Settembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
IL GIOCO DELLE TRE CARTE: TOGLIENDO IL REDDITO DI INCLUSIONE (2,7 MILIARDI), L’INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE (2 MILIARDI) E LA SOCIAL CARD (0,5 MILIARDI) SI ARRIVA A 5,3 MILIARDI CON CUI FINANZIARLO… ESSENDO ANCORA POCHI, NON SI DA’ PIU’ A TUTTI MA SOLO A CHI HA UN ISEE SOTTO I 7-8000 EURO ( IL REI DI GENTILONI ERA SOTTO I 6000)
Il reddito di cittadinanza dipenderà dall’ISEE. L’indicatore della situazione economica equivalente, già utilizzato anche per il Rei, il reddito di inclusione voluto dal governo Gentiloni, servirà a dimostrare di essere abbastanza poveri da meritare il sussidio marchiato Lega-M5S.
Spiega oggi il Messaggero che l’asticella dell’Isee potrebbe essere fissata attorno a 7-8mila euro, in modo da coprire una platea più ampia di quella del REI che, con 6 mila euro, raggiunge 700 mila famiglie.
La proposta del MoVimento 5 Stelle del 2014 non prevedeva soglie Isee, ma soltanto l’obbligo di presentare la dichiarazione del proprio stato di povertà .
Il reddito di cittadinanza sarà comunque a tempo e il sussidio avrà una durata di tre anni.
Per le coperture, si utilizzeranno i fondi attualmente destinati ad altre misure: i 2,7 miliardi di euro del Rei; i 2 miliardi circa dell aNaspi, l’assegno di disoccupazione; i 500 milioni della social card.
Di Maio con un arguto gioco di parole è prima tornato a dire in un’intervista al Fatto che il reddito sarà soltanto per gli italiani e poi ha sostenuto che sarà riservato ai residenti in Italia da almeno dieci anni, considerando evidentemente nel conto anche gli stranieri legalmente residenti nel paese.
La presa per i fondelli continua.
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
POLITICI DA STRAPAZZO CHE ANNUNCIANO ELARGIZIONI SENZA COPERTURE… E GENOVESI CHE DA 42 GIORNI SI FANNO PRENDERE PER I FONDELLI SENZA MUOVERE UN DITO
Un altro giorno è trascorso senza decreto, il quarantaduesimo. 
E Genova attende ancora l’entrata in vigore delle misure che il governo metterà in campo dopo il crollo del Ponte Morandi del 14 agosto scorso. §
Misure che sono state scritte sulla carta dodici giorni fa dal consiglio dei ministri e approvate “salvo intese”, quindi soggette a modifiche, ma che soprattutto erano totalmente prive di cifre e di coperture economiche.
Ciò significa che la Ragioneria dello Stato ha dovuto completare un decreto che riportava parecchi spazi bianchi nelle voci fondamentali. E nonostante questo, l’esecutivo gialloverde ha accusato i tecnici del Tesoro del ritardo.
Oggi doveva essere il giorno giusto per mettere fine a questo provvedimento che ancora non vede la luce — o almeno così aveva annunciato il premier Conte — e invece è andata in scena l’ennesima spaccatura tra palazzo Chigi e partiti di maggioranza da una parte e tecnici del Tesoro dall’altra. Lo schema che viene proposto dai gialloverdi è nei fatti lo stesso della manovra.
La giornata è stata di quelle lunghissime, trascorsa tra scambi di accuse.
Ad aprire il nuovo fronte è il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi (sotto processoper peculato).
Se il Movimento 5 Stelle ha accusato apertamente i tecnici del Tesoro di fare ostruzionismo sulla legge di bilancio, i leghisti incolpano apertamente la Ragioneria dello Stato di aver bloccato il decreto su Genova. Sottovoce lo hanno fatto anche gli M5s ma Rixi ci va giù duro. “Dov’è finito? Ce l’ha la Ragioneria dello Stato dal 21 settembre, non è nel ministero”, dice il viceministro che fino a un po’ di tempo fa aspirava a diventare commissario per la ricostruzione.
E aggiunge sempre nel corso della trasmissione Tagadà : “Quello che manca è la loro bollinatura. Noi abbiamo messo più soldi, loro vogliono che ne mettiamo di meno”.
