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I TWEET SESSISTI E OMOFOBI DELL’AMICO DI DI MAIO PIAZZATO NEL SUO STAFF A 65.000 EURO L’ANNO

Ottobre 11th, 2018 Riccardo Fucile

IL VICECAPO DELL’UFFICIO LEGISLATIVO E’ AUTORE SUI SOCIAL DI DICHIARAZIONI VERGOGNOSE

Vladimir Luxuria? “Dovrebbe stare in galera”. Micaela Biancofiore? “Una mignotta in quota rosa”.
E poi una lunga sequenza di affermazioni sull’omosessualità  di Dolce e Gabbana, sulla moralità  della showgirl Melissa Satta e alcune tecniche per distinguere i veri uomini dai “ricchioni”.
Sono i tweet della vergogna che ancora oggi si trovano sul profilo di Enrico Esposito, avvocato da alcuni mesi nominato vice capo dell’ufficio legislativo del Ministero dello Sviluppo Economico dal ministro Luigi Di Maio.
Un incarico per cui percepirà  65mila euro per un anno e ottenuto su “base fiduciaria” in quanto si tratta di un ufficio di diretta collaborazione del ministro stesso.
Esposito e Di Maio sono infatti ex colleghi di università : entrambi hanno frequentato giurisprudenza alla Federico II di Napoli, con il primo che si è laureato nel 2011 per poi proseguire la carriera di legale in diversi studi, fino ad approdare al fianco del suo ex collega al Mise.
A macchiare il curriculum di Esposito, giovane e campano come molti altri membri dello staff di Di Maio, non sono però i titoli, quanto una serie di affermazioni consegnate ai social network tra il 2014 e il 2016.
Insulti sessisti e battutacce da bar contro le donne, in politica e in tv, e contro gli omosessuali.

(da “L’Espresso”)

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BOERI: “CON QUOTA 100 IL DEBITO AUMENTA DI 100 MILIARDI: PENALIZZATE DONNE E GIOVANI”

Ottobre 11th, 2018 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE DELL’INPS: “DAL TAGLIO DELLE PENSIONI D’ORO RISPARMI INFERIORI A 150 MILIONI DI EURO”

Il ripristino della cosiddetta quota 100 rischia di portare ad un aumento del debito pensionistico di 100 miliardi di euro e di penalizzare soipratutto giovani e donne.
È il giudizio espresso dal presidente dell’Inps Tito Boeri, nell’audizione alla Commissione Lavoro della Camera secondo cui uil pericolo “è quello di minare alle basi la solidità  del nostro sistema pensionistico”.   “E’ un’operazione che fa aumentare la spesa pensionistica mentre riduce in modo consistente i contributi previdenziali anche nel caso ci fosse davvero, come auspicato dal governo, una sostituzione uno a uno tra chi esce e chi entra nel mercato del lavoro”, ha aggiunto.
“Uscite consentite con un minimo di 38 anni di contributi e 62 di età  oppure abolendo l’indicizzazione alla speranza di vita dei requisiti contributivi minimi per la pensione anticipata (a tutte le età ) portano ad un incremento nell’ordine di 100 miliardi del debito pensionistico destinato a gravare sulle generazioni future e, già  nel 2021 a un incremento ulteriore (oltre la famosa gobba) di circa un punto di pil della spesa pensionistica”.
Inoltre secondo Boeri il ripristino di quota 100 premierebbe gli uomini e i dipendenti pubblici a scapito come detto di donne e giovani. La misura, ha detto, “premia quasi in 9 casi su 10 gli uomini, quasi in un caso su tre persone che hanno un trattamento pensionistico superiore a quello medio degli italiani (e un reddito potenzialmente ancora più alto, se integrato da altre fonti di reddito). Si tratta nel 40% dei casi di dipendenti pubblici che, in un caso su 5, hanno trattamenti superiori ai 35.000 euro all’anno (in più di un caso su 10, superiore ai 40.000 euro)”.
“Donne e giovani penalizzati”
La riforma voluta dal governo “porterà  ad avvantaggiare soprattutto gli uomoni, con redditi medio alti e i lavoratori del settore pubblico. Penalizzate invece le donne tradite da requisiti contributivi elevati (quando hanno carriere molto più discontinue degli uomini) e dall’aver dovuto subire sin qui, con l’opzione donna, riduzioni molto consistenti dei trattamenti pensionistici, quando ora per lo più gli uomini potranno andare in pensione prima senza alcuna penalizzazione”. “Pesanti sacrifici – ha aggiunto Boeri – imposti anche ai giovani su cui pesa in prospettiva anche il forte aumento del debito pebnsionistico”.
“Pensioni d’oro, dal ddl risparmi inferiori a 150 milioni”
Il presidente Inps si è soffermato anche sul tema del disegno di legge sulle pensioni d’oro. Il risparmio che potrebbe arrivare dal ddl sarebbe inferiore a 150 milioni e riguarderebbe una platea di circa 30.000 persone.
Secondo Boeri questa riduzione della spesa pensionistica solo se il taglio sulle pensioni superiori a 90.000 euro annui facesse riferimento all’intero reddito pensionistico e non alle singole pensioni. La riduzione massima sarebbe del 23% mentre quella media sarebbe dell’8%.

