Marzo 27th, 2018 Riccardo Fucile
SI APRONO LE OSTILITA’ E AL QUIRINALE SI ASPETTANO TEMPI BIBLICI
I tempi che prevedono al Quirinale, a sentire chi ha una certa consuetudine col Colle più alto sono metafora delle difficoltà .
Da lunghi sono diventati biblici, perchè è come se questo negoziato sul governo fosse tornato al punto di partenza.
Il metodo utilizzato per elezione dei presidenti delle Camere pare essere già franato. E con esso l’idillio, quantomeno quello pubblico, tra i due ambiziosi runner della Terza Repubblica, almeno a giudicare dalle dichiarazioni ufficiali, certo molto tattiche, ma che rivelano una grande difficoltà a comporre il quadro.
Quel metodo scricchiola ben prima dell’intervista di Salvini a Porta a Porta, perchè la verità è che Salvini lo ripropone tout court, ponendosi come leader dell’intero centrodestra, proprio come avvenuto nell’elezione dei presidenti che non ha reso necessario il contatto diretto tra Di Maio e Berlusconi.
Ovvero quel riconoscimento come interlocutore che il Cavaliere aveva in un primo momento chiesto, per poi rinunciare nei fatti.
È chiaro che un leader di un’intera coalizione dica che senza Forza Italia, suo alleato, “allora arrivederci”.
Ed è altrettanto evidente che un’alleanza di questo tipo, centrodestra e Cinque Stelle, proprio come sulle Camere dove i primi nomi sono stati bruciati, anche sul governo abbia come presupposto il passo indietro dei leader sulla via di palazzo Chigi per convergere su un nome terzo: “Se Di Maio dice ‘o io o nessuno’ sbaglia perchè ad oggi è nessuno”.
Ecco il punto. Se c’è un momento in cui quell’impianto, considerato prodromico del governo che verrà , entra in crisi, sono le dichiarazioni di Alfonso Bonafede piuttosto tranchant: “Non siamo disponibili a nessun esecutivo senza Di Maio premier. Se noi ai cittadini presentiamo un altro candidato premier, non eletto dai cittadini determiniamo il definitivo allontanamento dalla politica”.
E c’è un motivo se il leader pentastellato, dopo averle ripetute in serata, annuncia un giro di “incontri” con tutte le forze politiche prima delle consultazioni.
Il che significa un incontro anche con il forno democratico. C’è, al tempo stesso, un punto fermo e una difficoltà di fondo di Luigi Di Maio. Detta in modo un po’ gergale, con le parole più fonti politiche: “Se a palazzo Chigi non va lui, l’intera operazione non la regge”.
Non la regge perchè c’è un grande pressione di una parte di opinione pubblica, giornali, intellettuali di riferimento che già ha mal digerito l’accordo sulle presidenze con la Lega e l’elezione di una berlusconiana doc come la Casellati alla presidenza del Senato.
E solo la presenza di Di Maio a palazzo Chigi potrebbe rappresentare un elemento rassicurante. Per la serie: “Ci sono qui io, fidatevi di me”.
Il punto davvero critico si chiama Silvio Berlusconi. Per quanto possa nascondersi, camuffarsi, farsi rappresentare da Salvini in nome del realismo pur di stare al governo per tutelare gli interessi aziendali, il Cavaliere è figura ingombrante.
Un voto allo stesso governo rappresenterebbe una “legittimazione” eccessiva e, con essa, la perdita della propria diversità . Insomma il “Grillusconi” formidabile strumento di resurrezione anche di avversati piuttosto moribondi.
E qui si torna al punto di partenza.
Salvini non può permettersi una rottura del centrodestra, e non solo perchè ci sono le elezioni in Friuli a fine aprile, ma per una ragione più di fondo che i suoi spiegano con una certa chiarezza: “Forza Italia sta franando e verranno con noi, soprattutto al Nord. Se noi facciamo un governo con Di Maio senza Forza Italia questo processo lo arrestiamo, noi invece dobbiamo facilitarlo, per questo Matteo non romperà il centrodestra”.
E l’ambizioso leader del Cinque stelle non può permettersi di cedere sul suo incarico e su Berlusconi di cui ricorda “l’infedeltà ” a proposito dell’elezione di Fico dove sono mancati 60 voti. E come strumento di pressione cerca anche una interlocuzione col Pd.
