Maggio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
IL COMUNE PUBBLICA UN QUESTIONARIO SUL RIFACIMENTO DI VIALE MARCONI, INVITANDO A VOTARE UNA DELLE SETTE SOLUZIONI… MA PRECISA: “IL PARERE NON E’ VINCOLANTE PER IL COMUNE”
È la democrazia diretta, bellezza.
La pagina facebook di Roma Servizi per la Mobilità ha pubblicato il questionario on line sul rifacimento di viale Marconi pubblicizzando le “sette ipotesi per velocizzare il trasporto pubblico”.
La società del Comune di Roma sul suo sito illustra le sette ipotesi e invita i cittadini a votarle.
L’intervento, scelto tra le soluzioni che saranno qui illustrate, punta a fornire, nell’ambito del PUMS (Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile) una corsia preferenziale per il trasporto pubblico in entrambe le direzioni compatibile, perlomeno in alcune varianti, con un possibile futuro tram. Buona parte delle ipotesi prevede, inoltre, la realizzazione della pista ciclabile, preservando per il traffico privato due corsie per senso di marcia. Tutte le soluzioni sono compatibili con un assetto futuro di implementazione di nuova sosta che verrà generata con la realizzazione del PUP di Piazzale della Radio. Ulteriori ambiti di rivisitazione dell’attuale disciplina di sosta, non considerati nel bilancio della sosta delle proposte riportate di seguito, potranno essere analizzati su lungotevere degli Inventori e lungotevere di Pietra Papa, anche tramite il recupero di aree oggi dismesse.
Ma dopo aver pomposamente affermato che “Scelgono i cittadini” Roma Servizi per la Mobilità specifica anche che il risultato finale del questionario on line non sarà vincolate per l’amministrazione comunale.
Cioè: voi votate, ma poi chi deve decidere farà come vuole.
E allora a cosa serve dire che scelgono i cittadini?
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
LE SIMULAZIONI DI YOUTREND PORTANO ALLA NECESSITA’ DI UNA GRANDE COALIZIONE PER POTER AVERE I NUMERI PER GOVERNARE… MA ANCHE CON IL ROSATELLUM LA SITUAZIONE NON CAMBIA
Con i rapporti di forza attuali, in base alla media dei sondaggi, nessun partito riuscirebbe ad ottenere la maggioranza, nè con il cosiddetto Rosatellum, nè con il modello tedesco rilanciato da Berlusconi.
Con il Rosatellum però, secondo le simulazioni di Youtrend sulla Camera pubblicate qui a fianco, se Pd, 5Stelle o centrodestra riuscissero a toccare il 35% allora la possibilità di portare a casa una maggioranza autosufficiente, o quasi, sarebbe molto più concreta.
Nell’ipotesi più ottimista infatti i dem potrebbero conquistare 319 seggi, il centrodestra 313 e i 5Stelle 316. In uno scenario meno roseo potrebbe comunque bastare l’accordo con una forza minore del proprio schieramento (che abbia però superato lo sbarramento).
Con il modello tedesco invece neanche arrivando al 35% uno dei tre poli potrebbe sperare di governare in modo autonomo, servirebbe comunque una Grande Coalizione tra due partiti avversari, sempre possibile col proporzionale.
Ma perfino così la strada non sarebbe in discesa.
Se fosse il centrodestra a toccare il 35% potrebbe contare su 238 seggi .
E neanche un accordo tra Forza Italia (116 seggi, 17%) e dem (190 seggi, 28%) sarebbe sufficiente.
Un Pd al 35% invece conquisterebbe 249 seggi e in questo caso l’alleanza con Berlusconi (85 seggi, 12%) produrrebbe una maggioranza (334 seggi).
Scenario analogo con una intesa tra M5S e Lega.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
L’UE SUGGERISCE DI REINTRODURLA, IL GOVERNO HA PAURA DI PERDERE CONSENSI… BASTEREBBE MODULARE LA TASSAZIONE ALLE DIVERSE FASCE DI REDDITO
Reintrodurre la tassazione della prima casa sugli immobili per i proprietari più ricchi.
La proposta non proviene da Bertinotti ma dalla Commissione Europea, che nelle raccomandazioni all’Italia ha indicato questa strada per aumentare il gettito ricevendo in risposta un secco no.
