Marzo 25th, 2018 Riccardo Fucile
STAVA PER ABBANDONARE IL M5S, IN DISACCORDO CON LA LINEA REAZIONARIA DI DI MAIO, GLI HANNO PROMESSO LA PRESIDENZA DELLA CAMERA E ORA L’ORTODOSSO GUADAGNERA’ 16.000 EURO AL MESE… PRIMA DI ENTRARE IN PARLAMENTO AVEVA DICHIARATO REDDITO ZERO
È stato calcolato che lo stipendio dei presidenti della Camera e del Senato ammonta a oltre 16.000 euro al mese netti.
Definire la cifra esatta non è molto semplice. Il sito del Senato e quello della Camera spiegano in una pagina dedicata come sono congegnate le retribuzioni dei parlamentari.
La voce principale è quella che si chiama indennità , che rappresenta lo stipendio di deputati e senatori. L’indennità è calcolata prendendo come riferimento lo stipendio dei magistrati presidenti di Cassazione, cioè il gradino più alto della magistratura. Ammonta a 10.385 euro lordi.
Al netto delle tasse il sito del Senato calcola che si riducano a poco più di 5.000 euro (5.300 euro dai quali vanno detratte le addizionali regionali), con un’aliquota fiscale pari quindi al 50%.
In realtà , lo stesso sito, in un’altra pagina dice che sul 40% dell’indennità si applica una aliquota unica del 16%, molto inferiore a quella del calcolo precedente.
All’indennità vanno aggiunte le voci dei rimborsi spese.
Il primo è il rimborso che viene chiamato diaria e che dovrebbe servire a coprire le spese di soggiorno a Roma: 3.500 euro, che vengono però ridotti se il parlamentare si assenta nei giorni di votazione.
Alla Camera ci sono anche 3.690 euro di rimborso per quelle che vengono chiamate “spese di mandato” e che dovrebbero comprendere le spese vive sostenute per l’attività politica, compreso il collaboratore o i collaboratori. Le spese di mandato per metà devono essere giustificate mentre per l’altra metà sono corrisposte comunque, a forfait.
Al Senato ci sono due rimborsi, oltre la diaria. Il primo è un rimborso forfettario di 1.650 euro. Il secondo è il rimborso per l’esercizio del mandato ed è di 4.180 euro: anche in questo caso per metà deve essere giustificato e per metà no.
Il sito non dice se le cifre di questi rimborsi siano da considerare nette (come pare) o siano tassate.
Poi ci sono le agevolazioni per i viaggi arerei, ferroviari e in autostrada e, alla Camera, un rimborso di 1.200 euro all’anno per le spese telefoniche.
I presidenti percepiscono anche indennità d’ufficio, cioè lo stipendio che viene aggiunto a quello di parlamentare per il fatto di ricoprire quel particolare ruolo.
Per il presidente della Camera sono altri 4.223 euro netti e una cifra analoga spetta al presidente del Senato. Altre indennità di carica, più basse, ci sono per vicepresidenti e questori e per i presidenti delle Commissioni. Sui siti queste indennità non sono indicate.
Lo stesso presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, incaricato dall’ultimo Governo Berlusconi e poi dal Governo Monti, si era trovato in grande difficoltà a determinare l’effettivo compenso dei parlamentari italiani.
Pietro Grasso e Laura Boldrini fin dall’inizio del loro mandato nel 2013 avevano annunciato di rinunciare a una parte della propria retribuzione. Grasso aveva dichiarato che sarebbe stata dimezzata la cifra netta, fissando il proprio compenso a 9.000 euro netti. Boldrini aveva chiesto di rinunciare a metà dell’indennità parlamentare e di quella di carica e alle spese forfettarie.
L’ufficio di presidenza della Camera aveva anche deciso che presidente, vicepresidenti e questori rinunciassero agli alloggi messi a loro disposizione dallo Stato.
Le ultime dichiarazioni dei redditi pubblicate indicano per Boldrini un reddito imponibile di 144.883 euro e per Grasso, che è anche ex magistrato, di 321.195 euro.
