Marzo 2nd, 2018 Riccardo Fucile
PARLANO DI VALORI CRISTIANI E FAMIGLIA? UNO HA AVUTO DUE FIGLI DA DUE DONNE DIVERSE (UNA MAI SPOSATA) E ORA STA CON UNA TERZA… L’ALTRA HA AVUTO UNA FIGLIA FUORI DAL MATRIMONIO
Due anni fa ci chiedevamo chi avesse paura di una principessa Disney lesbica.
La principessa in questione era Elsa, la protagonista di Frozen e all’epoca era appena partita la campagna per chiedere agli sceneggiatori del sequel di inserire nella trama la figura della fidanzata di Elsa.
Secondo un’interpretazione del film infatti Elsa potrebbe essere omosessuale. Non solo perchè non viene salvata dall’intervento del principe azzurro ma anche perchè in “Let it go” ad un certo punto Elsa canta: «Don’t let them in, don’t let them see. Be the good girl you always have to be. Conceal, don’t feel, don’t let them know, Well now they know» (nell’adattamento italiano il doppio significato è andato perso).
Oggi abbiamo scoperto che ad avere paura di Elsa di Frozen sono Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
Salvini è “preoccupato” dal mondo al contrario
Qualche giorno fa il New York Post ha lasciato intendere che la campagna internazionale #GiveElsaAGirlfriend potrebbe aver avuto successo e che Jennifer Lee — regista e sceneggiatrice del sequel — non avrebbe escluso la possibilità che la principessa possa innamorarsi di una ragazza.
Apriti cielo, Salvini e la Meloni — che hanno cose più importanti di cui occuparsi — hanno subito prese le difese dei “nostri bambini”.
Salvini durante un comizio a Frozen ha detto «io dico, ognuno fa quello che vuole, però non avete come l’impressione che ci stiano preparando un mondo al contrario?».
Salvini è preoccupato e quindi “vuole intervenire prima che il mondo non sia arrivato da un’altra parte”.
Elsa di Frozen non solo farebbe parte del complotto globale dell’ideologia gender ma addirittura del piano per la sostituzione organizzata dei popoli.
Se da un lato l’allarme gender non stupisce poi così tanto, visto che già all’uscita di Frozen (nel 2013) qualcuno disse che il cartone faceva parte della terribile e temuta agenda della propaganda gay, il pericolo immigrazione è una novità .
Fino ad ora nessuno si era mai chiesto se Kristoff aveva il permesso di soggiorno per vivere ad Arendelle. E aspettate che Salvini scopra che è un orfano adottato da un troll. Da quando in qua i troll possono usufruire della stepchild adoption? Subito una riforma di legge ad Arendelle, Salvini sarà il primo firmatario.
Giorgia Meloni pensa prima ai bambini
Sarà interessante vedere come Salvini difenderà l’Italia dal mondo all’incontrario. Chissà , forse il futuro Presidente del Consiglio telefonerà alla Disney per dire che non si possono mica permettere di fare quello che vogliono.
Perchè in Italia c’è un Presidente del Consiglio, che non ha mai lavorato in vita sua, che ha avuto due figli da due donne diverse (una non è nemmeno sua moglie) e che ora sta con una conduttrice televisiva, che lui sa cosa è meglio per i figli degli altri perchè le radici cristiane d’Europa non si tagliano mica così facilmente, signora mia.
Ecco quindi che arriva la leader di Fratelli d’Italia, che aspira a diventare la prima donna Presidente del Consiglio del nostro Paese (ehi, come Elsa!) che tuona su Facebook: «BASTA! Ci avete stufato! Giù le mani dai bambini!».
Anche la Meloni vuole difendere i valori cristiani.
Che — immaginiamo — comprendano quello della “famiglia fondata sul matrimonio”. Ed infatti la Meloni ha avuto una figlia (il cui concepimento è stato graziosamente annunciato al Family Day) fuori dal matrimonio.
Eppure nessuno è andato da Giorgia Meloni a dirle: “giù le mani da tua figlia!1”. A quanto pare sono tutti ultraconservatori con le famiglie degli altri.
Giù le mani dai nostri Salvini!
Ai due leader sovranisti, vogliamo fornire alcuni spunti per nuove battaglie: Mulan si traveste da ragazzo per poter realizzare i suoi sogni.
In un altro lungometraggio una ragazzina si innamora di una bestia, un vero e proprio animale peloso. E cosa dire del fatto che nella maggior parte dei cartoni animati i protagonisti sono orfani (e quando va bene vengono affidate alle cure di non due, ma tre, donne)?
Non è che forse i film Disney (ma non solo) sono sempre stati anche cartoni animati sull’incontro e la comprensione del “diverso”?