(da agenzie)

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EMMA BONINO: “IL MODELLO RIACE FUNZIONA E LA COSA FA IMPAZZIRE I POPULISTI, EUROPA DI FRONTE ALLA MIOPIA DEGLI ARRUFFAPOPOLI”

Ottobre 11th, 2018 Riccardo Fucile

“LA COSA GRAVE E’ CHE IL RAZZISMO SIA POLITICAMENTE LEGITTIMATO”

“Il decreto sicurezza di Salvini viola le direttive europee”.
Emma Bonino, intervistata da La Repubblicava all’attacco del decreto simbolo della politica leghista.”Palleggiarsi i migranti è inutile, per i paesi più esposti ai flussi significa far diventare i problemi migratori ingovernabili” aggiunge la leader radicale. La Bonino guarda all’europeismo di Macron con fiducia, non crede sia possibile chiudere gli aeroporti ai charter con i migranti perchè si creerebbe un “effetto a cascata su tutto il traffico aereo, nazionale e internazionale”.
Non si pronuncia sulla vicenda giudiziaria che ha colpito Mimmo Lucano, sindaco di Riace, ma sostiene che il suo modo di agire sia quello giusto
“Il suo modello ha funzionato perchè ha trasformato un paese spopolato e destinato a morire, in un posto nuovamente vitale, grazie all’accoglienza. Per questo il caso Riace fa impazzire i populisti: perchè funziona” .
Vuole fare di +Europa, alle europee di maggio, una “proposta distinta da quella del Pse”, un’alternativa ai nazionalismi.
La senatrice dice che il piano della Lega e 5 stelle intende far saltare l’Europa
“Farla saltare è un progetto dichiarato sia dalla Lega che dal M5S e perseguito da un fronte che va da Bannon a Putin. L’UE è una costruzione politica, come è stata fatta dalla lungimiranza degli statisti, da De Gasperi a Kohl, può essere disfatta dalla miopia degli arruffapopoli”.
È preoccupata dalla deriva xenofoba del paese che raccoglie consensi ed è diventata senso comune.
La cosa più grave, oggi, non è che la xenofobia e il razzismo tornino a diffondersi massicciamente, ma che siano politicamente legittimati e culturalmente riconosciuti

(da agenzie)

