Destra di Popolo.net

MONTI: “NEL 2008 LA LEGA PARTECIPO’ ALLA RATIFICA DEL TRATTATO DI LISBONA E SALVINI VOTO’ A FAVORE”

Ottobre 9th, 2018 Riccardo Fucile

“IL PAREGGIO DI BILANCIO? L’ARTEFICE FU IL LEGHISTA GIORGETTI”…. “BERLUSCONI HA AVUTO BEN ALTRO SENSO DI RESPONSABILITA’ NEI CONFRONTI DELL’INTERESSE GENERALE DELL’ITALIA”

“Cosa lamenterei nel giornalismo italiano? Non c’è abbastanza il gusto della memoria. L’altro giorno, ad esempio, ho scoperto che nel 2008 anche la Lega all’unanimità  ha partecipato alla ratifica del Trattato di Lisbona, il documento su cui oggi si regge l’Europa. Salvini era parlamentare italiano, allora. Era in Aula e ha votato a favore”.
Sono le parole dell’ex presidente del Consiglio, Mario Monti, ospite di Otto e Mezzo, su La7.
§E aggiunge: “Il leghista Giorgetti è stato l’artefice, e io gliene rendo merito, della modifica costituzionale, che noi abbiamo introdotto nel 2012, per rafforzare il pareggio di bilancio. Ecco, a me piacerebbe che il giornalismo italiano in tutte le direzioni mettesse tutti noi più in difficoltà , ricordando con maggiore frequenza il passato”.
Monti si sofferma poi su Silvio Berlusconi, prima menzionato dal giornalista Massimo Giannini: “Con lui ho avuto motivi di consenso e di dissenso in lunghi anni, però siamo su un altro livello di responsabilità  nei confronti del Paese rispetto a quello che vediamo oggi. Io posso testimoniare che nei momenti più difficili di fine 2011, quando è avvenuta una transizione che poi successivamente alcuni hanno chiamato ‘complotto’, quest’uomo, pur con l’amarezza di essersi dimesso, ha cercato in tutti i modi di sostenere in Parlamento e con appoggio personale la mia opera non semplice di far lavorare insieme il suo gruppo e quello di Bersani. Oggi” — continua — “siamo anni luce lontani da questa responsabilità . Devo dire che, quando è arrivato questo governo, mi sono un po’ preoccupato, ma, dall’altra parte, ho avuto speranza, perchè mi sono detto che finalmente arrivano forze politiche non compromesse col passato. Nel capitalismo generale e in quello italiano c’è tanto da riformare. E quindi mi aspettavo che questo avvenisse. Invece, li vedo muti e assenti sui temi della concorrenza, del’Antitrust, dei conflitti di interesse”.
E chiosa: “Spero che questo governo non si metta in collisione con l’Europa, perchè la Ue di fatto ha sempre avuto una influenza che ha agevolato le forze della trasformazione e della modernizzazione dei Paesi”

(da agenzie)

