Settembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
UNO GARANTISCE GLI EVASORI FISCALI E I RICCHI, L’ALTRO SI COMPRA I POVERI CON I SOLDI DEI RISPARMIATORI… QUANDO LO STATO NON AVRA’ NEANCHE PIU’ I SOLDI PER PAGARE STIPENDI E PENSIONI SAPRETE CHI RINGRAZIARE
Intesa raggiunta sull’innalzamento del rapporto deficit-Pil al 2,4% per il 2019. È l’esito del vertice di governo che ha preceduto la riunione del Consiglio dei ministri che deve approvare la Nota di aggiornamento al Def. Di Maio e Salvini hanno vinto la battaglia con il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che chiedeva di restare entro la soglia del 2%.
Per tutta la giornata si sono susseguiti incontri e trattative ma alla fine il responsabile del Tesoro si è dovuto arrendere. «Accordo raggiunto con tutto il governo sul 2,4%. Siamo soddisfatti, è la manovra del cambiamento» commentano i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
L’Ue: sopra la soglia del 2% la manovra sarà bocciata
Intanto da Bruxelles arriva un avvertimento all’Italia. La legge di bilancio rischia la bocciatura da parte della Commissione europea se il deficit nominale dovesse superare la soglia del 2%. La decisione sarà presa dal collegio dei commissari nella seconda metà di ottobre, dopo la presentazione formale del progetto di Legge di bilancio, ma i tecnici dell’esecutivo comunitario inizieranno sin da subito a analizzare i dati contenuti nella nota di aggiornamento del Def.
Parlamentari e militanti festeggiano fuori dalla Camera l’indebitamento degli italiani
«Armati» di bandiere del movimento, militanti e parlamentari pentastellati si sono riuniti fuori dalla Camera per «festeggiare» l’intesa raggiunta sulla manovra. Molti senatori stanno facendo anche selfie e video per «far conoscere agli elettori i risultati raggiunti». Il gruppo di manifestanti sta sfilando davanti a Montecitorio diretto a Palazzo Chigi.
IL CONTENUTO
Un primo avvio della flat tax per oltre un milione di partite Iva ma anche del reddito e della pensione di cittadinanza, una nuova rottamazione delle cartelle, il superamento della legge Fornero e un fondo da 1,5 miliardi per i truffati delle banche.
Sono questi i principali contenuti dell’accordo raggiunto nella maggioranza di governo in vista della predisposizione della nota di aggiornamento del Def.
Eccoli.
REDDITO DI CITTADINANZA, 10 MILIARDI ( MA LA META’ ARRIVANO DA REDDITO INCLUSIONE E INDENNITA’ DISOCCUPAZIONE ELIMINATI)
Arriva un primo assaggio da 10 miliardi del reddito di cittadinanza e delle pensione di cittadinanza.
C’è anche il via libera alle pensioni di cittadinanza, che fissa una soglia di 780 euro per le pensioni minime. Si parte sicuramente da un rafforzamento dei centri per l’impiego.
FLAT TAX AL 15% PER OLTRE 1 MLN DI PARTITE IVA
La flat tax riguarda solo le partite Iva. Di fatto è un allargamento del fisco forfettario che include l’Iva: proprio per questo il beneficio nel 2019 per i contribuenti riguarderà l’imposta sul valore aggiunto per poi spostarsi nel 2020 sui redditi guadagnati.
SUPERAMENTO FORNERO
I sondaggi dicono che è il tema più atteso della manovra e sia Lega sia M5s puntano ad intestarsi la misura. La possibilità di andare in pensione anticipatamente – attraverso un meccanismo di quota 100 – riguarderà (forse) 400 mila persone
TRUFFATI BANCHE, AUMENTANO I RISARCIMENTI
Aumentano i fondi per i «truffati dalle banche». Inizialmente si ipotizzava un fondo di 500 milioni, ieri il vicepremier Di Maio ha parlato di un miliardo: si sarebbe arrivati a trovare 1,5 miliardi per un fondo ad hoc alimentato dai conti dormienti.
Amesso che si possa parlare di truffati, visto che molti erano persone sprovvedute che pensavano di speculare senza capirne i rischi
CONDONO FISCALE AGLI EVASORI
L’accordo di governo contiene anche il provvedimento per la cosiddetta “pace fiscale” che prevede la chiusura delle cartelle Equitalia e che avrà un impatto una tantum sui conti. Una bozza del Def indica una soglia fino a 100 mila euro, ma la soglia potrebbe non essere stata fissata nell’accordo.