È vero che, in questa storia di difficile lettura fatta di simulazioni di intesa sui programmi e repentine dissimulazioni, la comprensione dei tempi è cruciale.
Quasi sincopati per l’elezione dei presidenti, lunghi per il governo, che consentono un processo di decantazione e, come si diceva una volta, la maturazione di fatti nuovi. Per cui Di Maio potrebbe, sul lungo periodo, far cadere il tabù della sua presenza a palazzo Chigi. Chissà .
Però i fondamentali, ad oggi, configurano il più classico degli stalli, con i due runner della Terza Repubblica che si posizionano in vista di una trattativa lunga, tenendo alta l’asticella negoziale.
E fanno precipitare nell’incertezza molte ipotesi che si sono consumate nel chiacchiericcio della politica, a proposito degli “schemi” messi a punto sul Colle su come gestire questo complicato negoziato dai tempi lunghi, a proposito del quale già si evocano i mitici precedenti del passato, come quel 1976 in cui servirono più di quattro mesi per arrivare al governo delle astensioni.
Cade anche lo schema dato per scontato e che scontato non è.
La vulgata recita, secondo il ricordo del 2013, che Mattarella possa dare prima un “pre-incarico” a Salvini, leader della coalizione arrivata prima, poi a Di Maio, leader del primo partito, per poi arrivare al dunque con i tentativi veri, quando sarà consumata la ritualità iniziale.
Pre-incarichi che, a leggere le dichiarazioni di oggi, sono diventati, a vederla con gli occhi del Colle, solo una perdita di tempo, perchè per affidarli ci vorrebbe una ragionevole possibilità che ci fossero i numeri e una disponibilità al confronto per trovarli.
La verità , molto indicativa, è che non c’è nessuno schema. Anche perchè di ciò che accade nell’ombra, lontano da taccuini e microfoni, tra Salvini e Di Maio si sa davvero poco.
È venuta meno, nel nuovo quadro quel sistema di consuetudini, ambasciatori, colloqui informali, conoscenza reciproca che con Pd e Forza Italia dura da diversi lustri.
È come se, improvvisamente, si fosse entrati in una terra ignota di soggetti che parlano linguaggi diversi e seguono logiche irrituali.
L’unico modo per gestire l’ignoto sono le solide certezze proprie di una antica sapienza costituzionale. Per avere l’incarico, occorre una maggioranza.
Che, al momento, nessuno ha.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: elezioni | Commenta »
Marzo 27th, 2018 Riccardo Fucile
SU FB SOLITI SCONCI INSULTI RAZZISTI A CORREDO DEL POST, IL SINDACO QUERELA TUTTI GLI ISTIGATORI ALL’ODIO RAZZIALE
«Aida è una di noi, a lei va la mia e la nostra solidarietà . E con chi ha deciso di insultare ci si vede in tribunale».
Firmato Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia, che passa al contrattacco dopo che il neodeputato della Lega Gianluca Vinci, segretario del Carroccio emiliano, se l’era presa su Facebook con un manifesto affisso in città che annuncia la nascita di un centro di aggregazione giovanile, “Viacassoliuno”.
Il fatto è che sul cartellone campeggia il volto di una ragazza di colore, Aida appunto, fra gli artefici dell’iniziativa, dettaglio che non è piaciuto per niente al parlamentare leghista: «Quando si tutelano le minoranze per farle diventare maggioranze, qualcosa non funziona e va cambiato».
Poi, come succede spesso sui social, sul suo post sono piovuti commenti ben peggiori, come «la signorina riceve in strada o in privato?».
Il sindaco Vecchi non ci ha più visto e ha passato la pratica all’ufficio legale del Comune, perchè valuti la sussistenza dei requisiti di reati legati alla discriminazione razziale.
Ha creato l’hashtag #iostoconaida e, sempre su Facebook, ha risposto agli attacchi del deputato: «Gianluca Vinci ha superato il segno. Il suo post è sconvolgente perchè non è un giudizio politico. È un atto di inaudita violenza, di esplicito razzismo nei confronti di una persona, di una nostra giovane concittadina, reggiana e italiana».