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CGIL, ADDIO UNITA’ INTERNA

Ottobre 9th, 2018 Riccardo Fucile

COLLA NON ACCETTA L’INDICAZIONE DI LANDINI SEGRETARIO, SI APRE LA CAMPAGNA CONGRESSUALE

C’era una volta l’unità  interna in Cgil. O meglio, il feticcio dell’unità  interna.
Invece per un po’ di tempo dobbiamo abituarci a un sindacato diverso dal solito, in cui la dialettica interna corre il rischio di travalicare le silenziose stanze di Corso d’Italia. In Cgil, nei momenti più delicati, di solito quelli di transizione da un segretario all’altro, si è sempre preferito lavare i panni sporchi in famiglia, che tradotto significa arrivare al congresso con un nome condiviso.
Stavolta però non sarà  così. In nottata il segretario uscente, Susanna Camusso, ha proposto come proprio successore il segretario confederale Maurizio Landini.
La scelta è stata accolta dalla grande maggioranza della segreteria con favore ma non ha raccolto l’unanimità , anzi si sono levate alcune voci critiche, tra cui principalmente quella dello sfidante dell’ex capo della Fiom ovvero l’altro segretario confederale Vincenzo Colla.
Il quale ha fatto trapelare di non voler assolutamente abbandonare la corsa per conquistare la poltrona al quarto piano di Corso d’Italia. Insomma, da oggi parte una calda campagna elettorale per la successione alla Camusso che finirà  al congresso di Bari che si terrà  a gennaio.
Lì sarà  l’assemblea dei 450 delegati a decidere il match, ma sia Colla che Landini sanno bene che è adesso che devono conquistare i voti sia a livello territoriale che di categoria.
Ma come si è arrivati a questo showdown?
Per capirlo bisogna riavvolgere il nastro alla primavera scorsa, quando la Camusso ha iniziato il suo percorso di consultazione con le strutture interne per individuare il profilo giusto per la sua successione.
Non è un mistero che il segretario avesse le idee chiare per il futuro del proprio sindacato: sarebbe servita una figura garante di un salto generazionale, fortemente innovativa, capace di portare aria fresca e un nuovo modo di leggere la realtà  nelle stanze della confederazione.
Camusso aveva anche un nome oltre al profilo: Serena Sorrentino, donna, quarantenne, capace di andare in video, apprezzata segretaria della Funzione Pubblica. Purtroppo però durante la consultazione non c’è stata quella convergenza necessaria, in altri termini non c’erano i numeri, anche perchè alcune categorie non hanno voluto gettare il cuore oltre l’ostacolo.
Del resto anche oggi la Camusso si è lamentata di come “ci sia una tentazione evidente del gruppo dirigente di richiudersi in ciò che conosce e poco coraggio di osare”.
A quel punto la Camusso ha preferito virare su un candidato che potesse essere più unitario, Landini, pur sapendo dell’esistenza di un altro dirigente non disposto a mollare la presa ossia Colla.
Ora davanti alla base e alla burocrazia interna della Cgil si apre un interessante bivio. Perchè alla fine i due candidati rappresentano davvero due modelli di sindacato nonchè di interlocuzione con la politica.
Partiamo da Colla. Lui è il classico dirigente emiliano, in passato segretario della Cgil Emilia Romagna, che rappresenta una scelta in continuità  con la tradizione cigiellina. Crede molto in un riformismo dall’alto, basato su una concertazione verticale con le imprese.
E può contare sul sostegno di categorie “popolose” come i pensionati, senza dimenticare gli edili e i chimici.
Da un punto di vista politico, non ha mai nascosto di preferire un interlocuzione con la sinistra del Pd e con Leu.
Landini invece è molto più popolare fra la base, visto che incarna il prototipo del sindacalista di fabbrica, molto attento alle spinte dal basso.
Basta fare una passeggiata con lui nelle vie del centro e il termometro dei selfie s’impenna, per dire. E come tale più capace di intercettare e avviare un confronto con la pattuglia pentastellata al governo.
Insomma, si prevedono tre mesi di fuoco e una certezza. In ogni caso il popolo della Cgil avrà  fatto una scelta che peserà  parecchio sul futuro prossimo e remoto del primo sindacato italiano.

(da “Huffingtonpost”)

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IL PROCESSO D’APPELLO A BOSSI E BELSITO RISCHIA L’ESTINZIONE PERCHE’ LA LEGA NON HA ANCORA DEPOSITATO LA QUERELA