(da agenzie)
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Settembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
L’ANALISI DEL COSTITUZIONALISTA D’ANDREA SUI PUNTI CONTROVERSI
La revoca della cittadinanza, la sospensione della domanda di protezione, i rimpatri, l’abrogazione della protezione umanitaria, ma anche i presupposti del decreto legge. Sono alcuni dei punti contenuti nel dl immigrazione, approvato dal Consiglio dei Ministri e presentato in conferenza stampa da Matteo Salvini e Giuseppe Conte, che non convincono i costituzionalisti.
In dieci tra i quali Gustavo Zagrebelsky, Lorenza Carlassare, Salvatore Settis e Paul Ginsborg, hanno firmato una nota pubblicata da Libertà e Giustizia in cui spiegano che “tra le molteplici aberrazioni giuridiche, colpisce in particolare quella che prevede la revoca della cittadinanza come sanzione per la commissione di determinati reati. Discriminare all’interno della cittadinanza significa creare un ordinamento separato sulla base dell’appartenenza etnica. D’ora innanzi, alcuni saranno cittadini; gli altri sudditi“.
Ilfattoquotidiano.it ha interpellato il costituzionalista Antonio D’Andrea, professore ordinario all’Università degli Studi di Brescia, che condivide le preoccupazioni dei colleghi, sottolineando i punti del decreto che ritiene più controversi.
Revoca della cittadinanza
Nell’articolo 14 del decreto si legge che “la cittadinanza italiana […] è revocata in caso di condanna definitiva per reati” commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale, compresi concorso, favoreggiamento e finanziamento di tali reati. In altre parole, una persona che ha acquisito la cittadinanza italiana, che non è quindi cittadino dalla nascita, può vedersela revocata nel caso di sentenze definitive di colpevolezza per reati gravi.
Ma una condanna penale non può portare a provvedimenti del genere: “Ma come si fa a proporre un provvedimento del genere? — domanda D’Andrea — È impensabile che una persona che ha ottenuto la cittadinanza italiana e ha, quindi, gli stessi diritti e doveri di chi, come noi, è italiano per nascita, possa vedersi revocare tale diritto. Se è un provvedimento inapplicabile per noi lo deve essere per tutti i cittadini. La Costituzione non ammette alcun regime speciale, nessuna ghettizzazione“.
Nel caso in cui, invece, il soggetto in questione abbia avviato le procedure per diventare un cittadino italiano, lo Stato ha il diritto, in caso di una condanna del genere, di respingere la domanda.
“È una salvaguardia legittima della sicurezza nazionale”, spiega il costituzionalista.
Sospensione della domanda di protezione internazionale e rimpatrio
L’articolo 10 prevede che per i richiedenti con procedimento penale in corso “per uno dei reati che in caso di condanna definitiva comporterebbero diniego della protezione internazionale” venga disposta “la sospensione dell’esame della domanda di protezione e l’obbligo di lasciare il territorio nazionale“.
Solo in caso di assoluzione con sentenza definitiva, la persona potrà chiedere la riapertura della domanda di protezione internazionale entro dodici mesi. In caso contrario, “la Commissione competente dichiara l’estinzione del procedimento”.
“Dal punto di vista costituzionale — spiega D’Andrea — l’avvio di un procedimento penale non può portare all’allontanamento dal territorio nazionale di un soggetto che richiede protezione. Per due motivi: primo, perchè non stiamo parlando di una persona condannata in via definitiva e, secondo, perchè la sua eventuale colpevolezza non può inficiare la richiesta di protezione. In parole povere: se questa persona si è macchiata di un reato anche grave, questo non è legato al fatto che abbia effettivo bisogno di protezione internazionale. Non siamo noi, come Stato, che possiamo decidere di metterlo nelle mani di coloro che potrebbero attentare alla sua sicurezza, anche perchè l’ottenimento della protezione è legato a convenzioni internazionali che non possono essere limitate da provvedimenti nazionali. È una forzatura costituzionale: il rapporto tra causa e provvedimento è sproporzionato”.
In questo modo, precisa D’Andrea, una persona potrebbe essere rimpatriata solo a seguito di una denuncia, anche anonima, perchè in questo caso l’autorità giudiziaria inquirente ha l’obbligo di avviare un’azione penale: “È impensabile perchè in questo Paese il diritto alla difesa è garantito e il decreto apre alla possibilità di un uso strumentale della denuncia”.