Per scoprirlo Salvini e Meloni sono disposti ad impegnarsi a creare una commissione d’inchiesta parlamentare?
Anzi, essendo il tema della massima importanza per l’Italia proponiamo che Giorgia Meloni e Matteo Salvini partano immediatamente per gli Stati Uniti, direzione Disneyworld, per esaminare accuratamente ogni fotogramma.
Siamo sicuri che il Paese saprà ricompensarli una volta tornati, tra una decina d’anni.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 2nd, 2018 Riccardo Fucile
VIVE IN ITALIA DALLA NASCITA: “VOGLIO CHE SIA LA CULTURA A PERMETTERE A UN IMMIGRATO DI DIVENTARE CITTADINO, NON SOLO LA DISCREZIONALITA’ DI UN GOVERNO”… RISPARMIAVA SOLDI PER MANTENERSI ALL’UNIVERSITA’ DOVE HA DATO 11 ESAMI IN UN ANNO”, QUASI COME SALVINI
Hilarry Sedu a giugno compirà 32 anni ed è a Napoli da quando era in fasce. 
«Mia madre mi ha partorito in Africa, in Nigeria ma sono un italiano di fatto. Non ho mai chiesto la nazionalità perchè porto avanti una battaglia. Voglio che sia anche la cultura a permettere ad un immigrato di diventare italiano e non solo la discrezionalità di un Governo. Essere italiano per diritto naturale».
La barriera della diversità cade davanti alle sue parole precise, forbite e anche lui ne è convinto. «Nel momento in cui l’interlocutore ti sente parlare ti riconosce come italiano, anche se hai la pelle di un colore diverso, ma sei in grado di esprimerti nelle stesse terminologie e forme idiomatiche che usa, diventi italiano per diritto naturale e non per concessione».
L’arrivo negli anni Novanta
La sua è una storia di speranza e di forza per tutti gli altri ragazzi africani (e non solo) che sfidano il mare in gommone cercando un futuro lontano dalla loro terra martoriata e povera.
Hilarry è un avvocato e a Napoli è stato eletto la scorsa settimana nel comitato pari opportunità del consiglio dell’Ordine con un plebiscito di preferenze nella lista «nuova avvocatura democratica» con «quasi ottocento voti. Hanno compreso il mio messaggio, la mia storia».
Suo padre non è mai stato in Italia mentre la madre è arrivata a Napoli negli anni Novanta con un visto turistico ed è stata la prima donna ad aprire a piazza Garibaldi un negozio di abbigliamento.
«Io ho vissuto a Castel Volturno e giocavo in una squadra di calcio. All’età di 13 anni qualcuno si accorse del mio talento: la Salernitana mi comprò. Ero difensore centrale in serie B».
La speranza, l’idea di potersi creare una carriera fiorente da calciatore si è scontrata con gli infortuni: «Cinque operazioni allo stesso ginocchio e il trapianto di cartilagine, non avrei potuto essere un agonista».
Dalla Salernitana allo studio
Ma Hilarry non ha mai smesso di credere al suo sogno, che non era quello di fare il calciatore, ma di studiare. Conservava soldi, non li sprecava, perchè un giorno si sarebbe voluto iscrivere all’università e diventare avvocato.
«Mi mancavano 11 esami e li feci tutti in un anno e così mi laureai: era il 2013».
Un master in Politica migratoria e Diritto dell’immigrazione e poi l’abilitazione per esercitare.
«Da quel momento la mia vita è cambiata ancora una volta. Mi sono impegnato subito nel sociale per cercare di portare avanti con fermezza e decisione quelli che sono i diritti inviolabili – spiega Hilarry –. Adesso assisto Bob Alagiee, il 19enne ferito a colpi di pistola dal gestore del centro temporaneo di accoglienza a Gricignano d’Aversa».
Fu lui, di suo pungo, a scrivere una memoria che proponeva l’istituzione della tanto dibattuta legge dello ius soli , «passata alla Camera ma poi arenatasi».
«Mi batto anche per lo ius culturae , una richiesta che ho presentato in una memoria alla Commissione straordinaria per i diritti umani del Senato il 12 febbraio del 2014 – dice Hilarry –. Chi entra in Italia prima dei 14 anni e dimostra di aver completato i cicli scolastici deve diventare italiano».
I suoi connazionali
Napoli è una città da sempre accogliente e non è una comunità razzista ma «la situazione è di grande tensione». Ci sono irregolari «propensi alla delinquenza e altri invece che sono ambulanti in cerca di una postazione fissa dove poter esporre la propria mercanzia. A Napoli non c’è una politica che sia in grado di riconoscere dei luoghi pubblici a queste persone per poter esercitare la loro professione e il vuoto normativo crea clandestinità anche nell’esercizio della professione. Per quelli irregolari che commettono reati occorre la mano pesante del Governo ai fini del rimpatrio, ma se sono meritevoli allora devono avere il permesso di soggiorno».