(da agenzie)
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Marzo 25th, 2018 Riccardo Fucile
NIENTE COLPI DI MANO, CONSULTAZIONI POPOLARI E MAGGIORANZE ALLARGATE PER RISPETTARE L’UNITA’ NAZIONALE
È possibile che destra, sinistra e populisti possano far parte di uno stesso governo? -Sì, e succede in Svizzera, dove non serve la maggioranza, ma tutte le forze politiche guidano insieme il paese. A tutti i livelli.
La chiamano “formula magica”, ma per gli svizzeri è un concetto talmente connaturato nella tradizione politica, che a ogni scadenza elettorale il miracolo accade spontaneamente: quando è il momento di dar vita a un nuovo governo, i maggiori partiti rappresentati in parlamento lo formano insieme.
Rispettando una prassi consolidata, che tiene conto dei rapporti di forza tra le varie formazioni politiche, senza bisogno di colpi di mano, infinite consultazioni e claudicanti maggioranze.
2 + 2 + 2 + 1, questa è oggi la proporzione tra gli ingredienti, la ricetta magica della concordanza elvetica: due seggi per il Partito Socialista (di sinistra), due per il Partito Liberale Radicale (la destra economica), due per l’Unione Democratica di Centro (la destra populista ed euroscettica) e uno per il Partito Popolare Democratico (di centro e di ispirazione cristiana).
Un cocktail di sensibilità e programmi politici, che funziona non solo a livello nazionale, ma anche locale.
I governi di larghe intese – anzi di larghissime intese – in Svizzera sono presenti ad ogni livello, da quello federale, fino a quello cantonale e giù ancora fino a quello municipale.
Sempre cercando, caso per caso, territorio per territorio, di rispecchiare la reale forza elettorale dei partiti.
Una bella favola, in questa Europa lacerata dalle lotte post-elettorali. In Germania Merkel ci ha messo cinque mesi per trovare un accordo di maggioranza, e infine ci è riuscita con i socialdemocratici di Schulz. Tre anni fa in Spagna non è si è nemmeno riusciti a formare un governo e si è dovuti tornare alle urne sei mesi dopo. E in Italia sappiamo cosa sta accadendo.
Anche nella Confederazione elvetica non sono tutte rose e fiori. Per fare un esempio, la formula magica necessita di tempo per adattarsi alla reale rappresentatività dei partiti.
Nel 1928 i socialisti erano diventati la formazione più forte del paese, ma dovettero aspettare più di trenta anni, fino al 1959, per avere due ministri.
Negli ultimi quindici anni c’è stata inoltre qualche turbolenza. Il partito populista di destra, l’UDC, oggi il più votato in Svizzera, nel 2003 riuscì a soffiare un seggio al Partito Popolare Democratico, che per la prima volta dopo decenni rimase in governo con un solo ministro.
Quattro anni dopo, sempre l’Unione si scisse dopo che il parlamento non elesse il candidato proposto dalla dirigenza. L’equilibrio fu rotto per otto anni, ma nel 2015 tutto è tornato alla normalità . Piccoli sussulti, rispetto ai terremoti che scuotono regolarmente mezza Europa.
In Svizzera i cittadini hanno la percezione che a livello istituzionale le cose funzionano, complice anche il sistema di democrazia diretta che permette loro di esprimersi in prima persona su molti temi.
Anzi, spesso gli svizzeri guardano alle esperienze politiche dei vicini con malcelato orgoglio per il proprio sistema, che giurano, mai vorrebbero cambiare.
Dialogo costante, compromesso, rifiuto del principio maggioranza/opposizione.
I politologi la chiamano democrazia consociativa, in contrasto con quella competitiva. Unus pro omnibus, omnes pro uno. “Uno per tutti, tutti per uno”, è il chiasmo scritto sotto la cupola di Palazzo Federale a Berna.
