Destra di Popolo.net

PROTEZIONE CIVILE: L’ITALIA SUPERA LA CINA PER I DECESSI, ARRIVATI A 3.405

Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile

I POSITIVI SONO 33.190… OGGI 427 MORTI E 4.440 NUOVI POSITIVI

Sono complessivamente 33.190 i malati di coronavirus in Italia, con un incremento rispetto a mercoledì di 4.480. Il numero complessivo dei contagiati – comprese le vittime e i guariti – ha raggiunto i 41.035. Il dato è stato fornito dal commissario per l’emergenza Angelo Borrelli in conferenza stampa alla Protezione Civile.
“In Lombardia i positivi al coronavirus sono 19884, 2171 in più, un dato significativamente più alto. I ricoverati sono 7387 con una crescita molto più bassa, solo 182 in più, i ricoverati in terapia intensiva sono 1006, 82 in più, e i decessi 2168, 209 in più”. Sono i numeri resi noti dall’assessore al Welfare di Regione Lombardia Giulio Gallera che ricorda: “Se avete sintomi state a distanza, anche in coppia. Altrimenti non riusciamo a contenere i contagi”
Drammatica la situazione in Lombardia. Sono in totale 2.168 i morti causati dal coronavirus in regione ad oggi, con un incremento di 209 decessi in 24 ore. “Non abbiamo più posti letto in molti presidi”, ha detto l’assessore al Welfare Giulio Gallera.Sabato pomeriggio arriveranno a Milano 65 tra medici e infermieri cubani che hanno combattuto l’ebola e sono quindi esperti nel trattamento di malattie virali”. Lo ha annunciato l’assessore al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera. “Questa brigata” ha aggiunto Gallera, andrà  a rinforzare uno dei presidi più in difficoltà , quello di Crema.

(da agenzie)

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MA SALVINI E LA MELONI CHE VOGLIONO ANDARE IN PARLAMENTO PER IL DECRETO CORONAVIRUS SONO GLI STESSI CHE NON CI VANNO MAI?

Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile

10% DI PRESENZE PER SALVINI, 29% QUELLE DELLA MELONI: MA CHI VOLETE PRENDERE PER IL CULO?