Il nodo della questione e quindi del ritardo per il ministero del Tesoro però un altro.
Il decreto sarebbe arrivato sul tavolo della Ragioneria quasi completamente privo di cifre. Qualcuno lo ha definito “carente”, quindi incompleto da questo punto di visto. Pertanto un surplus di tempo si è reso necessario per compilarlo.
Nel provvedimento c’erano parti in bianco ed erano proprio quelle relative alle somme da stanziare e le relative coperture. Cuore di un provvedimento che serve a ricostruzione un ponte e far ripartire un territorio.
Quindi anche per Genova, come per la manovra, si è aperto il problema delle coperture. È vero che il governo vuole che paghi tutto Autostrade “fino all’ultimo centesimo” ma i soldi per coprire le spese contenute nel decreto devono comunque andare nel bilancio dello Stato. Sarà “un provvedimento col botto”, racconta un componente del governo. Nel senso che ci sono molte misure non solo per la ricostruzione, per gli sfollati, per le imprese ma anche per tante opere connesse. Ed è per questo che la cifra è lievitata e Rixi ha detto esplicitamente che dal Tesoro è arrivato uno stop.
Davanti a queste accuse il Mef reagisce smentendo categoricamente questa supposizione. La Ragioneria Generale dello Stato non ha bloccato il decreto, piuttosto – dicono le stesse fonti – lo sta sbloccando.
In sostanza i tecnici della Ragioneria stanno lavorando attivamente per valutare le quantificazioni dei costi e individuare le possibili coperture da sottoporre alle amministrazioni proponenti. Soltanto così il decreto può essere bollinato e trasmesso al Quirinale per la promulgazione.
Alla fine è il Tesoro a gettare acqua sul fuoco per provare a riappacificare sottolineando che il testo è stato trasmesso a palazzo Chigi che sta recependo i “suggerimenti sulle coperture elaborati dalla Ragioneria dello Stato”.
E se la presidenza del consiglio e ministero dei Trasporti saranno d’accordo con i tecnici, il testo tornerà sul tavolo della Ragioneria per la bollinatura finale prima del passaggio al Quirinale.
I tecnici sono pronti ad attenderlo anche tutta la notte sperando che non sia una vana attesa.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
SI DIVIDE IN DUE CATEGORIE: IL TWIDIOTA PITECANTROPO (PER LO STATO EVOLUTIVO IN CUI E’ RIMASTO INTRAPPOLATO) E IL TWIDIOTA TIRANNOSAURO (PER LA VIOLENZA CIECA CHE ESPRIME)
Tra la fauna dei webeti alligna una sottospecie particolarmente deleteria, i twidioti, che trovano il proprio habitat naturale, come ferrinianamente dice il ragionamento stesso, su Twitter.
Il twidiota appartiene ad una (o più) delle tante sette prodotte dal disagio sociale, dalla Legge Basaglia e dal degrado terminale del sistema educativo, impastati dalla mistica dell’ “Uno vale uno” che ha sdoganato il peggio della società , conferendogli dignità etica e rappresentaza politica.
Si nasconde dietro un profilo rigorosamente anonimo e si autodescrive con qualche frasetta malamente scopiazzata da uno dei blog per dementi di cui è un avido lettore (quantomeno delle prime tre frasi).
Presenta il suo profilo con formulazioni tipo “Rivendico la sovranità alla nazione italiana per consentire al popolo di decidere il suo destino” oppure “politicamente scorretto, contro le elite finanziarie e l’invasione degli africani”.
Qualcuno, meno sofisticato, adatta la frase trovata scartando i Baci Perugina nel tinello della nonna, mentre ne attendeva il ritorno dall’Ufficio Postale per spillarle la paghetta.
Il twidiota non va confuso con i profili fake utilizzati dai social media manager al soldo dei partiti e dai cui originano le shit storm per colpire avversari, viene diffusa la propaganda che osanna le gesta dei capitani o dei cittadini ministri, oppure si aizzano le menti labili contro gli immigrati e la KASTA.
Il twidiota è in pratica il target dei fake e quindi è un più o meno inconsapevole stumento della propaganda, come lo erano i militanti comunisti prima del crollo del Muro.
Solo che quelli sognavano il Paradiso dei Lavoratori, mentre il twidiota si accontenta di sognare il reddito di cittadinanza o il prepensionamento sottrattogli dall’odiata Fornero.