Presupposti del decreto legge: sussistono davvero le condizioni di necessità e urgenza?
Nell’articolo 77 della Costituzione si legge che “il Governo non può, senza delegazione delle Camere [cfr. art. 76], emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria”, tranne “in casi straordinari di necessità e di urgenza“. E nel testo del governo, in effetti, viene più volte ripetuto che il decreto è giustificato da una situazione di necessità e urgenza. Aspetto, però, che non combacia con le dichiarazioni dello stesso ministro dell’Interno che, più volte negli ultimi mesi, ha ripetuto che gli sbarchi di immigrati hanno subito un calo dell’80% rispetto all’anno precedente.
“Le dichiarazioni di Salvini creano certamente una stortura e un cortocircuito — dice D’Andrea — La Corte Costituzionale riceverà sicuramente dei dubbi su questo aspetto che dovrà analizzare. Potrebbero mancare i presupposti che giustificano l’utilizzo di un decreto legge che provocherebbero l’annullamento da parte dei giudici. Si tratterebbe di un vizio di forma che non può essere sanato nemmeno dalla conversione in legge da parte del Parlamento, visto che il procedimento legislativo seguito non rispetterebbe la Costituzione”.
Esecuzione dell’espulsione: giusto mandare le persone in strutture diverse da quelle predisposte?
L’articolo 4 prevede che, nel caso in cui non vi sia disponibilità di posti nei Centri di Permanenza per i Rimpatri (Cpr) o in quelli nel circondario del Tribunale competente, “il Giudice di Pace, su richiesta del Questore […] può autorizzare la temporanea permanenza dello straniero, sino alla definizione del procedimento di convalida in strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza”. Questa disposizione, spiega D’Andrea, non è di per sè incostituzionale, visto che un giudice può autorizzare provvedimenti del genere.
“Il problema — continua — è che non si capisce in che tipo di centri ‘idonei’ saranno ospitati questi soggetti. Si tratta di persone ‘in attesa del procedimento di convalida’, come si legge nel testo, e quindi escludo che possano essere trattenute per mesi in strutture considerabili come centri di detenzione. Inoltre, deve essere anche valutata la loro ubicazione sul territorio nazionale: se il giudizio sul provvedimento relativo all’espulsione viene esaminato, ad esempio, a Catania, spostare il soggetto a Bolzano potrebbe essere considerato una limitazione della libertà della persona di poter seguire il proprio procedimento”.
Nessun permesso di soggiorno per lavoro a chi gode della “protezione per calamità ”
Il decreto legge introduce anche il cosiddetto “permesso di soggiorno per calamità “, spiegando che si tratta della possibilità per lo straniero richiedente protezione internazionale di rimanere in Italia per sei mesi nel caso in cui “il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità ”.
Il testo continua spiegando che, in questo arco di tempo, il soggetto può svolgere attività lavorativa, ma il permesso per calamità “non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro“.
Tradotto: se questa persona trova un lavoro regolare, pagando quindi tasse e contributi, non potrà continuare a svolgerlo dopo la scadenza del permesso.
“Una legge irrazionale non è mai conforme alla Costituzione — spiega D’Andrea — L’idea che un soggetto si trovi sul territorio nazionale legalmente, che riesca a trovare lavoro e che, nonostante questo, se ne debba andare dopo sei mesi è decisamente irrazionale e, a mio parere, incostituzionale”.
Abrogazione della protezione umanitaria
L’ultimo aspetto su cui D’Andrea solleva dei dubbi di costituzionalità è lo stop alla protezione umanitaria per coloro che già ne godono nel Paese. Se i nuovi arrivati dovranno adeguarsi alle nuove e più stringenti disposizioni del governo, per coloro che già godono di questo particolare tipo di protezione internazionale la situazione è diversa. Il provvedimento non è retroattivo, quindi non stravolgerà decisioni già prese in passato, ma nel testo si legge che “i titolari di protezione umanitaria presenti nel Sistema di protezione […] rimangono in accoglienza fino alla scadenza del periodo temporale previsto dalle disposizioni di attuazione sul funzionamento del medesimo Sistema di protezione e comunque non oltre la scadenza del progetto di accoglienza”. Questo vuol dire che la protezione umanitaria, al momento della scadenza (generalmente viene riconosciuta per un periodo variabile da sei mesi a due anni, ndr), non sarà rinnovata.
