Destra di Popolo.net

UN MIGRANTE AFRICANO INTERPRETA NELL’AIDA LA PARTE DI UN GUERRIERO AFRICANO? LA LEGA URLA ALLO SCANDALO E SPROFONDA NEL RIDICOLO

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

SIAMO ALLA FARSA, SECONDO I LEGHISTI ERA MEGLIO SCEGLIERE COME COMPARSA UN ITALIANO PITTURATO DI CERONE NERO

Dal 2 al 16 dicembre torna al Teatro Carlo Felice di Genova l’Aida, la grandiosa opera di Giuseppe Verdi.
Una storia d’amore struggente ed avvincente fra Radamès ed Aida, lui capo delle guardie egizie, lei schiava etiope.
Nell’occasione, racconta il Secolo XIX, il Carlo Felice avrebbe scritturato una quindicina di migranti, che in qualità  di comparse interpreteranno proprio guerrieri africani: del resto, chi meglio di loro?
Fra questi c’è anche un ragazzo richiedente asilo ospitato al Cas di Recco, Frank Amoah originario del Gambia.
E la notizia — fra cui anche quella indiscutibilmente bella che il Carlo Felice riesca a continuare a mettere in scena opere grandiose come questa malgrado le difficoltà  di questi anni — dovrebbe concludersi qui: ma alla Lega, o per lo meno al suo capogruppo in consiglio regionale Franco Senarega la cosa non va giù.
«Sono stati assunti per fare le comparse 15 migranti lasciando a casa 15 italiani disoccupati».
Poi, il colpo di genio, per trovare un senso (?) al proverbiale adagio leghista del “prima gli italiani” applicato persino all’interpretazione di personaggi africani: «Non credo che il Carlo Felice avrebbe avuto difficoltà  ad acquistare del cerone nero».
Forse sarebbe meglio prenotare una visita psichiatrica.

(da agenzie)

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REGALO A PILOTI E HOSTESS ALITALIA: IN PENSIONE SETTE ANNI PRIMA

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

ALTRI SOLDI SPUTTANATI DAL GOVERNO PER RENDERE COSI APPETIBILE LA COMPAGNIA

Una legge di fatto a favore di Alitalia.
Nella bozza del pacchetto pensioni c’è una norma che consente ai lavoratori del trasporto aereo di andare in pensione di vecchiaia nel 2019 e nel 2020 con un requisito ridotto di sette anni.
Il provvedimento avvantaggia certamente piloti e assistenti di volo rispetto a tutti gli altri lavoratori, ma anche la stessa ex compagnia di bandiera, la quale grazie a questa misura vedrebbe uscire per il prossimo anno circa 100 comandanti (60-70 in media negli anni successivi) e 50 tra hostess e steward, spiegano fonti sindacali.
In questo modo si svecchierebbe il personale e si ridurrebbero i costi del lavoro molto alti. I piloti dai 55 anni in su infatti vantano stipendi fino a 15 mila euro al mese.
Ma soprattutto si potrebbe così alleggerire il corpaccione dell’azienda, in modo da renderla un po’ più appetibile.
Il governo è impegnato proprio in queste ore nel trovare una (difficile) soluzione per il futuro di Alitalia, che dovrebbe essere acquisita dalle Ferrovie dello Stato con il supporto poi del ministero dell’Economia e di altri vettori internazionali che però non è facile coinvolgere.
Con questa norma – inserita in un disegno di legge collegato alla manovra – l’azienda potrà  avere invece un certo numero di prepensionamenti, di quei lavoratori intorno ai 60 anni che costano di più.
A questi potrebbero poi sommarsi i tanti che nei mesi successivi potrebbero sfruttare eventuali ammortizzatori sociali, che gli stessi sindacati si attendono: in questo modo le uscite da Alitalia potrebbero essere a favore anche di chi ha circa 56 anni.
Fino ad ora comunque per piloti e assistenti di volo è possibile uscire con un requisito ridotto di cinque anni, grazie al fondo speciale di previdenza, il cosiddetto «fondo volo», mentre con questa norma contenuta nel pacchetto pensioni si riduce di altri due anni la possibilità  di lasciare il lavoro.
Il governo punta a finanziare questo maggiore costo per il sistema pensionistico rendendo strutturale la norma sul pagamento di tre euro per il diritto di imbarco, andando dunque a prendere le risorse nelle tasche dei passeggeri.