Il sindaco spiega che Aida Aicha Bodian, di origini senegalesi, è presidente dell’associazione “Roots Evolution”, nata a Reggio Emilia per valorizzare la diversità : «Ha partecipato a tantissimi progetti nella nostra città ed è stata protagonista del percorso che ha portato all’inaugurazione di Viacassoliuno, il nuovo spazio giovani che il Comune ha voluto realizzare la dove un tempo esisteva una sala slot abusiva. Chi si è scagliato contro di lei ha scelto di scagliarsi contro un’intera comunità ».
(da “La Stampa”)
argomento: Razzismo | Commenta »
Marzo 27th, 2018 Riccardo Fucile
CADE L’ACCUSA DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE, UNA FORZATURA PER PRENDERSI UN’INCHIESTA DI COMPETENZA ALTRIMENTI DELLA PROCURA DI RAGUSA CHE ORA LA PUO’ ESERCITARE… DALLA SPAGNA: “INCREDIBILE CHE IN ITALIA LE DECISIONI SI LEGGANO PRIMA SUI GIORNALI”
Nove giorni fa il Procuratore di Catania Carmelo Zuccaro — quello delle ONG in combutta con gli scafisti — ha fatto mettere sotto sequestro l’imbarcazione della ONG spagnola Proactiva Open Arms.
La nave era arrivata il 18 marzo nel porto di Pozzallo (Ragusa) dove aveva sbarcato 216 migranti salvati in acque internazionali tra il 15 e il 16 marzo.
Il reato contestato da Zuccaro al comandante, al coordinatore di missione a bordo della nave e al responsabile della ONG era pesantissimo: associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina.
Sostanzialmente per la Procura di Catania Proactiva Open Arms era come gli scafisti. Oggi è arrivata la notizia che il Gip di Catania ha fatto cadere il reato di associazione a delinquere e tolto l’inchiesta a Zuccaro.
Il Gip di Catania fa cadere il reato di associazione a delinquere
Il Gip di Catania Nunzio Sarpietro ha confermato il sequestro dell’imbarcazione ma si è dichiarato non competente per quanto riguarda il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il Gip ritiene non sussista invece il reato di associazione per delinquere e per questo motivo ha disposto il trasferimento degli atti alla Procura di Racusa.
La vicenda quindi non è conclusa e la decisione è rinviata al Gip di Ragusa che avrà venti giorni di tempo per pronunciarsi.
Il fondatore di Proactiva, Oscar Camps, ha scritto su Twitter di aver appreso della decisione del Gip di Catania dai giornali perchè al momento i legali dell’organizzazione non hanno ricevuto alcuna notifica.
Per quello che ho potuto vedere fino ad ora — chiosa Camps — in Italia si è soliti dare le notizie prima alla stampa che agli interessati.
Nel frattempo che il Procuratore di Catania indaga sulle ipotesi di reato a carico delle ONG i carabinieri della compagnia di Sciacca coordinati dalla procura di Marsala hanno portato a termine nei giorni scorsi l’operazione “Caronte” che ha portato all’arresto di tre italiani e un tunisino (un quarto italiano è ai domiciliari) con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e contrabbando di tabacchi destinati al mercato nero.
Le corse dei taxi del mare degli scafisti costavano ai migranti tra i 4mila e i 5mila euro, per un incasso pari a circa 70mila euro a viaggio.
Cosa prevede il Codice di condotta firmato dalle ONG
Secondo la procura di Catania la Open Arms ha disatteso gli impegni presi con il governo italiano e avrebbe violato il codice di condotta (non vincolante) sottoscritto dalle ONG che operano nel Mediterraneo Centrale.
In base a quell’accordo le organizzazioni umanitarie non governative si impegnano, tra le altre cose, a non entrare nelle acque territoriali libiche e a cooperare costantemente con il MRCC che ha il compito di coordinare i soccorsi.
Le ONG sono tenute anche a “non trasferire le persone soccorse su altre navi, eccetto in caso di richiesta del competente MRCC e sotto il suo coordinamento”.
Dopo l’imbarco delle persone soccorse, si legge nel Codice di condotta per le Ong impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare, le navi delle ONG dovrebbero, di norma, completare l’operazione sbarcando le medesime in un porto sicuro sotto il coordinamento del MRCC competente.