Jonas Marti
Giornalista della Radiotelevisione svizzera (RSI)
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Marzo 25th, 2018 Riccardo Fucile
E’ UNA VITA CHE DA RICCO REAZIONARIO LAVORA PER ARRIVARE ALL’INCIUCIO COI SUOI AMICI RAZZISTI E PUTINIANI, NON ERA NECESSARIO CHE METTESSE IL SIGILLO
«Di Salvini ci si può fidare». E così è arrivato anche il sigillo di Beppe Grillo all’alleanza con la Lega.
«Ha dimostrato che ci si può fidare di lui, è uno che quando dice una cosa la mantiene: il che è una cosa rara», dice alle telecamere che lo assediano fuori dall’hotel Forum di Roma mentre è in auto pronto a partire verso Napoli.
Domani lo aspetta il processo ad Aversa contro il fondatore dell’Associazione Terra dei Fuochi, Angelo Ferrillo, nato dalla querela per diffamazione presentata da Gianroberto Casaleggio nel 2015.
Luigi Di Maio è stato convocato come teste d’accusa, e così Grillo, che dopo quattro udienze disertate è obbligato a presentarsi.
Da giorni circolava la voce che il comico avesse già dato la benedizione al patto tra M5S e Lega
Ha aspettato che fosse chiusa la partita delle presidenze delle camere, e fosse assicurata l’elezione del suo pupillo Roberto Fico a Montecitorio, prima di consacrare Salvini come probabile alleato di governo.
(da “La Stampa”)
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Marzo 25th, 2018 Riccardo Fucile
COME FUNZIONA, I COSTI REALI E LE COPERTURE POCO CREDIBILI
Il reddito di cittadinanza è stato certamente uno degli aspetti fondamentali per la vittoria del Movimento 5 Stelle alle elezioni politiche del 2018, con le quali i pentastellati si sono affermati come primo partito in Italia.
Probabilmente però ancora oggi ci sono persone che non hanno capito cos’è e come funziona il reddito di cittadinanza; come raccontato da La Gazzetta del Mezzogiorno, infatti, molte persone nel Sud Italia – specialmente in Puglia – si sono presentate ai CAF locali chiedendo il modulo per la richiesta del reddito di cittadinanza.
Allorchè gli operatori hanno dovuto spiegare loro che il reddito di cittadinanza, al momento, è solamente una proposta fatta in campagna elettorale e che non è detto che si realizzi.
L’unico sostegno per la povertà che si può richiedere attualmente, infatti, è il REI 2018, il reddito di inclusione introdotto dall’ultimo Governo di Centrosinistra.
Per il reddito di cittadinanza, invece, ci sarà ancora molto da attendere; ad oggi, infatti, non sappiamo neppure se Luigi Di Maio, leader del Movimento 5 Stelle, otterrà dal Presidente della Repubblica Mattarella l’incarico di formare un nuovo Governo.
Ma come funziona questo strumento in grado di attrarre buona parte dell’elettorato scontento dalle politiche degli ultimi anni? Scopriamolo di seguito.
Cos’è il reddito di cittadinanza?
Il reddito di cittadinanza non è altro che uno strumento di sostegno economico rivolto alle famiglie con un reddito inferiore alla soglia di povertà .
A queste famiglie, quindi, il reddito percepito verrà integrato di una certa somma fino ad arrivare ad una determinata soglia, variabile a seconda della composizione del nucleo familiare. Lo stesso vale per i pensionati; questi infatti dovranno percepire più dell’attuale pensione minima e di conseguenza l’importo mensile verrà integrato fino a quando l’assegno non supererà la soglia di povertà indicata dall’ISTAT. Per maggiori informazioni in merito potete consultare la nostra guida sulla pensione di cittadinanza.
Di reddito di cittadinanza se ne parla dal lontano 18esimo secolo; un reddito uguale per tutti, non soggetto ad alcuna condizione. In Italia se ne è cominciato a discutere con l’ascesa politica del Movimento 5 Stelle che lo ha presentato nel proprio programma elettorale del 2013.
In realtà c’è da dire che quello del Movimento 5 Stelle è un progetto che non presenta le caratteristiche del reddito di cittadinanza, poichè è più affine a quello del reddito minimo garantito.