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MANOVRA: I 20 MILIARDI CHE RESTERANNO UNA CHIMERA

Ottobre 11th, 2018 Riccardo Fucile

LE DIFFICOLTA’ TECNICHE   E POLITICHE EMERSE NEL TENTATIVO DI ELIMINARE AGEVOLAZIONI FISCALI

Il governo ha annunciato aumenti di spesa pubblica per almeno 25 miliardi, e riduzione di entrate per almeno 15 miliardi, come ha calcolato Massimo Bordignon su lavoce.info.
Servono quindi 40 miliardi.
Circa 20 miliardi verranno dall’emissione di debito pubblico addizionale, cioè dall’aumento del disavanzo al famoso 2,4 per cento.
Su quest’ultimo numero c’è stato un dibattito infuocato; ma il vero problema, di cui pochi parlano, è che anche con questo disavanzo mancano ancora 20 miliardi, non esattamente noccioline.
Il governo non ha detto praticamente niente su come ottenerli, se non il solito richiamo al taglio delle spese superflue e delle agevolazioni fiscali. C’è una leggenda bipartisan, che circola da anni anche tra affermati economisti, che in Italia vi siano decine di miliardi di agevolazioni fiscali che aspettano solo di essere eliminate in poche settimane con un tratto di penna.
Quando ero consigliere economico di Palazzo Chigi preparai un rapporto sulle agevolazioni fiscali, con la collaborazione di molti valenti funzionari del ministero dell’Economia (nessuno di loro è responsabile di quanto segue).
Presi in esame tutte le agevolazioni, e finii con un elenco di 40 voci, scelte in base a diversi criteri. Un minimo di percorribilità  politica, prima di tutto.
A seguire: effetti distributivi perversi (agevolazioni che beneficiano i più abbienti); mancanza di una ratio economica cogente; esistenza di una ratio economica iniziale, che è venuta meno con il tempo; evidente azione di lobby alla base dell’agevolazione; accumulazione storica di molteplici agevolazioni in un solo settore; inapplicabilità  pratica dell’ agevolazione.
Il risultato è il documento (opportunamente editato rispetto alla versione originale) che può essere consultato online.
Il dossier risale a fine 2015, quindi alcune voci sono sicuramente cambiate. Ma a grandi linee i numeri saranno gli stessi, e il rapporto rimane utile per illustrare le difficoltà  tecniche e politiche che si incontrano nell’addentrarsi in questo terreno.
Il risparmio totale calcolato allora era di circa 1,6 miliardi, e di 2,2 miliardi con un intervento più coraggioso su alcune detrazioni.
Sembrerebbero cifre irrisorie, facilissime da scovare nel mare magnum delle nostre agevolazioni: dopotutto, se non si riesce a tagliare 1,6 miliardi su centinaia di miliardi, allora meglio abbandonare ogni speranza di risanare il bilancio di questo paese. E nessuna delle proposte avrebbe colpito i meno abbienti. Eppure vidi parecchi politici sbiancare in volto nel leggere le prime pagine di questo dossier (nessuno arrivò neanche a metà ). Ovviamente non se ne fece niente
Forse non fui un buon venditore; forse non scelsi le agevolazioni giuste; forse quei politici erano particolarmente pavidi o svogliati. Forse i politici di questo governo saranno più abili, più coraggiosi, più fortunati. Ma basta una rapida scorsa al documento per rendersi conto che è una pia illusione pensare di poter trovare anche solo dieci miliardi in poche settimane.
Alcune agevolazioni sono tecnicamente complicate, e ci vuole tempo e attenzione per riformarle. Altre hanno lobby potentissime alle spalle.
Altre ancora, se toccate, rischiano di paralizzare letteralmente il paese, come le agevolazioni per gli autotrasportatori.
Altre ancora si prestano a facili strumentalizzazioni: è insensato che persone con un reddito di 100 mila euro possano detrarre le spese veterinarie, ma quale governo avrà  il coraggio di mettersi contro i milioni di amanti di animali per risparmiare pochi milioni di euro?
Per motivi che nessuno ha mai saputo spiegarmi (quasi certamente perchè non esistono) le pompe funebri sono esenti da Iva. Quando trapelò che esisteva una proposta di eliminare questa esenzione, un noto quotidiano titolò a caratteri cubitali in prima pagina “Ora tassano pure i morti”. Quale governo vorrà  correre il rischio di questa accusa infamante per risparmiare 250 milioni?
Nel paese in cui “dieci miliardi si devono poter trovare sempre” è naturale pensare che sia facile scovarli tra le centinaia di miliardi di agevolazioni fiscali. Faccio tanti auguri ai funzionari che avranno questo ingrato compito, con poche settimane per portarlo a termine. E
tanti auguri anche ai capi del governo e ai loro consiglieri: al loro risveglio l’impatto con la realtà  sarà  molto duro e, cosa ben più importante per il paese, continueranno a mancare 20 miliardi. Ma non c’è da preoccuparsi: il governo potrà  sempre risolvere tutto con un altro aumento delle previsioni di crescita per il 2019, grazie anche all’aiuto del modello econometrico del Tesoro.
Con la giusta configurazione delle centinaia di parametri, e un po’ di tempo per fare centinaia di tentativi, quel modello riuscirebbe a dire che l’acqua è asciutta; figuriamoci se non riuscirà  a dirci che la crescita, grazie alle miracolose misure in programma, sarà  ancora superiore a quella che il governo si è inventata nella Nota di aggiustamento, e già  scandalosamente superiore a quella prevista da ogni altra organizzazione pubblica o privata. Ma, si sa, con un po’ di crescita in più tutto si aggiusta: basta solo essere ottimisti.

(da “La Repubblica”)

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OPERAI FCA DI POMIGLIANO PROTESTANO SUL TETTO: “DI MAIO DOV’E?”