«La Lega chiede la convocazione immediata del Parlamento. Deputati e senatori come tanti altri lavoratori italiani che sono al lavoro   in queste difficili anche i parlamentari devono andare al lavoro   in queste ore difficili».
Così ieri Matteo Salvini chiedeva che i parlamentari si riunissero per poter votare e migliorare il Decreto Cura Italia licenziato il 17 marzo ed in vigore da ieri. Tecnicamente il Parlamento ha 60 giorni di tempo per convertire in legge il decreto ma Salvini vuole fare tutto subito.
La ragione? A parole il leader della Lega dichiara che ci sono tante cose da sistemare, a partire dai 600 euro una tantum per lavoratori autonomi e Partite IVA.
Giudica “inaccettabile” lo svuotacarceri che non fa altro che prevedere una procedura agevolata per la detenzione domiciliare dai detenuti che devono scontare una pena, o residuo di pena, fino a 18 mesi (cosa che è già  possibile e prevista dalla legge).
E soprattutto teme che «a Bruxelles si prendessero accordi sul MES senza che i parlamentari che rappresentano gli italiani siano coinvolti e ascoltati» (il 5 marzo è stata annullata la seduta dell’Europarlamento e attualmente a Bruxelles stanno studiando come proseguire l’attività  in videoconferenza o secondo altre modalità ).
Sembra incredibile però: il Salvini che vuole andare in Parlamento è lo stesso che l’estate scorsa fece esplodere la crisi del Governo Conte 1 dalla spiaggia del Papeete di Milano Marittima da dove aveva chiesto di tornare immediatamente al voto (senza un passaggio parlamentare) e che giustificava le sue assenze dal Viminale spiegando che al giorno d’oggi per fare il ministro e dare ordini, disposizioni e direttive era sufficiente avere uno smartphone.
Sì: è proprio lo stesso Matteo Salvini che non andò mai al Senato a riferire sul caso Savoini, lo stesso che per quasi un anno non rispose mai all’invito formale di un’audizione in Commissione Antimafia.
Proprio lui, quello che disertava i vertici europei e che quando doveva andare al Parlamento Europeo non ci andava quasi mai riuscendo per ben due volte a perdersi il voto sugli aiuti ai terremotati.
Per la cronaca il totale delle presenze in Aula a Palazzo Madama del senatore Salvini è pari al 10% delle votazioni.
Giorgia Meloni, la stakanovista del coronavirus
Ora poco importa che Salvini sia anche quello che vuole “chiudere tutto”, tranne il Parlamento ovviamente. Perchè dai banchi del Senato Salvini potrà  gridare all’Italia e al mondo (non che non lo abbia fatto già ) che questo Governo è inadeguato a gestire l’emergenza coronavirus. Ma il capo del Carroccio non è il solo.
«In un momento di emergenza nazionale i primi a dover lavorare devono essere i Parlamentari. Noi vogliamo lavorare, fatecelo fare», tuonava ieri la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.
Sarà  un caso anche qui che Giorgia Meloni non è proprio la deputata più presenzialista di Montecitorio. Secondo il portale OpenParlamento la capo di FdI ha il 70% di assenze dalle votazioni in Aula con appena il 29% di presenze.
E lo sa bene visto che qualche mese fa fece la scenetta di andare a farsi una foto in Transatlantico per mostrare che era l’unica al lavoro (ma la commissione si riuniva al piano di sopra).
Si dirà  che la Meloni ha anche altro da fare. Non si capisce cosa visto che nemmeno al Consiglio Comunale di Roma (dove è eletta) risulta essere molto presente. Nel 2019 su 92 sedute effettuate dall’Assemblea Capitolina la Meloni ha preso parte solo a 11 riunioni dell’Aula, due in più di Alfio Marchini ma meno di una al mese.
Ma si sa, fino ad ora in Parlamento o al Campidoglio non si è mai discusso di Covid-19. Oppure — come suggerisce l’onorevole Giuditta Pini su Facebook — i due hanno solo voglia di fare un po’ di polemica gratuita.
Perchè, scrive l’onorevole Pini, «il Parlamento non ha mai chiuso. Stiamo lavorando per capire come consentire a chi non può venire, (perchè malato, o in quarantena) di poter comunque esercitare il suo ruolo, quindi votare, presentare e discutere emendamenti». Non dimentichiamo che Meloni e Salvini sono quelli che quando si votava la fiducia al Governo Conte 2 erano in piazza Montecitorio a parlare di democrazia e spiegavano che non si poteva fare un Conte Bis perchè non votato dagli italiani.
Cosa ci si può aspettare da due che da anni raccontano al Paese una versione completamente inventata della nostra Repubblica Parlamentare?

(da “NextQuotidiano”)

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IL M5S DEFINISCE “SCIACALLI” QUELLI DELLA LEGA PER AVER DIFFUSO DATI BUFALA SULLE RISORSE CONTRO IL CORONAVIRUS

Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile

E’ UNA VITA CHE RACCONTANO BALLE AGLI ITALIANI, MA DALLA GALERA LI AVETE SALVATI VOI, NOI NON DIMENTICHIAMO CHE GLI AVETE RETTO LO STRASCICO PER 15 MESI