Il tutto pagato con il risparmio sui vitalizi dei parlamentari.
I twidioti si suddividono in varie categorie: tra le più diffuse si annoverano il twidiota pitecantropo (per lo stadio evolutivo in cui è rimasto intrappolato) e il twidiota tirannosauro (per la violenza cieca che esprime).
Il primo, contraddistinto spesso da una vessillo tricolore (mentre fino a 6 mesi fa col tricolore voleva pulirsi il didietro) è tristemente a digiuno di nozioni anche elementari di aritmetica, di scienza o semplicemente di storia e geografia e sintassi, insomma un Di Maio in sedicesimo.
Però ne esistono anche taluni dotati di titolo di studio superiore che ciononostante non riescono a seguire un percorso logico nemmeno sotto la minaccia di un khalashnikov.
L’attività preferita dal twidiota pitecantropo è l’interlocuzione con chi ha una qualche competenza professionale o scientifica su temi di cui ha letto alcune fandonie male assortite sul web.
Che siano vaccini, gasdotti, banche centrali, Ilva, big pharma, infrastrutture viarie o industria cinese il twidiota è convinto che dietro ci sia un complotto.
Lo stesso che ha impedito a lui di imparare la coniugazione dei verbi, finire le medie e trovare un lavoro.
Il motivo di questa pulsione a controbattere con argomenti da Fratelli Grimm su questioni complesse infatti nasce da un inscalfibile complesso di inferiorità .
Il twidiota nella vita è sostanzialmente un fallito che cerca una forma a buon mercato di riscatto. Ma è conscio che presentandosi con la sua vera identità qualsiasi cosa scrivesse in pubblico verrebbe accolta con lo scherno che merita (e che il twidiota subisce in silenzio come un Fantozzi del XXI secolo ogni giorno della sua squallida vita).
Qundi, avvolto dell’anonimato inventa un suo mesto mondo virtuale nel quale può autoconvincersi di avere un ruolo superiore a quello infimo di macchietta ambulante che la Natura crudele gli ha riservato.
L’apice lo raggiunge quando chiama a raccolta il branco di altri disadattati con i quali ha stretto un sodalizio.
I casi più tragici sono quelli di chi si spaccia per esperto di scie chimiche, per teorico della Modern Monetary Theory (una farneticazione diffusa da furbastri che sfruttano la credulità per arricchirsi), per giornalista & scrittore (scrivendo un blog che non legge nemmeno la zia), per costituzionalista o addirittura per fisico (dopo essere riuscito al quindicesimo tentativo a far bollire una pentola d’acqua).
Il twidiota tirannosauro è una figura più sempliciotta.
Non ambisce ad interloquire perchè è un’attività a cui ha rinunciato sin dalla tenera età . Il suo campo di attività è ristretto all’insulto puro.
Il bersaglio più pregiato (dal suo punto di vista) sono le persone che nella vita hanno avuto qualche successo, specie nel campo dello spettacolo o dello sport.
Infatti il twidiota tirannosauro è conscio di non avere un cervello in grado di assorbire nozioni la cui complessità superi la ricetta dell’uovo sodo. Pertanto si limita a nutrire ambizioni artistiche attizzate da X-Factor e reality show di analoga caratura intellettuale, che rappresentano la sua fondamentale ragione di vita.
Nella psiche labile del twidiota diventare un cantante una ballerina famosa, un’attrice o una modella non richiede altro che un innato talento (di cui si ritiene ampiamente dotato) e le conoscenze giuste.
Pertanto, quando constata che qualcun altro ottiene il posto al sole a cui pateticamente ambiva, il twidiota tironnosauro fa deflagrare la sua rabbia, perchè ritiene di essere stato espropriato di un inalienabile e sacrosanto diritto ai 15 minuti di notorietà .
I più infami arrivano ad insultare in branco una modella che partecipa a Miss Italia nonostante abbia perso una gamba in un incidente.
