Settembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
LA LEGA COSTRETTA AD AMMETTERE CHE L’INCONTRO C’E’ STATO, MA CERCA DI NEGARE LA PROMESSA, ANCHE PERCHE’ SAREBBE VOTO DI SCAMBIO E LA GALERA DA 4 A 10 ANNI
“Abbiamo avuto un incontro segreto con la Lega. In quell’occasione sono state fatte due promesse: una moschea e un campo da cricket. Tutto questo in cambio dei nostri voti alle elezioni comunali”.
Muhammad e Shehroz, due giovani fedeli musulmani, convocano una conferenza stampa e raccontano la recente storia politica di Magenta, in provincia di Milano, dove nella primavera 2017 il centrodestra, grazie alla poderosa affermazione del Carroccio, vince le comunali spodestando il Pd.
Con un primo cittadino che viene dalla società civile, a fare la parte del leone è il vicesindaco Simone Gelli, assessore al Bilancio, alla Scuola e alla Sicurezza, nonchè capo indiscusso della Lega locale.
È stato lui, prima dell’estate, a rispolverare un vecchissimo regolamento dei vigili per negare alla comunità islamica, mille fedeli tra Magenta e dintorni, un luogo per pregare.
E dire che i seguaci di Maometto si sarebbero accontentati, una volta alla settimana, di un parcheggio nella zona industriale, di una piccola sezione in un parco pubblico o della tensostruttura in piazza mercato.
A favore della libertà di culto, che peraltro è un diritto garantito dalla Costituzione, sono stati lanciati appelli, sono state organizzate manifestazioni, sono stati convocati tavoli di confronto, sono arrivate mille rassicurazioni e sono scesi in campo persino i parroci, scomodando l’ecumenismo. Nulla da fare.
Linea dura, in città non c’è posto per i musulmani.
Forse per questo Muhammad e Shehroz decidono di rompere il silenzio, svelando il contenuto di quell’incontro segreto, a ridosso della campagna elettorale, in una cantina di Pontevecchio, frazione di Magenta, dove sarebbe stato siglato un patto inconfessabile: il partito anti Islam che incassa i voti dei musulmani in cambio del via libera alla moschea.
La Lega, costretta ad ammettere che quell’incontro c’è stato davvero, reagisce.
Gelli annuncia di aver “dato mandato ai suoi legali per presentare contro gli islamici una querela in sede penale e una causa civile di risarcimento danni. Una scelta obbligata per tutelare la mia onestà e la mia figura istituzionale. Accusarmi di aver promesso una moschea in cambio di voti vuol dire alludere a una sorta di voto di scambio”.
È questo il passaggio che fa infuriare i leghisti: il voto di scambio, il reato previsto dall’articolo 416 ter del codice penale punito con una pena dai quattro ai dieci anni di carcere.
Il capo del Carroccio continua: “Mi accusano di aver tradito la mia storia politica e addirittura di voler manipolare una gara pubblica, considerato che assegnare un terreno per costruire una moschea necessita di un bando. Gli islamici dicano almeno se, alla fine, hanno votato Lega e se sì, a quale candidato hanno dato la preferenza”.
Impossibile saperlo. A parlare, per ora, sono i numeri.
Nel 2017 l’esplosione della Lega non c’è ancora stata e alle comunali di Magenta Forza Italia prende il 16 percento. Il Carroccio però supera tutti e con il 17,5 percento è il partito più votato della coalizione: ottiene due assessori e il vicesindaco, ruolo quest’ultimo riservato a Gelli, che sbaraglia la concorrenza con 359 preferenze individuali, raddoppiando e triplicando le sue precedenti performance.
L’interessato nega che il risultato sia legato, anche, al consenso della comunità islamica: “Ho solo lavorato tanto, ho ascoltato i cittadini e ho girato la città a piedi con uno zainetto in spalla per volantinare”.
E mentre la polemica abbandona il terreno della politica per entrare nei tribunali, parla il prevosto di Magenta, don Giuseppe Marinoni, considerato un’autorità morale al di sopra di ogni sospetto.
Prima apre le porte degli oratori ai musulmani, poi presenzia a una loro cerimonia funebre e si intrattiene a lungo con l’imam, infine critica apertamente la giunta a trazione leghista e le sue ‘crociate’.