Ottobre 11th, 2018 Riccardo Fucile

UNO DEI MANIFESTANTI E’ TRA I LICENZIATI CHE A GIUGNO AVEVA MINACCIATO DI DARSI FUOCO SOTTO LA CASA DEL MINISTRO

Due operai della Fca di Pomigliano d’Arco sono saliti sul tetto della sede del I municipio di Roma per protestare contro il licenziamento di cinque lavoratori che avevano inscenato nel 2014 il funerale dell’ad Sergio Marchionne davanti ai cancelli dello stabilimento.
Uno dei due manifestanti è Mimmo Mignano, tra i licenziati, che lo scorso 6 giugno aveva minacciato di darsi fuoco sotto la casa del ministro del Lavoro, Luigi Di Maio per chiedere il suo intervento.
“Gli operai hanno calato uno striscione dalla scritta: “Fiat, Di Maio tu dove stai?”.
“Il ministro era venuto anche a trovarmi in ospedale a Nola, ma sono 5 mesi che non abbiamo notizie sulla nostra situazione”, ha detto Mignano.
Ai piedi dell’edificio ci sono altri operai che stanno manifestando. Sul posto le forze dell’ordine.

(da agenzie)

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SULLE SPESE MILITARI I GRILLINI SI SONO DISTRATTI: CONFERMATO L’ACQUISTO PER GLI F35

Ottobre 11th, 2018 Riccardo Fucile

ALTRO CHE TAGLI ALLA DIFESA, ANTICO CAVALLO DI BATTAGLIA, LE CIFRE DICONO CHE SI SPENDERA’ DI PIU’

Almeno fino a oggi, c’è un assente nel balletto di cifre della legge di bilancio: la questione delle spese militari.
Che per i 5 Stelle, quando stavano all’opposizione, era un tema centrale. Lo stesso Beppe Grillo ne aveva fatto una battaglia fondante del suo blog, suggerendo un taglio draconiano («almeno 10 miliardi») per finanziare il reddito di cittadinanza (vedi ad esempio i post del 21 maggio 2012 e del 10 ottobre 2015).
Per non dire della lotta contro gli F35. Adesso però la musica sembra cambiata.
Salvo colpi di scena, l’acquisto dei caccia prodotti dalla Lockheed è confermato. E la ministra Elisabetta Trenta ha anche annunciato che entro il 2024 l’Italia spenderà  per la Difesa il 2 per cento del pil, cioè quasi 40 miliardi all’anno, più di 100 milioni al giorno (attualmente sono 64).
Nessun passo avanti – finora – neppure nella trasparenza delle spese militari, da sempre occultate sotto altre voci compresa la cooperazione. Anche questa era una battaglia molto frequente nel blog di Grillo che adesso pare scordata.

(da “L’Espresso”)

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SPREAD, QUANDO GRILLO E IL M5S DICEVANO CHE ERA PERICOLOSO

Ottobre 11th, 2018 Riccardo Fucile

NEL 2011 L’APPELLO A NAPOLITANO PER SALVARE IL PAESE DALL’IMPENNNATA DELLO SPREAD… ORA DI MAIO DICE L’OPPOSTO

Correva l’anno 2011 e sul balcone di Palazzo Chigi si affacciava Silvio Berlusconi. In quell’estate calda lo spread, il differenziale di rendimento tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi era volato oltre i 500 punti base, un livello ingestibile per un Paese come l’Italia carico di debiti.
E a tuonare contro i governanti chiedendo al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, di intervenire per salvare le banche e gli stipendi pubblici era niente meno che l’anima del Movimento 5 stelle, il comico Beppe Grillo.
“L’Italia è vicina al default- scriveva Grillo sul blog il 30 luglio 2011- i titoli di Stato, l’ossigeno (meglio sarebbe dire l’anidride carbonica) che mantiene in vita la nostra economia, che permette di pagare pensioni e stipendi pubblici e di garantire i servizi essenziali, richiedono un interesse sempre più alto per essere venduti sui mercati. Interesse che non saremo in grado di pagare senza aumentare le tasse, già  molto elevate, tagliare la spesa sociale falcidiata da anni e avviare nuove privatizzazioni. Un’impresa impossibile senza una rivolta sociale”.
E ancora: “Il Governo è squalificato, ha perso ogni credibilità  internazionale, non è in grado di affrontare la crisi che ha prima creato e poi negato fino alla prova dell’evidenza. Le banche italiane sono a rischio, hanno 200 miliardi di euro di titoli pubblici e 85 miliardi di sofferenze, spesso crediti inesigibili. Non sono più in grado di salvare il Tesoro con l’acquisto di altri miliardi di titoli, a iniziare dalla prossima asta di fine agosto. Ora devono pensare a salvare se stesse”.
“Lei – scriveva Grillo all’allora capo dello Stato – ha il diritto-dovere di nominare un nuovo presidente del Consiglio al posto di quello attuale. Una figura di profilo istituzionale, non legata ai partiti, con un l’unico mandato di evitare la catastrofe economicae di incidere sulla carne viva degli sprechi. Gli italiani, io credo, sono pronti ad affrontare grandi sacrifici per uscire dal periodo che purtroppo li aspetta, ma solo a condizione che siano ripartiti con equità  e che l’esempio sia dato per primi da coloro che li governano”. “Credo che lei concordi con me che con questo governo l’Italia è avviata al fallimento economico e sociale e non può aspettare le elezioni del 2013 per sperare in un cambiamento”.
Oggi il vice premier e uomo di punta del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, minimizza gli effetti dello spread, in linea col suo sodale della Lega, Matteo Salvini.   “Questa storia dello spread a 400 è solo un modo per terrorizzare i cittadini”, sostiene Di Maio, dimenticandosi, ora che è lui ad affacciarsi al balcone di Palazzo Chigi, di quanto predicava il suo mentore Beppe Grillo.

