Destra di Popolo.net

SALVINI, INDAGATO PER SEQUESTRO DI PERSONA AGGRAVATO, FA LO SHOW DAL VIMINALE. IL PROSSIMO DA SAN VITTORE, LA SUA DESTINAZIONE FINALE

Settembre 7th, 2018 Riccardo Fucile

IL DELIRIO SOVRANISTA: “IO ELETTO, I GIUDICI NO”… COME SE LE GALERE NON FOSSERO PIENE DI DELINQUENTI POLITICI… ASPETTIAMO LA DIRETTA FB DELLA SUA TRADUZIONE A SAN VITTORE

La procura di Palermo ha inviato gli atti dell’inchiesta su Matteo Salvini, per il blocco dei migranti a bordo della nave Diciotti, al tribunale dei ministri.
Il reato ipotizzato è quello di sequestro di persona aggravato, “commesso nel territorio siciliano fino al 25 agosto 2018 – informa una nota del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi – in pregiudizio di numerosi soggetti stranieri”.
Dell’avvio della procedura è stata data comunicazione al ministro Salvini, un ufficiale del Reparto operativo dei carabinieri di Palermo ha consegnato una busta al capo del Viminale, contenente una lettera del procuratore Lo Voi. “Notifica degli avvisi è stata fatta anche ai soggetti da ritenersi persone offese del reato ipotizzato – spiega ancora la nota del magistrato – come previsto dalle disposizioni della legge costituzionale numero 1 del 1989 e della legge numero 219 del 1989”.
La notizia, trapelata qualche minuto prima, la dà  Salvini alle 18 in diretta Facebook-
La notizia principale per il vicepremier è che organi dello Stato “non eletti” indagano un altro organo dello Stato “eletto dal popolo”. Su questa falsariga continua chiamando i suoi elettori “complici” delle sue azioni. Cita i suoi soliti “nemici” che si fregheranno le mani, tra cui Roberto Saviano, Gad Lerner, Matteo Renzi, Fiorella Mannoia. E conclude: “Mi dicono che rischio fino a 15 anni. Pazienza, mi verrete a trovare a San Vittore. Io non mollo di un millimetro”.
Dunque, dei quattro reati contestati dalla procura di Agrigento al responsabile del Viminale e al suo capo di gabinetto Matteo Piantedosi resta il sequestro di persona, cadono il sequestro di persona a scopo di coazione (l’ipotesi più grave), l’abuso d’ufficio e l’omissione di atti d’ufficio.
La procura di Palermo ha ritenuto inoltre di non dover indagare il prefetto Piantedosi.
In serata l’Anm scrive una nota: “Le dichiarazioni di oggi del Ministro dell’Interno, intervenute dopo la notifica degli atti da parte della Procura di Palermo in merito alla vicenda della nave Diciotti, rappresentano un chiaro stravolgimento dei principi costituzionali, che assegnano alla magistratura il compito e il dovere di svolgere indagini ed accertamenti nei confronti di tutti, anche nei confronti di chi è titolare di cariche elettive o istituzionali”.
Anche il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Giovanni Legnini esprime “forte preoccupazione” per il contenuto delle dichiarazioni di Salvini. “Si tratta di espressioni   – continua il vice di Sergio Mattarella nel Csm – che, anche per le modalità  con le quali sono state rese, risultano lesive del prestigio e dell’indipendenza dell’ordine giudiziario e si pongono in contrasto con il doveroso rispetto delle prerogative che si deve a ciascuno dei poteri dello Stato”.
Bacchetta poi apertamente il vicepremier: “Chi rappresenta le Istituzioni, tanto più se a un livello così elevato, ha il dovere di rispettare la legge e la Costituzione, al pari di qualunque altro cittadino”. E conclude: “I giudici sono legittimati dalla Costituzione, non dal voto”.
Ma ad attaccare è anche il Pd, per bocca dell’ex premier Matteo Renzi, che su Facebook scrive: “Le dichiarazioni del ministro dell’interno Salvini sono farneticanti. Come al solito mi tira in ballo e cerca di fare la vittima ma l’idea che chi è stato eletto parlamentare o siede al Governo possa violare tranquillamente la legge è aberrante”.
“E attenzione: Salvini butta tutto sulla questione immigrazione per un preciso calcolo politico. Lui sa che la Lega deve restituire 49 milioni. Sa che c’è una sentenza. E sa che gli italiani non perdonano chi ruba i propri soldi. Quindi prova a diventare un martire e cerca lo scontro coi magistrati siciliani. Che vergogna!”.
“Il punto è che Salvini – scrive ancora Renzi- è dentro fino al collo alla vicenda dei 49 milioni rubati dalla Lega. E pur di non parlarne porta lo scontro istituzionale al massimo livello. Quanto dovremo aspettare per avere dichiarazioni di sdegno del Premier e del Guardasigilli? C’è solo un messaggio da ripetere fino alla noia: Salvini restituisci i soldi che la Lega ha rubato agli italiani. Tutto il resto è solo un vile tentativo di screditare le istituzioni e di prendere in giro gli italiani”.
Dopo ore di silenzio, tra i Cinquestelle si affaccia una prima reazione alle parole di Matteo Salvini contro i magistrati siciliani che gli contestano l’accusa di sequestro di persona aggravato per il caso della nave Diciotti, a intervenire su Radio Uno Rai, è proprio il responsabile della Giustizia Alfonso Bonafede: “Il ministro dell’Interno può ritenere che un magistrato sbagli ma rievocare toghe di destra e di sinistra è fuori dal tempo. Non credo che Salvini abbia nostalgia di quando la Lega governava con Berlusconi. Chi sta scrivendo il cambiamento non può pensare di far ritornare l’Italia nella Seconda Repubblica”.

