Maggio 24th, 2017 Riccardo Fucile
L’INTESA TRA PD E FORZA ITALIA MESSA PER ISCRITTO, LA LEGA SI ADEGUA, IL M5S NON SI OPPONE A PRIORI… MA SULLA DATA L’ULTIMA PAROLA SPETTA A MATTARELLA
C’è un luogo in cui la “grande trattativa” sulla legge elettorale rischia di arenarsi. Quel luogo si chiama calendario. Di qui a settembre.
Un calendario che, da qualche giorno, è oggetto delle riflessioni — preoccupate – sul Colle più alto. Ed è per questo che, ufficialmente, Matteo Renzi non ha ancora detto una parola a favore di quel “modello tedesco” su cui l’accordo con Silvio Berlusconi è pressochè chiuso.
Anzi, la posizione pubblica del Pd è ancora il Rosatellum, una legge iper-maggioritaria, e non il famoso proporzionale alla tedesca.
E allora, andiamo con ordine.
L’accordo con Silvio Berlusconi, racconta più di una fonte autorevole, non solo è stato siglato. Ma, come tutti gli accordi che si rispettino, è stato anche messo nero su bianco.
Prevede una legge elettorale tedesca, con sbarramento al cinque, su cui gli sherpa sono a lavoro per limare i dettagli, a partire dalla dimensione dei collegi che Forza Italia vorrebbe “piccoli” e il Pd più grandi.
E prevede, nell’ambito dello scambio che darebbe il via libera al voto anticipato, anche tre ipotesi di date in cui andare al voto: il 24 settembre, il primo ottobre, l’8 ottobre.
Su questo schema nelle ultime ore, più ambasciatori hanno provato a sondare il Quirinale, a partire da Gianni Letta, tra i più attivi fautori di questa operazione che, evidentemente, ha come sbocco un governo di larghe intese.
Ma soprattutto, hanno sondato il Quirinale gli ambasciatori di Renzi. Perchè un “patto” con Berlusconi è oneroso da reggere.
Nell’opinione pubblica è già diventato “l’Inciucio” che anticipa un governo dell’inciucio, anche se attorno alla proposta si realizzasse un’ampia condivisone, dalla Lega (ora favorevole) ai Cinque stelle (possibilisti).
I titoli sono e saranno sul nuovo Nazareno: “Noi — dice un renziano — siamo pronti ad andare avanti però deve essere certo a quel punto che si vota in autunno, prima della manovra e prima delle elezioni siciliane di novembre”
Ed è proprio attorno al calendario che è in atto un dialogo discreto col Quirinale. Perchè i tempi sono stretti davvero. Per votare a fine settembre, lo stesso giorno della Germania, le Camere andrebbero sciolte due mesi prima, a fine luglio, il che significa che per quella data la legge elettorale andrebbe approvata in via definitiva nei due rami del Parlamento.
Le liste elettorali andrebbero presentate entro Ferragosto, un unicum assoluto nella storia repubblicana, con le Corti d’Appello praticamente chiuse per ferie.
E comizi convocati quando mezza Italia è ancora sulle spiagge. Un calendario reso ancor più complicato dalla questione della applicabilità della legge elettorale.
Approvata la legge, come noto, vanno definiti i collegi prima di sciogliere le camere, compito che spetta al Viminale attraverso un decreto e dopo il lavoro dei suoi uffici.
Qualche frettoloso sherpa dell’ex premier ha suggerito, per scavalcare questo passaggio, di inserire i nuovi collegi già nella legge, ma appare un percorso complicato perchè il Parlamento non può sostituirsi agli uffici statistici del Viminale.
Tutti problemi che, al Colle, hanno ben presente nell’ambito di questa singolare via burocratica (più che politica al voto). Per la serie: approvo la legge solo se mi garantisci che sciogli.
Una fonte che ha consuetudine col Colle, così sintetizza: “Mattarella ha sempre auspicato una legge elettorale per andare al voto in modo ordinato. Dunque, se gli fai vedere che c’è una legge, valuterà in che modi e in che tempi sciogliere, ma certo non gli puoi chiedere di impegnarsi sullo scioglimento, per far sì che ci sia una legge”.
Fedele al motto che quando lavora il Parlamento il presidente tace, il capo dello Stato aspetta l’esito di questo lavoro del Parlamento: i suoi tempi e i suoi risultati.
È però evidente che il calendario suscita qualche preoccupazione sul primo scioglimento dell’era Mattarella.
In serata la nuova data che circola nei Palazzi che contano è il 22 ottobre, che eviterebbe di assistere ai comizi sotto l’ombrellone.
Il capo dello Stato sta facendo le sue valutazioni sull’impatto politico del voto in autunno. Perchè è evidente che il 24 settembre renderebbe possibile l’esercizio provvisorio. Mentre la nuova data consentirebbe al governo uscente di presentare una legge di stabilità entro il 15 ottobre.
E non è un dettaglio, in un paese col nostro debito pubblico. E al nuovo di recepirla o cambiarla.
Ammesso che possa nascere un governo di coalizione sostenuto da una maggioranza chiara. Certo, se si dovesse manifestare una ampia condivisione su una legge tedesca, non resterebbe che prenderne atto auspicando altrettanto ampia condivisione quando ad autunno i mercati inizieranno a ballare.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 24th, 2017 Riccardo Fucile
IL VIGNETTISTA DEL “FATTO” RICORDA CHE NON ESISTONO BAMBINI DI SERIE A E ALTRI DI SERIE B, VANNO TUTELATI TUTTI
Italiani, popolo di santi, poeti e navigatori ma non certo i migliori esperti di satira.
È già successo così tante volte che ormai trovare un modo per parlarne senza ripetersi è difficile.
La satira è scomoda per definizione. È qualcosa che deve dare fastidio, incrinare le nostre certezze e no, non deve fare ridere.