(da agenzie)

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SALVINI E IL SAP SMENTITI DAI VIDEO: NESSUN POLIZIOTTO “AGGREDITO E PESTATO” DAI MIGRANTI A BORGO MEZZANONE

Ottobre 10th, 2018 Riccardo Fucile

C’E’ STATO UN TENTATIVO DI TRATTENERE L’ARRESTATO PER EVITARE CHE VENISSE CARICATO SULLA VOLANTE, MA NON CERTO “CALCI E PUGNI” COME QUALCUNO AVEVA INTERESSE A FAR VEICOLARE SULL’ASSE SAP-VIMINALE

Venerdì sei ottobre il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha comunicato alla platea dei suoi tre milioni di follower su Facebook l’ennesimo crimine commesso da un migrante.
Il luogo del misfatto è Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, poco distante dall’omonimo CARA che ospita migranti e richiedenti asilo.
Il protagonista è un 26enne gambiano di nome Omar Ragche — ha precisato il ministro — si trova in Italia “per motivi umanitari”, ovvero è titolare del permesso di soggiorno conseguente alla concessione della protezione umanitaria che Salvini vuole abolire.
Il migrante in questione non si è fermato ad un posto di blocco della Polizia e stando a quello che riferisce Salvini «una pattuglia della Polizia è stata aggredita a calci e pugni da un gruppo di richiedenti asilo».
A denunciare l’episodio è stato il SAP, il Sindacato Autonomo di Polizia, che in un comunicato stampa ha parlato di circa 50 extracomunitari che avrebbero infierito   sugli agenti per impedire l’arresto del cittadino gambiano.
Per la cronaca l’ex segretario del Sap, Gianni Tonelli (uno che ha difeso più volte gli agenti che hanno picchiato Federico Aldrovandi, che è stato condannato per diffamazione nei confronti della sorella di Stefano Cucchi e che è fermamente contrario all’istituzione del reato di tortura) è stato candidato alle scorse elezioni politiche per la Lega di Salvini ed è stato eletto alla Camera.
Secondo il SAP «all’esterno del Cara di Borgo Mezzanone, sono stati oggetto di una vile aggressione messa in atto da più di una cinquantina di cittadini extracomunitari che li hanno accerchiati colpendoli ripetutamente con calci, pugni e oggetti contundenti».
Ai due agenti, continua la nota del SAP «sono stati riscontrati seri danni giudicati guaribili in giorni 30 e 15 di prognosi».
L’aggressione sarebbe terminata solo grazie all’arrivo di ulteriori pattuglie.
Secondo Salvini è la dimostrazione che il Decreto Sicurezza è necessario per porre fine “alla pacchia” dei migranti. Al CARA di Foggia però non risulta che le condizioni siano quelle da grand hotel e nemmeno da albergo di quart’ordine: è molto peggio.
Salvini però questa mattina dava l’annuncio che sperava di poter dare: il cittadino gambiano aveva ottenuto la protezione umanitaria “grazie ad un ricorso alla magistratura” (nulla di strano in uno stato di diritto ma per il ministro questa cosa sembra essere inaccettabile)
Salvini conclude facendo sapere ai suoi che ora finalmente “come giusto si potrà  espellere” perchè questi delinquenti devono andare fuori dall’Italia.
Non è ben chiara la sorte degli aggressori, ovvero i 50 migranti che avrebbero malmenato gli agenti.