E a pronunciarlo è stato proprio quel Pier Carlo Padoan a cui invece piaceva l’aumento dell’IVA per tagliare il cuneo fiscale.
E che proviene dall’OCSE, che in febbraio aveva proposto di reintrodurre l’IMU per tutti. Bruxelles da anni predilige un abbassamento delle tasse sul lavoro a scapito di quelle sulle proprietà , giudicate più eque e meno penalizzanti per la crescita.
E chiede anche di portare a termine la riforma del Catasto, impostata e poi rimandata prima da Renzi e poi da Gentiloni perchè avrebbe un effetto negativo sull’elettorato.
L’Italia, che è formalmente terza nella tassazione sugli immobili in Europa, con l’eliminazione totale della tassa sulla prima casa ha visto il rapporto con il PIL scendere all’1,25% e finire a metà della classifica guidata dalla Francia.
Scrive Repubblica che il risparmio, calcolato dalla Uil servizio politiche territoriali, è in media di 198 euro a testa per ciascuno dei 19 milioni di proprietari.
Ma se questa è la media della Penisola, nei grandi centri il sollievo per chi possiede la prima abitazione è maggiore e può raggiungere, anche in questo caso in media, circa 431 euro. Ma togliere la tassa sulla prima casa a tutti, senza distinzioni di reddito o patrimonio, è sembrato un regalo:
Si può replicare a Bruxelles che in realtà per le “prime case” di lusso e per le ville la tassa non è stata mai abolita, ma è chiaro che il taglio “lineare” effettuato dal governo dal 2016 non tiene conto del reddito dei proprietari e spesso risulta poco equo.
Del resto quando Renzi decise di eliminare con un colpo netto la Tasi-Imu prima casa, sganciando agli italiani un assegno di quasi 4 miliardi, ci si accapigliò.
A molti sembrò un regalo ai più abbienti: si propose così, in alternativa, di tornare alle detrazioni progressive di Prodi del 2008 che azzeravano quella che allora si chiamava Ici ma solo per il 40 per cento delle famiglie; oppure addirittura al meccanismo di Monti, che reintrodusse la tassa sulla prima casa dopo la parentesi “abolizionista” di Berlusconi, garantendo una detrazione forfettaria di 200 euro.
Si propose anche di graduare l’esenzione dall’Imu prima casa legandola all’Isee, il reddito che serve per accedere ai servizi sociali oppure di eliminarla per il 17 per cento di italiani che pagano il mutuo sulla prima abitazione.
Insomma: cancellare la tassa progressivamente, garantendo solo ai redditi più bassi una completa esenzione.
Reintrodurre una tassa sulla prima casa per i più ricchi non sembra esattamente un’idea da Soviet Supremo: recuperare solo una parte dei 4 miliardi legandola al patrimonio e garantendo ai redditi bassi una completa esenzione invece è un suggerimento corretto.
Ma farlo durante la campagna elettorale per le amministrative (visto chi la riscuote) e in vista delle elezioni politiche non è possibile per una politica il cui orizzonte di lungo periodo è la settimana prossima.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
IL SERVIZIO RINVIATO DOPO UNA LETTERA DI ESPONENTI DEI CLAN…UNA PETIZIONE DI PROTESTA IN POCHE ORE HA RACCOLTO 7.000 FIRME, CHIESTO L’INTERVENTO DELLA REGIONE
E’ polemica per la decisione della Rai di rinviare il servizio su Rolando Fazzari, l’imprenditore titolare della Ligur Block che si è ribellato alla ‘ndrangheta e che chiede finora senza risultati l’aiuto delle istituzioni.
Proprio nella giornata in cui si sommano celebrazioni talora un po’ retoriche per ricordare le figure di Falcone e Borsellino, colpiti dalle stragi mafiose di 25 anni fa, la trasmissione “Mi manda Rai3” aveva in mano un piccolo scoop, con le immagini dell’attentato con furti e devastazioni scoperto domenica proprio dalla Rai e dallo stesso, Fazzari, saliti insieme negli impianti per preparare il servizio che avrebbe accompagnato la trasmissione di questa mattina.