Ed è probabilmente in base a questo punto che dovrà decidere il Gip di Ragusa.
La MRCC di Roma ha detto alla Proactiva di trasferire i migranti sulla motovedetta? E se sì, perchè?
Quando un caso SAR avviene al di fuori di una SRR ufficialmente istituita — prosegue il codice di condotta — il comandante della nave deve provvedere immediatamente ad informare le autorità competenti degli Stati di bandiera, ai fini della sicurezza, e il MRCC competente per la più vicina SRR. In questo caso era Roma o Malta?
Il fatto che a coordinare i soccorsi fosse la Guardia costiera italiana fa pensare alla prima ipotesi
La Libia non ha una sua area SAR
La Libia infatti ha dichiarato nell’agosto del 2017 di aver istituito una sua zona SAR al largo delle sue acque territoriali. A dicembre però la IMO (International Maritime Organization) ha confermato che i libici avevano ufficialmente comunicato di aver ritirato la notifca di creazione di una zona SAR.
La ragione è piuttosto semplice, la Libia non dispone delle risorse necessarie per poter mantenere operativa un’area di ricerca e soccorso in mare.
Non sono sufficienti infatti le motovedette donate dal Governo italiano. Ogni zona SAR ha bisogno di un centro MRCC che deve essere operativo 24 ore su 24 sette giorni su sette. Lo staff deve essere in grado di parlare in inglese e il centro deve essere dotato dei necessari mezzi di comunicazione e soccorso.
In seguito al ritiro della richiesta di istituzione di un’area SAR libica l’Italia ha quindi assunto nuovamente il coordinamento dei soccorsi in quel tratto di mare, lo stesso dove a quanto pare sono avvenuti i due salvataggi ad opera di Open Arms.
Il giornalista tedesco Matthias Monroy ha scritto a gennaio che il nuovo MRCC libico sotto l’autorità del Governo di Accordo Nazionale dovrebbe diventare operativo nel 2020. Fino ad allora la gestione sarà italiana.
Ci sono però anche racconti di episodi in cui imbarcazioni della Marina Militare italiana invece che soccorrere immediatamente i migranti come prevedono i trattati internazionali li hanno trattenuti fino all’arrivo delle motovedette libiche. Così facendo sarebbe stato aggirata la regola che impedisce il respingimento in mare dei migranti.
La situazione politica in Libia, i resoconti dettagliati sui maltrattamenti subiti dai migranti nei centri di detenzione libici consentono di dire con ragionevole certezza che il Libia non ci sono porti sicuri.
Ma allora perchè Proactiva OpenArms non ha sbarcato i migranti a Malta? Le ragioni sono due: la prima è che Malta generalmente non dà l’ok agli sbarchi la seconda è — nella versione della ONG — che la Open Arms aveva già fatto richiesta al MRCC di Roma che le venisse assegnato un porto di sbarco. La richiesta era stata inoltrata, come prevede l’accordo tra ONG e Ministero, tramite lo stato bandiera dell’imbarcazione, ovvero quello spagnolo.
Dopo 24 ore il ministro dell’Interno ha dato il via libera allo sbarco a Pozzallo.
La Procura di Catania scrive invece che i tre indagati hanno deciso “arbitrariamente di continuare la ricerca e poi il soccorso degli eventi per i quali la Guardia costiera libica aveva assunto il comando e quindi la responsabilità chiedendo esplicitamente e per iscritto di non volere nessuno nella zona del teatro dell’evento per gestire in sicurezza le fasi di soccorso”.
La Convenzione del 1979 stabilisce però che i soccorsi debbano andare diversamente e che finchè non viene nominato un coordinatore “sulla scena” la prima unità navale che arriva ha l’obbligo di procedere immediatamente ai soccorsi.
Non è chiaro però a quale evento SAR si faccia qui riferimento visto che la Open Arms era stata coinvolta (su richiesta del MRCC) in tre operazioni di soccorso.
In una Roma aveva detto che la guardia costiera libica aveva assunto il comando delle operazioni e la Open Arms si era fatta da parte.