Oggi Mario Natangelo ha pubblicato sul Fatto Quotidiano una vignetta sull’attacco terroristico alla Manchester Arena. Ancora una volta faremo la cosa sbagliata: proveremo a spiegare una vignetta satirica.
La satira ha il diritto di essere offensiva e in un certo senso anche la vignetta di Natangelo lo è.
Ma non perchè non ha rispetto dei morti dell’attentato di Manchester. Lo è perchè ad un primo livello di lettura sembra che ci stia dicendo che non dobbiamo piangere per le 22 vittime dell’attacco alla Manchester Arena perchè ci sono tanti altri ragazzi e bambini innocenti che affogano nel Mediterraneo.
Insomma la solita storia di chi va a contare i morti e dice che i “suoi” morti sono più importanti di quelli degli altri.
Un po’ come quando certi cattolici traboccanti di pietà cristiana tirano fuori le “stragi dimenticate dei cristiani” dopo l’ennesima bomba esplosa in Medio Oriente.
Ma è il contrario: Natangelo ci fa notare quanto assurdo sia farlo.
Ma quanto a fondo può colpire la satira? Molto di più.
Ed è questo il bello di questa vignetta di Natangelo che potrebbe anche voler dire che le vittime di Manchester vivono in un mondo diverso così distante dalla sofferenza dei migranti da pensare che nel Mediterraneo si muoia “perchè c’era un concerto”.
Ma non sono quei ragazzini con le orecchie da coniglio a pensarlo, siamo noi adulti a credere che in fondo la vita dei migranti valga meno.
Si muore ad un concerto di Ariana Grande e diciamo che non ha senso.
Ma sappiamo anche come si muore tentando la traversata? È più terribile morire ad un concerto che in mare?
Natangelo non lo dice perchè è il lettore a doverlo capire. Ovviamente è necessaria una certa sensibilità per farlo. Ad esempio per capire che non sono i morti ad essere diversi ma il modo con cui li guardiamo.
Ed è lo sguardo del lettore a dare il significato alla vignetta.
Come per Charlie Hebdo anche per Natangelo vale il diritto della libertà di satira. Altrettanta libertà hanno i lettori di criticarla. Detto questo non è possibile ignorare come questa vignetta abbia portato alla luce i soliti razzisti.
Ad esempio quelli che continuano a raccontarci la storia che i migranti non scappano dalla guerra perchè sono tutti ragazzotti di belle speranze, ben vestiti e muscolosi (detto probabilmente con una certa libidine).
Perchè essere razzisti verso “i vostri connazionali occidentali”, si chiede qualcuno. Ma non c’è razzismo nel dire che i morti sono uguali, con o senza orecchie da coniglio.
Ci mancherebbe poi che qualcuno ce l’abbia con i bambini, anzi quasi quasi meglio ne muoiano un po’ di meno e che affoghino un po’ più di quei ragazzi neri che vengono qui a mangiare a sbafo.
Ma c’è anche chi dopo lungo meditare ha scoperto qual è la differenza. Il ragazzino affogato nel Mediterrano se l’è cercataquesta telefonata pubblicata dall’Espresso mentre la ragazzina di Manchester no.
Insomma chi ha messo quel ragazzino sul barcone sapeva a cosa andava incontro. Ovviamente non è così, basta ascoltare dove la Guardia Costiera italiana e quella maltese si palleggiano i migranti per capire che ci sono delle responsabilità ben precise.
Sì, c’erano anche dei bambini.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 24th, 2017 Riccardo Fucile
MEDICI SENZA FRONTIERE E MOAS ACCUSANO LA GUARDIA COSTIERA LIBICA: “MINACCIANO E SPARANO, CREANDO IL CAOS A BORDO”
Almeno 34 persone sono morte e altre risultano disperse nel naufragio di un barcone con a bordo circa 500 migranti, partito all’alba di oggi dal porto libico di Zuara e diretto verso l’Italia.
Tra le vittime anche un numero imprecisato di bambini, “forse una decina”, secondo quanto si è appreso in forma ufficiosa da fonti dei soccorritori.
Le operazioni di soccorso sono state coordinate dalla Guardia Costiera italiana, in un tratto di mare non lontano da dove ieri i colleghi libici hanno intercettato due unità con 237 migranti a bordo: i due barconi sono stati fatti tornare in Libia e i migranti sono stati dichiarati in arresto.
E sempre nel Mediterraneo centrale, secondo testimonianze raccolte dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), vi sarebbe stato un altro naufragio venerdì scorso con un bilancio non ufficiale di oltre 150 dispersi.
Il naufragio di oggi è avvenuto questa mattina a circa 30 miglia da Zuara: forse per un’onda anomala o per un improvviso spostamento delle persone che erano a bordo, il barcone si è piegato su un lato e, prima che riprendesse l’assetto normale, quasi la metà delle circa 500 persone che erano a bordo è finita in acqua.
Ricevuta la richiesta di soccorso, la centrale operativa di Roma della Guardia Costiera ha inviato nell’area del naufragio una propria nave, un rimorchiatore e una unità di una organizzazione non governativa.
I soccorritori – in particolare i marinai della Guardia Costiera e quelli del Moas, una delle ong che da tempo opera in soccorso dei migranti – hanno recuperato 34 cadaveri, compresi quelli dei bambini che galleggiavano tra gli adulti.
Hanno, inoltre, tratto in salvo tra scene di disperazione i superstiti che urlavano in mare ed hanno, infine, preso a bordo le altre persone che erano rimaste sul barcone. Dal racconto dei testimoni è emerso che altre persone potrebbero essere annegate.
Per la ricerca dei dispersi la Guardia Costiera ha elevato il numero delle navi presenti sul posto. Altre unità navali – 14 in totale – sono state impiegate in 12 operazioni per soccorrere oltre duemila migranti, diretti verso l’Italia a bordo di gommoni e piccole imbarcazioni.