Qualcosa di concreto, insomma, per collegarsi alle tragedie che oggi vengono ricordate. Gli autori della trasmissione fanno sapere che non erano preparati a un copione di questo genere perchè il programma si dedica ai problemi tra cittadini e burocrazia, ma assicurano che si tratta solo di un rinvio.
Non ci conta molto, invece, Christian Abbondanza, della Casa della legalità di Genova : «Pare che “Mi manda Ninetto…” abbia più peso di “Mi manda Rai 3”. Anche il 23 maggio, anniversario della strage di Capaci e giornata simbolo della necessaria lotta alle mafie. Quello che emerge è devastante. Se la scusa formale è un “semplice rinvio”, la realtà indicata è ben altra… E’ arrivata alla redazione di “Mi manda Rai 3” una lettera per conto degli esponenti della cosca dei Gullace e Fazzari che si lamenta di quanto afferma Rolando Fazzari e delle sue “diffamazioni” ai danni degli esponenti della cosca. Davanti a questa lettera “Mi Manda Rai 3” alza le mani, nonostante il “dettaglio” che gli esponenti della cosca ‘ndranghetista, a partire proprio dagli ex parenti di Rolando Fazzari, siano stati tutti arrestati nell’operazione antimafia “Alchemia” il 19 luglio 2016. L’unica prospettiva che si apre è che, in altro giorno, (forse) si rimetta in scaletta una storia rivista e corretta di Rolando, presentandolo come vittima della sola burocrazia ma dove la ‘ndrangheta non esiste. Insomma, per la redazione di “Mi Manda Rai 3”, parlando di Liguria, nonostante la professionalità della propria inviata, la soluzione migliore è “a meglia parola”, ovvero il silenzio! E tutto ciò è grave, inquietante e molto triste!».
Fazzari, tuttavia, un piccolo spiraglio di speranza lo ha ricevuto dall’appello a suo favore che ha già raccolto 7.000 firme.
«Colpisce – osserva Mimmo Lombezzi, uno dei promotori dell’appello – il silenzio della sindaca di Balestrino Gabriella Ismarro: non un commento, non una battuta, non un comunicato. Nemmeno un consiglio comunale per discutere del fatto che un’azienda è stata distrutta da “mani ignote” sul suo territorio».
E soprattutto Rolando Fazzari dichiara che comunque non si arrenderà . «È ormai mezzo secolo che subisco angherie – spiega -. Ho preso le distanze dai miei ex parenti e ho testimoniato degli omicidi. Ma l’unica cosa che ho avuto sono sonore bastonate sulla schiena».
La storia di Orlando “Rolando” Fazzari, titolare della Ligur Block, piccola azienda di Balestrino, è una storia di resistenza a un destino che lo ha fatto nascere nella famiglia sbagliata, legata secondo gli inquirenti alla ‘ndrangheta: l’anno scorso la Procura di Reggio Calabria ha arrestato, con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, Giulia Fazzari (sorella di Orlando) e il marito Carmelo Gullace, ritenuto «uno dei boss della ‘ndrangheta del Nord Ovest»; l’altra sorella Rita è stata indagata per intestazione fittizia di beni, aggravata dall’agevolazione all’organizzazione, insieme al marito Roberto Orlando; il capostipite Francesco Fazzari, padre di Rolando morto nel 2008, è considerato dagli inquirenti il vecchio capo-clan della cosca Raso-Gullace-Albanese.
«È tutta la vita che combatto contro questa gente», dice amaro Fazzari, dopo che la sua azienda edile di Balestrino, alcuni giorni fa, è stata colpita da un nuovo atto di sabotaggio. Era adolescente quando si rifiutò di sparare a Nicola D’Agostino, esponente di un clan avversario, che verrà comunque freddato qualche anno più tardi a Roma.
Grazie anche alla collaborazione di Fazzari, quell’omicidio, irrisolto per anni, è stato riaperto dalla Procura di Reggio Calabria, insieme ad altri delitti, commessi anche in Liguria.
A qualcuno forse non piacciono le posizioni e soprattutto le rivelazioni di Rolando Fazzari, che a marzo dell’anno scorso, ha trovato davanti alla sua azienda un capretto sgozzato.