Ora come non mai sarebbe imperativo, per il mondo politico, uscire con una voce unica. Una voce che elenchi i dati e i fatti così come stanno al di là  delle interpretazioni personali e — soprattutto — delle fazioni politiche.
E se è vero che, di facciata, tutti i politici hanno affermato di non voler fare propaganda sulla questione coronavirus, è anche vero che non tutti quanti stanno rispettando la parola data.
Così accade che il profilo Lega — Salvini premier condivida dati inesatti in modo da lasciare intendere ciò che in realtà  non è.
Il Sottosegretario al Ministero dell’Interno nel Conte bis ha deciso di utilizzare Facebook per spiegare come mai i dati di un post condiviso dalla Lega non corrispondano al vero.
Il politico è arrivato a definire come una vera e propria «bufala» il post in cui la Lega di Salvini ha sottolineato, negli scorsi giorni, come 25 miliardi fossero pochi per rispondere all’emergenza coronavirus.
Per far sembrare la cifra ancora più scarna, inoltre, i social della Lega hanno deciso di inserirla in una classifica che mette in evidenza come gli altri paesi stiano tutti investendo di più. I dati degli altri paesi nella grafica della Lega corrispondono a quelli mostrati nella lista dell’esponente 5Stelle.
Il post di Sibilia non lascia spazio all’immaginazione e l’accusa è molto dura. «Le bufale come questa fanno solo male all’Italia», comincia.
Subito arriva l’accusa al partito di Salvini: «In uno dei momenti più difficili per il nostro paese è questo quello che si preoccupa di diffondere la Lega, solo falsità ».
Il Sottosegretario parla poi subito dei dati e di quei celebri 25 miliardi, che sono solo la cifra iniziale stanziata con la manovra che è stata approvata (il Decreto Cura Italia), la quale «ne arriva a muovere ben 350 tra garanzie pubbliche e finanziamenti. Una cifra che è pari al 20% del PIL italiano, in percentuale la più alta nel mondo».
Il riferimento è alla classifica che ha condiviso, affiancata a quella della Lega, che effettivamente mette l’Italia al primo posto per quanto riguarda gli investimenti per far fronte all’emergenza coronavirus in rapporto al PIL del paese.
Stoccata finale alla Lega: «Nel frattempo c’è chi impiega tempo e risorse per raccontarci falsità  e continuare a speculare sulle spalle del nostro sistema Paese. Falsi e sciacalli. Gli italiani hanno bisogno di verità .»
Peccato che per 15 mesi non si siano accorti con chi stavano governando…

(da agenzie)

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MEDICI SENZA FRONTIERE CON DECINE DI SANITARI IN PRIMA FILA IN LOMBARDIA CONTRO IL CORONAVIRUS: LA RISPOSTA ETICA A QUEGLI INFAMI CHE LI CHIAMAVANO “TAXI DEL MARE”

Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile

“SERVONO DECISIONI LUCIDE, LEADERSHIP E DISCIPLINA DA PARTE DI TUTTI”: L’INTERVISTA A CLAUDIA LODESANI, PRESIDENTE DELLA ONG