Aver messo a nudo che esistono migliaia di esseri umani i quali nei meandri melmosi della propria mente coltivano un tale grado di abiezione (inficiando la retorica del popolo buono) è un considerevole merito (se così si può dire) dei social network.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
IL DOCENTE DI ECONOMIA AL SANT’ANNA DI PISA ERA STATO INDICATO DAL M5S COME FUTURO MINISTRO DELL’ECONOMIA: “MA CHE PACE FISCALE, E’ UN CONDONO”
Andrea Roventini, classe 1977 e professore associato di economia alla Scuola universitaria
superiore Sant’Anna di Pisa, sarebbe stato il ministro dell’Economia italiano nel caso in cui il Movimento 5 stelle fosse riuscito a ottenere voti sufficienti per andare da solo al governo.
Poichè però non è andata così e al potere è salito un esecutivo nato da un accordo di governo tra la Lega di Matteo Salvini e il Movimento 5 stelle di Luigi Di Maio, in via XX Settembre oggi c’è il ministro Giovanni Tria. Che proprio in questi giorni, mediando tra le numerose istanze delle due parti, sta cercando di trovare la quadra in vista dell’aggiornamento del Def (Documento di economia e finanza) e, successivamente, della legge di bilancio da varare entro fine anno.
Business Insider ha domandato a Roventini un parere sui principali provvedimenti allo studio.
Le risposte del professore della Scuola universitaria superiore Sant’Anna di Pisa, sottolineando la distanza siderale tra alcuni dei temi cari al M5s e alcune misure volute dalla Lega, aiutano a capire quanto sia difficile e delicato in questa fase il lavoro di mediazione di Tria
Professor Roventini, cosa pensa della cosiddetta “quota 100” fortemente voluta dalla Lega, che dovrebbe offrire la possibilità di andare in pensione già da 62 anni ottenendo come risultato 100 dalla somma dell’età e degli anni di contributi? E’ d’accordo ad anticipare la pensione rispetto ai tempi previsti dalla legge Fornero in un contesto in cui l’età media è sempre più alta e la popolazione italiana continua a invecchiare?
“La demografia, che rispetto all’economia è una scienza più esatta, indica un progressivo invecchiamento della popolazione italiana. In questo contesto in cui dobbiamo rispettare vincoli europei stringenti, utilizzare le poche risorse che abbiamo per una quota 100 indiscriminata e rivolta a tutti è un’idea avventurosa. Meglio sarebbe correggere al margine la legge Fornero per tutelare le categorie di lavoratori più deboli, prevedendo per esempio una quota 100 solo per i lavori usuranti o forme di disincentivo ad anticipare la pensione come un ricalcolo con il metodo contributivo”.
La “flat tax” voluta dalla Lega sembra che in realtà non sarà una aliquota unica come il nome stesso implica, bensì una doppia aliquota per le partite Iva. Che ne pensa? E, più in generale, come vede una flat tax “canonica”?
“Mi sembra una bizzarria della contemporaneità definire qualsiasi taglio delle imposte una tassa piatta. Posto che mi trovo a seriamente a disagio a definire qualsiasi tipo di intervento fiscale come una flat tax, credo che una misura sulle partite Iva rappresenti un errore che non stimola la crescita economica, perchè gli imprenditori investono se c’è domanda, non se pagheranno meno tasse in futuro. Più in generale, la flat tax su tutti a redditi a due o tre aliquote — una sorta di pollo a tre gambe — rappresenterebbe un’ipotesi persino peggiore perchè porterebbe a una redistribuzione della ricchezza a favore dei più ricchi. Il bilancio statale ne risentirebbe, le disuguaglianza crescerebbero e non si riuscirebbe a stimolare la crescita economica”.
Immagino invece che si trovi d’accordo sul reddito di cittadinanza per cui sta combattendo il Movimento 5 stelle…
“Il reddito di cittadinanza, che di fatto è un reddito minimo condizionato, può essere applicato con gradualità , cercando di armonizzare tutti i sussidi che già ci sono. Costituirebbe un provvedimento positivo per due ragioni principali. La prima è che aiuterebbe le classi meno abbienti stimolando la domanda economica. La seconda è che contemplerebbe una serie di interventi per stimolare l’occupazione, a cominciare dal potenziamento dei centri di impiego, una misura che ritengo bipartisan. Chi afferma che si tratti di denaro per stare sul divano a guardare la tv sbaglia, perchè il reddito di cittadinanza richiede la frequentazione di corsi di formazione e una ricerca attiva di un nuovo impiego”.