Infatti, nella concezione del M5S questa misura è utile per garantire un sostegno economico ai soggetti che vivono al di sotto della soglia di povertà . Il reddito di cittadinanza, invece, dovrebbe essere garantito indistintamente a tutti i cittadini, anche quelli appartenenti alle fasce più alte. Ecco perchè è più corretto parlare di reddito minimo garantito
Gli importi
Come anticipato, è l’ISTAT a stabilire una soglia di reddito sotto la quale qualunque cittadino si trova in una situazione di povertà . L’attuale soglia è di 780€, importo del reddito di cittadinanza promesso dal Movimento 5 Stelle.
Questo importo naturalmente varia a seconda della situazione economica dell’interessato; ad esempio, chi ha reddito pari a 0 percepirà l’assegno nella misura piena, mentre chi ha uno stipendio di 400€ al mese ne riceverà solamente un’integrazione pari a 380€.
Questo importo, inoltre, aumenta per i nuclei familiari con più componenti, dove ci sono anche dei figli. Come confermato da Di Maio in campagna elettorale, infatti, il Movimento 5 Stelle darà 1.630 euro alle famiglie in difficoltà , con almeno due figli a carico, dove nessuno dei genitori ha un lavoro.
Ecco nel dettaglio gli importi previsti dal provvedimento depositato nel 2013 dal Movimento 5 Stelle:
2 componenti (genitore solo): 1.014€;
2 componenti: 1.170€;
3 componenti (genitore solo): 1.248€;
3 componenti: 1.404€;
4 componenti (genitore solo): 1.482€;
4 componenti: 1.638€
5 componenti (genitore solo): 1.716€;
5 componenti: 1.872€.
Requisiti
Chiarito l’aspetto linguistico, è importante capire a chi sarebbe destinato il supporto economico, quali sono i requisiti per accedervi.
Come si legge nella proposta di legge, hanno diritto a richiedere e percepire il reddito di cittadinanza tutti i soggetti che alla data di entrata in vigore della presente legge
hanno compiuto 18 anni;
sono residenti sul territorio nazionale;
percepiscono un reddito netto inferiore ai 7.200€ annui
Un contributo per i cittadini italiani, ma anche per gli stranieri purchè
risiedono sul territorio italiano da almeno 2 anni;
nell’ultimo biennio hanno lavorato in Italia per almeno 1000 ore
titolari di un reddito netto pari o superiore a 6000 euro complessivi percepiti nei due anni precedenti a quello della fruizione dei benefici di cui alla presente legge.
I 780 euro mensili (9.360€ l’anno) del reddito di cittadinanza, in sostanza, andrebbero versati integralmente ai soli disoccupati; coloro invece, che pur avendo un reddito, si trovassero al di sotto della soglia dei 780 euro avrebbero diritto alla somma necessaria al raggiungimento di tale soglia.
Così come il REI 2018, anche per beneficiare del reddito di cittadinanza bisogna partecipare ad un piano di reinserimento nel mondo del lavoro. Nel dettaglio, la proposta del Movimento 5 Stelle prevede che i beneficiari si iscrivano ai centri per l’impiego; questi inoltre dovranno dimostrare che passano almeno due ore al giorno per la ricerca di un lavoro. Per aumentare le possibilità di trovare un impiego stabile ci saranno dei corsi di qualifica professionale da frequentare.
Allo stesso tempo bisognerà offrire la propria disponibilità per la partecipazione a progetti utili alla collettività , per un totale di 8 ore a settimana.
Inoltre è molto importante che il beneficiario del reddito di cittadinanza accetti uno dei primi tre lavori che gli vengono offerti, pena la perdita del beneficio.
Coperture finanziarie e critiche
Per ciò che concerne le coperture finanziarie atte al sostenimento della proposta, secondo i calcoli del M5S, il reddito di cittadinanza costerebbe allo Stato circa 20 miliardi l’anno.
Da più parti, tuttavia, sorgono dubbi sui calcoli pubblicati dai pentastellati e sulla reale capacità di trovare le giuste coperture per sostenere un progetto simile.