Nel caso del soccorso avvenuto a 70 miglia dalle coste libiche in acque internaziuonali la motovedetta 648 donata dall’Italia (e già protagonista di altri episodi di aggressione a migranti e ONG) secondo la Proactiva “è arrivata un’ora dopo che le imbarcazioni di salvataggio delle Open Arms hanno localizzato la barca e assicurato a tutti i naufraghi i giubbotti di salvataggio”.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Marzo 27th, 2018 Riccardo Fucile
SANZIONI, SOLDI E CARRIERE PER I PRIMI, MENTRE I SECONDI GESTISCONO IL PORTAFOGLIO
Sono quindici alla Camera e quindici al Senato i parlamentari che insieme con i presidenti reggono le sorti di Palazzo di Montecitorio e di Palazzo Madama.
Tutti hanno a disposizione un ufficio e collaboratori pagati dalla Camera di appartenenza e, alla bisogna, possono utilizzare un’auto blu per svolgere funzioni istituzionali fuori dal Palazzo.
Sono i componenti dell’Ufficio di Presidenza (al Senato si chiama Consiglio di Presidenza) che i due rami del Parlamento sono chiamati ad eleggere questa settimana.
L’Ufficio di Presidenza è presieduto dal presidente dell’Assemblea, ed è composto da quattro Vicepresidenti, tre Questori e otto segretari. Questi ultimi hanno il compito di collaborare con il presidente per assicurare la regolarità delle votazioni in Assemblea.
I vicepresidenti presiedono i lavori dell’Aula in assenza del presidente, che ad essi può delegare anche compiti di rappresentanza.
Ma sono i questori i “golden boys” dell’organismo parlamentare.
In base al regolamento hanno il compito di “curare collegialmente il buon andamento dell’Amministrazione, vigilando sull’applicazione delle relative norme e delle direttive del Presidente”.
Di fatto, con il loro Collegio sono una sorta di Cda chiamato a decidere le spese e ad elaborare annualmente il progetto di bilancio interno, che è sottoposto successivamente all’esame dell’Ufficio di Presidenza e viene poi discusso e approvato dall’Assemblea.
Oltre che occuparsi delle spese e del cerimoniale, i questori sono i responsabili del mantenimento dell’ordine nelle sedi della Camera e del Senato.
Sono loro, ad esempio, a ordinare ai commessi di far uscire dall’Aula i parlamentari che vengano espulsi dal presidente, e sono sempre loro a garantire la sicurezza (avvalendosi degli assistenti parlamentari, poichè la forza pubblica non può entrare nelle sedi del Parlamento senza autorizzazione del presidente).
Tutti i componenti dell’Ufficio di presidenza percepiscono un’indennità speciale; in più possono assumere, a spese della Camera cui appartengono, collaboratori esterni di propria fiducia.
Tra le funzioni dell’Ufficio di presidenza c’è la decisione delle sanzioni nei confronti dei deputati che turbano l’ordine delle sedute (nella scorsa legislatura è stato un impegno notevole, con tanto di ‘moviola’ dei filmati dei tumulti), la ripartizione dei rimborsi ai partiti per le spese elettorali,l’organizzazione dell’Amministrazione della Camera, la nomina del Segretario generale e l’attribuzione degli incarichi dirigenziali.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Parlamento | Commenta »
Marzo 27th, 2018 Riccardo Fucile
SONO 36 ALLA CAMERA E 10 AL SENATO GLI ISCRITTI AL GRUPPO MISTO, TERRA DI TRANSFUGHI IN ATTESA DI UNA MAGGIORANZA
Nella scorsa legislatura era arrivato a essere il terzo raggruppamento alla Camera con 61 deputati; in questa per ora sono 36 gli iscritti al Gruppo Misto a Montecitorio e dieci a Palazzo Madama.
Pochi per essere decisivi nella composizione di un governo visto che sia al centrodestra che al MoVimento 5 Stelle mancano molti più parlamentari per ottenere l’eventuale fiducia.
E soprattutto ancora molto eterogenei visto che nei 36 della Camera sono compresi i 14 di Liberi e Uguali che non hanno nessun interesse ad aiutare Salvini mentre molti di loro potrebbero essere interessati a partecipare a un governo a guida del M5S.