La rotta del Mediterraneo centrale Libia-Italia continua, dunque, ad essere ad altissimo rischio: su un numero totale di oltre 50 mila migranti arrivati quest’anno in Italia via mare (+39% rispetto allo scorso anno), è di circa 1.400, secondo le stime dell’Oim, il numero di migranti che hanno perso la vita.
Negli ultimi 15 anni, secondo stime non ufficiali, sono morte oltre 30mila persone, con il Mediterraneo che ha acquistato sempre più un’immagine simile ad un grande cimitero di guerra.
In questo contesto, ieri, per ordine delle autorità della Libia, con le quali il ministro dell’interno Marco Minniti ha stipulato recenti accordi di collaborazione, la Guardia Costiera libica ha raggiunto e bloccato, 12 miglia al largo di Sabrata, a ovest di Tripoli, due barconi diretti verso l’Italia, con a bordo 237 persone, provenienti della stessa Libia, Marocco, Africa subsahariana e Bangladesh.
Le due unità , con l’assistenza di un rimorchiatore, sono state fatte rientrare nel porto di Sabrata. I “migranti illegali” – così sono stati definiti da un portavoce della Marina libica – dopo aver ricevuto “l’aiuto umanitario e medico necessario”, sono stati dichiarati in stato di arresto dalle autorità libiche e consegnati al “centro di accoglienza di Al Nasr, facente capo all’Autorità della lotta contro l’immigrazione clandestina di Zawiya”.
La ong tedesca Jugend Rettet ha accusato la Guardia Costiera della Libia di aver usato le armi contro barconi carichi di migranti.
Anche Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranèe hanno sostenuto che ieri la guardia costiera libica si è avvicinata a barconi in difficoltà , ha minacciato le persone a bordo e ha sparato dei colpi in aria, mettendo in pericolo la vita dei migranti e scatenando il panico.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 24th, 2017 Riccardo Fucile
RAPPORTO HONEST ACCOUNT: L’ANALISI DEI FLUSSI ECONOMICI DI 47 STATI… I PAESI AFRICANI HANNO UN SALDO ATTIVO DI 41 MILIARDI DI DOLLARI VERSO IL RESTO DEL MONDO
Smettiamo di dire che l’Africa è povera. Smettiamo di parlare di aiuti come si trattasse di beneficenza e della migrazione come la conseguenza di una miseria inevitabile. L’Africa è molto ricca e piena di possibilità : dalle risorse naturali a una consistente forza lavoro giovane, dall’ampia biodiversità al potenziale di un vasto mercato interno.
La sottrazione sistematica della ricchezza.
L’economia del continente dovrebbe crescere con tassi annuali a due cifre, anzichè con il 5 per cento attuale, eppure la maggior parte degli abitanti vive ancora in piena povertà .
Questa contraddizione dice chiaramente che l’Africa è impoverita, che c’è stata una sottrazione sistematica di ricchezza da parte dei Paesi industrializzati, per lo più ex imperi coloniali, a cui si aggiungono un’evasione fiscale dilagante, politiche commerciali penalizzanti, corruzione e costi ambientali di un modello sviluppo a cui l’Africa non ha mai partecipato.
Un credito verso il mondo di 41,3 miliardi di $.
A denunciare questa situazione è il nuovo rapporto Honest Accounts, pubblicato oggi da Global Justice Now e da un gruppo di ONG europee e africane. Il rapporto analizza i flussi economici e finanziari di 47 Stati, per capirne i limiti e il potenziale di crescita. “Il punto — dicono gli autori del rapporto – è che i Paesi africani sono in una posizione di credito nei confronti del resto del mondo, con un saldo netto di circa 41,3 miliardi di dollari nel 2015”.
Il costo dell’evasione.
Nel 2015, il continente ha ricevuto complessivamente 161,6 miliardi di dollari come prestiti, rimesse dei migranti e aiuti.
Quello che l’Africa ha perso, però, ammonta a circa 203 miliardi, sia direttamente — nel caso delle multinazionali che ne sfruttano le risorse ma poi mandano i profitti verso i paradisi fiscali — sia indirettamente, in forma di costi imposti da altri, come per l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Se si guarda in dettaglio a queste cifre, si vede che ai Paesi africani sono arrivati circa 19 miliardi in aiuti e fondi vari, ma oltre tre volte tanto, 68 miliardi, sono usciti con le tasse evase dalle multinazionali, pari al 6 per cento del Prodotto interno lordo dell’intero continente.
Il ruolo della corruzione.
Ovviamente la corruzione diffusa ha un ruolo determinante nel facilitare l’evasione, impedendo ai governi e alle autorità fiscali di intervenire in modo veramente efficace. La corruzione alimenta la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochissimi.
C’è un gruppo di circa 165mila super ricchi con un patrimonio complessivo di 860 miliardi di dollari, ovviamente offshore o in grandi banche inglesi o svizzere.
Le stime parlano di circa 500 miliardi nei paradisi fiscali, cioè il 30 per cento di tutta la ricchezza finanziaria africana, un patrimonio sottratto ai servizi pubblici più importanti per lo sviluppo, come scuola e sanità .
Non meraviglia che i controlli e il rigore fiscale siano scoraggiati, in una politica che tende a offrire anche generosi incentivi alle imprese straniere per attrarre investimenti, specialmente nei settori minerario, del petrolio e del gas.
Penalizzati da commercio.
Quanto alle rimesse dall’estero, nel 2015 ammontavano a 31 miliardi, non pochi ma compensati dai 32 miliardi di profitti esportati dalle grandi imprese straniere.
I governi hanno ricevuto 32,8 miliardi di finanziamenti ma ne hanno pagati 18 tra gli interessi e un debito sempre più alto.
Senza contare i 29 miliardi che ogni anno spariscono con il commercio illegale di beni naturali vari, come il pesce, gli animali e la vegetazione. Le politiche commerciali internazionali hanno creato un sistema che prende dall’Africa le materie prime per lavorarle altrove, facendo perdere il margine di guadagno maggiore, nel settore petrolifero come in quello agricolo.
Gli effetti climatici.
