Settembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
L’UNICO MODO PER METTERE IN DIFFICOLTA’ SALVINI E’ TOCCARE LA ROBA DEL CAVALIERE AL QUALE IL LEGHISTA AVEVA DATO GARANZIE
L’entità della posta in gioco è nelle parole che Silvio Berlusconi scandisce dopo la lettura dell’intervista al Fatto di Vito Crimi, sottosegretario con delega all’Editoria: “Questa — dice l’ex premier — è la prima cosa che voglio chiarire con Salvini quando ci vediamo. La Lega vuole stare a guardare mentre mi riducono le aziende in rottami?”. La rottamazione consiste nella proposta di introdurre i “tetti” sulla pubblicità in tv, spostandola su altri comparti. Un colpo morale, per Mediaset.
Che il Fatto quantifica attorno ai 750 milioni di euro l’anno, pari al 20 per cento dei ricavi. Questa la cifra che perderebbero le aziende se la fetta di pubblicità del Biscione venisse ricondotta alla dimensione degli ascolti.
È una mina sul “patto” sostanziale che ha reso possibile la nascita del governo giallo-verde, fondato sul “via libera” di Silvio Berlusconi in cambio della tutela, o quantomeno della non belligeranza sui suoi interessi aziendali.
Mina peraltro piantata proprio alla vigilia dell’incontro ad Arcore con Matteo Salvini, per chiudere su Marcello Foa la questione della presidenza della Rai.
La domanda nasce spontanea: perchè, proprio adesso stressare la trattativa, annunciando di voler colpire Berlusconi sulla cosa che gli sta più a cuore?
Il sottosegretario Crimi non è uno sprovveduto che si fa prendere dal narcisismo mediatico, anzi è uno accorto, attento a misurare passi e parole.
E non è casuale neanche la scelta del giornale, punto di riferimento del vasto mondo pentastellato, che da settimane ormai invita Di Maio a “staccare la spina”, perchè la convivenza con Salvini si sta mostrando insostenibile.
Sta succedendo questo. In un crescendo di competition e insofferenza tra i due partner di governo — vai alla voce: giustizia, nazionalizzazione, finanziaria — i Cinque stelle hanno deciso di dare una “sterzata” rispetto all’impostazione tutta istituzionale fin qui seguita che ha prodotto uno stato di subalternità al leader della Lega, vero premier di fatto di questi primi mesi di governo.
E dunque, a Cernobbio, ad esempio, Di Maio, titolare di un polo economico non irrilevante, quest’anno non è andato per mantenere una distanza simbolica dall’establishment.
Per dirne un’altra: tra tutte le date disponibili, la manifestazione “Italia a Cinque Stelle” è stata convocata lo stesso week end della Leopolda, col preciso intento (se ne è parlato con Grillo e Casaleggio) di polarizzare lo scontro col nemico di sempre, Matteo Renzi, già battuto al referendum e alle politiche, insomma una sicurezza.
Ma soprattutto c’è la questione Silvio Berlusconi, non tanto perchè considerato il nemico che turba i sonni per forza e potenza di fuoco, ma in quando tallone d’Achille di Salvini.
Detta in modo un po’ brutale: il leader della Lega, assurto a simbolo del rinnovamento sovranista, si porrà , sul dossier dei tetti pubblicitari e non solo, come alfiere del “cambiamento” o come difensore degli interessi di Berlusconi?
C’è una istantanea che fotografa il cambiamento di clima attorno al cuore del patto di governo.
Sabato scorso, Giuseppe Conte e Luigi Di Maio si sono incontrati con l’amministratore delegato di Vivendi Arnauld de Puyfontaine a Bisceglie, nell’ambito del convegno Digithon, organizzato come ogni anno dal parlamentare del Pd Francesco Boccia.
È stata l’occasione per due chiacchiere a quattr’occhi. Un passo indietro: qualche mese fa, poche settimane prima della nascita del governo gialloverde, lo status quo televisivo fu garantito a Berlusconi grazie a una operazione garantita dal governo Gentiloni, ma mai contestata (anzi la Lega la lodò) dai futuri partener di governo. Ovvero l’ingresso di Cassa depositi e prestiti in Telecom e l’alleanza con fondo di investimento Elliott (il nuovo proprietario del Milan per intenderci) in funzione anti-Vivendi.