“Questo particolare aspetto solleva dubbi di costituzionalità — conclude il docente — L’impedimento del rinnovo di un diritto acquisito, nel caso in cui permangano le condizioni che lo hanno reso necessario, rappresenta un affievolimento delle garanzie per lo straniero. Bisogna domandarsi se questo sia compatibile con i dettami costituzionali”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
PER CERCARE SOSTEGNO SUI RIMPATRI ORA SALVINI VUOLE “AIUTARE LA TUNISIA NELLA CRESCITA” E SI RIMANGIA GLI INSULTI… E COME IL RE MOGIO PORTA IN DONO DUE MOTOVEDETTE (TANTO PAGANO GLI ITALIANI)
Lo strappo è stato ricucito. La Tunisia non è più l’esportatrice di galeotti, ma un Paese con cui l’Italia ha e deve continuare ad avere un “rapporto imperdibile”.
Tunisi, la “Canossa” di Matteo Salvini. “Siamo qui per migliorare accordi già esistenti e ottenere passi avanti. Come Italia lavoreremo per risvegliare l’Unione europea che anche nei confronti della Tunisia dorme”: esordisce così il ministro dell’Interno e vice premier al suo arrivo a Tunisi.
Ad accogliere Salvini, l’ambasciatore d’Italia a Tunisi, Lorenzo Fanara, e il direttore generale della Cooperazione internazionale del ministero tunisino dell’Interno, Ezzedine El Amri.
Se la sua non è una missione “riparatrice”, ci si avvicina e di molto.
Tempestivo, e immancabile, il tweet del leader leghista: “Appena atterrato a Tunisi, felice di incontrare nuovamente il collega ministro dell’Interno Fourati. Abbiamo confermato tra i nostri due Paesi massimo impegno comune sui fronti dell’immigrazione, della sicurezza, della lotta al terrorismo, dello sviluppo economico”.
I tunisini “stanno facendo sforzi notevoli, non sempre sostenuti da grandi risultati”, ha detto poi il titolare del Viminale in un punto stampa definendo quello con la Tunisia un “rapporto imperdibile”, spiegando che l’Italia è il “primo partner” del Paese maghrebino e insistendo sull’importanza di sviluppare l’economia locale: “Ringrazio chi fa impresa perchè è l’unico modo per garantire migrazione fuori controllo – ha detto – io posso portare motovedette, convincere la Ue, ma l’unico modo è fare impresa e convincere i ragazzi tunisini a stare qua. Questo vale anche in Egitto, purtroppo c’è la crisi libica e l’interesse nostro e tunisino è lo stesso, mentre c’è chi preferisce fughe in avanti e instabilità per motivi commerciali”.
La “Canossa” salviniana non si ferma qui.
Il vicepremier leghista elogia la Tunisia: “Le relazioni bilaterali Italia-Tunisia sono ottime. Tunisi è un modello di democrazia per tutta l’Africa e intendiamo sostenerla con determinazione anche in difesa dalle minacce terroristiche. Gli incontri – prosegue il vicepremier – saranno l’occasione per intensificare i rapporti politici, culturali ed economici tra i due Paesi, anche al fine di promuovere nuovi investimenti italiani e il sostegno alle 800 imprese nazionali che operano in Tunisia e garantiscono 63 mila posti di lavoro diretti più l’indotto”.
“Sarà fondamentale – va avanti il responsabile del Viminale – rafforzare la vasta cooperazione sul piano della sicurezza, tenuto conto che la Tunisia è il Paese che, insieme all’Italia, ha subìto il più forte impatto dalla crisi libica. Contrastare l’immigrazione clandestina costituisce una priorità condivisa dai due Paesi per combattere i gruppi criminali che si arricchiscono con i flussi illegali ed evitare tragedie in mare”.
Poi l’annuncio in diretta Facebook: “Entro ottobre consegneremo due motovedette sistemate dal governo italiano e altre 4 nei prossimi tempi”.
Questo e altre misure serviranno a rendere “efficaci ed efficienti gli accordi con la Tunisia”. Rivolto poi al suo omologo Hichem Fourati, ha detto: “So che voi, come noi, avete dei problemi con gli organismi economici internazionali. Vedremo di affrontare queste battaglie insieme”.