Ottobre 9th, 2018 Riccardo Fucile

NON SI PUO’ PIU’ PROCEDERE D’UFFICIO, MA LA DENUNCIA PER APPROPRIAZIONE INDEBITA DEL PARTITO CHISSA COME MAI NON ARRIVA

In principio fu The Family. La cartella in cui l’ex tesoriere della Lega. Francesco Belsito, custodiva le spese della famiglia Bossi, dall’ex leader Umberto in giù: dalle multe alle mutande.
Ebbene la condanna incassata in primo grado per appropriazione indebita, con ogni probabilità , non potrà  trasformarsi in una assoluzione e neanche la procura di Milano potrebbe avere la soddisfazione di vedere confermata l’accusa.
Questo perchè il processo d’appello si estinguerà  se il Carroccio non presenterà  querela come ha fatto a Genova nel processo sulla truffa allo Stato che ha portato alla decisione della confisca degli ormai famosi 49 milioni di euro.
Il termine, dopo la notifica avvenuta il 31 agosto, per la presentazione della denuncia che spetta al danneggiato scadrà  dopo il 30 novembre.
Al palazzo di Giustizia di Milano sembrano scettici che questo possa accadere visto che se anche la Lega volesse presentare la denuncia contro il solo Belsito, lasciando fuori il fondatore e attuale senatore della Repubblica, essendo concorrenti nello stesso reato il giudizio andrebbe avanti per tutti quanti gli imputati.
Un caos che si è creato all’indomani della riforma del codice penale da parte del governo di Matteo Renzi. Prima per il reato contestato si procedeva d’ufficio. L’udienza fissata per domani, 10 ottobre, dovrebbe slittare anche perchè è stato presentato un legittimo impedimento da uno dei difensori.
L’impedimento è stato presentato dall’avvocato Rinaldo Romanelli, nuovo legale, in quanto impegnato nel processo genovese, sempre di secondo grado e il cui decreto di fissazione è stato notificato prima rispetto a quello milanese.
Una decisione, quella della presentazione della quelera, che è in capo all’attuale segretario Matteo Salvini, che però a Bossi ha concesso ampia fiducia visto che lo ha candidato e poi pubblicamente ringraziato all’ultima Pontida.
Una volta scaduti i termini il sostituto procuratore generale Vincenzo Calia sarà  costretto a chiedere l’estinzione del reato e verrebbero cancellate le condanne inflitte ai tre dal Tribunale il 27 luglio dell’anno scorso a 2 anni e 3 mesi (Bossi), 1 anno e 6 mesi (Renzo Bozzi) e 2 anni e 6 mesi (Belsito) così come chiesto dal pm Paolo Filippini.
Le motivazioni della condanna: “Bossi consapevole”
Nelle motivazioni i giudici avevano sottolineato la contraddizione del partito che chiamava Roma ladrona e i reati contestati. Bossi è stato “consapevole concorrente, se non addirittura istigatore, delle condotte di appropriazione del denaro” della Lega Nord, ma proveniente “dalle casse dello Stato”, “per coprire spese di esclusivo interesse personale” suo e della sua “famiglia”. Condotte portate avanti “nell’ambito di un movimento” cresciuto scrivevano i giudici nelle motivazioni — “raccogliendo consensi” come opposizione “al malcostume dei partiti tradizionali“. Secondo l’accusa tra il 2009 e il 2011, l’ex tesoriere si sarebbe appropriato di circa mezzo milione di euro, mentre l’ex leader del Carroccio avrebbe speso con i fondi del partito oltre 208mila euro.
A Renzo “Trota” Bossi erano stati addebitati, invece, più di 145mila euro: migliaia di euro in multe, i cui “verbali originali” sono stati trovati a Belsito “in una logica di pagamento da parte della Lega”, tremila euro di assicurazione auto, 48mila euro per comprare una macchina, (un’Audi A6) e 77mila euro per la “laurea albanese”. Nelle motivazioni il giudice spiegava che “non si può ignorare il disvalore delle condotte” contestate ai tre imputati “poste in essere con riferimento alle elargizioni provenienti dalle casse dello Stato”.
Condotte portate avanti “nell’ambito di un movimento nato, ormai decenni orsono, e successivamente cresciuto raccogliendo consensi da chi vedeva in esso un soggetto politico in forte opposizione al malcostume dei partiti tradizionali”.
Nelle motivazioni, tra l’altro, il Tribunale aveva ricordato anche che la Lega non si è costituita parte civile nel processo per chiedere i danni, facendo presente, tuttavia, che “la decisione di non innestare nel presente processo l’azione civile ben può essere dipesa da valutazioni di ordine diverso, che nulla hanno a che vedere con la fondatezza dell’azione penale” e, dunque, “in questa sede non interessano”.
Regali, gioielli, vestititi e anche cure mediche
Per il giudice, inoltre, “ha ragione” il pm che nel processo ha evidenziato come nel formulare le imputazioni sia stato “utilizzato un criterio, per così dire, prudenziale, non essendo state contestate spese” come “i finanziamenti alla Scuola Bosina“, fondata dalla moglie di Bossi, o per il “Sindacato Padano”, ma anche “il pagamento effettuato ad una clinica svizzera” o “lo stipendio versato alla badante infermiera” che “assisteva Umberto Bossi fin dai tempi della malattia”.
Tutti “capitoli di spesa”, si legge nelle motivazioni, tenuti fuori dal processo ma che “consentono di tratteggiare, in modo ancora più chiaro, il contesto generale” e che “difficilmente paiono compatibili con le disposizioni statutarie in ordine alla destinazione delle risorse del partito politico”.
E non si può pensare, scrive il giudice, “che ad Umberto Bossi facessero difetto risorse alle quali attingere per potersene far carico personalmente”. Tra le spese contestate al fondatore della Lega, invece, ci sono l’acquisto di “regali“, “gioielli” e “capi di abbigliamento“, oltre a quelle per le “cure mediche prestate in favore di Sirio Bossi”, altro figlio.
Del resto, chiarisce il giudice, “che l’accesso ai conti del cosiddetto ‘federale’ è fosse ritenuto dall’entourage di Umberto Bossi un affare, per cosi dire, riservato e di spettanza del Segretario Federale, è dato che emerge con chiarezza dalle conversazioni telefoniche” agli atti. E Belsito agiva “su incarico generale, o in casi determinati, previa specifica autorizzazione, del Segretario federale” Bossi.
Ed è stato dimostrato che Renzo “godeva di benefits di rilievo (acquisto ed utilizzo di un’auto del partito per l’intero arco della giornata, con accompagnamento di autisti pagati dalla Lega, oltre ad un complessivo rimborso spese), dai quali erano esclusi non solo i consiglieri regionali, bensì anche gli stessi eletti in Parlamento”.
Ma tutto questo a partire dal prossimo 30 novembre potrebbe risolversi in un nulla di fatto.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE: “L’ITALIA RISCHIA DI AFFONDARE”