(da “La Stampa”)

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LA PIAZZA DEI PENTITI A CINQUESTELLE

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

ALTRO CHE ELETTORI PD, IN PIAZZA C’ERANO TANTI ELETTORI GRILLINI DELUSI E INSULTARLI NON E’ UNA GRANDE SOLUZIONE AI PROBLEMI DI ROMA

A protestare in piazza contro Virginia Raggi c’erano davvero quelli del Pd? La sindaca di Roma sostiene di averli riconosciuti, in un post su Facebook sostiene che avevano ‘gli stessi volti provati e stanchi, le stesse chiome bianche’ della manifestazione del Partito democratico in piazza del Popolo.
Sabato mattina sulla piazza del Campidoglio c’erano molti anziani, è vero. C’erano anche molti trentenni e quarantenni, però.
C’erano soprattutto molte persone che, indipendentemente dall’età , alle ultime amministrative hanno votato Cinque Stelle e ora si sentono delusi e protestano. Qualcuno lo ha detto in modo più esplicito, altri l’hanno ammesso solo dopo una domanda diretta e altri ancora si sono vergognati in silenzio.
C’erano anche politici che nemmeno nei loro peggiori incubi hanno pensato di prendere una tessera del Pd, o anche solo votarlo, come Stefano Parisi. C’erano soprattutto molte persone deluse da tutto e tutti, che non intendono più votare Cinque Stelle ma nemmeno Pd.
E’ la novità  politica di questa manifestazione, una piazza senza un partito di riferimento ma anche priva di un’opposizione.
Una piazza libera, un serbatoio di voti che sta aspettando un’idea nuova, una forza ancora da inventare a cui dare fiducia. Nel frattempo, fanno opposizione da soli, senza mezzi, senza risorse. Per alcuni versi ricordano i Cinque Stelle degli inizi, ma senza vaffa.
La politica è anche questo: si parte dal basso e, quando si arriva in alto, le voci dei sostenitori iniziali diventano troppo lontane per riuscire ad ascoltarle ancora. I voti non sono un capitale fisso: più sono una conquista ricca e rapida, più sono volatili e pronti a andare al prossimo offerente.
Virginia Raggi e i suoi provino a invertire la rotta nella gestione della città , se vogliono evitare una disfatta.
Smettano di dare la colpa al Pd e di parlare del passato. Tornino nel presente: hanno avuto quasi lo stesso tempo di Ignazio Marino per risolvere i problemi di Roma.

(da “La Stampa”)

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RIVOLTA DELLE IMPRESE CONTRO IL NO ALLA TAV: DOMANI A TORINO NOVE PRESIDENTI IN CONSIGLIO COMUNALE

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

INDUSTRIALI, ARTIGIANI E COMMERCIANTI IN AULA: “VOGLIAMO VEDERE IN FACCIA CHI DICE NO ALLA TORINO-LIONE”