Tornando a Bisceglie. De Puyfontaine dal palco ha spiegato che per Vivendi l’Italia resta un investimento di lungo termine e soprattutto ha parlato dell’importanza strategica di Sparkle, la società di Tim che il fondo Elliot dopo l’ingresso in Cdp vorrebbe vendere.
Insomma, Conte e Di Maio hanno messo la testa sul dossier e hanno cominciato a capire l’anomalia dell’alleanza di Cdp con un fondo speculativo.
E anche su quali interessi di Berlusconi si fonda questa sorta di desistenza tra il Cavaliere e il governo, attraverso Salvini.
È chiaro quale è il gioco di Vivendi finora bloccato: rientrare nella partita Mediaset attraverso un diverso ruolo di Cdp, i cui vertici sono stati nominati da poco — diciamo così per semplificare — in “quota” Cinque Stelle.
Dalla Lega trapela un imbarazzato silenzio, alla vigilia dell’incontro di Arcore al momento previsto tra domenica e lunedì.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
LA FOTO DALL’ALTO DIMOSTRA CHE AD ACCOGLIERLO C’ERANO SOLO CENTO PERSONE
A guardare gli account ufficiali della Lega e del ministro dell’Interno ieri Salvini è stato accolto
da una folla oceanica al quartiere Libertà a Bari.
Anche il Capitano non trattiene l’entusiasmo «me la porterò nel cuore per molto tempo!» esclama a social unificati.
Il segretario della Lega ci tiene a mostrare come anche il leader del partito che fino a pochi anni fa se la prendeva con i terroni e chiedeva l’indipendenza del regno fatato della Padania è benvoluto al Sud.
E non c’è dubbio che anche nel Sud Italia ci siano non pochi simpatizzanti della ex Lega Nord, in fondo Salvini è stato eletto al Senato in un collegio in Calabria.
C’è perfino un video che mostra l’arrivo del vicepremier, tra un tripudio di bandiere, cori (Mat-teo! Mat-teo!), strette di mano, abbracci e una folla festante che circonda Salvini mentre dispensa baci e abbracci e si presta a farsi fotografare dai fan.
Più che l’arrivo di un ministro o di un leader politico sembra quello del cantante di una boyband o di una rockstar. Ed è questa l’immagine che la propaganda salviniana vuole dare.
Il caro leader amato dal popolo, che lavora per il popolo e che si concede a corroboranti bagni di folla tra una riunione del Consiglio dei Ministri e l’altra.
Lo spin doctor della Lega, Luca Morisi, non risparmia i punti esclamativi.
Su Twitter parla della spettacolare accoglienza riservata dai cittadi di Bari a Matteo Salvini. C’è spazio anche per qualche sfottò a chi lo accusa di aver “pompato” il fenomeno Salvini grazie ai famigerati troll russi o “trumpiani”.
Non è così cari rosiconi, la popolarità di Salvini è un fenomeno tutto padano italiano!
Ma è davvero così? Il trucco c’è, e si vede già dal filmato che privilegia inquadrature strettissime ma che lascia intravedere come oltre le due o tre file di persone assiepate sulle transenne per il momento photo opportunity salviniano ci sia il vuoto.
Vista dall’alto la strepitosa accoglienza viene di molto ridimensionata.
Ad accogliere Salvini non c’era certo la folla di Pontida. Anzi, si tratta di un centinaio di attivisti e simpatizzanti della Lega, probabilmente convocati per l’occasione. Ma nulla più.
Dire che il quartiere Libertà di Bari ha accolto Salvini da eroe o che l’accoglienza è stata “incredibile” non corrisponde alla verità .
Non c’erano troll russi e non c’erano figuranti trumpiani. Semplicemente perchè c’erano quattro gatti, molti giornalisti e forze dell’ordine.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
MA GLI ESPERTI SMONTANO LA BUFALA SOVRANISTA: LE ANATRE SCOMPARSE SONO SEMPLICEMENTE MIGRATE ALTROVE
In principio c’erano l’ex assessore all’Urbanistica Paolo Berdini e le ex presidente della commissione Urbanistica dell’ottavo municipio, Chiara Pascolini, a preoccuparsi del benessere dei germani reali che avevano preso a nidificare micro habitat che si era venuto a creare nell’area degli ex Mercati Generali.