Ottobre 9th, 2018 Riccardo Fucile

LE TENSIONI SUL COMMERCIO E IL CAMBIO DI PASSO DELLE BANCHE CENTRALI RENDONO L’ITALIA VULNERABILE

Le avvisaglie che giungono dall’apertura degli Annual meetings dell’Fmi che quest’anno si tengono a Bali, nel clima di una Indonesia colpita dallo tsunami, non sono buone.
L’economia internazionale si sta contraendo: le previsioni appena sfornate indicato che il Pil mondiale crescerà  dello 0,2 in meno quest’anno e il prossimo, collocandosi al 3,7 per cento; anche per l’Eurozona le previsioni sono state riviste al ribasso e, rispetto alla stima di luglio, quando si indicava per quest’anno il 2,2 ora l’Fmi si limita a prevedere il 2 per cento. Anche le proiezioni per la Cina sono peggiorate: nel 2019 crescerà  dello 0,2 in meno.
I rischi che stanno pesando sull’economia mondiale – come ha ricordato il capo economista dell’Fmi, Maurice Obstfeld, nato a New York, che lascia il suo incarico a Gita Gopinath, nata e cresciuta in India – partono dalla guerra dei dazi e arrivano all’incertezza sull’esito della Brexit.
Ma il rischio dietro l’angolo è l’aumento dei tassi d’interesse della Fed e la fine della politica monetaria facile da parte della Bce: rispetto a dieci anni fa, dice il Fondo, molte economie di paesi avanzati e in via di sviluppo, hanno aumentato i debiti sovrani e delle imprese e dunque sono più “vulnerabili”.
L’Italia naviga in questo mare agitato in condizioni precarie.
E’ l’ultima per crescita in Europa: l’Fmi conferma il taglio delle stime di crescita effettuato a luglio e colloca il prossimo anno all’1 per cento, ben sotto l’1,5 per cento appena programmato dal governo gialloverde, rettifica al rialzo defcit e debito.
Ma soprattutto Obstfeld, nel corso della conferenza stampa, ha richiamato l’esigenza che l’Italia rispetti le regole della Ue per mantenere la stabilità  dell’Eurozona, e ha detto che è indispensabile che l’Italia mantenga la fiducia dei mercati.
L’Fmi dice chiaramente che “l’incertezza sull’agenda di governo” e il rischio di inversione di rotta sulle riforme sono responsabili dell’attuale mancanza di fiducia nei confronti dell’Italia che si traduce nell’aumento dello spread. Forse sarebbe il caso di ascoltare le dissonanti armonie che giungono da Bali.