Rilasciando un’intervista all’intellettuale e scrittore Emanuele Torreggiani, il parroco usa parole chirurgiche: “La città appare stanca e impaurita, diffidente verso il nuovo, verso tutti. Gli islamici chiedono di pregare, di sentirsi parte integrante di questa comunità . Tocca a noi fare il primo passo. Mi spaventa una politica che risponde sempre allo stesso modo: no, no, no”.
I fedeli musulmani apprezzano e ribadiscono la necessità di costruire un luogo di culto, ma non arretrano di un centimetro sulle accuse rivolte alla Lega: “Chiesero i nostri voti, ora ci voltano le spalle. Siamo stupiti delle minacce del vicesindaco Gelli. Abbiamo detto la pura e semplice verità . La sua denuncia non ha alcun senso. Se vorrà proseguire su questa strada, ci difenderemo davanti ai giudici. E reagiremo, com’è d’obbligo reagire di fronte a una calunnia”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
QUANDO IL PADRONE VA A FARE VISITA AI MAGGIORDOMI IN CUCINA PER DIRGLI CHE CONTINUERA A CENARE FUORI
“Ho firmato un contratto per 5 anni e non sono solito togliere la parola data”. La platea di
Atreju, la festa di Fratelli d’Italia a Roma, si raffredda quando dal palco Matteo Salvini giura fedeltà al governo con il M5s. Giorgia Meloni in prima fila ha un sorriso tirato.
Un misto di tripudio di folla (e di media, vista la presenza di tanti giornalisti stranieri) e tanta diffidenza accolgono il vicepremier leghista questa mattina sull’isola Tiberina. Curiosità , affinità e sospetto: “Non ha chiarito se davvero vuole mettere le liste bloccate invece delle preferenze nella legge elettorale per le europee”, ci dice il parlamentare di Fdi Guido Crosetto alla fine dell’intervista condotta da Enrico Mentana.
A tre giorni dal vertice con tutto il centrodestra, Salvini si presenta da questo pubblico molto esigente a destra, conquistandolo solo in parte. Come quando dice che con il centrodestra è solo una questione di amministrative: “Non c’è nessuna strategia del doppio forno: con Berlusconi parliamo solo di accordi locali”.
Smorzando poi con una battuta le ulteriori domande su chi saranno i candidati in Basilicata, Abruzzo, Sardegna, Piemonte, cioè le regioni chiamate al voto a breve. “Li decideremo a cena da Calenda, auto-invitati”. Risate ma le domande restano a mezz’aria.
Come quella sulla legge elettorale per le europee. Indiscrezioni parlano di un disegno di legge sulla scrivania del sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti per modificarla alzando la soglia di sbarramento al 5 per cento (oggi è al 4) e introducendo le liste bloccate al posto delle preferenze, care anche a Fratelli d’Italia.
“Questo governo non ha la forza di cambiare la legge elettorale per le europee – dice il ministro dell’Interno – e l’ultima cosa che vogliamo fare è alzare la soglia per rompere le scatole a qualcuno”. Ma il pubblico non fa in tempo a fare un sospiro di sollievo che, subito dopo, a domanda sulle liste bloccate, Salvini glissa.
E’ evidente che il vicepremier strizza l’occhio anche a questo elettorato, che lo accoglie con applausi ma urlando “Giorgia, Giorgia!” alla Meloni che lo accompagna verso il palco. I rapporti scorrono sempre sul filo della competizione: facciamo a chi sta più a destra, pur nello stesso movimento, anzi “The movement”, fondato dall’ultra-populista di destra ed ex consigliere di Trump, Steve Bannon, ospite d’onore ad Atreju nel pomeriggio.
E allora sul reddito di cittadinanza, ricetta pentastellata che risulta indigesta per Atreju e mal digerita tra i leghisti, Salvini si imbarca in una serie di minacce contro la Corte costituzionale e chiunque oserà presentare ricorsi nel caso in cui il reddito di cittadinanza dovesse essere approvato solo per gli italiani.
E gli stranieri che hanno la cittadinanza? “No, prima gli italiani, c’è un criterio di scelta: non ho tutto per tutti. Ci saranno ricorsi, chi se ne frega”.
Qui chiaramente la platea gradisce e applaude.
Come gradisce quando Salvini tenta di divagare sull’aggressione di Casapound ieri contro immigrati e militanti di sinistra a Bari: “Se mi fossi basato sui giornali quest’estate, avrei pensato che c’erano lanciatori di uova in giro per il Piemonte”. “Ma sempre contro una nera erano”, gli fa Mentana.