Nei giorni scorsi l’azienda di Fazzari è stata vittima dell’ennesima intimidazione, qualcuno gli ha devastato gli impianti elettrici e il gruppo elettrogeno, dopo che il cantiere aveva già subito danni gravissimi a seguito dell’alluvione.
Nel 2009 l’imprenditore ha perso il figlio diciottenne Gabriele, vittima di un incidente sul lavoro in un giorno di festa.
Era dove non doveva essere proprio per difendere il cantiere dai danneggiamenti anonimi. L ‘imprenditore dice di non aver dubbi sulla matrice: «Giovedì scorso sono stato in azienda, è raggiungibile solo a piedi a causa della frana, ed era tutto in ordine – racconta – Pertanto quanto è accaduto deve risalire a venerdì. La cosa grave è che queste persone sono attive in Liguria dagli anni Settanta e hanno l’appoggio anche di politici, gli stessi che dicono che la mafia non esiste. I miei “ex parenti” avrebbero dovuto mettere in sicurezza i terreni e non lo hanno mai fatto. E le autorità non li hanno mai obbligati».
(da “il Secolo XIX”)
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Maggio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
AVEVA 23 ANNI, I SUOI GENITORI ERANO FUGGITI DALLA LIBIA A CAUSA DI GHEDDAFI, ULTIMO DI QUATTRO FRATELLI… “AVEVA COMPORTAMENTI STRANI”
Salman Abedi. È questo il nome del kamikaze che si è fatto saltare in aria alla Manchester arena nella serata di ieri, a conclusione del concerto della cantante idolo dei teenager Ariana Grande.
La polizia ha dato la conferma dell’identità , dopo che per ore sono circolate indiscrezioni tra le testate internazionali, spiegando che il 23enne era già noto alle forze dell’ordine. “La nostra priorità è indagare per scoprire se abbia agito da solo o con il supporto di un network più ampio”, ha detto il capo della polizia di Manchester, Ian Hopkins. Secondo funzionari dell’intelligence Usa il ragazzo avrebbe viaggiato da Londra a Manchester in treno
The independent si è spinto oltre, fornendo dettagli della vita del giovane nato nel 1994 proprio a Manchester.
L’ultimo di quattro fratelli, i suoi genitori sono originari della Libia, da dove sono fuggiti a causa del regime di Gheddafi.
La famiglia, dopo qualche anno a Londra, si è poi trasferita a Fallowfield, nel sud di Manchester, lo stesso quadrante della città in cui nella mattinata la polizia ha arrestato un altro giovane di 23 anni sospettato di essere collegato all’attentato.
Secondo il Mirror il giovane “sorrideva” mentre la polizia lo portava via in manette. La casa della famiglia è diventato il punto di partenza delle indagini.
Una figlia della coppia, Jomana, 18 anni, ha frequentato il liceo di Whalley Range, prima di lavorare nella moschea di Didsbury, nel 2013.
Nata a Manchester, ha due profili Facebook e nel suo status afferma di essere di Tripoli e di avere molti legami con la Libia. Nel suo profilo appaiono anche esortazioni a indossare il velo islamico. Abedi è cresciuto nell’area di Whalley Range. Secondo notizie non confermate, i genitori e i due figli più grandi sono tornati in Libia.
“Recitava preghiere islamiche ad alta voce in strada”, raccontano i vicini del presunto attentatore.
Salman Abedi, scrive il Daily Mail, secondo chi lo conosceva aveva “comportamenti strani” nelle settimane precedenti l’attacco. La polizia sta cercando di determinare se l’uomo abbia agito da solo o con il supporto di una cellula terrorista.
I vicini di Abedi hanno confessato ai cronisti di essere “scioccati” di sapere che qualcuno di così vicino a loro “stesse architettando un attentato”.
Nessun dettaglio invece hanno fornito degli altri uomini finiti in manette, nel raid che gli agenti hanno compiuto in altri appartamenti della zona. “E’ strano che non li conoscessimo – ha detto un uomo – qui viviamo tutti gomito a gomito (l’espressione letterale in inglese è: “Ognuno vive nelle tasche dell’altro”, ndr). E’ una specie di paese. Ci conosciamo tutti”.