Infine, ci sono i danni del riscaldamento globale, provocato altrove, com’è noto. Il costo di adattamento, per prevenire l’impatto sull’economia e sulla vita quotidiana delle persone, è stimato in 10,6 miliardi all’anno.
I costi della mitigazione, invece, ammontano a circa 26 miliardi e comprendono la conversione nelle fonti rinnovabili, trasformazione molto più onerosa dove mancano le infrastrutture e la tecnologia che abbiamo in Europa. La perdita di giovani che migrano a causa dei dissesti naturali e dei conflitti, portando via forza lavoro e competenze – il cosiddetto brain drain — è stimata in circa 6 miliardi di dollari.
Che cosa fare.
I ricercatori di Honest accounts non fanno solo accuse, ma avanzano una serie di proposte per soluzioni concrete.
In generale, ci vorrebbe un maggiore coinvolgimento della società civile africana affinchè i tanti squilibri, la corruzione, e certi privilegi siano denunciati ed eliminati. Anche la società civile degli altri Paesi dovrebbe mobilitarsi però, soprattutto quelli che beneficiano della ricchezza dell’Africa.
“Le èlites globali non hanno alcun interesse a cambiare un sistema da cui traggono solo vantaggi, quindi sta alle organizzazioni e ai movimenti creare coalizioni transnazionali per fermare le varie forme di evasione fiscale e sottrazione di ulteriori risorse”, spiegano gli autori del rapporto, indicando con precisione alcune politiche da seguire.
Un’economia locale smantellata da ricostruire.
Ad esempio, sostenere l’economia locale con maggiori investimenti pubblici. Per decenni le istituzioni internazionali hanno promosso privatizzazioni e aperture dei mercati alle imprese straniere e al commercio internazionale, smantellando i pochi servizi pubblici esistenti senza avviare un’economia di mercato forte.
Come già accaduto nell’Asia orientale, dove i tassi di povertà si sono ridotti drasticamente negli ultimi decenni, un maggiore intervento dello Stato faciliterebbe la creazione e lo sviluppo di industrie locali, magari rafforzando il mercato interno con misure temporaneamente protezionistiche.
Il rapporto suggerisce ai governi africani di differenziare gli investimenti per la crescita non basandola solo sulla ricchezza mineraria, sulle fonti fossili e le altre risorse non rinnovabili — tra l’altro, causa di conflitti e di corruzione. Dovrebbero incoraggiare invece quei settori che permettono una crescita sostenibile e inclusiva, che ha maggiori prospettive in rapporto all’evoluzione tecnologia e alla trasformazione delle competenze, come raccomandato anche dalla Banca Mondiale
Ripensare aiuti, tasse e prestiti.
Riguardo agli aiuti dai Paesi industrializzati, questi andrebbero ripensati come forma di risarcimento per i danni subiti, anzichè come donazioni volontarie.
Un simile processo comporta un’analisi approfondita dei rapporti con ogni altra economia, calcolando quante risorse escono dal continente ogni anno e stimando anche i danni che altri hanno causato, come nel caso del riscaldamento globale.
Dal punto di vista finanziario, ci vorrebbe un impegno deciso per fermare l’evasione fiscale delle multinazionali che fanno profitti in Africa. Secondo i ricercatori anche le istituzioni finanziarie nazionali – come le borse valori – dovrebbero impedire a certe società di essere quotate se usano i paradisi fiscali e contribuiscono a impoverire Paesi in fanno profitti.
Un programma serio di controlli.
Inoltre, lo studio suggerisce un programma serio di controllo dei prestiti concessi attraverso Fondo Monetario, Banca Mondiale e altre istituzioni internazionali o governi, affinchè ci sia maggiore trasparenza nell’utilizzo e affinchè gli interessi diventino sostenibili nel medio e lungo termine. Si tratta, in sostanza, delle misure necessarie a limitare i danni dei cosiddetti “fondi avvoltoio” che strangolano l’economia dei Paesi in via di sviluppo, impedendo ogni reale progresso.
Su questa strada, nel 2015 le Nazioni unite avevano avviato un processo per la ristrutturazione del debito. La risoluzione fu votata da 136 nazioni, con l’opposizione di Stati uniti, Regno unito, Germania, Giappone, Canada e Israele.
(da “La Stampa”)
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Maggio 24th, 2017 Riccardo Fucile
E’ L’UOMO VOLUTO DAL PAPA FIN DAL 2014 QUANDO LO NOMINO’ CARDINALE A PERUGIA… A DIFESA DEI LAVORATORI, ATTENTO AL SOCIALE, VICINO A CHI HA BISOGNO
Francesco ha scelto. Il cardinale Gualtiero Bassetti è il nuovo presidente della Cei.
Ha avuto la meglio sugli altri due vescovi entrati ieri nella terna votata dall’assemblea generale, il vescovo di Novara Brambilla e quello di Agrigento Montenegro.
Bassetti era l’uomo voluto dal Papa fin dal 2014, quando lo creò cardinale nonostante Perugia non fosse una sede che prevedeva la berretta rossa.
Poi Francesco decise di lasciare in sella Bagnasco sino alla fine del suo mandato e tutto venne rimandato alle nuove procedure che per la prima volta hanno previsto l’elezione dopo la proposta di tre nomi al Papa.
Poco prima dell’assemblea generale Francesco ha confermato Bassetti alla guida di Perugia con la formula “donec aliter provideatur” (finchè il Papa non dispone diversamente), dopo la rinuncia da lui presentata per raggiunti limiti di età , al compimento dei 75 anni, il 7 aprile 2017.
Un chiaro segno che era su di lui che il Papa puntava per la successione di Bagnasco.
Il motto episcopale del nuovo presidente è “In charitate fundati”.
Richiama il significativo passo della Lettera agli Efesini di san Paolo e sintetizza lo stile di questo pastore della Chiesa universale.