E il ministro tunisino ha risposto: “Ecco perchè dobbiamo ragionare insieme e riflettere su soluzioni comuni, in particolare il tema dell’immigrazione. Non possiamo contrastare questo fenomeno solo parlando di sicurezza e in questa riunione presso il ministro dell’Interno parleremo anche di come le autorità italiane possono aiutare e sostenere la Tunisia anche con materiale, con attrezzatura per contrastare questo fenomeno”.
La missione-lampo di Salvini nasce dal fatto che, in un contesto caratterizzato nel complesso da un calo rilevante degli sbarchi in Italia, i tunisini sono al primo posto nella classifica dei migranti che giungono nei nostri porti.
Stando infatti all’ultima rilevazione del Viminale, quest’anno ne sono sbarcati 4.487 (su un totale di 21.024 persone).
Al secondo posto e terzo posto gli eritrei (3.047 al 25 settembre) e i sudanesi (1.595). Arrivano nelle aree di Porto Empedocle, Sciacca, Licata, nell’Agrigentino, su barconi di legno di 10-12 metri, che spesso vengono anche abbandonati.
In alcuni casi gli occupanti delle imbarcazioni riescono a scendere e far perdere le loro tracce, in altri gli uomini della Guardia di Finanza o della Capitaneria di porto li hanno individuati.
Più a ovest, verso Trapani o Mazzara, gli immigrati sbarcano, invece, da gommoni che portano dalle 20 alle 40 persone alla volta. In alcuni casi, assieme agli esseri umani, sono stati recuperati anche carichi di sigarette o stupefacenti.
È la rotta tunisina, che attraversa il confine tra Tunisia e Libia. E per rafforzare la “ricucitura”, c’è anche l’incontro tra il vice premier italiano e il presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
MICHELA QUINTAVALLE: “MI ERO SPESA PER VIRGINIA, MA LA SINDACA MI HA MOLTO DELUSA”
Prima sospesa da Atac per un’intervista-denuncia sulla mancata manutenzione che porta i bus della Capitale ad incendiarsi, poi, 128 giorni dopo, la lettera di licenziamento.
Miacaela Quintavalle era stata usata dai grillini quando erano all’opposizione per fare guerra alla giunta di Centro sinistra, una volta salito loro al Cmpidoglio l’hanno scaricata.
“Atac invece di annientare chi denuncia, dovrebbe condividere le preoccupa-zioni dei suoi utenti”.
L’ex dipendente è molto delusa: “ma non perchè mi hanno licenziata. Dico che Raggi in Atac ha solo peggiorato le cose, perchè non si è affidata a chi ne sapeva più di lei”.
E sottolinea che non c’è stato nessun cambiamento “In peggio. Nei due anni di giunta Raggi il servizio è peggiorato, così come la manutenzione. Ma la cosa che ha deluso tutti, e che nessuno dice, è che hanno confermato ai vertici le persone che hanno portato Atac in rosso di 1,3 miliardi. Potevano fare molto e non hanno fatto niente”.
(da Globalist)
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Settembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
DA QUANDO SI E’ CONVERTITO A DIFENSORE D’UFFICIO DEL GOVERNO LEGA-M5S NON FA CHE RIMEDIARE BRUTTE FIGURE
Luca Telese da qualche tempo è diventato uno dei più accesi sostenitori del governo Salvini-Di Maio. Non è l’unico, anzi ce ne sono parecchi.
Di per sè ovviamente non c’è nulla di male, ciascuno può legittimamente avere la sua opinione.
Impossibile però non notare il costante (a volte purtroppo inefficace) lavoro di difesa del governo.
Una manovra di avvicinamento che però non manca di suscitare una certa ilarità . Perchè se da uomini di mondo sappiamo bene che il rapporto tra giornalismo e potere è quanto meno una relazione complicata non sfugge la goffaggine con la quale Telese si sta muovendo.
Come Luca Telese spiegava la storia dei 49 milioni della Lega
Ad esempio qualche tempo fa Telese condusse in prima linea la battaglia a favore del Parmigiano Reggiano raccontando la storia dell’OMS che lo voleva dichiarare pericoloso come le sigarette e imporre una tassazione maggiorata sul famoso formaggio italico.
Manco a dirlo a combattere contro i poteri forti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità c’era Matteo Salvini.
Telese poi è passato a spiegare la storia dei 49 milioni della Lega, difendendo il Carroccio e spiegando che il sequestro non era giusto.