E qui la platea di destra sbotta, vola qualche insulto all’intervistatore, Meloni richiama all’ordine, Salvini riprende il filo: “Se uno pesta un altro essere umano, può essere giallo, rosso o verde, il suo posto è la galera. Poi da ministro dell’interno devo andare oltre la notizia…”. Il pubblico ingoia.
E’ la stessa folla – ma decisamente meno numerosa – che subito dopo accoglierà Roberto Fico. Per avere un applauso per lui, la Meloni è costretta a salire sul palco per invitare gli astanti a concedere almeno una parvenza di calorosità . Non lo contestano, alla fine qualche applauso il presidente della Camera se lo prende, ma il pubblico sembra annoiato.
Fico si muove in una strettoia. In Italia sta tornando il fascismo? “L’Italia è una repubblica democratica molto forte”, risponde. Si giustifica sulle mani in tasca durante un’esecuzione dell’inno nazionale (“E’ stato un attimo, non me ne sono accorto e subito mi hanno fatto una foto”), sul pugno chiuso alla parata del 2 giugno (“Salutavo dei militanti che mi incitavano con un ‘Forza!'”), non si esprime sul reddito di cittadinanza (“Voglio prima vedere il testo”), si permette solo una stoccata indiretta alla propaganda leghista sull’immigrazione: “Le ong non sono tema principale perchè gli sbarchi sono calati. E hanno iniziato a calare con Minniti, continuano a calare con Salvini…”.
Fico è il primo ad aver rotto il tabù: finora nessuno del Movimento aveva accettato l’invito di Fratelli d’Italia. “Da presidente della Camera vado a tutte le feste di partito”, si giustifica prima che lo portino tra una sdraio e un pattino, scenografia allestita apposta per una foto del presidente insieme a un militante di Atreju con la maschera da topo con lo sfondo del Tevere.
Satira della spiaggia sul fiume voluta dal sindaco pentastellato Virginia Raggi. “Contento che piaccia anche a voi”, ironizza il presidente.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
“ATTRIBUIRE RISORSE SPETTA ALLA POLITICA NON AI TECNICI”
“Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, esprime piena fiducia ai dirigenti e alle strutture tecniche del Mef e apprezzamento per il lavoro che stanno svolgendo a sostegno dell’attuazione del programma di governo, come peraltro evidenziato dal presidente del Consiglio”.
È quanto si apprende da fonti del ministero dell’Economia e delle Finanze dopo la diffusione dell’audio in cui il portavoce di Giuseppe Conte, Rocco Casalino, minacciava di rimuovere i tecnici se non avessero trovato le risorse per il reddito di cittadinanza.
Le fonti hanno, inoltre, sottolineato che la scelta di attribuire le risorse a una determinata voce di bilancio non spetta ai tecnici ma è una decisione politica. “L’attribuzione di risorse a determinate voci di bilancio piuttosto che ad altre non spetta alle strutture tecniche del Ministero dell’Economia perchè è una scelta politica. Ovviamente anche il reperimento delle coperture finanziarie rientra in questo stesso ambito”.
Le fonti hanno poi ricordato che “il bilancio dello Stato è pubblico e visionabile da tutti sui siti istituzionali”.
I tecnici del ministero, spiegano ancora le fonti, “stanno lavorando attivamente per valutare costi e effetti delle varie proposte politiche, comprese le possibili modalità di copertura degli interventi. Ma le decisioni sulla scelta delle soluzioni competono alla politica
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
COSTITUZIONALISTI UNANIMI: “ESCLUDERLI E’ UNA BAGGIANATA”… IN FRANCIA, SPAGNA E GERMANIA STESSI DIRITTI
Ieri abbiamo spiegato perchè Luigi Di Maio dice balle quando sostiene che sia possibile
escludere “gli stranieri” dal reddito di cittadinanza, e infatti la proposta di legge depositata dal MoVimento 5 Stelle in Parlamento prevedeva il contrario.
Nel frattempo fior di costituzionalisti hanno spiegato perchè quella di Giggino è una baggianata: «Gli stranieri comunitari», avverte Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionali, «sono assimilati nei diritti agli italiani».
Proprio per questo persone di passaporto bulgaro, greco, rumeno — se in difficoltà nei loro Paesi d’origine- potrebbero trasferirsi da noi nella convinzione di meritare questo assegno perchè comunitari.