Bassetti, già vice presidente della Cei (2009-2014), attuale presidente della Ceu, membro delle Congregazioni per i Vescovi e per il Clero e del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, è un cardinale al servizio degli “ultimi” facendo sentire concretamente la vicinanza della Chiesa di Cristo alle persone in difficoltà , disagiate, emarginate, sofferenti, gli “scarti della società “.
Nel contempo, richiama costantemente i cristiani ai loro doveri verso i fratelli che vivono difficili situazioni di povertà umana e materiale, oltre a non far mancare la sua attenzione a quanti sono “distanti” dalla Chiesa.
Insieme, lavora per essere fedele al suo stile di vescovo: “Operare per la comunione nella Chiesa”.
PRIME PAROLE DEL NEOPRESIDENTE
Appena saputa la nomina a presidente della Cei il cardinale Gualtieri Bassetti ha rilasciato una breve dichiarazione ringraziando la stampa: “Con tanta fiducia già in questo piccolo comunicato stringato vi apro il cuore”. Il primo pensiero, ha detto “va al Santo Padre per il coraggio che ha mostrato nell’affidarmi questa responsabilità al crepuscolo della mia vita. È davvero un segno che crede alla capacità dei vecchi di sognare: anche i vecchi avranno dei sogni e delle visioni. La cosa che mi ha dato grande gioia, in questo momento in cui è avvenuto qualcosa che è superiore alle mie forze, è stata una telefonata affettuosa dei ragazzi di Mondo X di padre Eligio, che mi hanno detto: ‘Continua a essere un papà per noi’. Ecco l’ho ritenuta la raccomandazione più importante”.
Poi ha aggiunto: “Non ho programmi preconfezionati da offrire, perchè nella mia vita, con gli scout da giovane prete, sono sempre stato abbastanza improvvisatore. Intendo lavorare con tutti i vescovi, grato per la fiducia che mi hanno assicurato e per l’abbraccio affettuoso anche di stamane avvenuto nella sagrestia della basilica di San Pietro. Il Papa ci ha raccomandato di condividere tempo, ascolto, creatività e consolazione. Ed è quello che cercheremo di fare insieme noi vescovi anche il Papa continua a raccomandarci: Vivete la collegialità , camminate insieme. È questa la cifra che ci permette di intepretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio. Mi incoraggiano le parole del cardinale Bagnasco, a cui mi sento legato da sincera amicizia, quando ha augurato al nuovo presidente di essere se stesso. E questo è quello che io desidero nel profondo del mio cuore”.
PASTORE NELLO STILE DI FRANCESCO
Le radici di Bassetti affondano fra le montagne che dividono la Toscana e l’Emilia Romagna: nasce il 7 aprile 1942 a Popolano di Marradi, in provincia di Firenze ma nella diocesi di Faenza-Modigliana. È il primo di tre figli e viene alla luce nel comune che ha dato i natali al poeta Dino Campana. Due suoi cugini sono sacerdoti, don Giuseppe e don Luca Bassetti.
Dopo aver trascorso l’infanzia a Fantino, nell’arcidiocesi di Firenze, nel 1956 entra nel Seminario di Firenze. Il 29 giugno 1966 viene ordinato presbitero nel duomo di Santa Maria del Fiore dal cardinale Ermenegildo Florit.
Inviato come vice parroco nella comunità di San Salvi, nel 1968 è chiamato in Seminario come assistente al Minore e responsabile della pastorale vocazionale.
Nel 1972 viene nominato rettore del Seminario Minore. Nel 1979 il cardinale Giovanni Benelli gli affida l’incarico di rettore del Seminario Maggiore, a soli 37 anni. Nel 1990 il cardinale Silvano Piovanelli lo nomina suo pro-vicario e nel 1992 lo chiama a diventare vicario generale dell’arcidiocesi di Firenze.
Il 3 luglio 1994 papa Giovanni Paolo II lo elegge vescovo di Massa Marittima-Piombino. Viene ordinato vescovo l’8 settembre dal cardinale Piovanelli nella basilica di San Lorenzo a Firenze. Il 21 novembre 1998 viene eletto vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro.
Dalla Gmg di Roma in poi, la vicinanza ai giovani sarà una costante del suo episcopato. Promosso da Benedetto XVI alla sede metropolitana di Perugia-Città della Pieve il 16 luglio 2009, fa il suo ingresso in diocesi il 4 ottobre dello stesso anno.
Bassetti ha molto in comune con il suo predecessore, il cardinale Gioacchino Pecci (papa Leone XIII), che fu vescovo di Perugia dal 1846 al 1878, entrato nella storia come il “Papa riformatore e sociale” e il “Papa dei lavoratori”, che, nello scrivere l’enciclica Rerum novarum, formulò i fondamenti della Dottrina sociale della Chiesa. Bassetti è un Pastore molto sensibile alle problematiche sociali, in particolare al mondo del lavoro e al ceto meno abbiente.
Fin dal suo breve ma intenso episcopato al servizio della diocesi di Massa Marittima-Piombino, fu vicino alle famiglie dei minatori e dei lavoratori delle Acciaierie alle prese con una crisi difficile.
Vicinanza al mondo del lavoro che ebbe anche da vescovo della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Qui non perde occasione di far sentire la voce della Chiesa in diverse difficili situazioni accentuate dal perdurare della crisi economica.
Molto attento alla famiglia, la “Chiesa domestica”, senza la quale la società non ha futuro, il cardinale Bassetti è stato chiamato da papa Francesco a far parte della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia.
Ha scritto le Meditazioni della Via Crucis presieduta da Francesco il Venerdì Santo 2016 al Colosseo, sviluppando nelle quattordici stazioni il tema della sofferenza dell’uomo di oggi, della famiglia, delle persecuzioni e delle tragedie delle migrazioni, sul filo conduttore dell’amore e del perdono.
Nei piani pastorali affronta i temi della vita, della famiglia, della riscoperta dell’identità battesimale, della parrocchia dal volto missionario e comunità educante, della giustizia sociale.