Altro appunto critico sollevato dai detrattori della proposta di legge riguarda il disincentivo al lavoro che il reddito di cittadinanza potrebbe favorire.
Per allontanare questo pericolo, il testo redatto dal M5S prevede le seguenti misure.
Il beneficiario in età non pensionabile ed abile al lavoro o qualora disabile in relazione alle proprie capacità , perde il diritto all’erogazione del reddito di cittadinanza al verificarsi di una delle seguenti condizioni:
non ottempera agli obblighi di cui all’articolo 11 della presente legge (“fornire disponibilità al lavoro presso i centri per l’impiego territorialmente competenti e
accreditarsi sul sistema informatico nazionale per l’impiego”);
sostiene più di tre colloqui di selezione con palese volontà di ottenere esito negativo, accertata e dichiarata dal responsabile del centro per l’impiego;
rifiuta nell’arco di tempo riferito al periodo di disoccupazione, più di tre proposte di impiego ritenute congrue ai sensi del comma seguente, ottenute grazie ai colloqui avvenuti tramite il centro per l’impiego o le strutture preposte di cui agli articoli 5 e 10;
qualora a seguito di impiego o reimpiego receda senza giusta causa dal contratto di lavoro, per due volte nel corso dell’anno solare
È economicamente realizzabile?
Visto che allo stato attuale il Reddito di Cittadinanza andrebbe a interessare 9 milioni di italiani, l’ISTAT ha stimato in 16,9 miliardi l’anno i costi necessari mentre l’INPS ha parlato invece di 30 miliardi.
Quasi a fare la media, il Movimento 5 Stelle nel presentare il suo provvedimento ha parlato di 20 miliardi per poter far funzionare il Reddito di Cittadinanza. Vediamo allora come hanno pensato di trovare questa cospicua somma.
Riduzione detrazioni Irpef (5,3 miliardi)
Divieto di cumulo pensionistico tra redditi autonomi e redditi da lavoro dipendente, la riduzione dei costi degli organi costituzionali ed il taglio ai dividendi di Banca d’Italia (5 miliardi)
Centralizzazione degli acquisti (2,5 miliardi)
Tassazioni banche e assicurazioni (2 miliardi)
Tassazioni sulle trivellazioni (1,5 miliardi)
Fondo per il sostegno alla povertà (1,5 miliardi)
Tassazione sul gioco d’azzardo (1 miliardo)
Riduzione indennità parlamentari (60 milioni)
Soppressione enti inutili (500 milioni)
Taglio auto blu (400 milioni)
Taglio ai finanziamenti ai partiti (20 milioni
Taglio finanziamento all’editoria (23 milioni)
Concessioni autostradali (140 milioni)
Riduzione pensioni d’oro (150 milioni)
Taglio del 50% dei vitalizi (150 milioni)
Riduzione affitti d’oro (250 milioni)
Eliminazioni contributi statali per le intercettazioni (29 milioni
Il totale di tutte queste voci porta a un tesoretto da 20,5 miliardi che potrebbero così finanziare il Reddito di Cittadinanza. Scorrendo però i vari punti, sono diversi i dubbi che sorgono spontanei.
In sostanza si tratterebbe di 13 miliardi di tasse e di 7 miliardi di tagli, con un aumento della pressione fiscale stimabile all’1%. Le voci più sostanziose poi andrebbero incontro a problematiche di vario tipo
I tagli alle detrazioni Irpef soprattutto per i redditi superiori ai 90.000 euro, è una misura che spesso si è tentato di applicare. Il governo Letta riuscì a portare in cassa 2 miliardi, il Movimento 5 Stelle conta a quasi triplicare quella cifra. Impresa difficile.
Il divieto di cumulo delle pensioni potrebbe incontrare delle problematiche legali, mentre il risparmiare 2,5 miliardi tagliando la spesa per l’acquisto di beni e servizi è anche questa un’impresa spesso provata in precedenza però mai riuscita a fondo.