E di storie l’avvocato ne conosce tantissime. Come quella di altri suoi connazionali che chiedono asilo politico e invece spacciano droga al centro storico.
«Restano a bivaccare 14 ore al giorno perchè i centri di accoglienza non hanno obblighi al loro controllo e soprattutto non ci sono leggi che possano imporre, per esempio, delle penali a quegli immigrati che non frequentano corsi linguistici o di avviamento al lavoro. La colpa non è tutta però dei ragazzi: sulla carta dovrebbero avere ogni tipo di servizio e opportunità , così com’è scritto nei bandi, ma invece non hanno nulla e diventano facili prede della criminalità ».
(da “Il Corriere della Sera“)
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Marzo 2nd, 2018 Riccardo Fucile
LADDOVE LO STATO E’ LATITANTE E NON APPLICA LA LEGGE, E’ GIUSTO CHE I LAVORATORI NE FACCIANO LE VECI
I lavoratori del comparto tecnico del Teatro Goldoni, il più importante di Livorno, hanno deciso di scioperare per protestare contro un comizio della Lega organizzato proprio al Goldoni, a cui ha partecipato anche Lorenzo Gasperini, candidato alla Camera per la Lega a Livorno e Pisa.
“Nel corso degli anni e anche durante questa campagna elettorale abbiamo avuto in teatro candidati di qualsiasi formazione politica” afferma Michele Rombolini della Rsu del Teatro Goldoni.
Il motivo per cui hanno incrociato le braccia, spiegano i tecnici del Goldoni, è proprio la presenza di Gasperini: “Personaggio di cui sono famose le sue dichiarazioni violente contro i gay, i rom, le donne (chiamate “cagne”). Famosa la sua dichiarazione in cui incitava il partito neofascista Casapound a prendere le armi”.
“Non si può pensare che il teatro sia alla mercè di questi personaggi — continua Rombolini — viviamo costantemente la forza che il teatro ha nell’azzerare le differenze”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 2nd, 2018 Riccardo Fucile
UN ALTRO STUDIO SPECIALIZZATO NELL’ANALISI DEL WEB DENUNCIA LA LOSCA OPERAZIONE SULLA QUALE IL GOVERNO NON E’ INTERVENUTO… SOVRANISTI AL SERVIZIO DI UNA POTENZA STRANIERA
Alimentare la falsa immagine di un’Italia invasa dai rifugiati, cui addossare la colpa della crisi
economica, aggravata dall’inerzia dei politici europeisti e dall’Unione Europea.
La macchina della propaganda russa, con le sue teste di ponte Sputnik e Russia Today, ha funzionato alla perfezione sui social network nel costruire una narrazione anti-immigrazione attuando una campagna di disinformazione sul tema e favorendo i partiti di estrema destra alla vigilia del voto del 4 marzo.
E’ il risultato di uno studio condotto da Alto Data Analytics, azienda globale che usa big data e intelligenza artificiale per analizzare l’opinione pubblica sui media e le reti sociali, e pubblicato da El Pais.
Il team di Alto ha analizzato 1.055.774 contenuti generati da 98.191 utenti che hanno preso parte alla discussione pubblica sui social sul tema dell’immigrazione dal 1° febbraio al 31 luglio 2017 e “identificato le key communities, le top narratives e i media che hanno giocato il ruolo principale nella costruzione degli opinion trends sul tema dell’immigrazione in Italia”, si legge nel report.
In un’epoca in cui gran parte della discussione pubblica avviene sui social network, le reti di disinformazione russa “usano la stessa strategia del passato: fonti discutibili, esperti con opinioni di parte, e titoli sensazionalisti con l’obiettivo di rendere i contenuti virali e amplificare la percezione del problema“.
“In questa descrizione, l’Italia è stata invasa da rifugiati, che vengono considerati la causa di disoccupazione ed inflazione, nel mezzo di una crisi peggiorata dall’atteggiamento di politici pro-Europa, e l’Ue stessa è considerata una colpevole”, scrive il quotidiano spagnolo, che fa un esempio di storie diffuse da Sputnik, punta di diamante della propaganda del Cremlino all’estero: “Nel 2065 la quota di immigrati in Italia supererà il 40% della popolazione“, oppure, “Caos migranti, l’inizio di una guerra sociale“.
Community pro-immigrazione più numerosa, ma molto meno attiva
Parte dell’analisi è focalizzata sul dibattito avvenuto su Twitter, dove si è concentrata la gran parte del dibattito e dove si è espresso l’85,2% degli utenti totali impegnati nella discussione.