(da agenzie)

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“POSSONO ANDARE DOVE VOGLIONO”: IDENTIFICATI E RILASCIATI I SEDICI ERITREI DELLA DICIOTTI, MALUMORE NELLA POLIZIA PER LA INUTILE PROVOCAZIONE DELLA DIGOS (IMBECCATA DA CHI?)

Settembre 7th, 2018 Riccardo Fucile

L’UFFICIO STRANIERI DELLA QUESTURA: “SONO TUTTI ERITREI E PER LORO E’ AUTOMATICO LO STATUS DI RIFUGIATI POLITICI”

Identificati (di nuovo) e poi rilasciati. Nessun fermo di polizia, nessuna espulsione. “Possono andare dove vogliono”. –
Sono in 16, tutti di nazionalità  eritrea, e hanno passato la mattinata alla Divisione Stranieri della Questura di Roma per essere identificati, in quanto “tutti sprovvisti di documento”. Con loro anche un siriano.
Si tratta di alcuni dei migranti sbarcati a fine agosto a Catania dalla nave della guardia costiera Diciotti, al termine di un tira e molla infinito con il Viminale, e poi “fuggiti” dal centro di accoglienza di Rocca di Papa al quale erano stati assegnati.
Questa mattina la Digos di Roma aveva compiuto un blitz al centro Baobab Experience di via Tiburtina — punto di sosta informale da anni riferimento dei migranti eritrei che aspettano di ripartire verso il Nord Europa — e, più o meno a colpo sicuro, li ha fermati e portati negli uffici di via Teofilo Patini, il tutto senza alcuna resistenza da parte dei ragazzi.
I migranti erano già  stati identificati a bordo della nave Diciotti durante la lunga sosta nel porto di Catania e l’ufficio immigrazione ha ripreso le impronte digitali e sottoposto all’esame dei tratti somatici per confrontarli con i dati già  in possesso.
L’operazione era stata denunciata dai volontari del centro Baobab, che hanno assistito all’arrivo della Polizia mentre i migranti si stavano sottoponendo a visite mediche da parte del personale di Medici Senza Frontiere.
Più volte contattata la Questura di Roma, non è stato possibile ottenere spiegazioni ufficiali sulle motivazioni dell’operazione, salutata con favore dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini
Resta il fatto, a quanto viene spiegato da fonti interne alla Divisione Stranieri, che la certificata nazionalità  eritrea permette ai migranti di essere automaticamente “rifugiati politici” e dunque di poter circolare liberamente, specie dopo aver mostrato l’intenzione (concreta) di andare via dall’Italia.
“Non si tratta di prigionieri o di fuggitivi, ma di persone già  identificate e fotosegnalate al momento dello sbarco. E’ stato un inutile spot”, ha commentato Andrea Costa, uno dei responsabili del Baobab.
“Torneranno da noi — prevede — come il 90 per cento dei migranti considerano l’Italia soltanto una tappa del loro viaggio, vogliono proseguire verso altre mete. Non hanno intenzione di chiedere asilo, cercano Paesi più’ accoglienti. E visto quello che succede e il clima che si respira è davvero difficile dargli torto”.
L’operazione di stamane è stata salutata con parecchio fastidio anche da parte di alcuni sindacati della Polizia di Stato.
“I colleghi della Digos — spiega il sindacalista Filippo Bertolami — sono stati costretti a compiere un’operazione inutile e assolutamente speculare alle identificazioni di Catania. Eppure bastava dotare i migranti di un foglio con l’indicazione fotografica”. “Sarebbe bastata — conclude Bertolami — una ragionevole operazione di intelligence: in questo modo, invece, stiamo solo trattenendo in Italia gente che se ne vuole andare, mettendo in difficoltà  le forze dell’ordine”.
Vale la pena ricordare che la gran parte dei migranti che si trovavano sulla nave Diciotti proviene dall’Eritrea. I dati dicono che moltissimi eritrei che sbarcano in Italia non rimangono qui, come ricordava due giorni fa anche il direttore della Caritas Francesco Soddu, ma cercano di andare in altri Paesi come Svizzera, Germania, Olanda.
In Eritrea da 25 anni governa un regime dittatoriale guidato da Isaias Afewerki, condannato nel 2015 dall’Onu per crimini contro l’umanità  proprio per la sua politica interna repressiva.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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LECCE, VOTI IN CAMBIO DI CASE: INDAGATO IL SENATORE DELLA LEGA ROBERTO MARTI