Ma non tutte le papere della Capitale sono così premurosamente tutelate, da giorni molti giornali stanno dando la notizia che le papere del laghetto dell’Eur sono vittime di una orrenda strage
Diversi residenti hanno raccontato di aver visto degli stranieri aggirarsi in zona e fare incetta dei pennuti, probabilmente per cibarsene.
C’è anche chi ha proposto di istituire delle ronde di sorveglianza per evitare che la mattanza delle papere dell’Eur possa continuare indisturbata.
Nessuno però ha fornito prove certe che siano proprio gli immigrati a uccidere le anatre. Tutti sono però concordi (si fa per dire) nel dare la colpa alle risorse.
Ce n’è per tutti i gusti: c’è chi dice che sono stati i Rom (anzi gli zingari), chi invece punta il dito contro i cinesi (in fondo quelli si mangiano pure cani e gatti) oppure contro le “risorse” di più recente importazione boldriniana.
Anche su Facebook molti ispettori che hanno a cuore il benessere degli animali hanno rapidamente risolto il caso. Del resto le testimonianze raccolte da Leggo sono inequivocabili:
«Ci sono degli extracomunitari dell’est — racconta Flavia Tucci, che vive all’eur dal 1960 — che ogni notte si aggirano nei pressi del pontile, a ridosso del centro direzionale unicredit, qui c’era la colonia maggiore di anattroccoli e papere. E qui, molte mattine, abbiamo ritrovato le piume».
Oppure quella di un altro residente esasperato che dà la colpa a bande di sbandati e cacciatori di frodo che agiscono con il favore della notte assieme alla piaga della prostituzione.
Altri testimoni “oculari” escono allo scoperto grazie al social network e rivelano di aver visto “extracomunitari dell’est, rumeni o moldavi” che di giorni provano a pescare le papere con le lenze e di notte poi passano all’azione (triva: i romeni sono cittadini dell’Unione Europea).
Poi ci sono quelli che hanno sentito “versi di oche e odore di arrosto” provenire da uno stabile fatiscente in zona Saxa Rubra, che però è dall’altra parte della città rispetto al lago dell’Eur. Ma poco importa perchè il testimone sa che vengono cucinati anche i cani.
C’è poi chi suggerisce di indagare nei ristoranti cinesi della zona perchè lì dentro cucinano anche i gatti morti.
O chi fornisce testimonianze di “prima mano” sui comportamenti incivili di questi selvaggi abituati a cacciare nella giungla.
I migliori però sono quelli che se la prendono con i buonisti, colpevoli di aver permesso l’ingresso di altre culture nel nostro paese.
“Avete messo le magliette rosse? E adesso non vi lamentate se vi viene a scomparire il cane o il gatto o il pappagallo”. Queste cose a casa loro non gliele permetterebbero, ma non c’è nulla da fare perchè non si civilizzeranno mai “stanno bene nel loro habitat naturale”. A casa loro.
Qualcuno prova a fornire una spiegazione di carattere etologico, ipotizzando che forse alcune anatre sono “scomparse” perchè sono state mangiate da altri ospiti del laghetto, ad esempio da alcune tartarughe particolarmente grandi (e voraci).
Ma è una teoria che non ha molta presa sull’immaginario collettivo della vittima del piano Soros per sostituire gli italiani con mangiatori di papere di frodo e sostituire le papere con zecche, pidocchi e malattie infettive portate dagli immigrati.
Ma oggi sul Tempo la portata della notizia viene notevolmente ridimensionata. Innanzitutto perchè nel laghetto ci sono almeno una quarantina di anatre, quindi la popolazione non è certo azzerata.
Poi perchè secondo Francesca Manzia, responsabile CRFS della Lipu di Roma è possibile che le anatre “scomparse” siano semplicemente migrate altrove.
Al termine della stagione riproduttiva infatti i germani si trasferiscono altrove e diventano meno visibili. Secondo la Lipu non esiste un problema dovuto al “bracconaggio” delle anatre, anche se non si può escludere che ci sia stato qualche prelievo a fini alimentari. Di sicuro non una strage.
I sovranisti che hanno a cuore la questione potranno cimentarsi su un altro dilemma che affligge i lettori del Giovane Holden: dove finiscono le papere di Central Park d’inverno?
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
GAETANO INTRIERI E’ UNO DEI 14 ESPERTI NOMINATI DAL MINISTRO PER FAR PARTE DELLA STRUTTURA TECNICA DEL DICASTERO
Gaetano Intrieri è uno dei 14 esperti nominati dal ministro dei trasporti Danilo Toninelli per far
parte della struttura tecnica di missione del dicastero per l’indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l’alta sorveglianza.