Valerio Onida ricorda poi che la Corte Costituzionale, di cui è stato giudice, ha già detto la sua sul bonus bebè. Aiuto che è stato garantito a tutti gli immigrati con regolare permesso di soggiorno, come peraltro la cassa integrazione e la nuova indennità di disoccupazione, la Naspi.
Un’infografica di Repubblica intanto sull’assistenza negli altri paesi ci ricorda che ad esempio in Spagna i sussidi minimi sono destinati anche ai cittadini stranieri, purchè in possesso degli stessi requisiti che valgono per gli spagnoli; la Revenue de solidaritè active francese è destinata anche a chi non ha la cittadinanza francese (ma deve essere regolare in Italia) mentre il Piano Hartz IV in Germania va anche agli stranieri che devono dimostrare di vivere legalmente nel paese.
La Stampa invece segnala che sono il 31,7% del totale delle famiglie in povertà assoluta quelle in cui in famiglia c’è almeno uno straniero.
In totale sono 1,6 milioni i cittadini stranieri che vivono in condizioni di povertà assoluta in Italia.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
SOLDI VERSATI DALL’INDAGATO ALLA FONDAZIONE LEGHISTA “PIU’ VOCI” (E SENZA RATEIZZARE)
Il tesoriere della Lega Giulio Centemero è indagato per finanziamento illecito al partito in concorso con l’imprenditore romano Luca Parnasi.
La Procura di Roma ha deciso di iscrivere il braccio destro di Matteo Salvini sul registro degli indagati perchè sospetta che le donazioni all’associazione Più Voci da parte delle società del costruttore siano stati un modo per aggirare le norme sul finanziamento alla politica.
La pm Barbara Zuin e l’aggiunto Paolo Ielo ipotizzano il finanziamento illecito, per versamenti diversi di Parnasi, sia per il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi sia per quello leghista Giulio Centemero.
I Carabinieri hanno tenuto insieme i “problemi legali” dei due partiti nelle loro note e così ha fatto la Procura. Le modalità di ingaggio di Parnasi per Lega e Pd sono simili. Il costruttore aggancia Bonifazi e Centemero, accomunati dalla loro doppia veste. Bonifazi è allo stesso tempo presidente della Fondazione Eyu e tesoriere del partito. Simmetricamente Giulio Centemero è tesoriere della Lega e presidente dell’associazione Più Voci.
Parnasi parla con Bonifazi che poi lo porta dal responsabile della raccolta fondi della Fondazione Eyu, Domenico Petrolo. Parnasi paga 150 mila euro a Eyu per uno studio e per questo Bonifazi finisce indagato.
Più meno allo stesso modo, Parnasi parla con Centemero e poi versa fondi alla Onlus Più Voci e, come Bonifazi, anche Centemero è indagato per finanziamento illecito.
La conversazione chiave secondo gli investigatori è quella del 14 febbraio 2018 intercettata dentro gli uffici di Parnasi tra il costruttore e il suo commercialista Gianluca Talone.
Scrivono i carabinieri: “Parnasi incarica Talone di eseguire delle operazioni sui conti societari citando alcuni partiti politici quali destinatari dei movimenti bancari”. Effettivamente Parnasi parla di Lega non di Più Voci. I carabinieri trascrivono: “Luca dice che ‘Lega erano 100 e 100 (…) ne facciamo 100 su Pentapigna qua e 100 qua per quello possiamo utilizzare società nostre’. Gianluca Talone dice ‘allora considera che sono io ho capito quello che fanno per come la strutturiamo loro faranno eh una sul giornale e un’altra sul (incomprensibile) telefoniche’”.
Il senso della conversazione è che Parnasi vuole dare 200 mila euro alla Lega due settimane prima del voto ma poi “loro” li useranno per i media leghisti. Poi il dialogo prosegue sul medesimo tema per altre sigle politiche. Scrivono i carabinieri: “Luca chiede ‘con Forza Italia c’hai parlato?’ e Talone conferma, poi Luca dice ‘Fratelli d’Italia?’ e Gianluca ‘già fatto sì l’amministratore lo ho controllato’ e poi Luca dice ‘il Pd lo incontro io domani, e questo è fatto’”.
La dazione a Più Voci nel 2018 non è stata fatta. Però un mese dopo, il 26 marzo 2018, un giornalista del settimanale L’Espresso chiama per chiedere conto a Parnasi di una precedente donazione del 2015, pari a 250 mila euro in due tranche da 125 mila, alla Onlus Più Voci che ha una particolarità : il suo presidente, Centemero, è il tesoriere della Lega.