Nei numerosi messaggi che ha rivolto ai fedeli e agli uomini di buona volontà delle tre Diocesi da lui guidate nei suoi oltre venti anni di vescovo, si è soffermato spesso sulle morti nel lavoro e sulla crisi occupazionale, sulla politica che ha bisogno di un “sussulto profetico”, sulla legalità nella gestione della cosa pubblica, sullo shopping domenicale che snatura il giorno del Signore, sulle gravi piaghe sociali del nostro tempo, quali la prostituzione, il consumo di sostanze stupefacenti, di alcool e il gioco d’azzardo, che rendono l’uomo schiavo e vittima di queste povertà estreme.
(da “La Repubblica“)
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Maggio 24th, 2017 Riccardo Fucile
ARRESTATI PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA I DUE FRATELLI DEL DEPUTATO DI FORZA ITALIA: PATTO TRA IMPRENDITORI E CAMORRISTI DEL CLAN POLVERINO
Nel patto imprenditoriale-camorristico tra i fratelli Cesaro, arrestati oggi, e il clan Polverino c’era anche la politica. La politica spicciola.
Quella che controlla i piccoli e medi comuni e attraverso sindaci e assessori vicini muove dirigenti e funzionari per premiare gli amici e fedelissimi.
La politica che si attiva presso gli organismi sovra comunali, province e Regione Campania, affinchè l’iter dei progetti vada a buon fine.
La politica che chiede al clan di votare e far votare il proprio candidato, di andare a comprare preferenze in giro, di minacciare gli elettori che non si adeguano.
Aniello e Raffaele Cesaro — fratelli del deputato di Fi Luigi Cesaro, ex presidente della Provincia di Napoli — da stamane sono in carcere con accuse di concorso esterno in associazione camorristica e riciclaggio per la realizzazione del Pip di Marano, costruito con materiali scadenti e con un collaudo, ottenuto con pressioni e documenti falsi, che non poteva essere certificato, e grazie alla società di fatto dei Cesaro con Angelo Simeoli, detto ‘o bastone, elemento di punta dei Polverino.
Ma l’ordinanza del Gip di Napoli Francesca Ferri cita diverse volte Luigi ‘a Purpetta Cesaro, e non lo fa a vanvera.
C’è un verbale che racconta il livello di inquinamento della camorra nella politica e nelle ultime elezioni di Sant’Antimo.
Parla un nuovo pentito, Ferdinando Puca, dell’omonimo clan dominante nel feudo politico-imprenditoriale dei Cesaro. Tira in ballo pesantemente Giggino ‘a Purpetta. Racconta di voti comprati, di minacce agli elettori, di boss ingaggiati al servizio del candidato dei Cesaro.
È il 23 marzo 2016: “Sono in carcere dal dicembre del 2012. Premetto che fino agli anni 80′ figura apicale del clan di Sant’Antimo era o’ Giappone affiliato alla Nuova camorra organizzata che aveva rapporti con il padre dei Cesaro il quale si era adoperato per far scappare Raffaele Cutolo dal manicomio di Aversa. Dopo la morte del Giappone prese il suo posto come rilievo criminale Pasquale Puca che nel frattempo strinse rapporti o meglio li continuò con i figli di Cesaro. (…) I Cesaro fin dagli anni 80′ erano dei piccoli imprenditori e la loro fortuna e la loro crescita imprenditoriale è stata favorita da Pasquale Puca. “Dico questo perchè tutti gli affari e tutti gli investimenti sono stati fatti sempre e con il solo Pasquale Puca del quale i Cesaro divennero i prestanomi. Ad esempio il centro Igea Sant’Antimo, l’affare della Texas Instruments di Aversa o il centro commerciale Il Molino alle colonne di Giugliano. Ciò perchè il clan Puca dove ce n’era bisogno interveniva a supporto ed a sostegno dei Cesaro”.
Ferdinando Puca scava nella memoria: “Ricordo che nel 2011 appena sono stato scarcerato fui convocato dai Cesaro tramite mia zia Teresa Puca che non a caso lavora dai Cesaro insieme alla sorella, come domestiche, ed in quanto mie zie. Ebbi due convocazioni la prima presso il centro IGEA (il centro medico core business dei Cesaro, ndr) immediatamente dopo la mia scarcerazione dove Antimo Cesaro, detto penniello, mi diede 10mila euro quale regalo per la mia scarcerazione”.
In quella occasione Antimo Cesaro gli avrebbe chiesto di intervenire per arginare alcune estorsioni ai loro danni.
“Nel 2011/2012 fui convocato nuovamente questa volta proprio a casa di Luigi Cesaro che mi chiese ovviamente come esponente del clan Puca di “appoggiare” la campagna elettorale di una persona che loro portavano come Sindaco, tale Cristoforo, che noi chiamavamo Castiglione. Luigi Cesaro in quell’occasione mi diede 10 mila euro e mi disse specificatamente come dovevo fare per manipolare la campagna elettorale. Preciso che già nel 2003/2004 avevo fatto la stessa cosa per mio cugino Pasquale Puca. In quell’occasione, nel 2011, Luigi Cesaro mi disse che dovevo comprare le schede elettorali, infatti mi diede i 10mila euro per effettuare l’acquisto, avremmo poi dovuto verificare se qualcuno vendeva due volte le schede elettorali così alterando il numero, l’avremmo dovuto picchiare ed avremmo dovuto controllare, il giorno delle elezioni, tramite una nostra persona fuori al seggio, che i soggetti contattati al quale davamo 50 euro a persona mentre il galoppino prendeva 10 euro, dovevamo poi controllare la corrispondenza tra i votanti da noi pagati ed i voti effettivamente presi. Tanto facevano anche i Cesaro in quanto avevano persone loro direttamente nei seggi”.
