accordi di Minsk”.
Per quanto riguarda la Siria, la “fine delle brutalità ” deve essere l’obiettivo della comunità internazionale. Il presidente del Consiglio Ue, tra l’altro, ha parlato della necessità di un “coinvolgimento della Russia” e di “bloccare l’uso delle armi chimiche”.
Il programma dei lavori.
Alle 19 al Teatro Greco il concerto dell’Orchestra filarmonica della Scala, alle 20 il ritorno all’hotel Timeo e la cena dei leader con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Domani alle 8,30, l’hotel San Domenico ospiterà la cerimonia di benvenuto ai Paesi invitati per la sessione “outreach” e alle Organizzazioni internazionali.
Dalle 11,45 alle 14,30 ancora lavori. A seguire, alle 15, la conferenza stampa di Gentiloni (sempre all’hotel San Domenico) e infine quelle dei leader del G7.
Cortei anti G7.
I negozi hanno ricevuto l’ordinanza di chiudere domani, ma già oggi sono in molti a tenere chiusa l’attività . Qualcuno ha anche sistemato tavole di legno e lamiere a protezione delle vetrine.
Il corteo “no summit” si terrà domani a Giardini. I manifestanti si muoveranno dal parcheggio Salluzzo e attraverso le strade della cittadina messinese arriveranno in piazza Municipio.
Alla manifestazione sono attese circa 3.500 persone, tra cui i No Muos. Dalle 12 di domani e fino a fine corteo il traffico sarà bloccato. Mentre questa sera partiranno per Catania circa 150 appartenenti a Centri sociali di Napoli per unirsi alle manifestazioni contro il G7.
Si tratta degli appartenenti al Centro sociale Insurgencia, che saranno accompagnati dai consiglieri comunali Eleonora di Majo e Rosario Andreozzi, del Movimento Dema del sindaco di Napoli Luigi De Magistris.
(da “La Repubblica”)
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