Ci sono poi cinque eletti con il MoVimento 5 Stelle che non sono stati accettati dal gruppo parlamentare, come Salvatore Caiata: le cosiddette (da Luigi Di Maio) “mele marce” che puntualmente non si sono dimessi dopo le elezioni, al contrario di quello che prometteva il leader grillino durante la campagna elettorale.
Nel gruppo misto alla Camera sono entrati anche i tre di +Europa che erano passati per l’alleanza con il centrosinistra alle elezioni.
Al Senato i numeri sono — per ora — minori e la sottocomponente più ampia è ancora quella di Liberi e Uguali: c’è anche Pietro Grasso, ex presidente di Palazzo Madama. Anche qui la lotta agli impresentabili ha portato due senatori eletti con il MoVimento 5 Stelle nel gruppo misto: si tratta di Carlo Martelli e Maurizio Buccarella.
Tutti insieme in appassionante attesa che accada qualcosa e che la nuova maggioranza, ancora lontana dal formarsi, abbia bisogno di loro.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Parlamento | Commenta »
Marzo 27th, 2018 Riccardo Fucile
AVEVA ACCUSATO IL CONSIGLIERE COIA DI ESSERE VICINO AI TREDICINE
Era nell’aria da tempo e oggi c’è l’ufficialità : in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa DIRE l’assessore al Commercio Adriano Meloni annuncia che lascerà a breve la Giunta Raggi.
L’assessore, in rampa di lancio da molti mesi, aveva accusato il consigliere Coia, presidente della Commissione Commercio, di essere troppo vicino ai Tredicine coniando il neologismo “Coidicine” e successivamente si era scusato
Nell’intervista rilasciata alla DIRE Meloni conferma quanto anticipato oggi dal Messaggero, ovvero che potrebbe rimanere come delegato al Turismo nella Giunta Raggi.
Sulla data, però, Meloni smentisce di essere pronto ad andare via ad aprile: «Non c’è ancora una data, si tratta di stabilire un percorso e di portare a compimento alcuni temi del commercio che voglio concludere, tra cui il Tavolo per il decoro, il Regolamento per la Città storica, il Prip e anche le delocalizzazioni. Questi sono i grossi temi che stiamo portando avanti».
Meloni ha anche fatto sapere che non sarà Leonardo Costanzo il suo successore in Giunta. Ma ha anche detto di non sapere chi sarà il suo successore.
Secondo il Messaggero anche Alessandro Gennaro, l’assessore alle partecipate protagonista del caso Roma Multiservizi, sarebbe in rampa di lancio.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Roma | Commenta »
Marzo 27th, 2018 Riccardo Fucile
L’ATTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICA NON PASSA PER UN VOTO, LE OPPOSIZIONI CHIEDONO LE SUE DIMISSIONI
Il governo di Nello Musumeci cade in aula sul documento di programmazione economico e finanziaria 2018-2020.
L’Assemblea siciliana ha bocciato in serata il Defr: 32 voti contrari e 32 favorevoli, su 65 presenti (un deputato non ha votato).
Per il via libera al documento servivano 33 voti.
Il Def regionale adesso torna in commissione Bilancio. Un segnale chiaro quello mandato al governo Musumeci costretto, già a congelare la manovra finanziaria prorogando di un mese, fino al 30 aprile, l’esercizio provvisorio che scade il 31 marzo. Il ddl di proroga deve ancora passare al vaglio dell’Ars in un clima pesante per il governo regionale, senza maggioranza e con mal di pancia evidenti nella coalizione di centrodestra.
L’aula è stata subito sospesa dal presidente di turno Roberto Di Mauro ha sospeso l’aula dell’Ars per convocare la conferenza dei capigruppo.
Convocata la conferenza dei capigruppo. Pd e M5s hanno votato contro. Prima del voto il capogruppo dem, Giuseppe Lupo, ha chiesto a Musumeci di prendere atto di non avere una maggioranza e di dimettersi.
Nel suo intervento il governatore si era detto pronto a tornare alle urne in assenza di un patto alla luce del sole su riforme e provvedimenti importanti.