Ma, rivela oggi La Verità in un articolo a firma di Giacomo Amadori, ha ricevuto due condanne penali, di cui una passata in giudicato per bancarotta fraudolenta.
Toninelli, che è riuscito precedentemente nell’impresa di nominare tre esperti su sei successivamente indagati nella commissione per il ponte Morandi, ha nominato Intrieri che è docente di controllo di gestione all’università di Tor Vergata ed esperto di Aeronautica, quindi ha tutti i titoli necessari per la nomina: quel che colpisce è invece che il M5S all’opposizione avrebbe fatto fuoco e fiamme per opporsi a una nomina del genere.
La condanna risale a una vicenda del 2003, quando Intrieri è stato amministratore delegato della compagnia aerea Gandalf: dopo il fallimento della compagnia, che risale al 2004, è stato condannato a tre anni e sei mesi, con pena ridotta a due anni e quattro mesi e poi cancellata dall’indulto del 2006, quello a cui Grillo era contrario. Intrieri avrebbe sottratto dalle casse della Gandalf quasi mezzo milione a fini personali.
«I 429mila euro da me incassati sono serviti per appianare i debiti con la Banca Intesa», ha detto lui al PM e la Cassazione nella sentenza ha scritto perchè «versò i soldi sui suoi conti correnti facendone un uso personale (…) tutti soldi introitati con il pretesto di dover soddisfare debiti sociali».
Intrieri, che ha un account su Twitter, ha pubblicato una lunga lettera di replica a Maurizio Belpietro dopo la pubblicazione dell’articolo di Amadori.
Nella lettera ammette la condanna ricevuta ma sostiene che sia servita ai piccoli azionisti per ricevere i loro soldi indietro, poi annuncia che darà le dimissioni dall’incarico ricevuto da Toninelli.
(da “NextQuotidiano“)
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Settembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
DELLA PROMESSA FATTA IN PIAZZA DEL POPOLO DAVANTI ALLA FOLLA PLAUDENTE DI TAGLIARE 30 MILIARDI DI SPRECHI NON PARLA PIU’
Venti minuti, una seduta del Consiglio dei Ministri, questo era il tempo necessario promesso da Luigi Di Maio in campagna elettorale per approvare il primo decreto del governo del MoVimento 5 Stelle.
Il contenuto di questo fantastico decreto, di nove pagine, è stato illustrato coram populo dall’allora candidato premier pentastellato in Piazza del Popolo il 2 marzo 2018.
Quella sera Di Maio era in gran forma, i sondaggi davano il M5S in testa e serviva una promessa di quelle capaci di portare il M5S al 40% e oltre.
Ecco quindi che Di Maio estrae il documento, spiegando il contenuto del decreto che avrebbe potuto essere approvato subito.
Il decreto è in tre punti: «al primo punto dimezziamo lo stipendio ai parlamentari della Repubblica, al secondo punto togliamo i vitalizi ai politici e al terzo punto di questo decreto tagliamo 30 miliardi di sprechi e privilegi e li rimettiamo in aiuti verso aiuti alle famiglie che fanno figli, a chi perde il lavoro e ai pensionati».
La folla in piazza, che esplodeva in boati sempre più fragorosi ad ogni annuncio alla fine era in visibilio e ha intonato il canto della vittoria pentestellata: onestà ! onestà ! onestà !
Le cose però non sono andate come promesso dal Capo Politico del MoVimento.
Il M5S non ha vinto le elezioni, anche se è risultato essere il primo partito. Ha fatto un accordo di governo (un inciucio, avrebbero detto loro) con la Lega di Salvini. E di quel decreto non si sono perse le tracce.
Eppure era già lì, era scritto, bastavano solo venti minuti per approvarlo. Il M5S, continuava Di Maio, avrebbe potuto farlo perchè solo loro hanno «la credibilità per approvare questi tagli».
Nel contratto di governo con la Lega però quei 30 miliardi di euro sono scomparsi. E sono scomparsi anche dal dibattito politico.
Il taglio dei vitalizi (un mero ricalcolo in realtà ) è stato approvato solo alla Camera.
Al Senato invece le cose sono rimaste come prima.
Del dimezzamento degli stipendi dei parlamentari nessuno si azzarda a parlare nemmeno nel MoVimento 5 Stelle.