(da agenzie)

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ESILARANTE: DA QUANDO C’E’ SALVINI CI HANNO RIPORTATO 5104 RICHIEDENTI ASILO DAI PAESI UE (COME TUTTO L’INTERO 2017)

Ottobre 9th, 2018 Riccardo Fucile

DALLA GERMANIA BEN 2637 RIENTRI E ORA SI SCOPRE CHE SONO GIA’ ARRIVATI, CON IL VISTO DI SALVINI, GIA’ TRE CHARTER (IL 7 GIUGNO DA FRANCOFORTE, IL 12 LUGLIO DA DUSSERDOLF E I 20 SETTEMBRE DA FRANCOFORTE)

Matteo Salvini vuole chiudere gli aeroporti oltre che i porti ma a quanto pare rischia di farlo quando ormai è troppo tardi: da quando lui è al Viminale di charter (ognuno con massimo una trentina di migranti) dalla Germania ne sono atterrati già  tre, tutti a Fiumicino: il 7 giugno proveniente da Francoforte, il 12 luglio da Dusseldorf, il 20 settembre da Francoforte.
Un altro era arrivato il 3 maggio da Lipsia mentre il quinto, da Monaco, programmato per il 26 giugno, è saltato.
E così, mentre ieri il ministero dell’Interno tedesco si profondeva in rassicurazioni nei confronti dell’Italia, la Germania continuava a rispedirci indietro migranti sbarcati e registrati in Italia ma che poi hanno lasciato il Paese.
E, spiega Alessandra Ziniti su Repubblica oggi, con una decisa accelerazione rispetto al ritmo blando degli anni precedenti: 2281 nei primi nove mesi dell’anno (più dell’intero 2017), secondo i dati del ministero tedesco, e con un’ulteriore impennata da giugno ad oggi che potrebbe portare ad un raddoppio a dicembre.
La Germania continua quindi a rimandare i migranti in Italia anche senza l’accordo bilaterale (non) firmato da Salvini e Seehofer, alla faccia del “non uno in più” promesso dal ministro dell’Interno.
Riammissioni programmate, così si chiamano tecnicamente quelle dei cosiddetti “dublinati” che, non solo la Germania, ma anche Austria, Francia, Svizzera, Svezia e persino la Finlandia e il Regno Unito, continua a rimandare in Italia senza bisogno di alcun accordo particolare.
Perchè espulsioni e respingimenti nei Paesi di primo approdo sono previsti già  da quel trattato di Dublino che l’Italia non è mai riuscita a far modificare al Parlamento europeo dopo ben 22 riunioni di commissione alle quali la Lega non ha mai neanche partecipato.
Berlino quindi ha continuato e continua ancora oggi, in applicazione del regolamento di Dublino, a rispedire chi è arrivato in Germania dopo essere sbarcato in Italia nel Belpaese.
Con numeri che però non sono per ora altisonanti, spiega ancora Repubblica: delle 10.748 richieste di riammissione per il 2018 ne sono state effettivamente eseguite appena 2281 secondo i tedeschi, poco meno di 2000 secondo il Viminale, comunque più o meno un quinto.
Di più, le riammissioni programmate, quelle per intenderci con nome e cognome, biglietto pronto e itinerario di viaggio parlano di numeri molto più alti di quelle effettive, almeno il doppio.
Ma la verità  è che in moltissimi casi quando i poliziotti tedeschi vanno a bussare alle porte di casa dei migranti, preavvertiti tempo prima con lettera di essere finiti nell’elenco dei “dublinati”, non li trovano e dunque circa la metà  dei posti nei voli già  programmati restano vuoti.
E cioè la stessa cosa che accade in Italia con i charter per la Tunisia.
Da quando al Viminale c’è Salvini il numero delle riammissioni programmate da diversi Paesi europei è balzato a 5104 (quasi quanto l’intero 2017), 2637 delle quali dalla Germania.