Settembre 7th, 2018 Riccardo Fucile

IL REATO E’ ABUSO D’UFFICIO E FALSO IDEOLOGICO

Compare anche il nome del senatore leccese della Lega Roberto Marti tra i 34 indagati nell’ambito dell’inchiesta sui voti elettorali ottenuti in cambio di case popolari che oggi ha portato a Lecce all’arresto di ex amministratori comunali, di consiglieri comunali, alcuni dei quali ancora in carica, e di dirigenti del Comune.
Marti, dal 2004 al 2010, è stato assessore a Lecce ai Servizi sociali, ai progetti mirati e alle pari opportunità . I reati contestati sono abuso d’ufficio e falso ideologico.
I finanzieri del Comando Provinciale di Lecce, al termine di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 9 persone (di cui due in carcere, cinque agli arresti domiciliari e due con obblighi di dimora), indagati a vario titolo per reati di associazione a delinquere, peculato, corruzione, corruzione elettorale, abuso d’ufficio, falso, occupazione abusiva, violenza privata e lesioni.
L’ordinanza, che ha interessato, tra gli altri, amministratori pubblici pro-tempore e dipendenti della amministrazione comunale, è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Giovanni Gallo, in seguito a richiesta avanzata dalla Procura nel mese di dicembre dello scorso anno nell’ambito di indagini svolte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Lecce.
Secondo l’ipotesi di reato formulata dai magistrati, è stata accertata l’assegnazione indebita di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica in favore di persone non collocati in graduatoria in posizione utile, l’occupazione abusiva di alloggi resisi disponibili per l’assegnazione nonchè l’accesso illegittimo a forme di sanatoria di cui alla Legge Regionale 10 del 2014 concesse in assenza dei requisiti richiesti.
Si tratta di comportamenti che al momento non vedono coinvolti ulteriori soggetti oltre a quelli colpiti dalla misura cautelare di oggi. Secondo i magistrati la finalità  era quella di acquisire consenso elettorale dei potenziali beneficiari dei pubblici alloggi. Su ordine della Procura della Repubblica sono stati, inoltre, notificati 34 avvisi di garanzia nei confronti di altrettanti indagati per analoghe ipotesi di reato.

(da “NextQuotidiano”)

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A ROMA C’E’ UNA BARZELLETTA VIVENTE, IL CAPOGRUPPO M5S PAOLO FERRARA

Settembre 7th, 2018 Riccardo Fucile

IN RISPOSTA AL NYT CHE AVEVA PARLATO DI SPORCIZIA E GABBBIANI A ROMA LUI REPLICA: “PENSATE ALLA VOSTRA SPORCIZIA” E PUBBLICA UNA FOTO…MA SI SBAGLIA E PUBBLICA UNA FOTO DI ROMA SPORCA

Si diceva nel grandissimo film Amici Miei: Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità  d’esecuzione. Bellissimo.
Tutte qualità  che tal Paolo Ferrara, per disgrazia Capitale, diventato capogruppo M5s in Campidoglio a fare da guardia alla surreale giunta presieduta da Virginia Gerundio Raggi (facendo, pensando, intervenendo, lavorando, lanzalonando) presumibilmente non ha mai avuto se non al negativo
Talchè il genio (anzi il ‘genio’) si è perfino messo a polemizzare con il New York Times che aveva descritto con toni poco lusinghieri la Roma grillina invasa immondizia e gabbiani
E cosa ha fatto? Ha postato una foto che dimostrasse l’immondizia di New York. Peccato che la foto fosse di Roma.
Aveva detto l’impavido Ferrara: Il @nytimes piuttosto che parlare degli uccelli di Roma concentri le energie sulla loro città  dove ci sono gabbiani grandi come condor che fanno colazione direttamente da Mac Donald’s. Si mettano l’anima in pace e non si facciano prendere dall’invidia per le bellezze di Roma.
Subito è cominciato il massacro digitale: – MA è scattata a Roma!!! E c’è la conferma, è in vendita su http://www.alamy.com   HAHAHAHAHAH che cazzo di coglioni che siete !!!!!!!!!
– Il #M5S è incredibile!! Che spettacolo!! Io vivo a Roma. Ma dimmi un po’. A me sembra la gradinata della Chiesa di San Bartolomeo. Non mi sbaglio.
– Non sapevo che al “Mac” Donald’s avessero le bottiglie di vetro. Ma non ti eri autosospeso?
– Quindi mi stai dicendo che è un cialtrone bugiardo fino al midollo che spaccia foto di Ny con foto di Roma ed inganna i cittadini??? #doppiamorale
– Quindi a Lei #Roma piace così?Sporca ed inefficiente?Ciò che scrive @nytimes è quotidianamente sotto i ns occhi. Invece di cercare, senza successo, di fare il Cinegiornale Luce sulle bellezze di Roma e le schifezze altrui non sarebbe meglio darsi, concretamented a fare? #romafaschifo
– Addò l’hai rubata sta foto? Le famose banane del MAC Donald, le famose bottiglie di vetro, le famose forchette, ahah, a CAZZARO! Ormai il vostro modello è Pulcinella. #M5S
– Avete trasformato in due anni una città  già  in difficoltà  in un inferno in terra, spazzatura ovunque, bancarelle sciatte, abusivi, verde pubblico abbandonato, sosta selvaggia triplicata, Degrado in ogni singolo quartiere, centro storico devastato, periferie peggio, almeno taci
– FakeNews come solo il M5S sa fare. La foto è scattata a Roma e il ristorante non è un Mac Donald’s

(da “NextQuotidiano”)