Quando il giornalista scopre la cosa e sta per scrivere l’articolo, il commercialista Talone propone a Parnasi la contromisura: “Cerchiamoci una giustificazione, perchè è stata fatta l’erogazione liberale!”. E Parnasi: “Possiamo giustificare che abbiamo un progetto ex post! Se no bisognerebbe incontrarli domattina, capito? Dovremmo fare… se tanto firmo io basta fare un pezzo di carta” e poi aggiunge “posso chiamare Giulio Centemero, è il braccio destro!” poi ci ripensa “Andrea (Manzoni, commercialista anche lui membro del consiglio dell’associazione Più Voci come il suo collega di studio Centemero, Ndr) va benissimo! Chiama Andrea da un fisso ufficio, e dici ‘Senti, ci ha chiamato L’Espresso!”.
Questa donazione alla Onlus presieduta da Centemero, secondo l’ipotesi dei pm Paolo Ielo e Barbara Zuin, potrebbe celare un finanziamento alla Lega Nord. La legge impone di registrare nel bilancio delle società commerciali che donano al partito, anche indirettamente, anche tramite una sua articolazione, il contributo. Se il privato che dona e il partito che riceve non dichiarano la dazione nel bilancio e alla Camera, incorrono nel reato di illecito finanziamento. In questo caso la Procura sospetta che la Onlus del presidente Centemero possa essere usata per una dazione indiretta al partito del tesoriere Centemero.
Al Fatto il deputato ha dichiarato qualche giorno fa che nessuno gli chiese di fare una documentazione ex post retrodatata. E che sui 250 mila euro “non c’è nulla di illegale perchè la ‘Più Voci’ utilizzava i fondi per la sua attività istituzionale.
Non un centesimo è andato alla Lega Nord. Parnasi — ha detto — me l’ha presentato Giancarlo Giorgetti. L’ho visto qualche volta nell’arco di tre anni”. E i due contributi da 125 mila euro? “Ne ha parlato con me”.
Anche per questo, il tesoriere-presidente è indagato.
(da “il FattoQuotidiano”)
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Settembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
“CON LE SPESE OBBLIGATE SIAMO GIA’ AL 2,1%, TRIA VUOLE RISPETTARE L’IMPEGNO DELL’1,6%, E’ EVIDENTE CHE NON CI SONO ALTERNATIVE SE NON FAR SALTARE I CONTI, CON LE CONSEGUENZE FINANZIARIE CHE SAPPIAMO”
In un editoriale pubblicato oggi sulla Stampa Carlo Cottarelli spiega che il deficit all’1,6% su cui
si stanno scannando il MoVimento 5 Stelle e Giovanni Tria (con tanto di codazzo di audio choc di Casalino contro i tecnici del ministero) non basta per realizzare le promesse elettorali di Lega e grillini
Il Documento di Economia e Finanza dell’aprile di quest’anno ci diceva che, senza ulteriori interventi, il deficit sarebbe sceso allo 0,8 per cento del Pil per effetto dell’aumento dell’Iva, già approvato dal Parlamento.
Insomma, volavamo col pilota automatico. Da allora sono però successe diverse cose. Innanzitutto, il Pil sta rallentando e se il Pil rallenta le entrate dello Stato rallentano. Inoltre, l’aumento dei tassi di interesse verificatosi dalla metà di maggio gonfia la spesa per interessi.
Questi due fattori alzano il deficit del 2019 di almeno lo 0,3 per cento.
Quindi da 0,8 il pilota automatico ci porta a 1,1 per cento. Il pilota automatico dovrà però essere in parte disattivato.
Primo, nessuno vuole l’aumento dell’Iva. Senza questo aumento il deficit cresce dello 0,7 per cento del Pil (e siamo a 1,8).
Secondo, ci sono le cosiddette spese indifferibili: tradizionalmente, il bilancio pluriennale dello Stato non include certe spese che vengono rifinanziate di anno in anno anche se, appunto, sono indifferibili (per esempio, le spese per le missioni all’estero che continueranno a meno di una decisione politica di riportare a casa le nostre truppe).
Insomma, il nostro pilota automatico non includeva per il 2019 spese che quasi certamente si verificheranno.