(da “NextQuotidiano”)

argomento: denuncia | Commenta »

FERMI TUTTI: TONINELLI HA APPENA INVENTATO IL TUNNEL AUTOSTRADALE DEL BRENNERO

Ottobre 9th, 2018 Riccardo Fucile

GENOVA LO ISPIRA: DOPO IL PONTE COME” LUOGO PER MANGIARE E GIOCARE”, IERI SI E’ SUPERATO CON “I MEZZI SU GOMMA CHE ATTRAVERSANO IL TUNNEL DEL BRENNERO” CHE NON ESISTE

Il concentratissimo Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli continua a darci grandi soddifazioni.
Ieri a Genova il ministro pentastellato ha chiesto di non contestare il Decreto per il Ponte Morandi perchè «scritto non solo con il cuore, con la mente vicina ai genovesi e con una tecnica giuridica molto molto elevata».
Ed è per questo, secondo Toninelli, che ci è voluto così tanto per approvarlo.
Ma Genova ormai il ministro si sente a casa al punto evidentemente di considerarlo il suo palcoscenico naturale.
Sempre sotto la Lanterna Toninelli parlò dell’idea di un ponte autostradale “da vivere” con centri commerciali, cinema, giardinetti «un luogo di incontri, in cui le persone si ritrovano, in cui le persone possono vivere possono giocare, possono mangiare».
Ma Toninelli è così, uno che nel DEF mette nero su bianco che punta ad abolire i morti per incidenti stradali entro il 2050 (del resto Di Maio ha già  abolito la povertà ).
Ieri a Genova durante un incontro con la commissaria Ue Violeta Bulc Toninelli ne ha detta un’altra delle sue raccontando di essersi soffermato su un dossier che ritiene essere molto importante: quello del tunnel del Brennero.
«Sapete quante delle merci italiane quanti imprenditori italiani utilizzano con trasporto principalmente ancora su gomma il tunnel del Brennero e oggi purtroppo dobbiamo subire limitazioni settoriali da parte delle autorità  del Tirolo che danneggiano fortemente l’economia italiana».
C’è un problema, anzi due. Il primo è che il tunnel del Brennero non è ancora completato.
La seconda è che quando l’opera verrà  terminata non potrà  essere utilizzata per il trasporto su gomma perchè quello in via di realizzazione è un tunnel ferroviario.
Il ministro si stava in realtà  riferendo allo stop annunciato dall’Austria al valico autostradale del Brennero.
Le autorità  austriache hanno infatti intenzione di imporre un numero chiuso a causa del forte inquinamento causato dal traffico dei mezzi pesanti.
Toninelli ha annunciato con soddisfazione che l’UE ci darà  una mano per risolvere la questione. Chissà  se si riferiva al blocco del traffico autostradale o al problema del traffico dei camion all’interno del tunnel del Brennero.
Sarebbe davvero interessante sapere che cosa ha chiesto di preciso il ministro alla commissaria Bulc e quale risposta ha ottenuto.

(da “NextQuotidiano”)

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GLI SFOLLATI DI GENOVA ATTACCANO IL GOVERNO: “ERA MEGLIO FAR RICOSTRUIRE AD AUTOSTRADE”

Ottobre 9th, 2018 Riccardo Fucile

“RISCHIAMO DI RESTARE FUORI DI CASA PER ANNI, SIAMO LE VITTIME DI UNO SCONTRO IDEOLOGICO”