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TOTI PROPONE LA FUSIONE TRA FORZA ITALIA E FRATELLI D’ITALIA ALLE EUROPEE, LA MELONI DICE NO

Settembre 7th, 2018 Riccardo Fucile

IL FORZISTA MULE’ PRENDE LE DISTANZE DA TOTI, INCOGNITE SUI RAPPORTI TRA AZZURRI E LEGA

Acque sempre più agitate nel centrodestra.
L’ascesa della Lega nei sondaggi e le ipotesi di un nuovo contenitore politico del Carroccio – anche per evitare le pendenze legate al sequestro dei fondi – hanno messo in agitazione tutta un’area politica.
Ieri Silvio Berlusconi è dovuto intervenire per smentire l’ipotesi di un partito unico con Salvini, che d’altra parte oggi suonerebbe più che altro come un’annessione da parte leghista.
Di sicuro a frenare è il presidente dell’Europarlamento e numero due del partito, Antonio Tajani.
Mentre il governatore ligure, Giovanni Toti, in un’intervista alla Stampa oggi esce allo scoperto proponendo a Fratelli d’Italia di   dar vita a una “seconda gamba” formata da Fi-Fdi e cattolici per correre uniti alle prossime europee.
Se non è possibile fare un partito unico con la Lega, il governatore ligure immagina un’alternativa e lancia l’idea di fondere il partito azzurro con quello di Meloni e puntare all’elettorato moderato per creare un nuovo soggetto politico da affiancare al Carroccio salviniano.
“Se la Lega in questo momento non vuole o non se la sente di rinunciare al suo nome e alla collaborazione con i Cinquestelle – dice il presidente della Regione Liguria – allora bisognerà  mettere in piedi qualcos’altro. Un qualcosa che già  prepari il terreno per il futuro governo comune non appena, spero tra non troppo tempo, ne matureranno le condizioni”. Insomma, nell’attesa di una rottura Lega-5 Stelle.
Ma la risposta di Meloni è gelida: “Escludo una fusione tra Fratelli d’Italia e Forza Italia. Le fusioni a freddo tra partiti diversi sono già  fallite, non ha alcun senso”, dice. “Noi lavoriamo per far crescere il nostro partito   e lo facciamo per una rifondazione della coalizione di centrodestra”, e poi “con Fi ci sono posizioni distanti su alcuni temi, come l’Europa e la sovranità  nazionale. Lavoriamo per un nuovo centrodestra che, con la Lega di Salvini, ci porti a governare senza bisogno dei 5stelle o del Pd”, spiega infine Meloni. Che certo guarda più a Salvini che al partito di Berlusconi. Tanto che più volte è circolata l’ipotesi di un allargamento a Fratelli d’Italia della maggioranza (che però spaventa i 5 Stelle).
A prendere le distanze da Toti è anche il portavoce unico forzista, Giorgio Mulè: “Cimentarsi nel Piccolo chimico della politica non è esattamente la priorità  di questo tempo per un solo motivo: Forza Italia è viva e vegeta e ha ben chiaro qual è il suo futuro. Il suo futuro – sostiene il deputato forzista – è rappresentare i moderati e riportarli al governo al più presto”.
Sul futuro dell’asse Forza Italia-Lega d’altra parte pesano molte incognite: il nome di Marcello Foa come presidente della Rai, le alleanze per le future regionali, la questione dei fondi della Lega, esposti a sequestro.

(da agenzie)

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PERCHE’ IL CASO CONTE-CONCORSO PER LA CATTEDRA ALLA SAPIENZA E’ MOLTO PIU’ DI UNA GAFFE UNIVERSITARIA