Queste valgono uno 0,3 per cento del Pil e vanno aggiunte al sopraccitato 1,8 per cento. Si arriva quindi a 2,1 per cento del Pil.
Un deficit all’1,6 per cento (l’obiettivo Tria) allora non solo non lascia spazio alle promesse elettorali (flat tax, reddito di cittadinanza e controriforma Fornero) ma richiede misure dello 0,5 per cento del Pil, ossia per 8-9 miliardi.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
“SU OGNI ITALIANO GRAVA UN DEBITO DI 37.000 EURO” … UNA LEZIONE A TANTI IGNORANTI
«Sono scappato da Roma», scherza Daniele Franco, ragioniere generale dello Stato di cui i grillini chiedono la testa, all’arrivo a Varenna, dove ha tenuto una lezione sul debito pubblico molto applaudita dagli alti magistrati contabili e amministrativi riuniti per l’annuale convegno dedicato al rapporto tra politiche di sviluppo e vincoli di finanza pubblica.
Lo presenta come «un contributo da economista» e tale è, ma le implicazioni politiche sono innegabili.
Quaranta slide ricche di grafici, excursus storici e riferimenti bibliografici per ricordare che «di debito pubblico si discute da due secoli», tanto che a fine Ottocento i titoli di Stato erano già considerati ad alto rischio, e che su ogni italiano grava oggi un fardello di oltre 37 mila euro.
Il primo grafico è l’istogramma del rapporto deficit/pil nei Paesi europei, con l’Italia desolatamente messa meglio solo della Grecia.
Cita Amato, Padoa-Schioppa e Tremonti, ministri di colore diverso ma ugualmente consapevoli del rischio debito. E poi Ricardo, Pareto, Einaudi e Quintino Sella sulle politiche irresponsabili di indebitamento.
Perimetra le situazioni per cui si può azionare la leva del debito: spese straordinarie (catastrofi, riunificazioni nazionali), investimenti, recessioni.
Analizza gli effetti collaterali negativi: alti tassi di interesse, effetti distorsivi nella distribuzione della ricchezza a favore della rendita, necessità di correttivi di emergenza.
Predica «prudenza nei saldi» e attenzione ai fattori strutturali della bassa crescita italiana, ovvero produttività stagnante e scarso tasso di partecipazione al lavoro (altro che spesa corrente).
Argomenta che un Paese indebitato è meno libero e perde sovranità perchè dipende da banche e agenzie di rating.
Critica ogni ipotesi di default («appare un buon affare nel breve periodo, ma è pessimo nel medio e lungo termine») o ristrutturazione (il piano Savona, naturalmente non citato, aleggia in sala) perchè «chi fa default perde credibilità e tende a ripeterlo».
Spiega, evocando Mr Micowber, personaggio del dickensiano David Copperfield, che «il debito rende infelici».
(da “La Stampa”)
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Settembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
IL RICHIAMO DI VISCO: “NELLA MANOVRA OCCORRRE PRUDENZA E GRADUALITA’ O SI RISCHIA”
“Non vanno sottovalutati i rischi a cui, dato l’elevato debito pubblico, ci esporrebbe un
aumento improduttivo del disavanzo. Una reazione negativa dei mercati, se ad esempio il premio per il rischio sui titoli di Stato salisse di 200 punti base, restando ancora al di sotto del livello registrato alla fine del 2011, avvierebbe un rapido aumento del rapporto tra debito e prodotto“.
Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, è così intervenuto sulla manovra nel corso del 64esimo Convegno di Studi Amministrativi della Corte dei Conti che si svolge a Varenna chiedendo al governo una strategia credibile.
“Non si possono applicare a situazioni di questo genere le stime basate sui valori registrati nelle economie avanzate in condizioni finanziarie normali — ha sottolineato — Bisogna comunque ricordare che ogni anno lo Stato deve collocare sul mercato circa 400 miliardi di debito pubblico”.
“Tenendo conto dell’impatto negativo sulla crescita economica esercitato dall’aumento dei tassi d’interesse e dalla crisi di fiducia, il rapporto si collocherebbe presto su una traiettoria insostenibile“, ha quindi spiegato il governatore alla vigilia del nuovo round governativo sulla manovra che si preannuncia sempre più infuocato nel fuoco di fila delle pretese dei due schieramenti al governo che chiedono misure difficilmente conciliabili tra loro e con i conti pubblici. Con il ministro dell’Economia che nelle opportune sedi comunitarie continua a garantire il mantenimento del rapporto deficit/Pil 2019 all’1,6%, ma poi viene tirato per la giacchetta dai ministri gialloverdi per salire oltre l’1,9 per cento.