Nove presidenti di associazioni imprenditoriali di Torino saranno domani nella Sala Rossa del consiglio comunale per assistere al voto dell’ordine del giorno contro la la linea ferroviaria ad alta velocità  Torino-Lione proposto dalla maggioranza Cinque Stelle.
E’ la sfida degli imprenditori a chi osteggia un’opera che loro ritengono fondamentale per il futuro di Torino e del Piemonte. “Vogliamo vedere in faccia chi vuole che Torino finisca su un binario morto” è la convinzione che ha mosso Corrado Alberto, presidente dell’Api, a contattare tutti gli altri presidenti di categoria, per arrivare a una protesta che se non clamorosa appare destinata a sancire il divorzio tra gli imprenditori e la maggioranza pentastellata che governa Torino da due anni e mezzo.
Con Alberto nella Sala Rossa di palazzo di Città  ci saranno Dario Gallina, presidente dell’Unione industriale di Torino, Giorgio Marsiaj, numero uno dell’Amma, l’associazione delle aziende metalmeccaniche, Maria Luisa Coppa, presidente dell’Ascom, Giancarlo Banchieri, al timone di Confesercenti Torino. E ancora: Dino De Santis, presidente di Confartigianato, Andrea Talaia di Cna, Antonio Mattio, al vertice del Collegio costruttori di Torino e Alessandro Frascarolo di Confapi Torino.
“L’approvazione di un Ordine del Giorno che richiede la sospensione dei lavori relativi alla nuova Linea Torino Lione — spiegano congiuntamente i Presidenti delle associazioni d’impresa torinesi — sarebbe un atto gravissimo dal punto di vista politico e istituzionale; significherebbe dire no ad un territorio aperto all’Europa, più competitivo e più efficiente. Non è possibile tarpare così le possibilità  di crescita del nostro sistema economico. La Torino Lione non è un capriccio di pochi, ma un investimento per il futuro di tutti”.
“L’attrattività  di un territorio — spiegano ancora i nove presidenti -, dipende anche dagli investimenti e dalla loro realizzazione. Gli imprenditori veri, che creano Pil e occupazione, vogliono certezza sulle infrastrutture e sui tempi della loro realizzazione. Le imprese non possono più sopportare una politica che va contro lo sviluppo e la crescita”.
Peccato che in Sala Rossa non ci sarà  la sindaca. Chiara Appendino è in partenza per una missione d’affari a Dubai. Ma ieri ha avuto modo di ribadire la sua contrarietà  all’opera. Seguita a ruota dal vicepremier Luigi Di Maio: “Siamo da sempre contrari alla Torino-Lione”. Prese di posizione che hanno scatenato l’ira di Sergio Chiamparino, presidente del Piemonte: “Che Torino dica no alla Tav è una bestemmia”.
E nel dibattito si inserisce anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala che intervendo al Forum tematico del Pd ha detto:   “Possibile che non diciamo che senza la Tav Torino-Lione, poi vanno a Francoforte e da lì a Budapest.? Bisogna dirle queste cose, e non è un problema di penali, ma un problema di coerenza con la pretesa di essere la seconda economia europea, anche perchè le merci si muovono”.

(da agenzie)

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“INGRESSO VIETATO A NIGERIANI E SENEGALESI”: ANNUNCIO RAZZISTA DI UN CIRCOLO DI SUSA, APERTA INCHIESTA

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

PIOGGIA DI CRITICHE AL “SALOTTINO DEL PONTE” PER IL POST SU FB, POI RIMOSSO CON SCUSE… MA I CARABINIERI INDAGANO PER INCITAMENTO ALL’ODIO RAZZIALE

“Ingresso vietato a nigeriani e senegalesi”. L’avviso choc è comparso questo pomeriggio sulla pagina Facebook del “Salottino del Ponte” di Susa, un circolo privato aperto da alcune settimane: “Per solidarietà  alla famiglia di Desiree (sic), la ragazza stuprata e uccisa da quelle quattro m. – si legge   – l’ingresso è vietato a nigeriani e senegalesi e finti profughi in generale. Questo è l’unico modo che abbiamo per protestare. Condividete affinchè altri facciano uguale. Ciao piccola stella”.
I titolari del locale che hanno provato a lanciare questa “campagna” sono stati invece subissati di critiche e anche qualche insulto, tanto che dopo poche ore hanno deciso di cancellare il post con tante scuse: “Non volevamo essere razzisti”. dicono.
Ma nemmeno il post riparatore frena l’ondata di sdegno verso un cartello che ricorda tanto le campagne antisemite della Germania nazista: “Facile cercare di mettere le pezze dopo solo a causa della pessima pubblicità  che vi siete fatti. Il vostro pensiero rimane ben chiaro a tutti” scrive una utente.
E un altro aggiunge: “Non volevate essere razzisti, ma lo siete stati. Non volevate urtare la sensibilità , ma avete offeso il concetto di civiltà , le persone ed anche la vostra intelligenza. Non mi sento arrabbiato o indignato, mi sento deluso. Solo deluso”.
I gestori del locale spiegano su Facebook come il gesto volesse essere piuttosto “un attestato di solidarietà ” nei confronti della ragazza massacrata a Roma: “È stata una provocazione un po’ troppo forte dettata da una rabbia immensa per un omicidio disumano di una bambina .L’onestà  e la correttezza non c’entrano col colore della pelle. La nostra voleva essere solo una denuncia ma non a sfondo razzista”, ribadiscono i gestori.
Il post però non è sfuggito all’attenzione dei carabinieri che ora stanno svolgendo verifiche su quello che è comparso sul web nel pomeriggio. Nonostante la ritrattazione la procura potrebbe ipotizzare il reato di istigazione all’odio razziale.