Una discussione altamente polarizzata nella quale solo una piccola percentuali di messaggi, circoscritta tra il 5 e il 15%, proveniva da utenti “indecisi”.
Cinque i principali gruppi di opinione individuati dai ricercatori di Alto.
La community “pro-immigrazione” era formata da 35.017 utenti — un numero doppio rispetto a quelli che compongono la community anti-immigrazione — che tuttavia hanno postato solo 187.665 tweet, 2,5 volte in meno delle opinioni espresse dal gruppo avversario.
Questo gruppo era legato ad un gruppo adiacente formato da 7.478 user che, ispirati da valori religiosi, difendono i migranti e hanno prodotto 31.522 contenuti.
Risultato: pur rappresentando il 53% di tutti gli utenti presi in considerazione, il gruppo che difende gli immigrati ha generato soltanto il 27% dei tweet sull’argomento.
Sul fronte opposto, la community anti-immigrazione è composta da 17.748 utenti che hanno postato 469.881 tweet ed è assai vicina a una community adiacente composta da utnti critici nei confronti delle ong, formata da 7.577 user che hanno prodotto 92.287 tweet.
Il ruolo di Sputnik nella creazione della narrativa anti-immigrazione
Alto ha analizzato un totale di 3.164 distinti creatori di contenuti. La maggior parte del materiale era prodotta dai media italiani, ma i quelli stranieri hanno avuto un ruolo importante: “Russia Today e Sputnik, ad esempio, figurano nella top 100 dei siti più influenti sul tema. La versione italiana di Sputnik figura al 40° posto, Russia Today al 58°, e in questo dibattito entrambi figurano nel 3% dei most influencial media“.
Non solo: di tutti i media stranieri operativi in Italia Sputnik è stato il secondo più influente, dopo Huffington Post Italia.
Dall’analisi del rapporto tra i media filo-russi e le community impegnate nel dibattito emerge che il 90.4% dei contenuti prodotti da Russia Today e Sputnik erano stati diffusi dalle community anti-immigrazione.
“Altri siti che hanno dimostrato una grande affinità con gli utenti anti-immigrati — si legge nello studio — sono Tutti i crimini degli immigrati, Il Populista, Italia Patriamia, Vox News e siti legati a formazioni politiche come il Movimento 5 Stelle e il Blog di Beppe Grillo“.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 2nd, 2018 Riccardo Fucile
IL QUOTIDIANO INGLESE SCEGLIE L’ATTUALE LEADER: “RASSICUREREBBE GLI INVESTITORI”
L’Economist promuove Paolo Gentiloni e Pier Carlo Padoan e si augura che dopo il voto del 4 marzo sia ancora l’attuale premier a guidare il governo, magari sostenuto da una grande coalizione all’italiana.
Secondo la rivista economica inglese, la figura di Gentiloni “rassicurerebbe gli investitori”. In un articolo in cui si disegnano gli scenari possibili del post voto e dove si descrivono le forze in campo, il settimanale appoggia la figura dell’attuale premier.
L’Economist, che oggi vede come primo azionista Exor – la cassaforte della famiglia Agnelli -, già nel 2001 uscì con una celebre copertina sulle elezioni politiche italiane in cui si sottolineava come Silvio Berlusconi, allora candidato premier del centrodestra, non fosse adatto a governare.
Il titolo era: “Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy”.
Questa volta, anche senza copertina, il messaggio è: “Gentiloni fit to lead”.
Una grande coalizione, in particolare modo con a capo l’attuale premier, Paolo Gentiloni, rassicurerebbe sicuramente gli investitori.
Ma il Pd, che deve affrontare la concorrenza di un nuovo partito a sinistra, fondato dai fuoriusciti dem, è scivolato nei sondaggi tra il 20% e il 25%.
L’attuale primo ministro, Paolo Gentiloni del Pd, è stato in carica per poco più di un anno ma ha già dimostrato la capacità diplomatica di gestire una bestia così ingombrante. In Pier Carlo Padoan, l’Italia ha avuto la fortuna di avere un ministro delle Finanze astuto che comprende la necessità di disciplina fiscale e delle riforme. Per l’Italia, entrambi meritano di rimanere in carica.
L’Economist osserva:
L’Italia è irrimediabilmente bloccata. La via meno negativa sarebbe un altro ‘governo del presidente’, un’ampia coalizione sottoscritta dal Capo dello Stato Sergio Mattarella.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 2nd, 2018 Riccardo Fucile
L’ULTIMA VOLTA CHE GLI USA LO FECERO PROVOCARONO LA PERDITA DI 200.000 POSTI DI LAVORO
Donald Trump gioca la carta dei dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio nella misura del 25
e del 10%. «Una promessa elettorale mantenuta», dice la Casa Bianca. Varranno “per un lungo periodo di tempo”, ha detto Donald Trump chiedendo alle aziende di riferimento di “fare ricrescere i settori. Vi chiedo solo questo”.