Come mai Salvini parla solo dell’espulsione del gambiano che ha cercato di scappare (a piedi) dal posto di blocco?
Nel frattempo però spuntano dei video.
Ad esempio quello pubblicato su Facebook dal Comitato Lavoratori delle Campagne, che è stato girato col telefonino proprio da uno dei migranti che avrebbero aggredito gli agenti.
Si vede in effetti una folla di persone circondare la pattuglia, alcuni tentano di trattenere Omar in manette mentre viene portato via.
Nel video si vedono diverse decine di migranti che cercano di impedire che il ragazzo venga caricato in auto. Molti hanno il telefonino in mano e stanno filmando la scena.
I due agenti sono chiaramente in difficoltà  ma non si assiste a scene di violenza.
Ad essere strattonato (dagli agenti e dai suoi compagni) è più il ragazzo del Gambia che i due funzionari di Polizia.
Nel primo video è presente solo una pattuglia. Il sito Terre di Frontiera ne ha pubblicati altri due, girati sempre dai migranti, che però si riferiscono a momenti successivi.
Gli agenti della Polizia di Stato sono sei e ci sono almeno altre due volanti. Al cerchione della ruota posteriore, seduto per terra è ammanettato Omar. Sia lui che un agente hanno gli abiti sporchi di fango, segno che c’è stata resistenza all’arresto e che probabilmente c’è stata una colluttazione a terra.
Nulla però lascia intendere che ci sia stata un’aggressione violenta, anche perchè l’unico ad essere in manette è il ragazzo che Salvini vuole rimandare a casa.
Terre di Frontiera riporta anche una testimonianza di uno dei migranti presenti che ammette che Omar ha sbagliato a scappare e a resistere all’arresto, così come hanno sbagliato i migranti che hanno cercato di impedire alla Polizia di caricarlo in auto.
Ma aggiunge anche che «Tutti cercavano di parlare con la Polizia per vedere cosa si doveva fare. Ma nessuno, giuro nessuno, ha picchiato poliziotti. Nessuno. Dopo sono arrivati altri poliziotti, con quattro macchine in tutto. Se noi avevamo picchiato, perchè dovevano arrestare solo Omar? Arrestavano anche altri. Tutti gli altri. Nessuno ha picchiato la Polizia, veramente no. Se qualcuno di noi picchiava, poteva succedere una guerra. Noi siamo irregolari, è vero, ma non siamo stupidi».
Quello che è certo è che c’è stata molta tensione, tensione generata anche alla preoccupazione dei migranti del centro quando hanno visto Omar buttato a terra su un cumulo di rifiuti dove c’erano anche dei vetri.
E di sicuro non è stata una situazione facile, ma dai filmati si vede che non c’è stata alcuna rivolta nè alcuna aggressione da parte di cinquanta migranti.
Ora ci sarebbe da chiedersi perchè la notizia è stata data basandosi solo sulla comunicazione del SAP che chiedeva pene più severe e la possibilità  di usare il Taser. Lo scopo di Salvini invece è ovvio: alimentare la paura nei confronti dei migranti.
Ma forse ora che è ministro potrebbe risolvere i problemi dei vari ghetti dove sono costretti a vivere i richiedenti asilo (e ammettere che non sono hotel a 5 stelle).

(da “NextQuotidiano“)

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CONFERENZA SULLA LIBIA, QUALCUNO AL GOVERNO VUOLE FARLA FALLIRE PER BOICOTTARE MOAVERO