Non si placa la preoccupazione degli sfollati dcel Ponte Morandi a Genova. Dopo la manifestazione di lunedì, arrivano altre accuse al governo e non basta a temperare il clima l’annunciata riapertura di via Via 30 Giugno, la strada sotto ponte Morandi, per il quale ha dato via libera il gip Angela Nutini che ha accolto la richiesta del commissario per l’emergenza e presidente della regione Giovanni Toti.
Il giudice ha stabilito dunque che la strada, delimitando la zona dove ci sono i reperti, potrà  riaprire. “Finchè non vediamo la strada aperta non ci crediamo, ma possiamo dire di essere moderatamente soddisfatti”.
Così commenta Emilio Rizzo uno dei portavoce del comitato Oltre il ponte, che ieri ha organizzato la manifestazione della Valpolcevera.
Via Trenta Giugno è un’arteria di collegamento tra la Valpolcevera e il centro lungo la sponda destra del torrente. Per i cittadini renderla transitabile può contribuire sensibilmente a migliorare la viabilità , togliendo dall’isolamente le attività  commerciali che si trovano nella periferia nord del viadotto.
“Il sindaco Bucci – continua Rizzo – ieri ci ha parlato di venerdì, ma preferiamo non avere date o annunci fino a che non ci sono notizie certe, questo è comunque un passo avanti ma non è sufficiente, le nostre richieste per la vallata sono anche altre”.
La riapertura di altre strade, come via Fillak e via Perlasca, il potenziamento degli ospedali Celesia e Gallino e la certezza di risorse economiche per aiutare popolazione e imprese, come hanno spiegato ieri in piazza.
“Se le cose andranno per il meglio – afferma Rizzo – via Trenta Giugno sarà  riaperta in entrambi i sensi di marcia, anche se con una strettoia, il sindaco ci ha spiegato di voler collegare un impianto semaforico ai sensori montati sul ponte per chiudere, eventualmente, la strada in presenza di pericoli”.
Tante le aspettative della popolazione. E tanta anche la delusione. “Per noi coinvolgere Autostrade nella ricostruzione sarebbe stato meglio”, ha detto infatti il portavoce del Comitato sfollati di via Porro Franco Ravera, ospite di Non Stop News, la trasmissione di informazione quotidiana su Rtl 102.5.
Tra l’altro, Ravera ha detto di credere che “ci sia uno scontro ideologico a Roma che si ripercuote su Genova”. Per quanto riguarda il decreto, dentro “non ci sono le misure chieste da Genova, dal sindaco. Per gli sfollati non ci sono sicurezze. Rischiamo di star fuori casa per anni”.
“In questi mesi, noi abbiamo incontrato il ministro Toninelli e sentito il premier Conte, ma siamo delusi perchè ci avevano detto che ci sarebbe stato in breve tempo un decreto, una soluzione per Genova,   ma è stato un   parto confuso e pasticciato, che non ha portato soluzioni, è andata buca la prima, ora non dite bugie”, ha aggiunto Ravera.
La manifestazione di ieri, con residenti e commercianti della Valpolcevera in piazza, era “un grido di soccorso della Valpolcevera dove a oggi ci sono ancora 258 famiglie in difficoltà , siamo una comunità  in ginocchio”.
Ravera   chiede di cambiare il decreto Genova perchè dentro non ci sono “le misure chieste da Genova, dal sindaco. Per gli sfollati non ci sono sicurezze. Rischiamo di star fuori casa per anni”.

(da “La Repubblica”)

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CON IL CONDONO FISCALE SI RISCHIA UN BUCO DA 3,6 MILIARDI: PERCHE’ PAGARE ORA QUANDO POI SI PUO’ USUFRUIRE DEL CONDONO DI MASSA?