Contrari alla mossa voluta dal presidente i globalisti della West Wing guidati dal consigliere economico Gary Cohn. Dopo poco più di un anno di attesa, e mesi dopo aver aperto il dossier della “sicurezza nazionale”, Donald Trump ha deciso di applicare dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio, nella misura del 25% e del 10% rispettivamente.
Delle tre opzioni possibili (tariffa generalizzata, tariffa selettiva mista ad un sistema di quote contro Cina ed altri paesi, quote universali), è stata scelta quella che fa più danno al commercio mondiale.
“Io continuo ad essere preoccupato dalla risposta degli altri Paesi in risposta”, ha detto Roy Blunt, uno dei membri della leadership repubblicana ricordando che il suo stato, il Missouri, produce alluminio ed acciaio “ma continuiamo a comprarne molto più di quello che produciamo”.
Senza contare, ha aggiunto, che dei tipi di alluminio usati nelle fabbriche del suo stato “non viene prodotto negli Stati Uniti”.
A chiedere a Trump di fare marcia indietro sui dazi vi erano industrie, come quella automobilistica che considerano l’aumento del prezzo dell’acciaio e dell’alluminio un rischio per le vendite e la tenuta dei posti di lavoro.
L’ultima volta che gli Stati Uniti adottarono tariffe sull’acciaio, nel 2002, la misura ha provocato la perdita di 200mila posti di lavoro.
Le azioni di ritorsione verso gli Usa sono dietro l’angolo. Non a caso, dopo le parole di Trump, Wall Street ha reagito con un improvviso crollo che ha portato il Dow Jones a perdere fino a 500 punti.
“È come se il presidente stesse imponendo un enorme aumento delle tasse alle famiglie americane. Il protezionismo è debole, non e’ forte. Una politica cosi’ negativa e’ qualcosa che ci si aspetta da un’amministrazione di sinistra, non da una che dovrebbe essere repubblicana”, ha tuonato il senatore del Grand Old Party Ben Sasse, bollando la misura come non degna di un presidente conservatore.
Anche lo Speaker della Camera dei Rappresentanti, Paul Ryan, ha chiesto a Trump di ripensarci, “tenendo conto delle conseguenze involontarie” e “valutando un approccio differente”.
L’Unione Europea si è già detta pronta a rispondere all’offensiva di Donald. La linea Ue si fonda su tre piste.
La prima riguarda il fatto che “la Commissione ha pronte contromisure per riequlibrare la situazione e questo sarà discusso dal collegio la prossima settimana”. Poi “monitorerà il mercato e se ci sarà un aumento delle importazioni di acciaio e alluminio nella UE prenderemo contromisure per preservare la stabilita’”.
Infine “lavoreremo con gli altri partner per consultazioni con gli Usa nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio”.
Il procedimento, che può essere condotto dalla Commissione europea d’ufficio o con ricorso da parte di uno o più Stati Membri, in caso di accertamento di un pericolo di grave crisi determinata da improvvise alterazioni dei flussi commerciali, consente l’applicazione di dazi o di quote all’importazione nei confronti di un determinato prodotto allo scopo di proteggere in via eccezionale e temporanea la produzione comunitaria.
Tale misura è applicabile se sono accertate tre condizioni: incremento, improvviso, evidente e rilevante delle importazioni del prodotto in esame; esistenza di una grave crisi attuale o di una minaccia di potenziale crisi di un settore produttivo comunitario, derivante da un repentino e sostanziale incremento delle importazioni; i benefici derivanti dalla introduzione del dazio devono essere superiori ai costi che ne deriverebbero (ad esempio a carico dei consumatori).
La durata della procedura è di nove mesi dalla data del suo inizio, prorogabili in caso di necessità per altri due mesi. Dopo 60 giorni dall’inizio della procedura, possono essere imposte misure provvisorie per una durata massima di 200 giorni.
Il guaio è che ad oggi si sa troppo poco della misura proposta di Donald Trump per riuscire a calcolarne gli effetti economici.
Canada, Russia e Germania potranno chiedere agli USA di essere esentati dalle misure perchè hanno accordi commerciali. Ma a quanto pare l’UE ha già avuto un’interlocuzione in merito e non sembra che i risultati siano stati soddisfacenti.