Appaiono poco realizzabili anche l’aumento delle tasse sulle trivellazioni, sul gioco d’azzardo, sulle banche e assicurazioni oltre che i tagli alle auto blu e alla soppressione degli enti inutili: difficilmente si potrebbero portare in cassa le somme stimate dal piano dei 5 Stelle.
Molto più fattibili sono i vari tagli ai costi alla politica oppure ai finanziamenti dei partiti o all’editoria. Il problema è che tutta questa serie di voci danno nel loro insieme una parte minoritaria del totale del gettito ipotizzato.
In pratica, non è impossibile trovare i 20,5 miliardi necessari per rendere attuativo il Reddito di Cittadinanza, ma le voci più cospicue tra quelle ipotizzate tra le entrate potrebbero essere di difficile attuazione.
Il rischio è che si potrebbe ripresentarsi una situazione simile a quella che si è venuta a creare a Roma. Pochi giorni fa infatti la sindaca pentastellata Virginia Raggi ha chiesto allo Stato 1,8 miliardi allo Stato per affrontare la questione delle periferie.
Il problema è che in campagna elettorale la Raggi aveva promesso 1,2 miliardi di tagli agli sprechi, mentre ora dopo un anno batte cassa visto che con ogni probabilità di sforbiciate ce ne sono state molto poche.
Alla fine quindi il progetto del Movimento 5 Stelle non appare necessitare di costi fuori dalla portata, solo che le soluzioni pensate per trovare questi soldi potrebbero non essere idonee e di difficile realizzazione, con l’intero progetto che quindi potrebbe rischiare poi di naufragare.
(da “Money”)
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Marzo 25th, 2018 Riccardo Fucile
A “MEZZ’ORA IN PIU'” IL DIRETTORE DEL “FATTO” RINCARA LE CRITICHE: “CASELLATI QUINTESSENZA DELLA CASTA, NON POTREBBE FARE NEANCHE L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO”
“Elisabetta Casellati è la quintessenza della Casta che Lega e Movimento 5 stelle volevano cancellare”. Lo ha detto Marco Travaglio intervistato da Lucia Annunziata a Mezz’ora in più su RaiTre parlando dell’elezione della senatrice di Forza Italia alla seconda carica dello Stato.
“Fosse per me – ha continuato Travaglio – la Casellati non farebbe nemmeno l’amministratore di condominio. Casellati è in assoluto impresentabile, ma forse in Forza Italia è una delle meno impresentabili”.
Commentando poi l’accordo che ha fatto eleggere Casellati al vertice di Palazzo Madama e Roberto Fico a presidente della Camera, il direttore del Fatto Quotidiano ha detto: “Non sappiamo se quello che abbiamo visto ieri è inciucio o no, lo è se nasconde contropartite per il governo”.
Il giornalista ha continuato: “Reddito di cittadinanza e flat tax sono misure costosissime, le due cose non stanno insieme, quindi è incompatibile un governo tra Lega e 5 stelle”.
Sulla situazione del Partito democratico, Travaglio ha affermato: “Il Pd si è estinto, è rinchiuso nel freezer di Renzi”.
(da agenzie)
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Marzo 25th, 2018 Riccardo Fucile
UN’ITALIA CHE BRUCIA DI INVIDIA VERSO CHI HA DI PIU’ E CHE RESTA INDIFFERENTE VERSO CHI HA DI MENO: A QUESTO VI SIETE RIDOTTI
Una cosa voglio subito chiarirla: accostare la gioia radiosa di Chiara Ferragni e la gelida fine di Beauty, nigeriana abbandonata dalla gendarmeria francese alla stazione di Bardonecchia nonostante gravidanza avanzata e malattia terminale, mi fa orrore.
Non ci sono colpe per una vita gonfia di fortune, non c’è stata fortuna per una donna gonfia di vita.
Sono storie semplicemente distanti che non c’entrano tra loro ma c’entrano con noi perchè dicono chi siamo, oggi.
Parlano di me, che nelle prime righe di questo post non ho sentito l’esigenza di specificare chi fosse Chiara Ferragni mentre ho inserito un lungo inciso per chiarire di Beauty.