Queste modalità , chiede il pm, furono concordate con Luigi Cesaro? “Assolutamente si in quanto è proprio questo il motivo per il quale i politici si rivolgono alla camorra. Siccome la campagna elettorale andò bene ed il soggetto fu eletto, Antimo e Luigi Cesaro mi ricompensarono dandomi 35 mila euro che io divisi con Pasquale Verde alias o cecato. Per altro i Cesaro sempre in forza dello stretto legame camorristico ed imprenditoriale che hanno con il clan Puca versano a Teresa Puca, figlia di Pasquale, 10 mila euro al mese”.
Sulla posizione del deputato Luigi Cesaro il procuratore reggente Nunzio Fragliasso mantiene un doveroso riserbo: “La procura di Napoli si pronuncia sulle evidenze investigative che si inseriscono in un provvedimento giudiziario ostensibile”, è la risposta alla domanda sul suo livello di coinvolgimento nelle indagini.
Dalle 420 pagine dell’ordinanza traspare però che il deputato ed ex coordinatore napoletano di Forza Italia è il colore più forte dello sfondo di un quadro che racconta protezioni e collusioni politiche in ambienti berlusconiani di cui hanno beneficiato gli affari dei fratelli imprenditori. A cominciare, per l’appunto da Marano.
Chi firma le licenze del Pip è un ingegnere, Gennaro Pitocchi, lo stesso che dieci anni fa ha dato l’ok alle licenze per la Yorik srl e l’affare Texas Instruments dei Cesaro ad Aversa.
Per quella licenza e le polemiche che ne seguirono Pitocchi fu costretto a dimettersi, ma i Cesaro — sostengono il pm di Napoli Mariella Di Mauro e il procuratore aggiunto Dda Giuseppe Borrelli — ottengono che l’ingegnere sia trasferito nell’Ufficio Tecnico del comune di Marano. “Poco dopo essersi insediato in un solo giorno firmò ben ventidue licenze edilizie in favore della società Iniziative Industriali della famiglia Cesaro, superando le perplessità e gli approfondimenti richiesti dall’Ingegnere Micillo, predecessore del Pitocchi, che non le aveva rilasciate” scrive il Gip nell’ordinanza.
È un passaggio-chiave dell’inchiesta condotta dai carabinieri dei Ros che ha preso il via grazie a uno spunto confidenziale e si è sviluppata attraverso il consueto corredo di intercettazioni telefoniche e di cimici intrufolate nelle automobili.
Dai colloqui captati e dai verbali di alcuni collaboratori di giustizia emergono le convergenze tra gli interessi dei Cesaro e quelli del clan Polverino attraverso la liquidità di Angelo Simeoli, l’uomo che mediò gli espropri, teneva i contatti con i fratelli imprenditori e riceveva la sera al ristorante Villa Borghese per discutere gli affari, come racconta a verbale il titolare di una autodemolizioni che doveva adeguarsi alla legge regionale e delocalizzare l’attività e voleva comprare un capannone a Marano.
“Già all’epoca tutti lo conoscevano come soggetto legato al clan camorristico locale che erano i Polverino”. ‘O Bastone telefona a Raffaele Cesaro e in pochi minuti questi arriva e inizia la trattativa. Che finirà male, a suon di denunce.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 24th, 2017 Riccardo Fucile
CHRIS PARKER, 33 ANNI, E’ CORSO DENTRO L’EDIFICIO PER AIUTARE LE VITTIME DELL’ATTENTATO… UNA DONNA E’ MORTA TRA LE SUE BRACCIA
La zona intorno alla Manchester Arena ogni tanto diventa casa sua, il posto dove qualche volta dorme e dove spesso chiede l’elemosina alla fine dei concerti.
Il senzatetto Chris Parker si trovava lì anche questo lunedì 22 maggio, in attesa della folla in uscita dopo lo spettacolo di Ariana Grande.
Quando ha udito l’esplosione – costata la vita a 22 persone – ha respinto l’istinto di fuggire per mettersi al sicuro ed è corso dentro l’edificio, per soccorrere le vittime dell’attentato terroristico
La sua storia è stata ripresa su diversi siti della stampa internazionale, dalla quale è stato intervistato poche ore dopo l’accaduto.
“Sembravano tutti felici, stavano uscendo dalle porte quando a un tratto ho sentito il botto, poi ho visto un lampo bianco, il fumo e infine ho sentito le urla”, ha raccontato il 33enne Parker, “Il pavimento ha tremato, mi sono alzato e anzichè seguire l’istinto di fuggire sono entrato dentro, per cercare di aiutarli. Sul pavimento c’erano persone ovunque. Ho visto una bambina, non aveva le gambe. L’ho avvolta in una maglietta e le ho chiesto dove fossero mamma e papà “.
Non ce l’ha fatta, invece, una donna di 60 anni, morta tra le sue braccia.
Il coraggio di Chris ha colpito molte persone, che gli hanno attribuito il merito di essersi comportato da “eroe” in quei momenti di terrore.
In segno di riconoscimento un uomo di nome Michael Johns ha aperto una pagina su Gofundme, per raccogliere soldi da destinare al senzatetto.
In poche ore il crowdfounding ha superato le 30mila sterline. “Parlo a nome del mondo intero quando ti ringrazio per il tuo altruismo. Hai riempito il mio cuore di speranza e umanità “, scrive una donatrice.
“Gli orrori che hai visto non possono essere cancellati. Il tuo coraggio e la compassione non saranno mai sminuiti. Grazie, Chris”, commenta un altro.
La pagina non è in contatto con lui e in una nota viene chiesto a tutti una mano per rintracciarlo, così da poter consegnare il denaro raccolto.
Nel frattempo, una donna che dichiara di essere sua madre ha lanciato un appello su Facebbok, chiedendo di aiutarla a ricongiungersi con lui: “Mio figlio è stato lontano da me per tanto tempo. Non avevo idea fosse un senzatetto, ma è stato estremamente coraggioso la scorsa notte. Per favore aiutatemi a rimettermi in contatto con Chris”.