Settembre 7th, 2018 Riccardo Fucile

DALLA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA EMERGE CHE CONTE HA FATTO IL FURBETTO

Giuseppe Conte ha interesse a trasferirsi a Roma perchè lì svolge la sua attività  professionale di collaboratore dello Studio Alpa.
Il Dipartimento di Scienze Giuridiche della Sapienza (cui afferisce Guido Alpa, titolare dello studio e professore ordinario di Diritto privato, in pensione dal novembre 2017, che di Conte dice “è un allievo eccezionale”), inserisce nella “programmazione” (la lista delle posizioni vacanti per coprire le quali si chiederanno risorse al Rettore) un posto da professore ordinario “ex comma 4 dell’art. 18 della legge 2010/240”: in parole povere, si tratta di un concorso “riservato” agli esterni all’ateneo, cui gli interni non possono neanche partecipare.
Conte, che è già  professore ordinario di Diritto privato ma all’Università  di Firenze (esterno all’ateneo appunto), è un autorevole candidato alla vittoria finale.
— Si tratta di un concorso da professore ordinario a tutti gli effetti, che per l’ateneo ha il costo più elevato possibile: 1 “punto organico”. Il Punto Organico (di seguito PO) rappresenta il valore medio del costo di un Professore ordinario per la pubblica amministrazione, e funge da parametro di riferimento per graduare il costo delle altre qualifiche. Per esempio, un professore associato costa 0,7 PO, un ricercatore di tipo B costa 0,5 PO e uno di tipo A ne costa 0,4. In questi tempi di vacche magre, un PO è una piccola fortuna per qualsiasi dipartimento.
— A tale tipo di concorso possono partecipare tutti i professori associati in possesso dell’Abilitazione Scientifica Nazionale nel settore scientifico-disciplinare in questione (IUS/01, Diritto privato) o nei settori affini, e tutti i professori ordinari del settore, purchè non in servizio nel medesimo ateneo che ha bandito il posto.
Pertanto, Conte mente quando dichiara alla stampa che il suo era un semplice trasferimento (meno delicato, perchè alcuni tipi di “trasferimento” possono avvenire anche senza concorso e ai concorsi per trasferimento possono partecipare solo gli ordinari desiderosi di cambiare sede).   “Dichiarare che si trattava di un semplice “trasferimento” equivale ad ammettere, neanche troppo implicitamente, che il concorso era concepito proprio per Conte, a danno di tutti i professori associati potenzialmente candidati.”
— Nell’estate del 2017 il dipartimento ottiene le risorse economiche necessarie e nel gennaio 2018 bandisce la posizione. Conte, come previsto, presenta la domanda di partecipazione. Con Decreto Rettoriale del 17 maggio 2018, viene nominata la commissione giudicatrice del concorso (il decreto sarà  poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale il successivo 8 giugno).
— Il 1 giugno 2018 Conte diviene Presidente del Consiglio. La nomina pone il candidato Conte in una posizione di potere rispetto al Ministero dell’Istruzione Università  e Ricerca, all’ateneo che ha bandito il concorso (la Sapienza) e ai commissari che dovrebbero giudicarlo. Nessun commissario può giudicare serenamente un suo superiore: il conflitto di interessi è evidente. Conte mente una seconda volta nel negarlo.
— Il 1 agosto 2018 la commissione giudicatrice effettua la cosiddetta “riunione preliminare” (qui il verbale), nella quale stabilisce
1) Che non vi sono ragioni di incompatibilità  tra i commissari (non tra i commissari e i candidati, come ha scritto erroneamente Politico.eu).
2) Di riconvocarsi il 4 settembre per la valutazione di cv e pubblicazioni dei candidati.
3) Di fissare l’espletamento della prova di accertamento delle competenze linguistiche il 10 settembre (lunedì prossimo) nella Sala delle Lauree della Facoltà  di Giurisprudenza.-
— Evidentemente nessun membro della commissione, nè il dipartimento che ha bandito il concorso, sa che nel frattempo Conte è diventato Presidente del Consiglio (in effetti a volte non è semplice accorgersene), per cui anche la commissione, come l’ormai illustre candidato, omette di rilevare la possibilità  che sia sopraggiunto un conflitto di interessi (di nuovo: è difficile per un commissario giudicare serenamente un suo superiore), o quanto meno una macroscopica questione di opportunità .
— L’esclusione di Conte, del resto, potrebbe essere un piccolo disastro per il dipartimento. 1 punto organico (PO), dicevo, è una fortuna, ed evidentemente non lo si vuole “sprecare” per reclutare un candidato diverso da quello desiderato. Se infatti fosse vero che il dipartimento ha una preferenza per Conte, e se a vincere fosse un altro candidato, sarebbe poi necessario “chiamare” Conte in un secondo momento: cioè chiedere un ulteriore PO al rettore per bandire un nuovo concorso del tutto identico al precedente (stesso tipo, stesso settore scientifico-disciplinare), assai difficile da ottenere. I protagonisti della vicenda decidono quindi di fare finta di niente, nella speranza che nessuno si accorga della procedura e sollevi la questione del conflitto di interessi. Sembra la più tipica delle soluzioni italiche, quella dei “furbetti”, per usare un termine caro alla narrazione che il partito di Conte propone continuamente.
— Il 4 settembre la commissione giudicatrice si riunisce di nuovo e valuta cv e titoli dei candidati. Sul sito dell’ateneo non viene pubblicato l’elenco dei candidati che sosterranno la prova di accertamento dell’inglese. Quest’ultimo fatto non è sospetto come sembra. È probabile infatti che la commissione non abbia previsto di selezionare una “shortlist” di candidati migliori degli altri. La pubblicazione sarebbe tuttavia opportuna per fugare il dubbio che Conte sia l’unico candidato del concorso.
— Nella Facoltà  di Giurisprudenza il caso-Conte è noto da tempo e la riunione di martedì scorso (il 4 settembre) non passa inosservata. Si viene a sapere che il Presidente del Consiglio è ancora in corsa per il posto da ordinario nonostante il suo ruolo istituzionale abbia probabilmente generato un conflitto di interessi. Un collega di Giurisprudenza informa della situazione la giornalista Silvia Borelli di Politico.eu che, come suol dirsi, fa scoppiare il caso.
— Solo a questo punto, colto con le mani nella marmellata, Conte fa marcia indietro e promette che riconsidererà  la sua domanda di partecipazione al concorso (Repubblica). Poi afferma, contraddittoriamente, che aveva comunque preso già  un altro impegno nel giorno degli orali (il dentista? Un vertice europeo? Forse dovrebbe essere più preciso).
— Il caso si sgonfia, ma non dovrebbe. Dalla vicenda si deduce infatti che Conte si è comportato da furbetto. Niente di nuovo, per carità , abbiamo avuto ben di peggio alla presidenza del consiglio. Ma sul piano politico non si può non mettere in evidenza la grave contraddizione tra la propaganda e il comportamento dei 5 stelle.
Proprio in questi giorni i 5 stelle hanno annunciato misure draconiane (e anche un po’ orwelliane) per stanare i *potenziali* furbetti nella pubblica amministrazione, nonchè l’istituzione di un Osservatorio sui concorsi nell’università  (quello affidato alle Iene) per mettere alla berlina gli accademici *potenzialmente* furbetti (una gogna mediatica permanente per la casta dei professori universitari, in parole povere).
Eppure, gli stessi 5 stelle hanno espresso un Presidente del Consiglio che è un furbetto non potenziale bensì conclamato.