(da agenzie)

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E’ RISSA TRA NO TAP E M5S, LA MINISTRA LEZZI: “NON MI FANNO PAURA” (TANTO HA LA SCORTA), CONTE FA IL PALESTRATO: “DATE LA COLPA A ME”

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

LA LEZZI DEFINISCE TEPPISTA IL SINDACO DI MELENDUGNO, CALENDA RIDICOLIZZA CONTE: “I CONTI ERANO NOTI, DILLO A DI BATTISTA”

“Le maniere da teppistello con le quali il sindaco di Melendugno mi intima di non tornare lì non mi fanno paura perchè non ho niente da temere”.
Lo dice il ministro per il Sud, Barbara Lezzi su Facebook, dopo le proteste dei no Tap. Riferendosi al sindaco di Melendugno Lezzi ha detto: “Non può dirmi dove andare, a casa mia ci torno quando e come voglio, perchè non ho nulla di cui vergognarmi e vado a testa alta”.
Dopo le accuse di tradimento degli attivisti No Tap, le tessere elettorali e le bandiere M5s bruciate, scoppia la rissa tra i No Tap e la ministra del Sud
Esilarante il commento di Salvini: “Il fuoco non è mai la soluzione, il fuoco e le minacce non sono mai le risposte a niente”, dimenticando il fantoccio della Boldrini bruciato in piazza dai suoi iscritti.
Scende in campo anche il premier Giuseppe Conte in una lettera aperta ai cittadini di Melendugno. Scrive: “Chi sostiene che lo Stato italiano non sopporterebbe alcun costo o costi modesti non dimostra di possedere le più elementari cognizioni giuridiche. Se il governo italiano decidesse adesso, in via arbitraria e unilaterale, di venire meno agli impegni sin qui assunti anche in base a provvedimenti legislativi e regolamentari, rimarrebbe senz’altro esposto alle pretese risarcitorie dei vari soggetti coinvolti nella realizzazione dell’opera e che hanno fatto affidamento su di essa”. “Ho detto l’altro giorno che adesso è arrivato il momento di “metterci la faccia” e lo sto facendo io personalmente, a nome del governo”
Secondo Conte “le variabili per poter quantificare l’esatto ammontare dei danni sono molteplici e alcuni dati essenziali sono nella esclusiva sfera di controllo delle società  coinvolte nel progetto. E’ certo però che, interrompendo il progetto Tap, lo Stato italiano verrebbe coinvolto in un contenzioso lungo e perdente, i cui costi potrebbero aggirarsi, in base a una stima prudenziale, in uno spettro compreso tra i 20 e i 35 miliardi di euro”.
“Caro Giuseppe Conte se sostieni che esistano carte nascoste e penali dimostralo. Se invece parli dei costi di un risarcimento erano ben conosciuti da tutti. In primo luogo da quelli che hanno detto che avrebbero chiuso il Tap in due settimane. Fai la persona seria”. Così, in un tweet, l’ex ministro dello sviluppo Carlo Calenda risponde al premier Conte.

(da agenzie)

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L’ESERCITO DELL’ODIO

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

I SUPREMATISTI BIANCHI ANTISEMITI, RAZZISTI, NEONAZI SONO ESPLOSI NELL’AMERICA TARGATA TRUMP… MIGLIAIA I LORO SITI DOVE INCITANO ALL’ODIO