Ottobre 9th, 2018 Riccardo Fucile

ALMENO TRE CATEGORIE DI CONTRIBUENTI HANNO DECISO DI NON PAGARE…L’EFFETTO ANNUNCIO STA INTACCANDO IL GETTITO FISCALE

Un condono fiscale, una “pace fiscale” che rischia di ottenere il risultato contrario a quello voluto dal governo.
L’effetto annuncio del condono starebbe infatti intaccando il gettito fiscale da contrasto all’evasione dell’anno in corso: all’appello potrebbero mancare 3,6 miliardi. Cresce il partito di chi non intende pagare per poi affidarsi, appunto, al condono.
Così si rischia di vanificare gli sforzi degli ultimi anni di lotta all’evasione.
Almeno tre categorie di contribuenti, riporta Repubblica, alle prese con un accertamento, con una cartella esattoriale o con la rottamazione bis, hanno deciso di attendere gli eventi e non pagare in vista della sanatoria.
La prima categoria riguarda coloro che hanno aderito alla rottamazione bis: hanno deciso di farlo entro il 15 maggio di quest’ anno, poi hanno pagato la prima rata entro il 31 luglio.
L’altra categoria, la cui entità  non è calcolabile ma si presume rilevante dato il tasso di evasione presente in Italia e il boom delle due precedenti rottamazioni, è quella di coloro che a maggio di quest’anno avevano in tasca una cartella e hanno deciso di non partecipare neanche alla rottamazione bis nonostante il vantaggio di mettersi a posto con uno sconto medio del 35%.
La terza categoria non attiene a coloro che hanno partecipato alle due rottamazioni, ma a quell’universo di contribuenti non in regola che ricevono dall’Agenzia delle entrate lettere di invito a correggere la propria dichiarazione o accertamenti per i quali si prevede la definizione attraverso l’istituto dell’adesione.

(da Globalist)

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QUANTO CI COSTA LO SPREAD CHE SALE

Ottobre 9th, 2018 Riccardo Fucile

10.000 EURO DI BTP COMPRATI A MAGGIO ORA NE VALGONO 8500

Diecimila euro di Btp acquistati a maggio ora ne valgono 8500.
E i rendimenti più elevati da offrire mettono in difficoltà  soprattutto le piccole imprese, che paventano il rischio di un rinvio degli investimenti alla faccia di Paolo Savona e del piano Politeia.
Il Corriere della Sera oggi riepiloga i costi dello spread che sale dopo che ieri il differenziale tra BtP e Bund è arrivato a superare la soglia dei 300 punti e a puntare quella dei 400.
A inizio maggio il Btp con scadenza 2028 quotava circa 140, un valore largamente superiore al valore di rimborso (alla pari) cresciuto nel tempo grazie al calo dei rendimenti.
Ma nel momento in cui lo spread fra Btp e Bund ha cominciato ad aumentare (da 130 punti di inizio marzo agli oltre 300 attuali) i rendimenti del Btp sono cresciuti vorticosamente, passando dal 2% di maggio al 3,6% di ieri.
Poichè le quotazioni di un titolo già  emesso (a un tasso fisso, poniamo, dell’1,5%) sono inversamente proporzionali al rendimento di mercato corrente (che sale o scende ogni giorno) ecco che i prezzi di mercato dei Btp a dieci anni hanno cominciato a precipitare via via che il rendimento cresceva.
Si calcola che per ogni punto percentuale di aumento dei rendimenti, i Btp a dieci anni perdano il 7% del loro valore.
Ieri, a fronte id un rendimento molto alto che sfiora il 3,6% (il Bund a 10 anni offre appena lo 0,53%) le quotazioni dei Btp a 10 anni hanno toccato un minimo di 119.
Il calo, rispetto al valore di 140 di inizio maggio è pari al 15%. In pratica diecimila euro investiti in Btp appena 4 mesi fa sono diventati 8.500 ai prezzi di mercato attuali. La perdita potenziale è di 1500 euro. E non la subisce chi mantiene in portafoglio i titoli fino alla scadenza.
Poi c’è la questione dei prestiti alle imprese.
Il polso della situazione lo si legge nell’allargamento di 50 punti base (cioè lo 0,50%, sopra il tasso di riferimento) dei rendimenti sul mercato secondario delle obbligazioni già  in circolazione. In pratica, gli investitori prezzano l’incertezza politica.
E non solo:
Ma il cuore del problema sono le medie imprese, soprattutto quelle meno internazionali, per cui resta aperto solo il tradizionale canale bancario. Che fino ad ora non ha trasferito il maggior costo della provvista sui prestiti alle aziende. Ma si arriverà  a un punto di svolta, perchè il costo al quale le banche si finanziano subisce l’effetto trascinamento dello spread.
Un esempio? Rispetto a inizio anno una grande banca italiana pagherebbe circa il 3% di interessi, cioè tra 170 e 180 punti base in più. Che a un certo punto si rifletteranno in parte sui tassi applicati alle imprese per ottenere denaro.

(da “NextQuotidiano”)

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