Non si sa ancora quale forma assumerà il provvedimento definitivo, ma nei desiderata della Lega la cosiddetta “pace fiscale” dovrebbe prevedere uno sconto a chi ha incombenze e arretrati con il Fisco fino a 1 milione di euro. Il M5s sembra invece orientato a volere abbassare questa soglia. E’ d’accordo?
“Quando leggo di pace fiscale mi sembra di leggere ‘1984’ di George Orwell. E’ niente più di un condono fiscale. Il resto sono chiacchiere. L’esperienza storica del nostro paese e studi di istituzioni internazionali come l’Ocse mostrano che con i condoni si ottengono poche risorse, briciole insomma, ma il danno che si fa nel lungo termine è grande, perchè il contribuente perde ogni incentivo a pagare le imposte. Non mi è chiaro perchè il condono sia sempre andato così di moda in Italia, per tutti i governi. A ogni modo, sono stato molto contento di leggere questa mattina (il 24 settembre, ndr) che il vicepremier e ministro Di Maio ha ipotizzato il carcere per gli evasori fiscali”.
La proposta sul debito pubblico italiano elaborata da Marcello Minenna e di cui lei è cofirmatario, che in sintesi estrema prevede un meccanismo comune dell’area dell’euro per assicurare il rischio dei singoli paesi, ha fatto molto discutere e sui social network ha sollevato un vero e proprio vespaio di polemiche. L’economista Roberto Perotti, per esempio, vi ha contestato sostenendo tra l’altro che se la Germania accettasse una simile proposta sarebbe masochista. E’ sempre convinto di quell’idea o apporterebbe qualche modifica?
“La proposta, scritta a quattro mani con Minenna, Roberto Violi e Giovanni Dosi, non punta a gestire o, peggio, a non pagare il debito pubblico italiano, bensì si colloca nel più ampio dibattito su come riformare l’Eurozona e l’architettura dell’euro. Infatti, la via maestra per ripagare il debito pubblico italiano passa per una maggiore crescita economica guidata da aumenti della produttività . La nostra proposta prevede che il fondo Salvastati (Esm) diventi veramente una sorta di Fondo Monetario Europeo trasformandosi in un assicuratore di ultima istanza dei debiti dei paesi dell’area dell’euro. In questo contesto, l’Italia, gravata da un debito pubblico maggiore, pagherebbe un premio assicurativo più alto rispetto a paesi come la Germania e la Francia. Nello stesso tempo, il premio maggiore pagato dai paesi con debiti pubblici più elevati come l’Italia servirebbe sia per ricapitalizzare il fondo sia per un piano di investimenti pubblici indirizzati ai paesi più deboli: una sorta di piano Juncker potenziato. Il reinvestimento dei premi assicurativi nelle economie dei paesi che li pagano renderebbe minimo il rischio morale e disincentiverebbe possibili ristrutturazioni del debito pubblico. Non si tratta quindi di un regalo dei contribuenti tedeschi all’Italia, sia perchè la Germania non pagherebbe alcun premio, sia perchè di una riduzione del rischio di default del nostro paese beneficerebbero tutti i membri dell’area dell’euro.
Nel lungo periodo, la nostra proposta porterebbe alla nascita degli Eurobond (obbligazioni comuni garantite da tutti i membri dell’Eurozona, ndr) e a una politica fiscale condivisa all’interno della moneta unica. Il nostro piano quindi mira a una maggiore integrazione europea e non all’uscita dell’Italia dall’euro. Spero che gli economisti del nostro paese suggeriscano altre proposte invece di accettare lo status quo e che così possa nascere un dibattito costruttivo su come migliorare il funzionamento dell’euro. Purtroppo, in Italia si continua a perdere tempo, perchè invece di dialogare con l’Europa in maniera proficua con proposte concrete si alternano momenti di accettazione incondizionata e acritica delle riforme europee a momenti di sfida senza alcun approccio costruttivo”.