Per questo ci si prepara già al peggio. Anzi: l’Ue è pronta anche a adottare “misure di salvaguardia” nei confronti di paesi diversi dagli Stati Uniti se i loro prodotti dell’acciaio dovessero essere “dirottati verso il mercato europeo”.
Ecco quindi che è più chiaro cosa si potrebbe scatenare a livello globale: una corsa al protezionismo delle industrie di ferro e acciaio su scala globale, scatenato dai dazi di Trump e pronto a contagiare il mondo intero.
“Quando un paese (gli Usa) sta perdendo molti miliardi di dollari negli scambi commerciali, praticamente con ogni paese con cui fa affari, le guerre commerciali vanno bene e sono facili da vincere”, ha detto ieri Trump per spiegare la sua strategia: “Per esempio se siamo sotto di 100 miliardi di dollari con un certo paese e loro si prendono gioco di noi, basta non commerciare più e vinceremo alla grande. È facile!”.
Vincere sarà facile. Uno dei paesi che potrebbe perderci, spiega Mario Seminerio su Phastidio, è l’Italia: «La “nostra” Fiat Chrysler da circa tre anni tiene in piedi la nostra produzione industriale ed il nostro Pil grazie a produzioni destinate all’export, non certo solo al nostro ormai striminzito mercato domestico. Da dazi sull’acciaio, l’Italia è quindi uno tra i paesi che avrebbero più da perdere, perchè FCA potrebbe comunque rilocalizzare le produzioni. Solo un piccolo esempio di come funzionano le interdipendenze globali e quanto serva avere organismi multilaterali funzionanti che raffreddino i conflitti commerciali e sanzionino le pulsioni protezionistiche».
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 2nd, 2018 Riccardo Fucile
VESUVIOLIVE: “PROMESSE IRREALIZZABILI, INSULTI AI TERRONI, SCANDALI E CORRUZIONE, SCIACALLAGGIO POLITICO, ISTIGAZIONE ALL’ODIO, PARTITO DEL SISTEMA AFFARISTICO”
Come quotidiano meridionalista non potevamo non spendere qualche parola sulla Lega Nord di Matteo Salvini
Vediamo, allora, gli 8 motivi per cui a nostro avviso non solo i meridionali, ma tutti gli italiani, non dovrebbero votare la Lega Nord.
1) Il programma. Il programma di governo della Lega Nord contiene una serie di promesse in sostanza irrealizzabili, senza indicare le risorse economiche che le rendano attuabili. Solo la Flat Tax costerebbe 50 miliardi di euro, e tra l’altro gioverebbe soprattutto ai più ricchi.
2) Il partito fondato da Umberto Bossi ha costruito il suo successo sul razzismo e l’odio verso verso i meridionali in generale, specialmente i napoletani.
Chi è nato al Sud è stato, per parecchi anni, additato come scansafatiche, ladro, inferiore, truffatore, imbroglione. Peccato che, negli ultimi tempi, esponenti di spicco come lo stesso Bossi e il tesoriere Francesco Belsito siano stati condannati (in primo grado) per truffa ai danni dello stato, per essersi appropriati — secondo i magistrati — di somme appartenenti al partito per spese personali.
3) I cori razzisti verso i napoletani e i ripetuti attacchi. È celebre il video in cui Matteo Salvini canta “Senti che puzza…”, un coro purtroppo celebre in cui i partenopei vengono definiti colerosi, terremotati e sporchi. Ma non basta.
Come non ricordare il “Forza Etna, forza Vesuvio, forza Marsili” scritto dalla consigliera leghista Donatella Galli, gli insulti razzisti in onda su Radio Padania (emittente della Lega Nord), gli insulti di un parlamentare leghista a Pietro Grasso (“terrone di m***), e tanto altro.
Possibile che la Lega Nord sia cambiata? O, forse, Salvini si è accorto che per assicurarsi una poltrona gli serve un bacino elettorale più grande?
4) Il nuovo nemico. Poichè il numero di voti raccolti al Nord calava sempre di più, data l’insoddisfazione dei cittadini governati localmente dalla Lega, Matteo Salvini ha capito che per sopravvivere e, magari, fare un passo in avanti occorreva un bacino più largo, molto più largo.
Ha dunque creato “Noi con Salvini”, il quale altro non è che un nome più digeribile — e votabile — per gli elettori del Mezzogiorno che volessero esimersi dal paradosso di divenire sostenitori della Lega Nord. La sostanza tuttavia non cambia, è tutto grasso che cola per la Lega. A questo punto bisognava intercettare un nuovo nemico su cui accanirsi con violenza, ossia l’immigrato, in modo da mettere d’accordo tutti. Al Nord, nel frattempo, alcuni esponenti leghisti continuano ad usare una propaganda antimeridionale. Destano molta preoccupazione, inoltre, affermazioni di Matteo Salvini che ricordano molto da vicino posizioni razziste, come quelle “pulizie di massa, strada per strada, quartiere per quartiere”, auspicate dal leader leghista.