E’ un ‘j’accuse pesantissimo contro Donald Trump: il Presidente non ha armato la mano dello stragista di Pittsburgh, ma ha contributo ad alimentare quel clima di intolleranza, di odio verso ogni portatore di “diversità “, singoli o comunità , su cui i Robert Bowers crescono.
Scrive su Haaretz David Rothkopf, senior fellow at the Johns Hopkins University School of Advanced International Studies: “Nell’ultima settimana, l’America e il mondo hanno assistito alla metastatizzazione del trumpismo. Il processo è in corso da quando è stato eletto presidente degli Stati Uniti, ma ha subito una preoccupante accelerazione una volta che (Trump) si è insediato alla Casa Bianca… Lo abbiamo visto nei primi tentativi di bandire i rifugiati dagli Stati Uniti sulla base della loro religione. Lo abbiamo visto quando i suprematisti bianchi hanno marciato a Charlottesville, in Virginia…. Ma questa settimana, alcuni giorni prima di un’elezione potenzialmente cruciale dell’America a medio termine, abbiamo assistito ad un’accelerazione non solo dell’odio e della paura del presidente, ma delle sue devastanti conseguenze nella società  americana. Abbiamo visto una trama di bombe senza precedenti nella storia degli Stati Uniti in termini di portata – prendendo di mira due ex presidenti, un ex vicepresidente, un ex segretario di stato, un ex direttore dell’intelligence nazionale, un ex direttore della Cia, un ex procuratore generale, senatori, membri del Congresso, un importante filantropo, una star del cinema attivista e la Cnn. Abbiamo visto un doppio omicidio nel Kentucky in cui il tiratore aveva cercato di entrare in una chiesa prevalentemente nera qualche istante prima, presumibilmente per compiervi una strage…E abbiamo visto il più sanguinoso atto di antisemitismo nella storia americana, che ha causato 11 vittime in una sinagoga a Pittsburgh , in Pennsylvania…”.
“Sebbene nessuno di questi atti sia stato istigato direttamente dal presidente o dalla dirigenza del partito Repubblicano – rimarca Rothkopf – è innegabile che si tratti di manifestazioni di un clima mutato in America di cui l’attuale presidente degli Stati Uniti è il maggiore responsabile…”.
Concetto rilanciato da Chemi Shalev, tra i cui autorevoli analisti di Haaretz, quando ricorda come “Trump abbia offerto a più riprese un incitamento implicito ai movimenti razzisti di estrema destra, il culmine del quale è avvenuto quando il Presidente ha definito ‘brave persone’ i partecipanti al raduno suprematista di Charlotteville”.
Incalza Oren Segal, direttore dell’Anti-Defamation League’s Center on Extremism”: “La moderna supremazia bianca è incentrata sul concetto che i bianchi devono combattere contro un numero crescente di non bianchi, che a loro volta sono controllati e manipolati dagli ebrei”, ha scritto Segal in un tweet.
“Noi abbiamo chiesto al Presidente – ricorda Segal – di andare oltre le parole di condanna dell’antisemitismo. Certo, queste parole sono importanti, ma lo sono molto di più le azioni, che poi sono il terreno sul quale si misura la reale volontà  di agire contro questi seminatori di odio”.
Robert Bowers, lo “shooter” stragista è parte di un mondo.
Il mondo dei “suprematisti bianchi”, un mondo che può contare su oltre 1022 siti che fanno riferimento a idee e pratiche razziste, che indottrinano e addestrano, in Rete, gli affiliati e chi, anche se “cane sciolto” vuole farsi giustizia da sè: aprendo il fuoco contro un centro in cui si pratica l’aborto, aggredendo persone di colore, aprendo la caccia all'”islamico entrare in una sinagoga sparando e gridando: “Tutti gli Ebrei devono morire”..