(da “NextQuotidiano“)

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LA RABBIA DEI TARANTINI SUL M5S PER L’ILVA: “SIETE ATTIVISTI CON IL ROLEX, DIMETTETEVI”

Settembre 7th, 2018 Riccardo Fucile

CENTINAIA DI COMMENTI E INSULTI SULLE PAGINE DEI DEPUTATI GRILLINI ELETTI A TARANTO PERCHE’ NEL PROGRAMMA C’ERA L’IMPEGNO DI CHIUDERE L’ILVA

Il governo che doveva chiudere l’Ilva ha chiuso — con poche modifiche — l’accordo preparato dall’ex ministro Carlo Calenda.
E così il giorno dopo l’annuncio della firma dell’accordo tra Arcelor-Mittal e sindacati sull’ILVA è quello delle reazioni del popolo pentastellato.
Soprattutto dei tarantini che si sono sentiti traditi dal MoVimento 5 Stelle che è arrivato al governo promettendo la chiusura dell’Ilva.
E così la gara che per Luigi Di Maio si può annullare ma è impossibile annullare alla fine è rimasta l’unica opzione sul tavolo. Perchè in questi mesi il ministro dello sviluppo economico è stato in grado di fare solo una cosa: perdere tempo.
Nel contratto del governo del cambiamento presieduto dall’Avvocato del Popolo c’è scritto che l’esecutivo si impegna «a concretizzare i criteri di salvaguardia ambientale, secondo i migliori standard mondiali a tutela della salute dei cittadini del comprensorio di Taranto» al tempo stesso «proteggendo i livelli occupazionali e promuovendo lo sviluppo industriale del Sud»,attraverso un programma «di riconversione economica basato sulla progressiva chiusura delle fonti inquinanti».
Poche righe per dire che si voleva la botte piena e la moglie ubriaca e in cui si prometteva l’impossibile.
Ma il M5S aveva voluto precisare il senso di quelle parole spiegando in un post sul Blog delle Stelle che «nel contratto c’è scritto chiaramente che si lavorerà  per la chiusura dell’Ilva».
L’Ilva rimarrà  invece aperta, e subito il MoVimento 5 Stelle si è affrettato a dire che è colpa del “delitto perfetto” del Partito Democratico.
Il giochino del MoVimento di far annullare la gara per trovare un nuovo acquirente era un bluff. Nessun acquirente si sarebbe fatto avanti sapendo che l’intenzione del governo era chiudere gli impianti siderurgici. Chi comprerebbe qualcosa sapendo di non poterlo utilizzare?
Ma mentre sulla sua pagina Facebook il M5S pugliese cerca di addossare le colpe al PD e girare la frittata dicendo che “finalmente il governo M5S ha le mani libere per invertire la rotta” (come?) attivisti e cittadini di Taranto non sono della stessa idea.
Il M5S ripete ossessivamente che è colpa del precedente governo, nessuno però ci crede, perchè tutti si sono accorti che il governo non ha fatto nulla in questi mesi per trovare una soluzione. Anzi, il governo si è comportato in maniera contraddittoria.
E Di Maio deve ancora pubblicare il parere dell’Avvocatura di Stato che ha “secretato” ma che a suo dire spiegava che la gara era illegittima.
Il MoVimento di governo non è stato in grado di prendersi le sue responsabilità  e ha preferito invece accompagnare la vertenza alla sua scadenza naturale senza fare nulla per impedire il corso degli eventi.
A toccare con mano in prima persona questo clima di delusione da parte dei cittadini di Taranto è stata ieri la deputata pentastellata (e tarantina) Rosalba De Giorgi.
Due giorni fa la De Giorgi aveva pubblicato su Facebook un post dove rassicurava i cittadini spiegano di aver presentato un intervento sulla validità  della gara per l’aggiudicazione dell’Ilva e di aver chiesto a Conte e Di Maio se avevano intenzione di abrogare la norma che garantiva l’immunità  penale ad Arcelor.
Il ministro Di Maio però ha mantenuto l’immunità  penale e civile ad Arcelor-Mittal.
La deputata tarantina spiegava di aver presentato un’interrogazione al ministro dell’Ambiente (che non è ancora stata pubblicata) e ribadiva il suo impegno per la tutela del territorio.
Impossibile però non notare come in un intervento alla Camera datato 17 luglio la De Giorgi si espresse così rispetto alla vicenda: «al riguardo posso sostenere, senza timore di smentita, che il Ministro Di Maio sta lavorando alacremente per risolvere al meglio la vertenza Ilva e restituire certezze agli abitanti e ai lavoratori di un territorio letteralmente devastato e stremato dalle continue aggressioni, soprattutto a livello ambientale».
Ieri la pagina e il profilo della De Giorgi sono stati presi d’assalto da centinaia di cittadini infuriati che accusano il M5S di “mancanza di attenzione e impegno per Taranto” e che chiedono ai parlamentari pentastellati di dissociarsi dalle scelte del governo, anche rischiando l’espulsione dal partito.
La deputata tarantina dovrebbe, scrivono in molti, prendere le distanze dal suo partito e dal governo. Ormai il tempo delle interrogazioni è scaduto visto che l’accordo è stato chiuso. L’unica alternativa per salvare la faccia è di uscire dal MoVimento per protesta.
Non c’è del resto alcun dubbio che a Taranto il MoVimento abbia stravinto alle politiche proprio perchè aveva promesso di chiudere l’Ilva (e di salvare i posti di lavoro). Ora gli elettori chiedono il conto.
Qualcuno ha anche chiesto se la De Giorgi sarebbe stata in Piazza della Vittoria al sit in di protesta. La deputata ci è andata ma è stata letteralmente assalita dalla folla che l’ha contestata, insultata   e costretta ad allontanarsi dalla manifestazione scortata dalla polizia mentre i presenti urlavano “dimissioni”, “fate schifo” o “vergogna”.
Cose che fino a poco tempo fa era il MoVimento ad urlare ai politici della casta.
E non va meglio sulla pagina Facebook di un altro M5S eletto a Taranto, il deputato Giampaolo Cassese, dove gli eletti del MoVimento vengono definiti “attivisti col Rolex” e si chiedono di nuovo le dimissioni.
Ma il MoVimento sa come reagire in questi casi: in silenzio. Da due giorni infatti sui profili Facebook i deputati tarantini non scrivono nulla. Sarà  stata colpa del PD?

