CEI, LA TERNA PER IL SUCCESSORE DI BAGNASCO: BASSETTI, BRAMBILLA E MONTENEGRO
PAPA FRANCESCO DOVRA’ SCEGLIERE TRA I CARDINALI DI PERUGIA, NOVARA E AGRIGENTO: ECCO CHI SONO
Gualtieri Bassetti, cardinale e arcivescovo di Perugia, è il primo candidato nella terna dei nomi votata dall’assemblea dei vescovi, riunita in Vaticano per la nomina del nuovo presidente della Cei.
Al secondo posto Giulio Brambilla, vescovo di Novara. Al terzo Francesco Montenegro, cardinale arcivescovo di Agrigento.
La decisione finale spetta ora a papa Francesco che potrà scegliere uno dei tre indicati dall’assemblea o nominare un nome diverso. Ma ques’ultima opzione appare meno probabile.
Si tratta di tre candidati entrati in molte delle previsioni della vigilia. Bassetti, in particolare, è stato il primo caso nel quale papa Francesco ha infranto le prassi sull’assegnazione della dignità cardinalizia: ricevette a sorpresa la porpora nel conclave del 2014, dal quale invece restarono fuori i titolari di diocesi italiane tradizionalmente più blasonate.
Nel 2016 il pontefice gli ha chiesto di scrivere le meditazioni per la via crucis al Colosseo. E di recente, ignorando un’altra consuetudine, gli è stata confermata fiducia per altri cinque anni alla guida della curia perugina nonostante Bassetti abbia compiuto i 75 anni, limite previsto dall’ordinamento canonico.
Ha un passato da vice presidente della Cei per l’Italia centrale.
Anche Montenegro rappresenta una novità di Bergoglio. Arcivescovo di una terra in prima linea per l’accoglienza dei migranti, ha accompagnato il Papa nella suo primo viaggio fuori dal Vaticano, che avvenne proprio sull’isola di Lampedusa.
Profilo simile a quello di Bergoglio, il cardinale di Agrigento è solito indossare una croce di legno e riservare grande attenzione ai poveri.
Nel suo curriculum, spiccano ruoli di vertice nella fondazione Migrantes e nella Caritas. Brambilla, invece, è un vescovo teologo, già vice presidente Cei per il Nord Italia, è stato vescovo ausiliare di Milano e il suo nome viene indicato anche tra i possibili successori di Scola alla guida della diocesi ambrosiana.
Il primo mini-conclave nella storia dell’episcopato si è chiuso in circa tre ore.
Una celerità che è andata al di là delle aspettative, se si considera che non esistevano precedenti nemmeno in termini di procedure.
Quest’anno, infatti, si è applicato il nuovo statuto che, per volontà di Bergoglio, non prevede più la nomina diretta pontificia del presidente dei vescovi italiani.
A differenza di quanto richiesto dal Papa, però, non sono nemmeno i titolari delle 226 diocesi italiane a scegliere il presidente ma a loro spetta segnalare la terna.
E in mattinata, dopo la prolusione dell’uscente Angelo Bagnasco, si è proceduto con una serie di scrutini elettronici nell’aula del sinodo.
Si è votato per il primo nome della terna e a raccogliere preferenze sono stati soprattutto Bassetti, Brambilla e Montenegro. Uno schema che già lasciava intuire quella che sarebbe stata la scelta finale. Stesso risultato dalla seconda votazione, che ha portato Bassetti e Brambilla al ballottaggio per il primo posto in terna, premiando poi con 134 voti l’arcivescovo di Perugia.
Nella scelta del secondo nome Brambilla si è affermato alla seconda votazione con 115 voti. Per il terzo posto in terna, infine, Montenegro ha raccolto 126 preferenze alla prima votazione. “La terna – informa la Conferenza episcopale italiana – è stata consegnata al Santo Padre, al quale da Statuto Cei spetta la nomina del Presidente della Conferenza”.
Quella di oggi è stata anche la mattinata in cui, per l’ultima volta, Angelo Bagnasco ha pronunciato la prolusione da precedente.
Il porporato ha ringaziato Benedetto XVI – che nel 2007 lo chiamò a prendere il posto di Camillo Ruini nel 2012alla presidenza Cei, per poi confermarlo nel 2012 – e Francesco sotto il quale ha vissuto la seconda parte del suo mandato.
“Non è facile lavorare con me”, gli aveva detto scherzosamente Bergoglio, nel suo intervento di ieri davanti all’assemblea. E in effetti tra i due i rapporti non sono stati sempre brillanti, senza però degenerare nello scontro, tanto che ieri il Papa lo ha definito “un amico” e sabato prossimo andrà in visita nella sua diocesi di Genova.
Parlando oggi, Bagnasco aveva la voce rotta da una commozione che è stata spezzata dall’applauso dei vescovi.
Rivolgendosi idealmente agli emigranti e ai poveri ha sottolineato: “Noi siamo figli di operai e non pochi hanno conosciuto disagi e ristrettezze nelle loro case. Il vostro mondo non ci è sconosciuto, per questo vi diciamo una parola con rispetto e umiltà : a voi, che soffrite nella carne preoccupazioni e pene. Il lavoro, la malattia, la fuga disperata da fame, guerra, persecuzione, la solitudine che uccide, il male di vivere, il traffico di esseri umani e ogni forma di indigenza che compone la condizione umana, trovano eco nei nostri cuori”.
Ha espresso allarme per il “marcato populismo”, a proposito del quale ha detto: “Ci si chiede se serva veramente la gente, oppure se ne voglia servire; se intenda veramente affrontare i problemi o non piuttosto usarli per affermarsi. Con questo, il populismo non può essere snobbato con sufficienza”.
E ha richiamato le emergenze del Paese come “l’educazione integrale, l’accesso al lavoro, leggi che abbiano a cuore il futuro della società “, temi per i quali ha rivendicato di aver che “molte volte sollecitato la politica e la società civile”.
E su un fronte ancora caldo, quello del testamento biologico, ha ricordato di aver “preso le distanze dal disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento”: “L’abbiamo fatto a tutela del malato e dei suoi famigliari, e del loro rapporto con i medici, i quali non possono vedersi ridotti a meri esecutori”.
(da “La Repubblica”)
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