“Quando il presidente Musumeci è stato eletto – ha detto Lupo – aveva una maggioranza: non è certo colpa della legge elettorale se l’ha persa per strada. Il Pd ha chiesto più volte un dibattito d’aula per sapere dal presidente della Regione come intende andare avanti dopo la sua stessa ammissione di non avere più una maggioranza, ma questo dibattito fino ad ora non c’è stato. Il Pd era e resta opposizione”
(da agenzie)
argomento: Regione | Commenta »
Marzo 27th, 2018 Riccardo Fucile
UNO CHE LASCIA E UNO CHE PURTROPPO RIMANE, IL GRANDE AMORE E’ DURATO SOLO 5 MESI… “VADO IN AULA E SPUTO IN FACCIA AI GRILLINI”
Dopo neanche cinque mesi, Vittorio Sgarbi si dimette da assessore ai Beni culturali in Sicilia e sceglie di accomodarsi in Parlamento.
Il critico d’arte, che ha perso la sfida nell’uninominale con Luigi Di Maio ma è stato eletto nel proporzionale, ha annunciato di aver ufficializzato l’addio alla giunta di Nello Musumeci, con il quale non vuole “aver alcun rapporto” perchè “è un gran maleducato”.
L’esponente di Forza Italia è un fiume in piena contro il governatore della Sicilia: “Il centrodestra ha perso le politiche in Sicilia perchè il vincitore delle regionali ha voluto fare il superiore“, ha detto parlando con i cronisti a Palazzo dei Normanni.
“Sono d’accordo con Musumeci su una cosa — ha aggiunto — in Sicilia si tornerà a votare presto”.
La rottura, secondo la versione di Sgarbi, si è consumata su una mancata risposta a un suo invito per incontrare i finanziatori interessati al progetto del tempio G.
Il critico d’arte ha mostrato tre sms ai quali il governatore non ha risposto. Nell’ultimo messaggio, Sgarbi ha scritto a Musumeci: “La tua maleducazione resterà nella mia memoria”.
Il presidente della Regione è stato definito dal neo deputato “un dipendente dei 5 Stelle”. Da qui la decisione di preferire il Parlamento alla Sicilia: “Non ho intenzione che sia lui a decidere il mio destino. È stato lui a rompere il patto, non io certamente “.
Negli scorsi giorni, i deputati pentastellati all’Ars avevano presentato una mozione di censura nei confronti dell’ex assessore per i “continui e squallidi turpiloqui” e “le reiterate offese indirizzate, spesso in pose indecenti” ad attivisti e portavoce del Movimento, uniti alla “scarsissima” produttività .
“Sono pronto a rispondere — ha risposto Sgarbi — Vado in aula e sputo in faccia ai grillini, li prenderò a parolacce e urlerò contro di loro ‘cancronesi’, come Grillo definì Veronesi”.
Il riferimento dei pentastellati era anche al video postato dal critico nelle scorse settimane mentre erano in bagno: “Quelle immagini di me seduto sul water? Fanno parte della mia linea politica. Grillo ha la sua e io ho la mia”.
(da agenzie)
argomento: Costume | Commenta »
Marzo 27th, 2018 Riccardo Fucile
DELRIO CAPOGRUPPO ALLA CAMERA PER ACCLAMAZIONE, AL SENATO MARCUCCI
Graziano Delrio è stato eletto capogruppo Pd alla Camera per acclamazione dell’assemblea del gruppo.
L’altro nome che il segretario reggente del Pd ha proposto, per il Senato, è quello del renziano Andrea Marcucci. “Vogliamo provare tutti insieme a dare un segnale di squadra e l’unità è il presupposto per costruire il rilancio del Pd”, ha detto il reggente del partito, Maurizio Martina, presentando le proposte di Delrio e Marcucci come capigruppo nei due rami del Parlamento.
Andrea Marcucci sarà il nuovo capogruppo del Partito Democratico a Palazzo Madama. La riunione dei gruppi ha approvato la mediazione del reggente, Maurizio Martina, sui nomi del senatore renziano al Senato e di Graziano Delrio alla Camera.
In un primo momento l’ipotesi più accreditata per una mediazione tra renziani e minoranza era il ticket Delrio-Nannicini, quest’ultimo in qualità di renziano meno esposto del senatore toscano Marcucci.
Successivamente era circolata una nuova ipotesi di mediazione nella maggioranza sui nomi di Teresa Bellanova al Senato e Lorenzo Guerini alla Camera.
(da agenzie)
argomento: Partito Democratico | Commenta »