(da “NextQuotidiano”)

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ILVA, IL FUNERALE POLITICO DEL M5S

Settembre 7th, 2018 Riccardo Fucile

ORA GLI ELETTI DI TARANTO SI DIMETTERANNO?

Accordo firmato. In 10.700 subito assunti da Mittal, piano di esodi volontari, con un bonus di 100 mila euro lordi, anticipo dei lavori di copertura dei parchi minerari, da terminare non più nel 2020 ma all’inizio dell’estate dell’anno prossimo. E poi la garanzia che all’aumento della produzione non corrispondano maggiori emissioni inquinanti.
Ilva è viva. Grazie Di Maio. Grazie Calenda. Grazie governo Gentiloni. La strada tracciata è andata in porto anche con il governo del cambiamento giallo-verde, chi l’avrebbe detto.
Leggeremo nel dettaglio l’accordo sindacale appena sarà  disponibile, leggeremo il piano ambientale. Attenderemo il voto degli operai sull’accordo raggiunto.
Nulla di nuovo o estremamente diverso dallo scenario che già  conoscevamo.
Nulla di nuovo rispetto ad una domanda madre: può una fabbrica grande tre volte la città  che la ospita convivere con la popolazione, con le scuole, con i campetti da calcio e i parchi giochi dei bambini?
E come si può rendere sostenibile un’industria datata e vetusta che cade a pezzi?
Cosa c’è per Taranto e per l’Italia, oltre e dopo l’acciaio? Oltre e dopo il 2023?
Potete venire davanti alla cittadinanza e giurando sulla Costituzione dire che“mai più nessuno si ammalerà  e morirà , dentro e fuori la fabbrica, per colpa dell’inquinamento”?
Ma queste sono altre domande, quelle che facciamo a tutti da anni.
Oggi, ora, dobbiamo dedicare pochi minuti al funerale politico del Movimento 5 Stelle. Da oggi il Movimento diventa partito. Iniziata una nuova fase: quella di un “PARTITO” che come gli altri raccoglie consensi con promesse che non mantiene.
In queste ore la mia bacheca Facebook e molte altre si stanno riempendo di commenti amari e delusi di elettori tarantini 5S. Perchè il Movimento a Taranto ha preso una valanga di consensi. Voto di protesta, sì. Ma anche voto identitario: di tutti coloro che chiedono la chiusura delle fonti inquinanti, o anche lo stop a Tap, a Tav.
Per questo a Taranto sono stati eletti 5 parlamentari M5S. Oltre ai tre eletti nei collegi uninominali (De Giorgi e Cassese alla Camera e Turco al Senato), sono passati anche altri anche altri 2 nel collegio plurinominale della Camera ovvero nel listino proporzionale bloccato. Sono la crispianese Alessandra Ermellino e il tarantino Giovanni Vianello.
Candidati per lo più esponenti del mondo ambientalista, attivisti che per anni si sono battuti per la chiusura dell’acciaieria e che si sono fatti eleggere con un mandato preciso “riconvertire l’Ilva e far partire le bonifiche”.
Che faranno oggi questi parlamentari stellati? Resteranno al loro posto? Si dimetteranno? Entreranno nel gruppo Misto? Come spiegheranno al territorio che l’unica strada possibile era quella di Calenda, fino a qualche giorno fa il loro grande nemico.
Ci sono eletti Cinque Stelle anche in consiglio comunale a Taranto: Massimo Ciro Battista e Franscesco Nevoli. Battista poche ore fa ha scritto su Fb: “Presto importanti novità ”.
Va dato atto a Luigi Di Maio di esser venuto a Taranto in campagna elettorale e di essersi comportato già  al tempo da vecchio politico: è riuscito a dire tutto e il contrario di tutto sul caso Ilva. Poi c’è stato il contratto del governo del cambiamento: “Con riferimento all’Ilva, ci impegniamo, dopo più di trent’anni, a concretizzare i criteri di salvaguardia ambientale secondo i migliori standard mondiali a tutela della salute dei cittadini del comprensorio di Taranto, salvaguardando i livelli occupazionali e promuovendo lo sviluppo industriale del Sud, attraverso un programma di riconversione economica basato sulla chiusura delle fonti inquinanti, per le quali è necessario provvedere a bonificare, e sviluppo della green economy, energie rinnovabili, economia circolare”.
Poi c’è stato Grillo: «Ho sempre sognato che questo bellissimo golfo di Taranto tornasse a essere una cosa meravigliosa con tecnologie di energie rinnovabili, con centro per le batterie» «Potremmo fare come hanno fatto nel bacino della Ruhr» dove «non hanno demolito, hanno bonificato, hanno messo delle luci hanno fatto un parco archeologico di industria del paleolitico lasciando le torri per fare centri di alpinismo, i gasometri per centri sub più grossi d’Europa, sono state aperte un sacco di attività  dentro».
Poi c’è stato quel passaggio incomprensibile di Luigi Di Maio sull’annullabilità  della gara di vendita dell’Ilva gestita dall’ex ministro Calenda. Passaggio incomprensibile che oggi ha ribadito anche il premier Conte: “Sono emerse irregolarità  molto chiare ed evidenti, però come ha precisato anche il ministro Di Maio, di fronte ad un’aggiudicazione, cioè ad un provvedimento che si era concluso con l’aggiudicazione, l’annullamento della gara, un provvedimento che si chiama di autotutela, non era così semplice perchè non basta un vizio formale occorre anche poter dimostrare che attraverso quell’annulamento, pur di fronte ad irregolarità  riconosciute formali, si realizza meglio l’interesse pubblico”.
Vi giuro, dice proprio così.
Sembra si giustifichino con qualcuno per la strada intrapresa senza però dire chiaramente a chi stanno parlando.
Ma se la gara fosse stata annullabile voi cosa avreste fatto? Come avreste perseguito e realizzato l’interesse pubblico? Non si è capito. Giuro.
Di Maio non ci ha mai detto la sua idea alternativa su Ilva. Il suo progetto rivoluzionario, sostenibile, futuristico. Non ci ha mai aperto il suo cuore, spiegandoci cosa avrebbe fatto se avesse potuto annullare questa benedetta gara. Non ha mai risposto nemmeno alle domande sull’immunità  penale concessa da quelli di prima, del Pd, a Mittal e prima ancora ai commissari statali.
Agli elettori Cinque Stelle a Taranto oggi resta l’amaro in bocca, la polvere rossa in gola e nessuna visione economica rivoluzionaria.
Forse Di Maio non ha motivo di preoccuparsi della ricaduta elettorale di questa scelta politica fatta su Ilva. Ma forse sì.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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ILVA, A CONFRONTO LE SOLUZIONI DI MAIO -CALENDA