“Siamo una comunità molto legata – il commento di un altro residente – ci sosteniamo a vicenda. Siamo buoni vicini e sicuramente non ci saremmo mai aspettati una cosa del genere a Fallowfield”.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
PIROZZI SULLE IMPRESE CHE LAVORANO NELLE ZONE DISTRUTTE DAL SISMA: “POCHI OPERAI, NESSUNO DI DOMENICA. CHI HA VINTO LE GARE D’APPALTO SIA SOLIDALE: MANO D’OPERA IN PIU’ E QUALCHE PICCOLO GUADAGNO DI MENO”
Sergio Pirozzi ha lasciato l’ufficio provvisorio del sindaco, un container nel pratone dei soccorsi di Amatrice, e si è nascosto nell’ultima stanza a sinistra — sono sei in tutto — del Centro operativo comunale.
È solo, circondato dai memorabilia donati da chi è salito quassù. La sciarpa dell’Udinese, la targa della Sampdoria, le magliette del Sassuolo e del Palermo
Sindaco, il moncone della Chiesa di Sant’Agostino è stato ingabbiato: si sta decidendo che farne. È all’ingresso del paese, è il simbolo del terremoto di Amatrice.
“Stanno provando a ricostruirlo partendo da quello che è rimasto. L’intenzione è quella, là dove possibile, di non abbattere chiese ed edifici d’arte”.
Amatrice cambia ogni giorno. La piastra per futuri negozi davanti al prato di atterraggio degli elicotteri, le 143 nuove case da assegnare, molte pronte al Campo Lazio. E i container per 28 negozi sull’altro lato della strada provinciale. L’area food nella zona della scuola: ospiterà otto trattorie.
“Ora è tutto in mano alla Regione Lazio. Il mio compito era quello di trovare le aree dove insediare la nuova, e temporanea, Amatrice. L’ho fatto in un mese, adesso posso solo sorvegliare i lavori degli altri”.
E a nove mesi dal terremoto, come vanno i lavori di ricostruzione?
“Ad Amatrice e nelle sue frazioni ci sono 47 cantieri aperti. Ecco, guardi: “Pavimentazione dei viali pedonali, urbanizzazione primaria alla Rocchetta, demolizione del fabbricato pericolante in via Muzii”. Per ogni cantiere mi sono fatto dare l’impresa aggiudicataria, il direttore dei lavori, il responsabile del procedimento. E tutti i giorni vado a vedere lo stato dell’arte”.
Cosa ha verificato con i suoi controlli?
“Che siamo in ritardo, almeno di due mesi. Due mesi su nove non sono pochi”.
Da che cosa dipende?
“Dal fatto che le ditte, quasi tutte della provincia di Rieti, mandano tre, quattro operai e quasi nessuna lavora la domenica. Qui c’è un’emergenza che ha scatenato una solidarietà mondiale, le aziende che hanno vinto le gare d’appalto dovrebbero farsi carico del loro pezzo di solidarietà : qualche operaio in più, una piccola percentuale di guadagno in meno. E i direttori dei lavori devono venire tutti i giorni. Ho deciso che inizierò a dire pubblicamente chi è in ritardo”.
Amatrice sembra più avanti nella ricostruzione di Accumoli, Grisciano, Arquata. Non parliamo di Pescara del Tronto, monumento alle macerie e all’abbandono.
“Siamo il paese con più morti e quello più conosciuto, i riflettori si sono concentrati qui. Tra pochi minuti andrò a fare una riunione ad Accumoli sulla rimozione delle macerie, proprio per distribuire un po’ di attenzione altrove”.
Le macerie private?
“Si sta sbloccando la gara, anche qui con due mesi di ritardo. Bisogna portare via un milione di tonnellate di detriti. Non serve una particolare bonifica: le polverizzano e tornano ad Amatrice sotto forma di materiale stabilizzato. Serve a rifare le strade, per esempio. Un processo a costo zero”.
I primi negozi nei container apriranno a giugno?
“Così dice la Regione. Chi inizia l’attività entro il 2017, per due anni non pagherà tasse avrà i contributi versati dallo Stato. Sto spingendo per portare la zona franca a quattro anni”.
Sindaco Pirozzi, è vero che nel 2018 si candiderà a presidente della Regione Lazio?