Precorrendo i giorni dell’ira dei giusti di Salvini, Telese parlava di “sequestro punitivo” e diceva che non tutti i 49 milioni dovevano essere sequestrati perchè nemmeno la Procura era riuscita a ricostruire l’esatto importo dei rimborsi oggetto della truffa.
Poi però la Lega ha deciso di accordarsi con la Procura di Genova per un piano di restituzione a rate dell’intera somma con cadenza bimestrale in 66 anni.
Ma il nostro non se la beve. Anzi: spiega che la rateizzazione dei famosi 49 milioni di euro della Lega «è semplicemente una ammissione di errore da parte dei giudici» o una «evidente ammissione di errore della procura», abbozzando anche una teoria del complotto.
Ovvero che l’idea della rateizzazione sia stata «forse suggerita discretamente dal Colle» (il che, per inciso sarebbe gravissimo). Ecco che l’onore di Salvini e della Lega è salvo, sono i giudici che hanno sbagliato e invece che dirlo o aspettare che venga dimostrato in tribunale si accordano con la Lega.
Ma non c’è solo la Lega.
Ad esempio il 17 settembre scorso annunciava trionfante su Tiscali e sul Blog delle Stelle: Di Maio reintroduce la Cassa Integrazione Straordinaria e salva i lavoratori, altro che Jobs Act.
Voilà : eccola qui la notizia che nessun giornale vi dirà ed eviterà accuratamente di mettere in prima pagina. Nove giorni dopo le norme che avrebbero dovuto reintrodurre la Cassa Integrazione vengono stralciate dal Decreto Genova perchè mancano le coperture. Tocca aspettare ancora un po’ per cantare vittoria.
Ieri sera a Otto e Mezzo Telese è stato protagonista di un fantastico duetto con la professoressa Veronica De Romanis.
Ad un certo punto Telese ha tirato fuori la leggenda metropolitana del funzionario francese Guy Abeille che sostiene di aver inventato «in meno di un’ora, senza basi teoriche» la formula del 3% sul disavanzo; il famoso limite che non può essere superato pena l’attivazione della procedura d’infrazione.
La storiella piace molto negli ambienti sovranisti perchè dimostra — semmai ve ne fosse bisogno — l’assurdità delle regole europee ed è stata tirata fuori di recente da Luigi Di Maio. Ma è appunto una bufala.
Come spiega Veronica De Romanis non solo le dichiarazioni di Abeille sono state smentite (e del resto è l’unico a sostenere questa versione dei fatti) ma il 3% è il frutto di un’equazione che lega il debito con il disavanzo: «se lei mette delle ipotesi di cresciti e di inflazione e un’ipotesi di debito a cui vuole tendere trova il livello di disavanzo».
Telese però non è convinto e più avanti spiega che «quanto al rapporto deficit/Pil nella spesa reale alla fine il rapporto deficit Pil è oscillato negli ultimi anni tra 3% e 2,4%, quindi non siamo arrivati a spese folli»; quello però — ha corretto la De Romanis — è il disavanzo che è diminuito perchè sono diminuite le spese per gli interessi dal momento che la BCE ha messo in atto il quantitative easing «quindi al netto del quantitative easing il disavanzo è rimasto lo stesso» perchè l’Italia non ha mai adottato una politica fiscale di austerità .
L’espressione successiva di Telese, che sembra quasi rientrare dentro sè stesso è da oscar.
Non contento della figuraccia rimediata in diretta Telese è andato a litigare anche su Twitter.
Qui lo vediamo discettare con l’economista Mario Seminerio (che Telese chiama “Seminario”) mentre cerca di difendere il “funzionario francese” che va a raccontare in giro che nel 1981 ha inventato dal nulla il paletto del 3% “perchè era facile da ricordare”. Una storia alla quale giusto Di Maio e Telese possono credere.
Qualcuno potrà pensare che questo è un attacco a Telese. Al contrario.
L’editorialista di Tiscali e conduttore di In Onda merita di più. Qualcuno ha notato che ultimamente è molto vicino al governo e l’ha fatto presente a Telese, dicendogli che forse si libera un posto alla Prova del Cuoco (intendendo dire che il giornalista è a caccia di un posto in RAI).
Telese ha risposto con molta ironia scherzandoci su; e infatti sarebbe maligno pensare che le uscite infelici sull’economia siano frutto di un non meglio precisato piano strategico per farsi assumere in RAI.