(da “Business Insider”)
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Settembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
MICAELA QUINTAVALLE AVEVA DENUNCIATO LE RESPONSABILITA’ DEI VERTICI DELL’AZIENDA SUI MOTIVI PER CUI DECINE DI BUS SONO ANDATI A FUOCO: SCARSA MANUTENZIONE… ABBANDONATA DAI VERTICI GRILLINI DOPO CHE AVEVA PRESO POSIZIONE A LORO FAVORE PRIMA DELLE COMUNALI
Dopo 128 giorni di sospensione è arrivata la lettera di licenziamento. Con un video pubblicato sul proprio profilo Facebook, Micaela Quintavalle, la sindacalista dell’Atac, l’azienda del trasporto pubblico romano, finita nell’occhio del ciclone dopo la sua intervista alle Iene pessime condizioni delle vetture Atac e sui casi dei tanti autobus andati a fuoco a Roma, ha raccontato di aver ricevuto ufficialmente la lettera di licenziamento da parte dell’azienda.
“E’ appena arrivata la lettera – dice cercando di trattenere le lacrime -. Comunque nel male si è usciti dal limbo, dall’empasse. In questo modo, dopo 128 giorni di sospensione nei quali non ho potuto lavorare e dove ho potuto vivere grazie alle vostre donazioni, posso riprendere in mano la mia vita. Ovviamente fa male, non ho idea di quello che accadrà adesso. Impugnerò questo licenziamento. Paradossalmente ho sempre amato questa azienda e mi sono sempre mossa a difesa. È tutto assurdo. Oggi sono solo lacrime, domani tornerò acciaio”.
Quintavalle è finita nell’occhio del ciclone dopo la sua intervista alle Iene dello scorso 10 maggio sui casi di autobus andati a fuoco a Roma in cui spiegava che sui bus romani “non c’è manutenzione, non ci sono i pezzi di ricambio”, mostrando foto e video di mezzi danneggiati che sarebbero stati messi comunque in circolazione.
E da qui l’esplosione letterale delle vetture, quei roghi che scoppiavano (e si accendono tuttora) nei motori delle vetture in servizio.
Non solo. Denunciava anche che ai colleghi che sui documenti ufficiali della corsa scrivono “vettura guasta” vengono inseriti in una specie di black list, a loro “vengono fatti dispetti, ad esempio vengono tolti dagli straordinari”.
Otto giorni dopo, il 18 maggio, l’azienda le notifica un provvedimento di sospensione contestandole di aver rilasciato un’intervista in cui “ledeva l’immagine e la reputazione dell’azienda”.
E di averlo fatto, tra l’altro, “indossando la divisa aziendale”, durante l’orario lavorativo.
Dall’inizio dell’anno i mezzi Atac andati a fuoco sono stati una ventina e ai primi di settembre i periti della Procura di Roma hanno confermato che la colpa dei bus andati a fuoco era l’impiego di mezzi di ricambio non compatibili e non “sabotaggi interni” come l’azienda aveva cercato di accreditare.
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
NEL DECRETO GENOVA NON C’E TRACCIA DEL FINANZIAMENTO DI 791 MILIONI … IL SOLE 24 ORE: “LI HA FATTI SPARIRE TONINELLI”
Il finanziamento aggiuntivo di 791 milioni al Terzo Valico dei Giovi è scomparso dal decreto per
Genova. Lo ha scritto stamattina Il Sole 24 Ore aggiungendo che i fondi sono scomparsi per la contrarietà all’opera del ministro Danilo Toninelli.
C’è da segnalare che il ministro qualche tempo fa ha annunciato di aver cambiato idea sulla Gronda di Genova, mentre la Lega Nord, prima e dopo la tragedia del Ponte Morandi, aveva sempre appoggiato la costruzione di quella e altre infrastrutture.
La decisione sarebbe quindi del M5S e sicuramente non concordata con la Lega, che con Edoardo Rixi aveva più volte perorato la causa delle infrastrutture a Genova e al Sud.
Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, stamattina è andato all’attacco: “Oggi non solo sono stati espunti i soldi, così si legge nelle indiscrezioni perchè nessuno ha visto il decreto, dell’anticipo per accelerare le opere ma anche il quinto lotto che è già stato approvato dal Cipe e bollinato dalla Corte dei Conti è ancora fermo al ministero delle Infrastrutture in attesa di quella verifica costi-benefici che questo governo ha voluto innescare e di cui a mio modo di vedere non c’era alcun bisogno”.
“Il ritardo nell’erogazione di quei fondi — aggiunge Toti — se dovesse comportare anche un minimo ritardo nei lavori del Terzo Valico sarebbe un ulteriore imperdonabile danno per la città di Genova prodotto dalle politiche di questo governo che non comprendo”.