Parlano di noi e ci dicono di un’Italia che fa di tutto per abbruttirsi.
Faccio un discorso qualunquista che però a me pare innegabile: centinaia di critiche alla Ferragni, silenzio distratto per Beauty.
E l’umanità ?
Siamo tutti figli di una madre, eppure sembra così difficile sorridere, semplicemente sorridere, per i primi passi di una nuova famiglia che liberamente sceglie come viversi. Esaltazione, commenti, sarcasmo, insulti: basterebbero delle congratulazioni, come per chiunque.
Siamo tutti figli di una madre, eppure poco ci interessa una donna morta nella maniera peggiore: distante da casa, respinta, malata, spenta appena prima di poter sentire la pelle di suo figlio.
Un Paese civile direbbe “auguri Chiara, mai più Beauty”.
Invece diciamo di tutto alla Ferragni, moniti saccenti su come dovrebbe comportarsi una giovane madre mentre ci dimentichiamo di una giovane madre.
A me quest’Italia sembra povera: brucia di invidia verso chi ha di più, resta sospettosa verso chi ha di meno.
Un Paese con tanta rabbia e poco cuore
Chiedetevi cosa vi è successo.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 25th, 2018 Riccardo Fucile
A 15 ANNI TROVA LA FORZA DI DENUNCIARE LA RISORSA PADANA… SARA’ STATO PER LA FAMIGLIA TRADIZIONALE
A 15 anni trova la forza di raccontare tutto.
Lo zio, tra il 2012 e il 2016, avrebbe abusato ripetutamente di lei quando aveva tra i 9 e i 12 anni, approfittando dei periodi in cui la ragazzina era in vacanza con lui. L’uomo, un autista di 43 anni, italiano e incensurato, è stato arrestato dai carabinieri di Treviglio, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emesso dal gip di Bergamo, Federica Gaudino.
L’uomo, padre di due bimbi piccoli, è accusato di atti sessuali con minorenni aggravati e continuati.
Approfittando dell’assenza della moglie o di altri familiari, l’uomo avrebbe abusato della nipotina, ripetendole di non dire niente a nessuno.
Con il passare degli anni, lo zio – che i carabinieri in una nota definiscono ‘orco’ – avrebbe anche offerto del denaro, in realtà pochi euro, alla nipotina, promettendole anche di acquistare dei beni per cercare così di accattivarsi la sua disponibilità .
(da agenzie)
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Marzo 25th, 2018 Riccardo Fucile
I MEET UP NON HANNO DIGERITO LA SVOLTA POLTRONISTA: PERSA LA VERGINITA’ POLITICA… DEPUTATI INONDATI DI MAIL DI PROTESTA
«Abbiamo sostenuto un accordo istituzionale con Salvini, evitando l’elezione al Senato del condannato Paolo Romani, e alla Camera abbiamo riportato una grande vittoria».
Nelle prime parole di Danilo Toninelli, capogruppo dei senatori M5S, scompare qualunque riferimento a Silvio Berlusconi e alla nuova presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, fondatrice di Forza Italia e corifera del Lodo Alfano, votata in massa da tutti i senatori grillini.
L’imbarazzo è evidente. La verginità politica, persa per sempre.
Sembra quasi che sia intervenuto un meccanismo di rimozione tra i senatori pentastellati.
Gli attacchi di un tempo contro l’«inciucio» tra Pd e Fi si sono trasformati in una difesa accorata dell’«accordo istituzionale».
Mentre il disagio per aver sostenuto la berlusconiana Casellati viene nascosto, guardando insistentemente in direzione di Montecitorio, ripetendo come un mantra quale «grande vittoria» sia stata l’elezione a presidente dell’aula di Roberto Fico. Tanto che l’unico modo per Toninelli di citare la nuova presidente del Senato diventa: «Per noi, votare Casellati significava votare Fico». «Ma non è stato un patto con il diavolo», puntualizza il collega Andrea Cioffi che ha raggiunto il suo capogruppo e si aggiunge alla conversazione con i cronisti.