In realtà non è così: dal genuino stupore che traspariva ieri sera dalla sua faccia mentre la De Romanis gli rispondeva è evidente che del tema, semplicemente, non ci stava capendo niente.
Salvate il soldato Telese dalle comparsate tv in cui deve fare il tuttologo, prima che sia troppo tardi.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
HANNO UN VALORE DI 70.000 EURO… CARICATE A BORDO IN LIBIA: PERCHE’ E IN CAMBIO DI COSA?
Ci sono 5 militari indagati per i 7 quintali di sigarette di contrabbando trovati a bordo della nave militare Caprera al rientro da una missione in Libia.
La procura di Brindisi, secondo quanto riporta il settimanale locale Il7 Magazine, ha concentrato la sua attenzione su cinque persone dell’equipaggio.
L’inchiesta — aperta a luglio e affidata al pm Giuseppe De Nozza dopo la denuncia dell’allora comandante della Caprera, il tenente di Vascello, Oscar Altiero — è nelle mani degli uomini della Guardia di finanza.
Al momento sull’affaire del contrabbando delle “bionde” indaga anche la procura militare di Napoli, mentre una terza indagine (interna) è svolta dalla Marina.
Quando ha attraccato nel porto pugliese lo scorso 15 luglio, sono stati individuati 72 cartoni, contenenti 50 stecche ciascuno, a bordo della Caprera che aveva svolto attività di supporto logistico e manutenzione dei battelli della Marina e della Guardia costiera libiche.
Stando al mensile brindisino, le 3600 stecche di una marca sconosciuta in Europa, prodotte nella penisola balcanica, avevano un valore potenziale di 70mila euro sul mercato di contrabbando.
E nel momento in cui il carico è stato scoperto nella stiva della Caprera — riporta Il7 Magazine — era iniziato un primo tentativo di sbarco da parte di alcuni componenti dell’equipaggio. Sempre secondo il racconto del mensile, i cinque militari sotto inchiesta sono ancora in servizio.
La Marina Militare, quando la prima notizia dell’affaire contrabbando è stata data dal sito de Le Iene, ha precisato: “Il 15 luglio 2018 sulla nave Caprera, ormeggiata nel porto di Brindisi e di rientro dall’Operazione Nauras in Libia, a seguito di attività di controllo disposta dal Comandante dell’Unità stessa, vennero rinvenuti degli scatoloni contenenti tabacchi lavorati esteri”.
Come dire: è stata la stessa Marina a scoprire e denunciare tutto. “Della scoperta — aggiunse il comunicato — furono prontamente informate la Procura militare di Napoli e quella ordinaria di Brindisi”.
Il 16 luglio avviene il sequestro dei tabacchi, eseguito anche da personale della Marina, oltre che della Gdf e della capitaneria di porto. Ora l’indagine della procura di Brindisi, guidata da Antonio De Donno, sta cercando di fare chiarezza circoscrivendo i sospetti sul mistero del perchè (e in cambio di cosa) siano state caricate a bordo delle sigarette di contrabbando, presumibilmente proprio in Libia.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
OBIETTIVO RAZZISTA UN GRUPPO DI AFRICANI, OVVIAMENTE LO FACEVANO “PER GIOCO” COME TUTTI QUELLI CHE SONO ISTRUITI DAGLI AVVOCATI PER EVITARE L’AGGRAVANTE RAZZIALE
Non c’era di meglio da fare nelle sere d’estate a Oristano. E tra una birra di troppo e un giro in scooter a tutta velocità , una banda di 13 ragazzini aveva trovato il migliore svago possibile: prendere di mira le case degli immigrati.
Due squadre su due obiettivi, in due zone diverse della città , per un pericoloso divertimento che è durato più di due mesi.
Pietre, pomodori, petardi e arance: una specie di bombardamento che si ripeteva quasi ogni sera, soprattutto il martedì quando in città c’era più caos del solito, tra negozi aperti fino a tardi e tanti turisti in giro.
Gli obiettivi non erano casuali: la casa di un gruppo di ragazzi africani e la abitazioni semidiroccate ricavate all’interno in un ex mattatoio in cui vivono alcune famiglie rom. Ogni volta lo stesso giro e lo stesso metodo: l’appostamento, il lancio e la fuga. Con qualcuno che restava in zona a godersi lo spettacolo di chi, tra rabbia e spavento, si affacciava in strada per capire cosa stesse succedendo.