L’augurio è che “si sblocchi il miliardo e 150 milioni del quinto lotto già approvato” ed entrino nel Decreto Genova “almeno in fase di conversione” i fondi ulteriori per il Terzo Valico “per accelerare i lavori”.
E infine “che lo stesso decreto venga pubblicato visto che lo stiamo aspettando ormai da un tempo piuttosto imbarazzante”.
All’attacco anche Chiamparino (“A questo punto, il rischio che si interrompa la seconda grande opera necessaria a fare in modo che Piemonte, Lombardia e Liguria diventino una delle grandi piattaforme logistiche d’Europa è sempre più vicino”) e i segretari generali di Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, Vito Panzarella, Franco Turri e Alessandro Genovesi: “Chiediamo un incontro urgente al ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, non escludendo sin dai prossimi giorni iniziative di mobilitazione a difesa del lavoro e del futuro del Paese”.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
PAPA’ LINO: “IMMAGINE VIGLIACCA”… QUATTRO POLIZIOTTI CONDANNATI IN VIA DEFINITIVA PER ECCESSO COLPOSO IN USO LEGITTIMO DELLE ARMI
E’ morto ancora ragazzo, diciotto anni appena compiuti, l’alba del 25 settembre 2005, tredici anni fa. Federico Aldrovandi stava tornando a casa nella sua Ferrara dopo una notte fuori quando incontrò sulla sua strada quattro agenti di polizia.
Un controllo delle forze dell’ordine si trasformò in qualcosa di terribile: la morte di un giovane per i colpi ricevuti, un giovane già ammanettato, a terra, che invocava aiuto. Per quella morte i quattro agenti – Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri – sono stati condannati in via definitiva per eccesso colposo in uso legittimo delle armi, a tre anni e sei mesi – tre anni poi cancellati dall’indulto.
Una sentenza possibile grazie ad alcune fondamentali testimonianze. Ma il corpo di Federico parlava, con le sue oltre 50 fra lesioni ed ecchimosi.
“Ore 06:04, la fine della vita di un ragazzo di 18 anni”. Da tredici anni Lino Aldrovandi, il papà di Federico, è tormentato da un pensiero “che non mi lascia mai e tende a soffocarmi e a massacrarmi ogni volta: ‘Se solo avessero ascoltato quelle urla di basta e aiuto, anzichè, mentre lui bloccato a terra dagli altri tre, veniva tempestato di calci dal quarto in piedi’”.
Un’immagine che Lino definisce “aberrante, inaccettabile e vigliacca, sotto tutti i punti di vista. E Federico, si ricordi sempre, non aveva commesso alcun reato”.
In questi tredici anni di dolore incancellabile la famiglia Aldrovandi – Lino, Patrizia e il fratello Stefano, che era ancora un ragazzino nel 2005 – hanno ricevuto l’affetto di tanti, nella loro Ferrara e da tutta Italia.
Il volto di Federico è un vessillo negli stadi, è un grido che si propaga ogni anno, oggi nell’anniversario e il 17 luglio, compleanno di Federico, e in mille altre occasioni.
Ma questi tredici anni di attese per una giustizia che poi è arrivata – con la sentenza definitiva in Cassazione e le parole durissime del procuratore generale che definì i quattro agenti “schegge impazzite” e li accusò di negligenza, imprudenza, depistaggi e cooperazione colposa – sono stati resi ancora più difficili da continue polemiche, tramutatesi talvolta in affronti, da parte ora di sindacati di polizia ora di parlamentari che negarono perfino il sangue sparso di Federico sul tavolo dell’obitorio.
L’ultima bufera che ha travolto il ricordo del 18enne ferrarese si è sollevata per le parole del questore di Reggio Emilia, Antonio Sbordone, sicuro che se tredici anni fa ci fosse stato il taser a disposizione dei poliziotti “Aldrovandi sarebbe ancora vivo”.
Parole cui la famiglia ha risposto con dolorosa durezza.
E ancora oggi Lino insiste: “Mi domando spesso, se gli fosse stato concesso, chissà cosa ci avrebbe raccontato” di quanto gli era accaduto. Ma “quella maledetta mattina qualcuno decise del suo destino, ma anche del mio e della mia famiglia. Non è giusto sopravvivere alla morte di un figlio e non potrà mai esistere pace nel mio cuore, finchè ogni volta rivivrò nei pensieri, attimo per attimo questa orribile e disgustosa storia, perchè quella pace e quella gioia di vivere si chiamava Federico e Federico non c’è più, e a me è rimasto di portargli dei fiori e l’amore di tanti cuori”.