“Punto più alto”, ride. “Presidente del Consiglio o niente”.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
DOPO CINISELLO, TOCCA ALLE PRIME CITTADINE DI SESTO SAN GIOVANNI E ALLA VICE-SINDACA DI CESANO… MINNITI E’ TROPPO PRESO A RESPINGERE DISPERATI IN CIAD PER PERSEGUIRE QUESTA FOGNA SUL WEB
“Venerdì scorso ho ricevuto una lettera anonima di insulti, che oltre al resto contiene una esplicita minaccia di morte. Non è la prima volta che mi accade. Il clima politico di odio e sempre più avvelenato sollevato da alcuni in campagna elettorale sul tema degli immigrati genera anche queste conseguenze”.
Lo scrive Monica Chittò, sindaco di Sesto San Giovanni, in una nota nella quale denuncia il clima di odio scatenato da alcuni esponenti politici nella campagna elettorale per il rinnovo dell’amministrazione del comune alle porte di Milano, prevista per il prossimo 11 giugno.
Ma il messaggio minatorio per Chittò non è l’unico.
Oltre a lei hanno già ricevuto messaggi minatori anche la sindaca Siria Trezzi (Cinisello Balsamo) e Mara Rubichi (vicesindaca di Cesano Boscone). Tutte donne.
Tutte firmatarie del protocollo sull’accoglienza col quale si impegnavano a ricevere nel proprio comune una quota di migranti.
Pesantissime, in alcuni casi praticamente irripetibili, le frasi che sono state rivolte loro.
In alcuni casi gli insulti erano a sfondo sessuale, in altri minacce di morte chiare e tonde. Spessissimo il veicolo utilizzato (vedi i casi Trezzi e Rubichi) è Facebook. In altri (Chittò) una lettera anonima.
Circostanze che fanno dire a Chittò: “Chiedo a tutti i candidati a Sesto di abbassare i toni, perchè si corre il rischio che episodi come questi finiscano per essere trascurati o peggio sottovalutati”. E “ciò non deve accadere”.
Per la sindaca uscente di Sesto, “questa vergogna va raccontata, va tolta dalla sfera privata dell’intimidazione”. Perchè “è una vergogna che riguarda tutti e che deve indignare tutti al di là degli schieramenti di appartenenza”.
Dunque, conclude, “dopo questi episodi spero che tutti capiscano la gravità della situazione e la necessità di avere senso di responsabilità e amore per Sesto. Dobbiamo dirlo a piena voce: questi sono, inequivocabilmente, atti di inaudita e intollerabile violenza verso le donne, prima ancora che verso il ruolo istituzionale che ricopro”.
(da agenzie)
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Maggio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
SUI SOCIAL INSULTI SESSISTI E VOLGARITA’, IL SOLITO SOTTOPRODOTTO FOGNARIO DI CHI SFOGA COSI’ UNA VITA INUTILE… ALMENO LA BOSCHI UN LAVORO E UNA LAUREA CE L’HA, A DIFFERENZA DEL NULLAFACENTE FUORICORSO
Forse le telecamere non erano lì tutte per Luigi Di Maio ma alcuni attivisti pentastellati non hanno gradito che ci fosse anche Maria Elena Boschi.
Durante la presentazione del libro di Vito Cozzol i fotografi hanno chiesto al vicepresidente della Camera e alla Boschi di stringersi la mano.
Un gesto semplice e scontato che però per i 5 Stelle ha sempre rappresentato un problema.
Negli anni scorsi abbiamo avuto Gessica Rostellato che non voleva stringere la mano a Rosy Bindi (e che poi è passata nel PD) e Paola Taverna che si è sentita “uno schifo” dopo aver stretto la mano a Denis Verdini.
Non è un segreto che quel gesto di cortesia per i 5 Stelle abbia anche significati nascosti, perchè c’è sempre il rischio che preluda ad un incontro, un accordo o al temutissimo inciucio.
Nel delirio della purezza che da sempre contraddistingue i duri e puri “abbassarsi” a stringere la mano ad un avversario politico significa elevarlo al proprio livello.
Più semplicemente stringere la mano significa sporcarsi le mani con la vecchia politica. Ma cosa succede se un troll va in uno dei gruppi Facebook dei pentastellati (il Fan Club Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio) e posta la foto della stretta di mano tra Luigi Di Maio e Maria Elena Boschi?