Ma ovviamente sono i 30 miliardi di euro a fare gola. Perchè con quei soldi sarebbe possibile, ad esempio, finanziare il Reddito di Cittadinanza. Eppure in una lettera a Repubblica il giorno dopo le elezioni Di Maio spiegava che tra i significati del risultato c’era il fatto che gli italiani avevano detto chiaro e tondo che «30 miliardi di sprechi non possono non essere eliminati».
Il problema è che quei 30 miliardi non ci sono.
Perchè sarebbero i proventi del piano Cottarelli ovvero della spending review. Solo che sono già stati “prodotti” con tagli alla spesa.
Nell’arco di tre anni, non di un anno, tra il 2014 e il 2017. Nel programma dei famosi venti punti addirittura si parla di “50 miliardi di euro di sprechi che tornano ai cittadini”.
Il governo gialloverde però non sembra intenzionato a mettere in atto una revisione della spesa pubblica, perchè comporterebbe fare misure impopolari. E questo governo non vuole essere impopolare.
Eppure proprio ora che il ministro dell’Economia Tria sta approntando il primo documento di economia e finanza dell’esecutivo quei 30 miliardi di euro promessi da Di Maio agli italiani potrebbero fare comodo.
Come mai il vicepremier non ci dice dove sono?
Qualcuno potrà dire che tra le “clausole” (quelle scritte in piccolo piccolo) c’era il fatto che il M5S doveva vincere le elezioni. Ma se è vero che per andare al governo con la Lega il M5S ha dovuto rinunciare a qualcosa 30 miliardi non sono certo una cifra che sparisce per colpa di Salvini.
Il loro utilizzo era subordinato alla nascita di governo monocolore pentastellato? Allora significa che il MoVimento 5 Stelle non sta governando per il bene del Paese. Anche perchè il partito di Casaleggio in Parlamento (perchè si governa con i voti in Aula, non con quelli rilevati dai sondaggi settimanali) ha un peso rilevante rispetto alla Lega, possibile che non sia in grado di far sentire le proprie ragioni?
C’è infine un’ultima, tragica, ipotesi. La promessa di Di Maio è analoga a quella fatta nel 2015 sul miliardo di euro di sprechi “trovati” a Roma e pronti per essere utilizzati dalla giunta Raggi per risanare la città . Sono passati tre anni, Virginia Raggi è sindaco da due anni e di quel miliardi non c’è più traccia e nessuno ne parla più.
(da “La Repubblica“)
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Settembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
“L’ABBAIARE DEI POPULISTI ITALIANI POTREBBE ESSERE PEGGIORE DEL LORO MORSO”.. “MATTARELLA GARANZIA ISTITUZIONALE CHE L’ITALIA NON DERAGLI”
“L’abbaiare dei populisti italiani potrebbe essere peggiore del loro morso”. È il titolo
dell’editoriale, a firma di Tony Barber, che il Financial Times pubblica stamani, in cui afferma che “ci potrebbe essere meno da temere dal nuovo assetto politico non convenzionale italiano, di quanto qualcuno pensasse qualche mese fa. Si può avere il coraggio di dirlo? I barbari si sono romanizzati”.
Secondo Barber “ci sono alcuni schemi impressi nella profondità della vita politica, finanziaria e giudiziaria dell’Italia, che si impongono sul governo”. La coalizione giallo-verde si è presentata come una “rottura radicale con le politiche fallite di un’èlite marcia e egoista. Ma il Governo sta già diventando prigioniero del passato e dei vincoli strutturali sui cambiamenti di vasta portata”.
Una lettura, quella dell’editorialista del Financial Times, che è al tempo stesso sarcastica nei confronti dell’Italia gialloverde, ma in un certo senso anche rassicuratoria, nel senso che per il quotidiano della City dopo le parole forti non ci saranno azioni altrettanto dirompenti nell’azione del Governo.
Quindici anni fa Silvio Berlusconi fece scalpore quando, da primo ministro, attaccò i magistrati italiani definendoli “mentalmente disturbati” e “antropologicamente diversi dal resto della razza umana”.
Ora tocca a Matteo Salvini, il successore di Berlusconi alla guida del centrodestra in Italia, e la Lega mettersi in aperto conflitto con la magistratura. Corsi e ricorsi suggestivi. […] In questo senso, la “Terza Repubblica” italiana, nata dopo le elezioni di marzo, inizia ad assomigliare alla “Seconda Repubblica”, che ha vissuto i quattro mandati di Berlusconi come premier tra il 1994 e il 2011.