Ottobre 10th, 2018 Riccardo Fucile

IL MINISTRO DEGLI ESTERI E’ PER LA CENTRALITA’ DEI DIRITTI UMANI ED ABILE MEDIATORE, NON UN URLATORE RAZZISTA

Un dubbio si insinua tra quanti stanno lavorando pancia a terra per la buona riuscita della Conferenza sulla Libia promossa dall’Italia il 12 e 13 novembre prossimi a Palermo.
Il dubbio non riguarda la Farnesina: lì tutti tirano nella stessa direzione. Ma, questo è il punto di domanda, la stessa certezza non si manifesta se si guarda al di fuori del Ministero degli Esteri.
E per una volta non si guarda Oltralpe: che la Francia tifi, ed è un tifo attivo, perchè la conferenza non sia un top diplomatico, questo è cosa ormai risaputa e acquisita. Ma il dubbio è che entro i confini nazionali e in altri palazzi della politica, un risultato all’altezza non ecciti troppo gli animi.
Non è solo gelosia personale: portare a Palermo se non proprio Donald Trump e Vladimir Putin (ma le possibilità  esistono) quantomeno i capi delle diplomazie Mike Pompeo e Sergei Lavrov sarebbe comunque un successo per “l’uomo di Mattarella”: il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi.
Un successo, ecco il punto, che riguarda non solo un modo di intendere l’essere ministro, ma una linea in politica estera che non minaccia rotture con Bruxelles un giorno sì e un altro pure, e che guarda ai rapporti con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo non in termini securisti, ma di una cooperazione a 360 gradi che contenga certamente il tema della sicurezza e del contrasto alla migrazione clandestina, ma non lo assolutizza.
Più volte si è detto e scritto che in materia di politica estera — soprattutto sul Mediterraneo e l’Europa— il Governo in carica ha due linee e due pratiche: quella inclusiva di Moavero e quella “muscolare-sovranista” di Salvini.
Lo spartiacque non è la difesa degli interessi italiani. È il come farli valere, è il non restare isolati agitando rotture improbabili oltre che controproducenti. Ed è in questo scenario che si colloca la Conferenza di Palermo.
“Un passaggio importante ma non la conclusione di un percorso di stabilizzazione che avrà  bisogno di altri passaggi e di tempo”, puntualizza all’HuffPost una importante fonte diplomatica.
Insomma, nessuno deve attendersi miracoli da Palermo, ma tutti, nel Governo e fuori da esso, dovrebbero remare nella stessa direzione, perchè così fa un Paese che vuole difendere il proprio spazio geopolitico che altri vorrebbero invadere.
Ma notizie fatte filtrare su defezioni e altro non aiutano.
Così come non aiutano i malumori, sotterranei ma non per questo meno indicativi, che hanno fatto seguito ad alcune considerazioni svolte ieri dal titolare della Farnesina: “In senso stretto e giuridico la Libia non può essere considerata porto sicuro, e come tale infatti viene trattata dalle varie navi che effettuano dei salvataggi”, ha affermato Moavero rispondendo ad una domanda diretta in una conferenza stampa con la collega norvegese.
“La nozione di porto sicuro e di Paese sicuro è legata a convenzioni internazionali, che attualmente non sono state tutte sottoscritte dalla Libia” ha proseguito il capo della diplomazia italiana. Per poi aggiungere: “Noi dobbiamo mantenere forte e intensificare il nostro impegno affinchè la normalizzazione della Libia porti questo Paese pienamente nell’alveo della comunità  internazionale, con il rispetto dei diritti umani e dei diritti fondamentali”.
Rispetto dei diritti umani e fondamentali. Ratifica di Convenzioni internazionali, come quella sui rifugiati, che ad oggi non ha la Libia tra i Paesi sottoscrittori: per il titolare della Farnesina non sono optional, ma punti chiave per portare la Libia “pienamente nell’alveo della comunità  internazionale”.
Temi che rientrano nei due giorni di conferenza. Le sottolineature del ministro degli Esteri sulla centralità  del tema dei diritti umani, trova sponde importanti alle Nazioni Unite.
Il segretario generale Antonio Guterres, in un rapporto del 24 agosto, ha confermato che in Libia “migranti e rifugiati hanno continuato ad essere vulnerabili”, sottoposti “a privazione della libertà  e detenzione arbitraria in luoghi ufficiali e non ufficiali”.
E a settembre, l’Alto commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi lo ha ribadito: “No, la Libia non è un Paese di sbarco sicuro”.
A giugno, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha imposto sanzioni contro Abd al-Rahman al-Milad, direttore della Guardia costiera di Zawiya, accusato di essere un trafficante di esseri umani e di fermare soltanto i migranti inviati in Europa dalle organizzazioni rivali.
Di certo, la definizione di “porto sicuro” e di “Paese sicuro” fornita da Moavero, forte anche della sua formazione da giurista, non rientra nel vocabolario politico del suo collega al Viminale, nonchè vicepremier. Qui la distanza è palmare.