Gruppi che hanno come centro propulsivo gli Stati Uniti. Attualmente negli Usa sono 1435 – nel 2008 erano 159- i gruppi razzisti, neonazi e antisemiti che sostengono idee come la supremazia bianca basata sulla teorica superiorità  di questa razza su afro-americani, ispanici, arabi o ebrei.
Queste credenze, basate sull’odio hanno fondamenta politiche e sociali, che a volte partono da una base religiosa spesso legata al cristianesimo fondamentalista. Il numero dei gruppi che incitano all’odio è vicino ai massimi storici, grazie all’ondata di ‘ populismo di destra’ scatenata dalla campagna elettorale”, denuncia il Southern Poverty Law Center che monitorizza l’estremismo negli Usa.
Il Centro ha anche rilevato come l’antisemitismo e gli attacchi rivolti agli ebrei americani “abbiano raggiunto livelli che non si vedevano dalla fine della Seconda guerra mondiale”.
Nella South Carolina, ad esempio, secondo il Southern Poverty Law Center, operano almeno 25 “hate groups”, cioè i gruppi che fanno dell’odio la propria cifra. Parole durissime sono anche quelle pronunciate dall’ex collaboratore di Ronald Reagan, il suo speechwriter John Podhoretz: “l’Olocausto era stato organizzato contro gli ebrei. Non esiste altro modo per offrire il ricordo dell’Olocausto che non rifletta questo fatto semplice, orribile e storico”.
Quello stesso giorno in cui Trump dimenticava di citare le vittime ebraiche della Shoah, prendeva corpo il divieto per i cittadini musulmani di sette Paesi, che veniva giustificato in un tweet con le uccisioni dei cristiani in Medio Oriente. Concetto rilanciato da Art Spiegelman, tra i più famosi fumettisti americani: “Steve Bannon – rimarcava Spiegelman in una intervista a La Stampa – il consigliere di Trump autore dei suoi decreti, è uno xenofobo, antisemita e misogino, legato ai gruppi neonazisti di Alt Right. Trump non è abbastanza sofisticato per capirlo, ma tutto questo è parte di un piano preparato e annunciato pubblicamente da tempo dai suprematisti bianchi. Non a caso, il decreto sul bando dei musulmani è stato firmato proprio nel Giorno della Memoria dell’Olocausto”.
Oggi Bannon non è più, ufficialmente, un consigliere di The Donald, ma resta un punto di riferimento, non solo negli Usa ma anche in Europa, Italia compresa, dei sovranisti identitari.
Su Forward Jane Eisner, giornalista ebrea americana, si è detta impaurita “dall’antisemitismo diretto verso di me e i miei colleghi giornalisti da coloro che ora festeggiano le prospettive di un’amministrazione Trump, e non ho idea se la sua famiglia – e qui includo i suoi figli ebrei, che sono rimasti irragionevolmente in silenzio di fronte a molestie e minacce – farà  qualcosa per aiutare a riportare la civile tolleranza”.
“Come ebrei statunitensi siamo fieri di avere concorso al tragitto che la nostra nazione ha compiuto per adempiere alla promessa che gli esseri umani sono creati eguali – una promessa che rinnova il postulato biblico che gli esseri umani sono creature eguali ad immagine di Dio. Condanniamo fermamente i molti episodi di antisemitismo che hanno circondato la sua campagna elettorale. Siamo inoltre sgomenti per le parole e gli atti che hanno offeso cittadini statunitensi in ragione del genere, razza, religione, etnia, disabilità  o orientamento sessuale…”.