Barber ricorda le vicende giudiziarie, con il processo sui fondi della Lega e con l’accusa a Matteo Salvini per il caso Diciotti. Ma segnala anche le continue rassicurazioni, anche da parte di Salvini e Di Maio rispetto ai contenuti della manovra economica, così come la composizione del Governo: Giuseppe Conte è il premier, ma è “debole ai limiti dell’impotenza”.
Ci sono poi le figure che rappresentano una “spina dorsale di moderazione e continuità con il passato”, come Giovanni Tria, Enzo Moavero Milanesi, ed Elisabetta Trenta. E soprattutto, Sergio Mattarella, “la garanzia istituzionale che l’Italia non deragli”.
(da agenzie)
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Settembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
INSIEME AL COGNATO, FINGEVA CONTROLLI PRETESTUOSI E SOTTRAEVA LORO IL DENARO: CONDANNATO A 5 ANNI
Repubblica Roma racconta oggi la storia di un poliziotto del commissariato Primavalle che in compagnia del cognato derubava pregiudicati fingendo controlli pretestuosi, e in un caso tirando fuori anche la pistola d’ordinanza per minacciare una delle vittime che lo aveva seguito in auto:
Il gup Clementina Forleo, al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato, ha disposto una condanna nei confronti dell’uomo a 5 anni di carcere, con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Uno di meno, 4 anni, per il cognato.
La prima vittima è stata un pregiudicato. L’uomo si è presentato in commissariato, a Primavalle, premettendo di non voler sporgere denuncia, ma segnalando di essere stato fermato da quell’agente che già conosceva perchè altre volte era stato fermato da lui.
Quella notte lo aveva perquisito, presentandosi come poliziotto, e togliendogli 95 euro per poi dileguandosi a bordo dell’auto “rimasta tutto il tempo della perquisizione con il motore acceso”.
Anche la seconda rapina è stata piuttosto simile, ma con un bottino più modesto, di 15 euro. La terza, invece, ha avuto come corollario un inseguimento, terminato per il derubato quasi contro un muro
Della quarta rapina si è saputo solo due giorni dopo, quando un pregiudicato, fermato in un’altra perquisizione da alcuni agenti, ne ha raccontato i dettagli.
L’agente, individuato la stessa notte, ha ammesso di aver trattenuto indebitamente le somme e i documenti dei pregiudicati che aveva controllato. Ma non l’utilizzo dell’arma.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
I COMMENTI SUL FILM “SULLA MIA PELLE”: DEVASTANTE E SUBLIME
Nel giorno del rilascio del film “Sulla mia pelle”, i commenti di chi l’ha guardato possono essere
riassunti in due soli aggettivi: devastante e sublime.
“Devastante” per una pellicola che colpisce con violenza, limitandosi a raccontare i fatti.
“Sublime” per l’interpretazione di Alessandro Borghi, che ha vestito i panni di Stefano Cucchi con una credibilità tale da far dimenticare di trovarsi di fronte a un film e non a un documentario.
Il 12 settembre, il lungometraggio di Alessandro Cremonini è stato rilasciato in contemporanea sulla piattaforma streaming Netflix e nei cinema italiani.
In tantissimi, dopo la visione, hanno sentito l’esigenza di commentare pubblicamente quanto appena visto, di condividere sui social un sentito applauso a un’opera che, scrivono in tanti, “deve esser vista”.
“È un film devastante. Perchè non amplifica, perchè evita la santificazione di Cucchi, perchè asfissia senza ricatto. E perchè, oltretutto, suggerisce che in realtà sia andata anche peggio di così. Spaventosa la prova di Borghi”, commenta un utente su Twitter. “Ho visto il film sulla morte di Stefano Cucchi e non sono riuscita a chiudere occhio. Mi ha fatto sentire spezzata. Sono andata a rileggere i verbali del processo d’appello. Borghi sublime”, si accoda un altro.
Un film che non lascia solo pensieri, tocca a livello fisico, scuote, disturba: “Ti dilania e ti restituisce ogni cazzotto, ogni calcio e ogni singola violenza costata la vita a Cucchi”; “È un nodo in pancia violento che tutte le coscienze dovrebbero guardare”; “Devastante”.