5) La Lega Nord è responsabile dell’emergenza immigrazione.
La legge Bossi-Fini del 2002, nel Governo Berlusconi II, è la norma che in Italia disciplina l’immigrazione ed i suoi firmatari sono Umberto Bossi, che nel 2002 era il segretario della Lega, e Gianfranco Fini, allora leader di Alleanza Nazionale.
La Lega Nord, inoltre, era al governo al momento di firmare il Trattato di Dublino (Dublino II) nel 2003, che ha reso operativo il regolamento sulla gestione dei flussi migratori e l’esame delle domande di asilo. È assurdo che, oggi, i “padani” si lamentino e incolpino gli altri per qualcosa di cui sono essi ad avere le responsabilità .
6) La Lega Nord è il più vecchio partito che si trova attualmente in Parlamento, è stato diverse volte al governo e molti dei suoi esponenti sono stati ministri.
È, insomma, un partito che fa parte di quell’establishment che tanto critica e contro il quale si scaglia. Se l’Italia ha così tanti problemi, come afferma, qualche responsabilità deve per forza averla.
7) Secondo la Cassazione non è reato dire che Matteo Salvini non ha mai lavorato. Nel 2016 il Tribunale di Bergamo ha accolto la richiesta di archiviazione del pubblico ministero in merito alla querela effettuata dal politico de Il Fatto Quotidiano. All’interno del pezzo è scritto che «Salvini non ha mai lavorato un giorno in tutta la vita», che al Parlamento Europeo «è noto per essere tra i più assenteisti, tanto da essere persino stato ripreso in aula a Strasburgo dal deputato socialista Marc Tarabella durante una delle rare sedute in cui l’eroe padano si è presentato. “Salvini fannullone assenteista: non ha mai lavorato insieme agli altri correlatori preferendo andare in televisione”».
8) Il suo segretario e aspirante Presidente del Consiglio, Matteo Salvini, usa ogni tragedia per tornaconto elettorale.
Cavalca ogni notizia di cronaca per fomentare odio e assicurarsi dei voti, senza alcun rispetto verso chi è vittima diretta o indiretta delle tragedie. Ultimamente è accaduto in occasione della morte della povera Pamela Mastropietro, ma sono molti anche gli episodi del passato: lo scrittore Andrea Camilleri ad esempio, nel 2015, lo accusò di fare campagna elettorale su 700 persone morte.
(da “VesuvioLive”)
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Marzo 2nd, 2018 Riccardo Fucile
“DI MAIO HA FATTO DI TUTTO PER FARSI ADOTTARE DAL POTERE, DI CUI ORA E’ ESPRESSIONE”
Carlo Freccero, che campagna elettorale è stata? 
«Surreale: da un lato promesse da albero della cuccagna; dall’altro competizione viziata da una legge elettorale che obbligherà a un compromesso».
Qual è lo scenario più probabile?
«Quello di un Nazareno bis, benedetto dall’Europa. Meno probabile che il centrodestra abbia una maggioranza assoluta, a meno che il riflusso dal renzismo non acquisti proporzioni gigantesche».
Come giudica la scelta di Di Maio di indicare i ministri prima delle elezioni?
«Operazione virtuale, tutta tesa a dimostrare che vuole essere considerato “fiable” come dicono i francesi, affidabile. Di Maio ha fatto tutto quanto necessario per farsi adottare dal potere».
Quali sono i termini di questa operazione?
«Il capovolgimento del Movimento comincia al convegno di Ivrea. Io c’ero, l’ho capito subito guardando il parterre. Poi l’accoglienza al meeting dello studio Ambrosetti. Il corteggiamento delle èlite. I viaggi a Washington e Londra. Il realismo si è impadronito del M5S. Il potere l’ha capito».
Che cosa ha capito?
«Per superare il 30 per cento, la categoria decisiva è “noi possiamo farcela”. Da qui nasce questo “governo Wikipedia” aggiornato giorno per giorno».
Di Maio è stato il protagonista della campagna elettorale: com’è stata costruita la sua immagine?
«Perfettina, come deve essere quella di un nuovo prodotto: i Cinquestelle di centro. Immagine mediana da ogni punto di vista. Dopo aver riempito il serbatoio di gente incazzata, bisognava puntare all’opinione pubblica di mezzo».
Dopo le elezioni del 2013 lei spiegò il boom del M5S dal punto di vista mediatico, il web che batte la vecchia tv. Questa campagna segue quel filone?