Settembre 7th, 2018 Riccardo Fucile

LE DIFFERENZE SONO MINIME

Subito 10700 assunti, niente esuberi dopo il 2025, resta l’articolo 18 per chi era stato assunto prima del varo del Jobs Act: la soluzione per ILVA che ieri è stata annunciata dal ministro dello Sviluppo e del Lavoro Luigi Di Maio cambia qualche carta in tavola rispetto all’accordo siglato con il predecessore Carlo Calenda.
I proprietari delle acciaierie assumeranno subito 10.700 dei 13.522 lavoratori oggi alle dipendenze dell’Ilva.
Gli altri 2.822 resteranno nella società  in amministrazione straordinaria e saranno impiegati nelle bonifiche fino alla fine del piano industriale; intanto potranno accettare un incentivo per licenziarsi volontariamente o aspettare la riassunzione che Arcelor Mittal garantisce entro il 2025. Repubblica e Fatto riepilogano oggi in due infografiche le differenze tra le due soluzioni:
Il verbale firmato ieri prevede 10.700 assunzioni da parte di ArcelorMittal (contro le 10mila della proposta Calenda, alle quali però si aggiungevano 1.500 assunzioni in società  pubbliche per le esternalizzazioni); 250 milioni per le uscite incentivate contro i 200 della precedente ipotesi (in entrambi i casi 100mila euro a persona); la garanzia che ArcelorMittal assumerà  gli eventuali esuberi a fine piano (nel lodo Calenda erano sempre le società  pubbliche a farsene carico); il mantenimento dei livelli salariali e dei contratti pre-Jobs Act, articolo 18 compreso; l’anticipazione al 2019 del 50% degli interventi ambientali, mentre il completamento resta fissato al 2020 come nella precedente impostazione; un tetto alla produzione fissato a 6 milioni di tonnellate annue (lo stesso già  previsto) ma vincolando eventuali, successivi aumenti al mantenimento del livello delle emissioni; sempre sul fronte ambientale, confermata infine l’immunità  penale per azienda e commissari.

(da “NextQuotidiano“)

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