Molti citano De Andrè e la sua canzone “Il Blasfemo”, e mentre nelle cuffie risuonano i versi della sua canzone – “Non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte, mi cercarono l’anima a forza di botte” – resta una consapevolezza a gelare il sangue: Stefano Cucchi poteva essere chiunque di noi.
(da agenzie)
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Settembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
L’AVVOCATO ANSELMO: “AMMETTE CHE IL DICIOTTENNE E’ MORTO DI VIOLENZA”
Se ci fosse stato il taser, Federico Aldrovandi sarebbe ancora vivo.
Lo sostiene, in un’intervista al Resto del Carlino, Antonio Sbordone, questore di Reggio Emilia, già a capo della polizia ferrarese, a proposito del caso del 18enne di Ferrara che nel 2005 morì durante un controllo di polizia.
Quattro agenti sono stati condannati per eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi a tre anni e sei mesi (ma tre anni furono cancellati dall’indulto). Parole cui il padre di Federico, Lino Aldrovandi, parlando con Repubblica replica: “Mi viene da pensare che quella maledetta mattina il taser non sarebbe stato da usare su Federico, ma su chi lo stava uccidendo ‘senza una ragione'”.
Reggio Emilia è una delle città scelte per la sperimentazione del taser, la pistola elettrica.
“Io ho visto – ha detto – cosa è accaduto a Ferrara dopo il caso Aldrovandi, anche se non ero io il questore presente quell’anno. Questo ragazzo, se ci fosse stato il taser, sarebbe ancora vivo. Per fermare un giovane alto un metro e 90 agitatissimo hanno dovuto usare anche i manganelli”, insiste Sbordone.
“Federico era già a terra e chiedeva aiuto. Io so che gli hanno spezzato il cuore e che lui non li ha nemmeno toccati”, come testimoniò una donna nel processo, “e che il procuratore generale della Cassazione li definì ‘schegge impazzite in preda a delirio'”, puntualizza con dolore Lino Aldrovandi, che per mestiere indossa una divisa: è vigile urbano in tre Comuni del Ferrarese.
“Ogni volta è una ferita di sangue innocente che si riapre in tutta la sua devastante realtà . Federico quella mattina non aveva commesso alcun reato e nulla di male, non so perchè gli abbiano fatto tutto quel male, ma l’hanno fatto e lui ce l’ha raccontato con il suo cuore spezzato di 18 anni. Forse qualcuno sarebbe meglio si andasse a rileggere quanto ormai si è scritto processualmente dall’ottobre del 2007 (inizio del primo grado di giudizio) fino al giugno del 2012 (sentenza definitiva di condanna) e forse capirebbe. Di un fatto grave dove la stessa polizia indagò su sè stessa creando quasi un corto circuito”.
“Federico è morto perchè hanno continuato a pestarlo, schiacciarlo e a dargli calci nella testa quando era già stato immobilizzato e stava chiedendo aiuto. Mi dispiace che si possa giustificare uno strumento pericolosissimo come il taser con questo paragone che non ha senso”, è il grido di rabbia della madre, Patrizia Moretti. Federico un energumeno? “Era alto un metro e 75 e pesava 60 chili – ricorda la donna -, evidentemente l’ex questore di Ferrara non si è informato bene, poteva almeno leggere le carte”.
Netta anche la replica a Sbordone di Fabio Anselmo, il legale che ha accompagnato la famiglia Aldrovandi lungo i tre gradi di giudizio. “Il questore” con le parole pronunciate “ammette che Federico è morto di violenza”, un’ammissione “nuova, fatta finora solo dall’ex capo della polizia Manganelli che chiese scusa alla famiglia”.
“E’ morto di violenza, come dicono le sentenze passate in giudicato”.
“Personalmente – allarga lo sguardo Anselmo – ho molte perplessità sull’uso del taser, che ha già fatto numerose vittime. Come di ogni strumento, dipende dall’uso che se ne fa, come per i manganelli: esistono norme di comportamento che indicano di colpire sulle gambe, non sulla testa come accadde a Federico Aldrovandi e Gianluca Fanesi”, l’ultrà della Sambenedettese finito in coma negli scontri che avvennero il giorno della trasferta della squadra rossoblù a Vicenza.
“Inoltre”, insiste l’avvocato, “l’affermazione che Federico andasse fermato mi lascia perplesso. Le sentenze parlano”.
(da agenzie)
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