(da agenzie)
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Maggio 24th, 2017 Riccardo Fucile
UNA CHE VEDE COMPLOTTI OVUNQUE: DALLE SCIE CHIMICHE AI CINESI CHE NON MUOIONO FINO AGLI IMMIGRATI CHE PRENDONO 40 EURO (L’INFLAZIONE…) PER NON LAVORARE, FINO ALLO STERMINIO DEI ROM
Scie chimiche, frasi inneggianti allo sterminio dei rom, un occhiolino a CasaPound e a Salvini.
Ma anche tante fake news “gentiste”, contro il Pd, contro i cinesi e gli stranieri in generale, a sostegno della famigerata cura “di Bella” e foto di gattini in quantità .
È tutto sulla pagina facebook di Lella Bottazzi, la candidata sindaca del M5s a Grugliasco che la settimana scorsa ha ricevuto la visita del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. “Vogliamo migliorare le cose – ha detto -. Ho 56 anni, potevo starmene in un angolino, ma l’ho fatto perchè ho un figlio di 28 anni, abita qui e avrà una famiglia qui, quindi voglio migliorare il luogo in cui viviamo”.
Queste le sue poche semplici frasi pronunciate prima di lasciare spazio a Di Maio e al suo comizio.
Supportata dai consiglieri regionali Davide Bono e Francesca Frediani, ma anche dalla “padrona di casa”, la deputata Laura Castelli, la candidata di Grugliasco basa la sua campagna elettorale sulle più classiche delle lotte ambientaliste: stop alla cementificazione, più raccolta differenziata, migliori collegamenti pubblici con la città e stop all’inceneritore.
Ma sulla sua pagina Fb dà il meglio si sè fino a invocare lo sterminio dei rom.
Il 31 maggio 2015 ne ha pubblicato uno rilanciando la classica bufala dei cinesi “immortali” e del riciclaggio dei documenti di quelli che muoiono senza lasciare tracce.
Sempre ai cinesi e alla loro evasione fiscale dedica un’altra immagine in cui si invita Equitalia a controllare le loro attività lamentandosi del “razzismo anti italiano”.
Il 1° giugno pubblica un’altra bufala, quella dei 40 euro al giorno “per tutta la vita” con la foto di sei africani di fronte a un albergo.
Alcuni giorni dopo un’altra immagine con una scritta (un po’ sgrammaticata) contro “’sta commemorazione dei clandestini naufragati” per gli “italiani che lo Stato ha costretto a suicidarsi”.
E poi tante fake news, come quella dei timbri e delle schede elettorali trovate abbandonate sul ciglio di una strada o della polizia armata schierata dalla Francia alla frontiera per respingere tutti i clandestini.
(da “Lo Spiffero”)
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Maggio 24th, 2017 Riccardo Fucile
IN 5ANNI TRIPLICATO L’APPREZZAMENTO PER IL SINDACO, L’EX GRILLINO VINCEREBBE IN OGNI BALLOTTAGGIO
Candidato senza partito, 5 stelle senza movimento, Federico Pizzarotti sembra volare verso la riconferma alla guida di Parma.
L’Atlante politico registra il grande apprezzamento per il primo cittadino “sospeso” e poi “fuoriuscito” dal M5S, che parte in netto vantaggio sugli avversari di centro-destra e di centro-sinistra. E surclassa il candidato ufficiale grillino
Le elezioni amministrative del 2012 avevano avviato la catena di successi del M5S, mostrando la sua capacità di attrarre consensi da tutte le aree politiche e di proporsi come soggetto di governo.
Oggi il capoluogo emiliano è diventato l’emblema dei travagli e delle contraddizioni che attraversano l’esperienza pentastellata.
Se cinque anni fa Pizzarotti aveva conquistato solo il 19% dei voti al primo turno, il sondaggio realizzato nei giorni scorsi da Demos lo stima al 42%.
Lontani i due candidati dei blocchi tradizionali.
Paolo Scarpa, scelto dal centro-sinistra, si ferma al 27%. Laura Cavandoli, per il centro-destra, dieci punti più in basso: 16%.
Marginali – inferiori al 5% – risultano d’altra parte i consensi dell’attuale candidato 5 stelle, Daniele Ghirarduzzi. Mentre tutti gli altri candidati non superano il 3%.
Dalla formazione di provenienza, Pizzarotti eredita non solo oltre la metà degli attuali consensi (51%), ma anche un elettorato eterogeneo, sotto il profilo degli orientamenti e del background politico.
Persino elettori (alle Politiche) di partiti che a Parma esprimono un proprio candidato voterebbero per lui.
Nello specifico, sceglierebbero Pizzarotti, fin dal primo turno, il 41% degli elettori della sinistra radicale e il 32% del Partito democratico, ma anche il 36% degli elettori di Forza Italia e il 26% dei leghisti (la cui candidata guida la coalizione di centro-destra).
Il sindaco uscente, del resto, non è più uno “sconosciuto”.
Al contrario dei propri avversari, è molto noto (appena tre persone su cento non si esprimono, sul suo conto). E apprezzato: sei cittadini su dieci promuovono il suo lavoro. Ancora più elevati i giudizi positivi sul lavoro svolto dalla giunta comunale, che arrivano al 66%
Così come l’opinione pubblica generale, anche i simpatizzanti del leader di Effetto Parma mettono i temi della sicurezza, del decoro cittadino e della disoccupazione in cima alla lista delle emergenze. Questioni di destra e di sinistra, insieme a problemi trasversali, a ulteriore conferma dell’impronta post-ideologica, altro marchio di fabbrica del M5S.
Come la formazione di Grillo, peraltro, Pizzarotti mostra una notevole (e trasversale) capacità di attrazione in tutti i possibili scenari di ballottaggio.
Arriverebbe al 59% nel confronto con Scarpa, convogliando, tra primo e secondo turno, il 46% dei voti di Cavandoli.
Raggiungerebbe addirittura il 71% nel testa a testa con la candidata del centro-destra, sommando ai propri voti il 54% dei consensi di Scarpa.
(da “La Repubblica”)
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