«No, al contrario. Nel 2013 Grillo aveva puntato sulla convergenza tra media, incrociando il web con le tv locali. Ora la televisione è tornata centrale, con il suo ancoraggio al passato. Basta guardare gli ascolti, da Sanremo a Montalbano».
Che c’entrano Sanremo e Montalbano?
«Vince l’effetto nostalgia, il ripiegamento sull’analogico. Di fronte allo tsunami dell’innovazione digitale, anzichè ripensare il lavoro siamo ripiegati sul mondo analogico della Milano da bere berlusconiana».
Qual è stato l’effetto sugli elettori?
«In tv è andata in onda la retorica del governo, sul web è rimasta la dissacrazione, il debunking, la presa in giro e la battaglia contro le èlite».
Come giudica l’assenza di Grillo?
«In questa chiave. Non è un caso che non abbia fatto campagna, perchè questo non è il suo linguaggio. Tutto nasce a Ivrea, lì è cominciato il casting elettorale».
Basterà per andare al governo?
«Anche se arriva al 30 per cento, Di Maio non potrà fare il governo da solo. Il 5 marzo si chiude il sipario e si torna alla realtà . O albero della cuccagna o compromesso sadomaso».
E lei quale preferisce?
«Una terza via. Fuori dai patti. Sparigliando con la creatività che finora è mancata ai politici».
Che cosa vuole dire?
«Di Maio deve capire che non ha possibilità di fare il premier. Insistere sarebbe ottuso e narcisistico, rischierebbe di finire in un vicolo cieco come Bersani nel 2013. Faccia un passo di lato e lanci un premier fuoriclasse, che emozioni e unisca, come sarebbe stato Rodotà nel 2013».
Pensa a qualche nome?
«Uno come Carlo Petrini, stimato all’estero e in grado di unire tradizione e contemporaneità , di svegliare l’Italia dalla depressione di una cittadinanza impotente».
(da “La Stampa”)
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Marzo 2nd, 2018 Riccardo Fucile
ERA NELLE LISTE DI GELLI, FASCICOLO 661… SECONDO LEI “PER UN DISGUIDO”
La Stampa rivela oggi che Emanuela Del Re — che nel fanta-governo di Di Maio è agli Esteri — è figlia di Michele Del Re, avvocato-docente, che risulta nella lista della P2 di Licio Gelli.
Nell’elenco dell’organizzazione massonica ritrovato nel 1981 risulta membro attivo, fascicolo numero 661. «Purtroppo si trovò coinvolto suo malgrado per un disguido», spiega ora a «La Stampa» la docente dell’università on line «Niccolò Cusano».
Siccome però le eventuali colpe dei padri non dovrebbero certo ricadere sui figli (e viceversa), per presentare la candidata è meglio fare riferimento a una sua intervista rilasciata tempo fa al settimanale cattolico Vita: specialista di Medio Oriente, Balcani e Caucaso, direttrice e fondatrice di Epos, agenzia operativa internazionale di mediazione e negoziazione, la Del Re è stata anche ideatrice del progetto per i rifugiati siriani My Future, realizzato con il contributo anche del ministero degli Affari esteri.
Quale è il vostro obiettivo?
Offrire ai rifugiati nei campi profughi l’opportunità di ricostruirsi una visione del futuro cogliendo l’occasione di vivere in un mondo globalizzato. L’idea è quella di far nascere un movimento con il coinvolgimento delle comunità e smuoverle dalla noia e dall’apatia, l’annichilimento della volontà che assale le persone. La formazione non è finalizzato solo alla capacity building, ma anche a disseminare principi, nozioni e pratiche che sono alla base della società civile, per una coesistenza pacifica e per fare riconciliazione.
Il nostro non è un intervento spot e a oggi abbiamo formato e professionalizzato circa 6mila persone, tra i 18 e i 35 anni, soprattutto in Iraq e poi in Europa e Giordania rivolgendoci ai rifugiati siriani. Il nostro prossimo passo è realizzare i nostri corsi in Siria nei campi per i rifugiati interni. I nostri corsi sono rivolti anche a formare tutor ed educatori nelle emergenze
Il problema rifugiati in Italia e in Europa è vissuta come un’emergenza…
È una questione da affrontare tenendo conto delle diverse istanze che ogni persona porta con sè. Ci sono quelli che hanno perso ogni speranza, una premessa da fare è che nessuno vuole andarsene, noi siamo parlando di rifugiati obbligati Ci sono poi quelli che sono consapevoli che venire in Europa non è la soluzione ma tentano la sorte e ci sono quelli che nonostante la situazione non vogliono andarsene dal proprio Paese, vogliono rimanere per non perdere la propria identità .
(da “NextQuotidiano”)
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