«La prima qualità che mi viene in mente della Casellati?»: Toninelli e Cioffi ci pensano un po’ ma niente da fare, cala il silenzio. I due decidono quindi di allontanarsi. Cioffi, però, poco dopo torna sui suoi passi: «Sono entusiasta dell’elezione della Casellati». Eppure, una buona ragione per preferirla a Romani, il senatore M5S ancora non la trova.
D’altronde, la nascita del Movimento 5 stelle è dovuta in parte alla lotta contro quel berlusconismo di cui Casellati può definirsi paladina.
Beppe Grillo, nel 2009, aveva anche condotto una battaglia contro il Lodo Alfano, nato quando il sottosegretario alla Giustizia era proprio la nuova presidente del Senato.
Il comico genovese aveva persino inviato cinque domande all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiedendo, in sostanza, il motivo della sua firma del Lodo Alfano, «che consente l’impunità a Silvio Berlusconi nel processo Mills». E in coda, l’invito rivolto a tutti gli italiani a inoltrare quelle domande al sito del Quirinale.
Oggi, invece, ad essere intasate sono le caselle di posta dei parlamentari grillini. Inondati dalle mail degli attivisti e dei meet up che li pregano, li interrogano, li insultano per l’accordo raggiunto con il centrodestra.
«Da Lecce gli attivisti ci hanno inondato di mail chiedendoci di non fare questo accordo», racconta Veronica Giannone, giovane deputata pugliese del Movimento 5 stelle, che con una scrollata di spalle ammette le contraddizioni del voto al Senato.
Ma al sentire la parola «inciucio» urla un «no» terrorizzato.
«Patto del Nazareno in salsa grillina», le dicono, e Giannone sembra sul punto di svenire. È un macigno sulle spalle dei grillini meno navigati, l’accordo raggiunto tra Luigi Di Maio e il centrodestra.
E sono i meet up del Sud Italia quelli più inferociti. Quegli stessi elettori che hanno trascinato il Movimento alla vittoria nelle urne, e che ora chiedono sulle pagine social dei parlamentari M5S eletti di tornare indietro, di non andare oltre, di non prenderli in giro.
Daniele Pesco, deputato del M5S alla sua seconda legislatura, senza volerlo taglia però la testa ad ogni preoccupazione della base: «Capisco l’imbarazzo, ma questa è la politica».
(da “La Stampa“)
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Marzo 25th, 2018 Riccardo Fucile
“FINITA LA COLLABORAZIONE ISTITUZIONALE, RIFORME SOCIALI CON IL PD”
“Conviene sia a Salvini che a Di Maio chiudere qui questa collaborazione istituzionale. Se facessero un governo insieme, i 5 stelle sarebbero linciati sulla pubblica piazza. Luigi Di Maio diventerebbe l’uomo più scortato d’Italia. E poi hanno due programmi costosi e incompatibili: non si può pensare di realizzare contemporaneamente la flat tax e il reddito di cittadinanza”.
Lo dice il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, intervistato da La Stampa.
A suo avviso l’accordo sarebbe ‘indigeribile’ anche senza Berlusconi: “Il M5S ha una gran parte di elettori fuggiti dal Pd, che vedono Salvini come fumo negli occhi. Il M5S rischierebbe di perdere non solo voti, ma anche parlamentari eletti al Sud”.
Ma “se si ferma qui no”, cioè al voto su Casellati presidente del Senato: “gli elettori di Grillo, che sono visceralmente anti-berlusconiani, sanno distinguere una divisione di cariche istituzionali da un eventuale accordo di governo. Non oso neppure immaginare Di Maio discutere di programma e ministri con la Lega”.
Crede ancora in un’intesa tra Pd e grillini?
“Se Renzi mantiene il controllo del Pd finirà per sostenere un governo di centrodestra. Se spuntasse fuori qualcuno in grado di capire le ragioni della sconfitta potrebbe invece mettere a punto un programma di riforma sociali da approvare col M5S”, conclude.
(da agenzie)
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