Tanti cuori che si ritroveranno il 29 settembre a Ferrara, in viale Alfonso I d’Este, dalle 18.
Ci saranno Lo Stato Sociale, Marina Rei, Paolo Benvegnù e tanti altri. Ci sarà chi ricorda Federico e chi non smette di chiedere “Giustizia per Aldro”.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
LA NOTA DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA: “IL M5S NON RIUSCIRA’ A CANCELLARE LA LIBERTA’ DI STAMPA”
Dopo il post sul blog in cui i pentastellati si dicevano pronti ad abolire l’Ordine dei Giornalisti
arriva, secca, la replica della Fnsi: “Stiano tranquilli, i neoprofeti del pensiero unico a 5 Stelle. Non saranno i provvedimenti di natura ritorsiva annunciati contro un’intera categoria di professionisti e neppure le liste di proscrizione ai danni di colleghi che vogliono continuare a fare il loro lavoro a cancellare la libertà di stampa in Italia”.
A scriverlo, in una nota, sono Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana.
“Gli attivisti del Movimento – proseguono i vertici Fnsi – devono farsene una ragione: non sono loro a stabilire che cosa è vero e che cosa è falso, in base alle loro convenienze. I giornalisti devono pubblicare tutte le notizie, soprattutto quelle sgradite a chi governa, chiunque sia, perchè in democrazia la funzione della stampa è quella di denunciare gli abusi di potere. Nessun dubbio che quello di Rocco Casalino sia stato un abuso di potere che era giusto denunciare perchè Casalino non è un passante, ma il portavoce del premier. Altro che ridicole lezioni di deontologia e richiami impropri alla Costituzione da parte di chi, anche per poco edificanti vicende personali, dovrebbe soltanto tacere”.
“Quanto all’Ordine dei giornalisti – concludono Lorusso e Giulietti – una sola domanda: se non serve a niente perchè Luigi Di Maio continua a esservi iscritto? Per avere un tesserino da esibire? Piuttosto, spiace dover constatare che i propositi di regolare i conflitti di interessi, impedire l’occupazione della Rai e contrastare le ‘querele bavaglio’ e il lavoro precario siano stati rinviati a data da destinarsi”.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
I GRILLINI CHE HANNO VOTATO PER UN DIVULGATORE DI BUFALE ALLA PRESIDENZA RAI, MINACCIANO LA RAPPRESAGLIA CONTRO L’INFORMAZIONE… LORO STANNO CON CHI MINACCIA IL MEF
Dicono che l’hanno sempre detto. E infatti un movimento di invasati fanatici ama solo chi lecca le natiche ai nuovo padroni e odio chi critica. La loro libertà di stampa è mettersi in ginocchio davanti al Verbo di Grillo o Casaleggio e del capetto di turno e lanciare anatemi con chi osa dissentire.
Per questo i reazionari a 5 stelle, complici della deriva xenofoba e razzista di Salvini, hanno votato per la presidenza della Rai uno re-twittatore seriale di bufale, amico e dello spacciatore di Fake News Bannon
Così non pensano ad altro che ad abolire l’Ordine dei giornalisti, ossia dare un colpo mortale perchè la professione diventi ancora di più un mercato delle vacche e senza dignità .
E per cosa? Per rappresaglia: “A cosa serve l’ordine dei giornalisti se non sanziona la diffusione delle notizie false e i comportamenti antietici di giornalisti mossi solo da interessi di partito e non dal desiderio di informare i cittadini? A niente. Quindi aboliamolo. Il provvedimento è già sul tavolo del governo”.
Parole in un post pubblicato sul Blog delle stelle a firma del Movimento, che difende Rocco Casalino, portavoce del governo Conte, dopo il caso dell’audio contro i tecnici del Mef diffuso dai media.
Difendono Marcello Foa e Rocco Casalino e attaccano l’informazione libera fatta da tanti bravi giornalisti che da soli denunciano le malefatte di corrotti, malavitosi e magiosi.
(da Globalist)
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