Tenendo conto che la Boschi è uno dei bersagli preferiti per insulti e battute sessiste e volgari il risultato è ampiamente prevedibile.
Memori della lezione sul “cosa fareste se foste in macchina con Laura Boldrini” i simpatizzanti del MoVimento si lanciano a capofitto nella gara a dire la cosa peggiore che avrebbero fatto se si fossero trovati nella situazione di Di Maio.
La paura di venire sporcati o contagiati dalla Boschi è palpabile. In mancanza di vaccini (o forse per non arricchire Big Pharma, chissà ) i pentastellati propongono l’utilizzo di “guanti” prima di toccare “la merda.
Gli attivisti apprezzano che il vicepresidente della Camera si sia mostrato imbarazzato nel fare una cosa normalissima. Anzi il fatto che Di Maio sembra stringere controvoglia la mano alla ex ministra delle Riforme è visto come un buon segnale.
Che se qualcuno doveva essere imbarazzata quella era la Boschi (che almeno una professione e una laurea ce l’ha) e non certo il fuoricorso nullafacente.
Di Maio cafone con la Boschi? Non è così, ci spiegano. Anche perchè da quando in qua la Boschi è una donna? Nel senso che “forse migliore di lei ai tempi era la Moana Pozzi”. Quindi le pornostar e le prostitute non sono donne.
Ed in ogni caso la Boschi è peggio di una pornostar o una prostituta.
Poi c’è chi sostiene che quell’immagine sia un fake, un volgare fotomontaggio. Mai e poi mai Di Maio si sarebbe abbassato a tanto.
Davvero impossibile che sia una foto vera, sarebbe inaudito se così fosse. Quindi deve essere per forza un fotomontaggio. Un pessimo photoshop commenta un esperto di pixel che nota alcune sbavature. Lo sanno tutti che i troll del PD sono pakati per diffondere immagini come queste e più commenti riceve il post più soldi incassano.
Nel dubbio però un bell’insulto ci sta lo stesso: mai e poi mai Di Maio avrebbe teso la mano “a una merda”. La foto invece è reale.
Ma in fondo non è successo nulla. Luigi Di Maio e Maria Elena Boschi si sono stretti la mano, come fanno le persone civili, soprattutto quelle che lavorano insieme.
Perchè in Parlamento non è che i 5 Stelle vivano segregati sotto una campana di vetro.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
PAPA FRANCESCO DOVRA’ SCEGLIERE TRA I CARDINALI DI PERUGIA, NOVARA E AGRIGENTO: ECCO CHI SONO
Gualtieri Bassetti, cardinale e arcivescovo di Perugia, è il primo candidato nella terna dei nomi votata dall’assemblea dei vescovi, riunita in Vaticano per la nomina del nuovo presidente della Cei.
Al secondo posto Giulio Brambilla, vescovo di Novara. Al terzo Francesco Montenegro, cardinale arcivescovo di Agrigento.
La decisione finale spetta ora a papa Francesco che potrà scegliere uno dei tre indicati dall’assemblea o nominare un nome diverso. Ma ques’ultima opzione appare meno probabile.
Si tratta di tre candidati entrati in molte delle previsioni della vigilia. Bassetti, in particolare, è stato il primo caso nel quale papa Francesco ha infranto le prassi sull’assegnazione della dignità cardinalizia: ricevette a sorpresa la porpora nel conclave del 2014, dal quale invece restarono fuori i titolari di diocesi italiane tradizionalmente più blasonate.
Nel 2016 il pontefice gli ha chiesto di scrivere le meditazioni per la via crucis al Colosseo. E di recente, ignorando un’altra consuetudine, gli è stata confermata fiducia per altri cinque anni alla guida della curia perugina nonostante Bassetti abbia compiuto i 75 anni, limite previsto dall’ordinamento canonico.
Ha un passato da vice presidente della Cei per l’Italia centrale.
Anche Montenegro rappresenta una novità di Bergoglio. Arcivescovo di una terra in prima linea per l’accoglienza dei migranti, ha accompagnato il Papa nella suo primo viaggio fuori dal Vaticano, che avvenne proprio sull’isola di Lampedusa.
Profilo simile a quello di Bergoglio, il cardinale di Agrigento è solito indossare una croce di legno e riservare grande attenzione ai poveri.