E’ un brano della lettera inviata a Trump pochi giorni dopo la sua elezione da organizzazioni ebraiche della “sinistra”; fra queste, Jstreet, New Israel Fund, Peace Now, Hashomer Hatzair, T’ruah un movimento rabbinico attivo nella difesa dei diritti umani). Duecentocinquanta accademici americani studiosi ebrei di Storia della Shoah, avevano a loro volta firmato una petizione – pubblicata sul quotidiano Jewish Journal – per condannare “il linguaggio discriminatorio e carico d’odio e le minacce” del tycoon durante la campagna elettorale per la Casa Bianca: “E’ nostro dovere – rimarcavano gli accademici – resistere alla degradazione dei diritti umani implicita nella retorica di Trump”.
I miliziani suprematisti sono oggi oltre 50mila in tutti gli States. Tra i gruppi che operano attivamente si includono: Neonazisti, miliziani del Ku Klux Klan, Nazionalisti Bianchi, Neoconfederati, Teste Rasate di taglio razzista, Vigilanti Frontalieri, American front, American guard, Hammerskins, National alliance, National socialist American labor party, National socialist vanguard, Nsdap/Ao, White aryan resistance.
Il suprematismo bianco Usa corre anche sul web. Un recente studio del Simon Wiesenthal Center ha identificato più di 12mila gruppi di odio xenofobo e antisemita sul web. La League of the South sul proprio sito avverte: “Se ci chiamerete razzisti, la nostra risposta sarà : e allora?”. Tra i gruppi più attivi si segnalano l’Aryan Brotherhood in New Mexico e i Nazi Low Riders nella California del sud: sorti come gang di strada, si sono poi ideologizzati. Di più recente fondazione è l’American Third Position party, denominato per brevità  A3P, un gruppo che fa della supremazia bianca la sua bandiera e che ha preso il via in California facendo poi proseliti in altri Stati americani. La crescita delle organizzazioni bianche è tutta in queste cifre: il 16% in più rispetto a due anni fa, il 71% rispetto al 2000.
Tra i suprematisti bianchi che hanno appoggiato Donald Trump in campagna elettorale ci sono anche quelli dell’American Freedom Party, il cui leader William Johnson aveva spiegato, in interviste e dichiarazioni pubbliche, che i suoi uomini stanno lavorando in stretta collaborazione con la campagna di Trump per far andare tutto liscio il giorno delle elezioni.
Mobilitati altri suprematisti, quelli del Traditionalist Workers Party, che si erano dati appuntamento in Ohio, il giorno del voto, per volantinare a favore di Trump. In Stati come l’Arizona, i gruppi suprematisti sono in prima linea contro l’immigrazione dei latinos, classificati tra le razze “inferiori” non bianche.
Accanto a questi gruppi troviamo poi il movimento dell’estrema destra cristiana noto come Christian Identity, a cui fanno capo gruppi come Aryan Nations (la cui connotazione cristiana li distingue da altri, che si rifanno al paganesimo celtico, cos↓ come parte della destra radicale europea).
Nell’ambito della Christian Identity troviamo anche piccoli gruppi religiosi e sette apocalittiche, come quella di David Koresh che nel 1993 fu protagonista dei fatti di Waco, in Texas (dove più di 70 persone morirono nell’incendio di un ranch assediato dalle forze federali). Sempre in ambito religioso troviamo poi i gruppi antiabortisti più radicali come Operation Rescue, che negli ultimi decenni si sono impegnati in numerosi blitz contro le cliniche dove si eseguono aborti. “Gli Ebrei sono figli di Satana”, delirava sui social Robert Bowers.
Ma nell’America di The Donald non è il solo a pensarlo.