«Un gioco stupido», lo definiscono gli agenti della Digos della locale questura, che hanno iniziato l’indagine dopo la segnalazione dei ragazzi senegalesi, preoccupati per essere finiti nel mirino di una banda di teppisti.
L’indagine è andata avanti velocemente e così per 13 giovani sono scattate le denunce per molestie, danneggiamento, lancio di oggetti ed esplosioni in luogo pubblico.
“Per il momento non contestiamo l’aggravante dell’odio razziale perchè non sono ancora emersi che fosse questo il sentimento che animava i ragazzini – spiega il procuratore della Repubblica di Oristano, Ezio Domenico Basso – Non basta prendere di mira degli stranieri o dei soggetti deboli da questo punto di vista per far scattare immediatamente quest’accusa. È vero che tutti i raid che abbiamo ricostruito avevano come obiettivo le case degli immigrati, ma è anche vero che fino a questo momento ci sembra che l’intenzione di questa banda fosse solo quella di passare il tempo. Non escludiamo di contestare l’aggravante se dalle indagini emergerà una motivazione di questo genere”.
Tutti figli di buona famiglia – il più piccolo 15 anni e il più grande 23 – i ragazzini finiti nell’inchiesta della Digos hanno già ammesso le loro responsabilità .
“Era solo un divertimento, volevamo vedere la reazione di chi veniva preso di mira”.
(da Globalist)
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Settembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
IL MEDICO ACCOLTELLATO SULL’USCIO DELLO STUDIO DA UN EX COMMERCIANTE DI VENTIMIGLIA
Omicidio in centro a Sanremo. Poco dopo le 18:15 l’emergenza è scattata nello studio di un medico legale in via Fratti.
La vittima è Giovanni Palumbo, consulente medico della procura e di tanti studi legali, 61 anni, molto conosciuto nel Ponente.
È stato accoltellato tre volte sull’uscio dello studio, mentre apriva la porta al suo aggressore.
I carabinieri hanno arrestato il presunto assassino, mani sporche di sangue e coltello in mano, all’uscita dello studio di via Fratti.
Si tratta di Vincenzo Mercurio, 54 anni, ex commerciante ventimigliese.
A dare l’allarme ai carabinieri, secondo una prima ricostruzione, sarebbe stato un collega del medico.
I militari dell’Arma indagano sul movente dell’omicidio. Secondo alcune voci non confermate, il fermato avrebbe agito per vendetta.
Mercurio è già stato condannato due volte per aver aggredito un medico di Ventimiglia, un oculista, che riteneva responsabile di una sua patologia all’occhio e della conseguente perdita del lavoro e della casa.
I fatti avvennero nel 2013 e nel 2014.
Ora, un’altra aggressione, non si sa ancora se legata ai casi precedenti.
Mercurio è stato bloccato dai carabinieri e portato via per essere ascoltato
(da agenzie)
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Settembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
SI SONO GIURATI AMORE DAVANTI A UN ESPONENTE DELLA GIUNTA DEL CARROCCIO GUIDATA DAL SINDACO SERTOLI… IMBARAZZO DELLA LEGA
Un esponente della giunta leghista eporediese ha celebrato in carcere la prima unione civile del Piemonte dietro le “sbarre”.
Un detenuto italiano e un brasiliano si sono giurati amore in carcere davanti ad un rappresentante del sindaco Stefano Sertoli.
I due sono detenuti assieme da alcuni anni e qualche tempo fa hanno deciso di inoltrare richiesta di unione al Comune di Ivrea.
Non è stato facile superare gli ostacoli burocratici, ma alla fine la nuova coppia ce l’ha fatta, grazie anche all’impegno del garante comunale dei detenuti Armando Michelizza, attualmente non più in servizio.
Soddisfatto, anche se assente, il garante regionale dei detenuti Bruno Mellano: “Non riesco ad esserci, ma alla nuova coppia vanno i miei più cari auguri”, il messaggio fatto recapitare alla coppia, che si è unita anche alla presenza della direttrice della casa circondariale Assuntina Di Rienzo.
Questa di Ivrea non la prima unione civile che si celebra in un carcere italiano: un anno fa, Adriana e Camilla, due detenute di 25 e 29 anni finite tra le sbarre per traffico di droga, si erano unite dopo essersi conosciute all’interno del carcere di Rebibbia.
(da agenzie)
argomento: Diritti civili | Commenta »