Nel suo curriculum, spiccano ruoli di vertice nella fondazione Migrantes e nella Caritas. Brambilla, invece, è un vescovo teologo, già vice presidente Cei per il Nord Italia, è stato vescovo ausiliare di Milano e il suo nome viene indicato anche tra i possibili successori di Scola alla guida della diocesi ambrosiana.
Il primo mini-conclave nella storia dell’episcopato si è chiuso in circa tre ore.
Una celerità che è andata al di là delle aspettative, se si considera che non esistevano precedenti nemmeno in termini di procedure.
Quest’anno, infatti, si è applicato il nuovo statuto che, per volontà di Bergoglio, non prevede più la nomina diretta pontificia del presidente dei vescovi italiani.
A differenza di quanto richiesto dal Papa, però, non sono nemmeno i titolari delle 226 diocesi italiane a scegliere il presidente ma a loro spetta segnalare la terna.
E in mattinata, dopo la prolusione dell’uscente Angelo Bagnasco, si è proceduto con una serie di scrutini elettronici nell’aula del sinodo.
Si è votato per il primo nome della terna e a raccogliere preferenze sono stati soprattutto Bassetti, Brambilla e Montenegro. Uno schema che già lasciava intuire quella che sarebbe stata la scelta finale. Stesso risultato dalla seconda votazione, che ha portato Bassetti e Brambilla al ballottaggio per il primo posto in terna, premiando poi con 134 voti l’arcivescovo di Perugia.
Nella scelta del secondo nome Brambilla si è affermato alla seconda votazione con 115 voti. Per il terzo posto in terna, infine, Montenegro ha raccolto 126 preferenze alla prima votazione. “La terna – informa la Conferenza episcopale italiana – è stata consegnata al Santo Padre, al quale da Statuto Cei spetta la nomina del Presidente della Conferenza”.
Quella di oggi è stata anche la mattinata in cui, per l’ultima volta, Angelo Bagnasco ha pronunciato la prolusione da precedente.
Il porporato ha ringaziato Benedetto XVI – che nel 2007 lo chiamò a prendere il posto di Camillo Ruini nel 2012alla presidenza Cei, per poi confermarlo nel 2012 – e Francesco sotto il quale ha vissuto la seconda parte del suo mandato.
“Non è facile lavorare con me”, gli aveva detto scherzosamente Bergoglio, nel suo intervento di ieri davanti all’assemblea. E in effetti tra i due i rapporti non sono stati sempre brillanti, senza però degenerare nello scontro, tanto che ieri il Papa lo ha definito “un amico” e sabato prossimo andrà in visita nella sua diocesi di Genova.
Parlando oggi, Bagnasco aveva la voce rotta da una commozione che è stata spezzata dall’applauso dei vescovi.
Rivolgendosi idealmente agli emigranti e ai poveri ha sottolineato: “Noi siamo figli di operai e non pochi hanno conosciuto disagi e ristrettezze nelle loro case. Il vostro mondo non ci è sconosciuto, per questo vi diciamo una parola con rispetto e umiltà : a voi, che soffrite nella carne preoccupazioni e pene. Il lavoro, la malattia, la fuga disperata da fame, guerra, persecuzione, la solitudine che uccide, il male di vivere, il traffico di esseri umani e ogni forma di indigenza che compone la condizione umana, trovano eco nei nostri cuori”.
Ha espresso allarme per il “marcato populismo”, a proposito del quale ha detto: “Ci si chiede se serva veramente la gente, oppure se ne voglia servire; se intenda veramente affrontare i problemi o non piuttosto usarli per affermarsi. Con questo, il populismo non può essere snobbato con sufficienza”.
E ha richiamato le emergenze del Paese come “l’educazione integrale, l’accesso al lavoro, leggi che abbiano a cuore il futuro della società “, temi per i quali ha rivendicato di aver che “molte volte sollecitato la politica e la società civile”.
E su un fronte ancora caldo, quello del testamento biologico, ha ricordato di aver “preso le distanze dal disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento”: “L’abbiamo fatto a tutela del malato e dei suoi famigliari, e del loro rapporto con i medici, i quali non possono vedersi ridotti a meri esecutori”.
(da “La Repubblica”)
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