(da “Huffingtonpost”)

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SONDAGGI ELEZIONI EUROPEE, I SOVRANISTI PRENDERANNO UNA FACCIATA: PPE, LIBERALI E SOCIALISTI AL 58%

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

IN CRESCITA ANCHE I VERDI… E ORBAN RESTA NEL PPE, MOLLANDO I SUOI COMPAGNI DI MERENDA

“Questa Unione europea ha solo sei mesi di vita”. “È iniziata la rivoluzione del buonsenso” che porterà  i sovranisti al potere a Bruxelles, quelle di maggio 2019 saranno “elezioni spartiacque”.
Questi sono solo alcuni dei proclami che i partiti euroscettici o sovranisti di tutta Europa, compresi Lega e Movimento 5 Stelle, hanno lanciato negli ultimi mesi, in vista della campagna elettorale per le europee.
Proclami che, se si guardano i dati, al momento non trovano fondamento.
Secondo i dati aggiornati al periodo tra il 10 settembre e il 25 ottobre, l’Istituto Cattaneo ha provato a fornire le prime indicazioni sulla composizione del prossimo Parlamento europeo: un’alleanza di gruppi politici tradizionali in funzione anti-sovranista (Partito Popolare Europeo, Socialisti e Democratici e Liberali) oggi otterrebbe il 58% dei seggi e, quindi, la maggioranza assoluta.
Dire però che la battaglia europeista è già  stata vinta è un azzardo che non tiene conto delle variabili e anche del trend rilevato dagli ultimi sondaggi.
Innanzitutto, una consistente e costante perdita di seggi da parte delle formazioni tradizionali, in particolar modo Ppe e S&D che passerebbero da un totale di 386 seggi, ben oltre la maggioranza di 353 dopo l’uscita della Gran Bretagna dal’Ue, a 319: -12% circa.
A rassicurare coloro che temono una vittoria del “Fronte della libertà ”, come è stato ribattezzato da Matteo Salvini, Steve Bannon e Marine Le Pen la probabile coalizione unita sovranista, c’è la crescita dei consensi dell’ala liberale che, nonostante Alde abbia mantenuto dei numeri simili a quelli registrati alle ultime elezioni, potrà  contare sull’entrata, anche se depotenziata rispetto a un anno fa, dei macronisti di En Marche! che non hanno ancora fatto sapere se hanno intenzione di entrare in Alde o correre da soli.
A tranquillizzare gli europeisti e, soprattutto, il Ppe c’è anche la scelta di Viktor Orbà¡n di appoggiare il candidato popolare Manfred Weber come Spitzenkandidat: dopo i duri attacchi ricevuti dall’interno del proprio gruppo e il voto della maggioranza del Ppe in favore dell’applicazione dell’articolo 7 nei confronti dell’Ungheria, si era pensato a una possibile uscita di Fidesz dalla più importante famiglia politica europea.
Possibilità  smentita solo a fine ottobre, quando il ministro e capo di Gabinetto, Antal Rogà¡n, ha annunciato l’appoggio a Weber per la corsa alla Commissione europea.
A questo costante e graduale declino dei partiti tradizionali, accentuato anche dal fatto, spiegano i ricercatori dell’Istituto, che alle elezioni europee l’elettorato tende a privilegiare i nuovi partiti e penalizzare quelli che siedono ai banchi dell’esecutivo, ci sono la crescita ancora in corso dei sovranisti e l’incognita legata ai nuovi partiti o ai cambi di casacca.
Stiamo parlando di 80 rappresentanti, secondo i calcoli dell’Istituto Cattaneo, che non hanno ancora una loro collocazione ufficiale.
L’Italia, il Paese che probabilmente regalerà  più seggi alle formazioni euroscettiche, con 53 poltrone tra Lega (28) e M5s (23), ne è l’esempio più calzante: con l’uscita del Movimento dal gruppo Efdd (Europa della Libertà  e della Democrazia Diretta) che probabilmente si scioglierà , non è ancora stato chiarito se i pentastellati formeranno un nuovo gruppo parlamentare o quali eventuali alleanze andranno a formare.
Una variabile che potrebbe spostare gli equilibri è quella delle preferenze che saranno raccolte dai Verdi, che in Germania crescono contestando l’austerity e puntando su un cambio dell’Europa da sinistra.
Secondo le stime del Cattaneo, il gruppo sarebbe in leggera flessione rispetto all’anno precedente, ma gli ottimi risultati fatti registrare alle ultime elezioni in Baviera li hanno resi una valida alternativa a chi non vuole dare la propria preferenza ai partiti e movimenti sovranisti ma, dall’altra parte, è stanco delle formazioni definite “tradizionali”.
L’avanzata dei “nuovi barbari”, come il Financial Times definì il neonato governo gialloverde, alla conquista dell’Europa sembra ancora lontana.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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GERMANIA, EXIT POLL DEL VOTO IN ASSIA: VOLANO ANCORA I VERDI, CALANO CDU E SPD

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

CDU 27,4%, SPD 19,6%, VERDI 19,5%, AFD 12%, LIBERALI 7,8%, SINISTRA 6%… I NEONAZISTI AFD SI FERMANO AL 12%, CRESCONO LIBERALI ED ESTREMA SINISTRA

Per la seconda volta in due settimane gli elettori tedeschi puniscono la Grande coalizione. Ma se fossero confermate le proiezioni, il terremoto per Angela Merkel potrebbe essere più contenuto del previsto.
Dopo la batosta per la Csu e la Spd in Baviera, è il turno dell’Assia, che ha mandato, stando ai primi exit poll, un segnale inequivocabile di scontento a Berlino.
Rispetto alle elezioni del 2013, la Cdu crolla dal 38 al 27 per cento, mentre la Spd scivola dal 30 al 19,9 per cento.
Balzo dei Verdi anche qui, dopo il boom della Baviera, che passano dall’11,1 al 19,5 per cento.
L’Afd conquista il suo ultimo parlamentino regionale con il 12,1 per cento. Liberali e Linke guadagnano ciascuno circa 5 punti in più.
I risultati, tuttavia, sono migliori di alcuni pronostici, perchè se i Verdi finissero terzi e se bastassero – come sembra attualmente – i seggi conquistati dagli ambientalisti e dalla Cdu per confermare la maggioranza nel parlamentino dell’Assia, il fedelissimo della Merkel, il governatore uscente Volker Bouffier potrebbe uscirne confermato.
E Merkel tirerà  un enorme sospiro di sollievo.

(da agenzie)

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