“E’ essenziale che gli obiettivi di bilancio siano e appaiano fortemente e credibilmente orientati alla stabilità finanziaria e che le linee di riforma siano efficacemente indirizzate a una crescita sostenuta, e inclusiva, dell’economia”, ha quindi chiarito ricordando che “il profilo di riduzione dell’incidenza del debito che avevo tracciato lo scorso anno definiva uno scenario indicativo; è possibile disegnare strategie accorte, in grado di garantire la stabilità delle finanze pubbliche conciliandola con prospettive di crescita migliori. È quel sentiero stretto di cui si è parlato spesso in questi anni difficili”.
Secondo Visco, il sentiero può essere percorso “lentamente, un passo alla volta, attuando una sequenza di interventi che producono benefici gradualmente e in misura contenuta fino a quando non sono realizzati tutti i cambiamenti necessari. Oppure si può provare ad allargarlo definendo una strategia organica, che punti a una ricomposizione del bilancio pubblico verso gli impieghi più produttivi, ad accrescere l’efficienza dell’amministrazione, soprattutto nei programmi di spesa destinati all’accumulazione di capitale pubblico, materiale e immateriale, a sostenere l’attività d’impresa e l’innovazione”.
Visco precisa quindi che “accrescere la spesa per investimenti finanziandola in disavanzo, senza incidere sul potenziale di crescita, fornirebbe benefici solo temporanei“. Per questo, secondo il banchiere centrale, servono “intervenuti in grado di agevolare l’adozione di nuove tecnologie e la riorganizzazione dei processi produttivi” in quanto “il capitale pubblico non comprende solo le infrastrutture materiali” e quindi “bisogna accrescere il patrimonio di conoscenze e competenze di cui dispone l’economia”.
(da agenzie)
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Settembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
CONTROLLI DELLA GDF: OLTRE 900 VIOLAZIONI, CON IN TESTA PUGLIA, TOSCANA E LAZIO… IRREGOLARE UN DISTRIBUTORE DI CARBURANTE SU CINQUE
Arriva il bilancio dei controlli effettuati tra giugno e settembre dalla Guardia di Finanza nelle località di villeggiatura italiane.
Nel corso dell’estate una casa vacanza su due è stata affittata in maniera irregolare.
Su 1.477 controlli effettuati 902 sono risultati irregolari e, di questi, 753 sono risultati affitti in nero. Le regioni dove si sono registrati i casi più numerosi sono Puglia, Toscana e Lazio
Tra i casi più eclatanti scoperti dai militari delle Fiamme Gialle quello di Pescara dove una ventina di persone che affittavano in nero abitazioni e b&b a turisti in vacanza nei comuni costieri, hanno evaso circa 350mila euro
Ad una società immobiliare sono invece state contestate operazioni in evasione d’imposta per 150mila euro mentre già a luglio i finanzieri avevano scoperto a Taormina veri e propri hotel fantasma: bed and breakfast completamente sconosciuti al fisco o appartamenti affittati in nero.
I proprietari hanno omesso di dichiarare all’erario 130mila euro
Tra le operazioni portate a termine, quella dei finanzieri di Torino che ha consentito di scoprire un vero e proprio ‘palazzo dell’illegalità ‘, un b&b nel centro storico della città pubblicizzato su tutti i siti del settore che, oltre a non avere alcuna autorizzazione, era diventato un centro di smercio di falsi prodotti di lusso.
E poi due stabilimenti balneari in Puglia e Calabria trasformati in discoteche completamente abusive e due stabilimenti fantasma a Napoli che occupavano abusivamente un’area del demanio affittando sdraio e ombrelloni.
Problemi anche per i distributori di carburante: uno su cinque è irregolare.
Dei 2.180 distributori complessivamente controllati in tutta Italia, 496 hanno avuto delle contestazioni e, di queste, 286 hanno riguardato la disciplina dei prezzi. 83 sono invece i responsabili delle stazioni denunciati, con il sequestro di oltre 700mila litri di prodotti petroliferi
Nei 3 mesi estivi la Guardia di Finanza ha svolto nelle località di villeggiatura e nelle città d’arte 36.467 controlli, con una media di circa 500 verifiche al giorno per contrastare gli illeciti economico-finanziari
(da agenzie)
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