Un passo indietro, neanche troppo lungo, nel tempo.
Sedici luglio 2018: “Dobbiamo cambiare la normativa e rendere i porti libici porti sicuri. C’è questa ipocrisia di fondo in Europa in base alla quale si danno soldi ai libici, si forniscono le motovedette e si addestra la Guardia Costiera ma poi si ritiene la Libia un porto non sicuro”. Così si pronunciava Salvini in una conferenza stampa a Mosca indicando quale fosse l’obiettivo dell’Italia nell’incontro di due giorni dopo per ridiscutere la missione Sophia.
“E’ un bipolarismo europeo che va superato” aggiungeva il vicepremier leghista.
La proposta di Salvini riceveva però una reazione negativa della Commissione europea. Salvini però insisteva e replicava su Twitter: “L’Unione Europea vuole continuare ad agevolare lo sporco lavoro degli scafisti? Non lo farà  in mio nome, o si cambia o saremo costretti a muoverci da soli”.
“La decisione rispetto al fatto che i porti libici non siano porti sicuri è una decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, quindi è una valutazione puramente giuridica sulla quale non c’è una decisione politica da prendere”, le faceva eco l’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue Federica Mogherini.
Passava poco più di un mese e le “due linee” si scontravano ancora.
Erano i giorni caldissimi del “caso Diciotti” e dei 150 migranti trattenuti da giorni sulla nave militare italiana attraccata al porto di Catania. “L’Italia deve prendersi in maniera unilaterale una riparazione. Non abbiamo più intenzione di farci mettere i piedi in testa. L’Unione Europea non vuole ottemperare ai principi concordarti nell’ultimo consiglio europeo? Noi siamo pronti a tagliare i fondi che diamo all’Ue. Vogliono 20 miliardi dei cittadini italiani? Dimostrino di meritarseli e si prendano carico di un problema che non possiamo più affrontare da soli”, tuonava il vice premier Di Maio, sostenuto in questo frontale con Bruxelles dall’altro co-vicepremier leghista. Era il 24 agosto.
Dal meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, lo stesso giorno, Moavero stroncava la minaccia di Di Maio all’Ue: “Versare i contributi è un dovere legale. Ci confronteremo su questo e altre questioni”.
Per poi aggiungere: “Sto lavorando in questi giorni soprattutto per trovare una sintonia sulla gestione dei flussi migratori che è tra le questioni più importanti per l’Ue, a nostro parere la più importante in assoluto. È fondamentale che riusciamo a comprenderci a livello di Unione per stabilire un clima di condivisione nei confronti di flussi migratori epocali che richiedono un’azione corale europea. Non trovare un accordo su questo per l’Europa è molto triste”.
A fianco di Di Maio si schierava, con il consueto impeto dichiaratorio, Matteo Salvini, che il 30 agosto, da Venezia, in conferenza stampa rilanciava: “Ho chiesto di condividere i porti di sbarco. Se anche a fronte di questo nuova richiesta otterremo un ‘no’ dovremo valutare se continuare a spendere soldi per una missione che sulla carta è internazionale ma di fatto è tutta a carico di 60 milioni di italiani e di un solo Paese”. Per poi aggiungere: “Al momento abbiamo ricevuto un sacco di no da Macron e da altri, abbiamo quasi esaurito tutti i ‘bonus dei no’. Poi faremo da soli, di sicuro non ci manca la fantasia e le capacità “.
Il titolare del Viminale non demorde. Tre settembre .”Dietro alla situazione in Libia c’è qualcuno, penso a chi è andato lì a fare una guerra che non doveva fare e ora vuole fissare date delle elezioni senza interpellare gli alleati, l’Onu e i libici. Le esportazioni di democrazia non hanno mai portato niente di buono”. Così Salvini commentava gli scontri tra milizie che incendiavano Tripoli, addossandone la responsabilità  al governo francese. E a chi gli chiedeva se anche alla luce degli eventi di quelle ore fosse stato un errore chiedere che la Libia fosse dichiarata un “porto sicuro” in cui respingere i migrati, il ministro rispondeva: “Chiedete alla Francia”.
Chiedere, non è, nella “linea Moavero”, sinonimo di “gridare”. Non è un problema di bon ton, ma di sostanza. Come quando si dichiara “fiducioso in dialogo costruttivo con Ue”.
Dialogo costruttivo: un modus operandi che vale per Bruxelles come per Tunisi. C’è voluta molta pazienza e lavorio sotterraneo per convincere le autorità  tunisine a non creare una crisi diplomatica con Roma dopo le affermazioni di Salvini (4 giugno 2018) secondo cui la Tunisia “spesso e volentieri esporta galeotti”.
La rottura è stata evitata ma le scorie sono rimaste. Quando nella visita del 28 settembre, Salvini ha provato a indossare panni moderati e istituzionali (“alla Moavero”) la trasformazione non ha sortito gli effetti sperati: la svolta sui rimpatri non arriva.
Non basta un improvvisato “cambio d’abito” per mascherare l’esistenza delle “due linee”.

(da “Huffingtonpost”)

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