La crisi sanitaria del Covid-19 va affrontata con un mix di “studio, leadership e fiducia”, e soprattutto con “l’impegno e il contributo di tutti”.
“La priorità , come in tutte le epidemie, deve essere la protezione degli operatori sanitari in prima linea, perchè se si ammalano loro poi non è più possibile curare gli altri”.
Claudia Lodesani, presidente di Medici Senza Frontiere, risponde al telefono dopo una lunga giornata passata nel Lodigiano, dove con la sua equipe sta supportando la task force istituita dal governo per contrastare l’epidemia.
Infettivologa, ha operato in contesti di crisi come ebola e tsunami; è consapevole delle sfide e delle incognite che il nuovo virus impone alle nostre vite, ma ha anche la lucidità  di chi conosce la devastazione delle bombe e sa che questa non è “una guerra”, ma un evento naturale che tutti insieme dobbiamo e possiamo affrontare.
Dottoressa, attualmente siete impegnati in quattro ospedali del Lodigiano. In cosa consiste il vostro intervento?
“Siamo qui da una decina di giorni con un’equipe composta da una ventina di persone, presto ne arriveranno altre. Facciamo principalmente due tipi di interventi, dando una mano sia come inservienti che come medici. Da un lato agiamo sul territorio per rinforzare tutto quello che riguarda le assistenze domiciliari e le residenze sanitarie assistenziali (Rsa). L’obiettivo è soprattutto fare formazione, perchè chiaramente i medici che lavorano lì non sono infettivologi e non conoscono certi contesti. Poi lavoriamo negli ospedali, dove supportiamo i team di Malattie Infettive nel controllo delle infezioni, assicurandoci che i colleghi si proteggano bene. Ci tengo a sottolineare che i team dell’Azienda di Lodi hanno fatto e stanno facendo un super lavoro, il loro impegno è davvero incredibile”.
Un tema centrale è quello degli alti contagi tra il personale sanitario. Nei giorni scorsi, come Msf, avete lanciato un appello per chiedere che dispositivi di protezioni individuale (come guanti e mascherine) arrivino più velocemente negli ospedali. Vuole rilanciare questo appello? Perchè è così difficile reperire articoli così basilari, e perchè è fondamentale farlo in fretta?
“In tutte le epidemie di questo tipo l’obiettivo principale è proteggere i sanitari che lavorano perchè se si ammalano loro non possono più curare gli altri. Abbiamo fatto questo appello alla luce delle difficoltà  che sta incontrando l’Italia nel reperire mascherine e altri presidi di protezione, per chiedere a tutti i Paesi europei di essere solidali con gli Stati più colpiti, non solo l’Italia, ma anche la Spagna e la Francia. Certamente è un problema multifattoriale: ci troviamo di fronte a una domanda imponente che nessuno aveva previsto, legata a un’epidemia che nessuno aveva immaginato. C’è un problema di produzione, ma anche di frontiere. L’appello è che bisogna trovare il modo di risolvere velocemente questo problema a livello europeo e anche mondiale. È fondamentale in questo momento trovare il modo di supportare i sanitari nella protezione di loro stessi”.
Adesso lì com’è la situazione? Le protezioni di cui dispone il personale sanitario sono adeguate oppure no?
“Sì, sono adeguate però sono sempre agli sgoccioli, gli ordini arrivano giornalmente, quindi si fa fatica a fare una pianificazione. Se avessero degli stock un po’ più ampi sarebbe più facile pianificare il lavoro tramite un’organizzazione più adeguata”.
Le vostre missioni di solito si concentrano su teatri di guerra, disastri naturali, Paesi poveri o poverissimi. In questo caso state operando nel cuore dell’Europa, in quella che Angela Merkel ha definito “la sfida più grande dalla Seconda guerra mondiale”. Nei discorsi di molti leader ritorna la parola “guerra” applicata al virus. Come si combatte questa guerra, come si vince?
“Per me non è una guerra. Ho lavorato in contesti di guerra e la situazione non è paragonabile. In una guerra ci sono le bombe che ti arrivano, la gente che ti spara, ci sono fattori esterni incontrollabili. Una guerra è molto più imprevedibile e avviene in un contesto politico. Qui invece abbiamo un virus che certamente fa paura, come tutto quello che non si vede; è un evento che non era stato previsto e ha numeri molto alti, ma è un elemento che a differenza di una guerra puoi cercare di limitare perchè sai come si trasmette. Certo, lo sappiamo a fatica perchè è un virus nuovo, quindi molte cose le stiamo imparando ora, però non c’è l’elemento imprevedibile della bomba, del fattore umano. Se ci impegniamo a studiare questo virus, a capire come si trasmette, possiamo imparare a contrastarlo”.
Cosa ne pensa di chi, come Donald Trump, parla ancora di “virus cinese” o “straniero”?
“Nessun virus ha delle frontiere o una nazionalità . Lo abbiamo visto con ebola, con il morbillo, in passato con la peste. Tutti i virus si muovono e sono legati ai movimenti delle persone. Per questo adesso è fondamentale rispettare le misure di distanziamento sociale e ridurre al massimo i contatti, perchè solo così è possibile limitare la trasmissione”.
Per quanto ammaccato, l’Italia può contare su un Sistema sanitario nazionale che in molti ci invidiano. Quale impatto rischia di avere la pandemia sui Paesi più poveri del mondo?
“Sono appena rientrata da due mesi ad Haiti, è chiaro che in un Paese dove c’è un sistema sanitario già  di per sè debole un’ondata di questo tipo non sarà  affrontata nello stesso modo in cui può essere affrontata qui; non si hanno le stesse possibilità . Facciamo parte di tavoli tecnici nei Paesi in cui lavoriamo per provare a prevenire, a fare dei piani d’azione, ma ovviamente è difficile perchè il sistema sanitario è già  debole di per sè. Come si comporterà  il virus in questi contesti? Non lo sappiamo. Sicuramente abbiamo un elemento positivo e uno negativo: quello negativo è che ci sono delle città  dove la concentrazione della popolazione è molto elevata, come Kinshasa o Port-au-Prince, in cui le persone vivono nelle baraccopoli. Se il virus arriva lì, si propagherà  molto più velocemente. Però è vero anche il contrario: fuori dalle grandi città  ci sono delle distese molto più vaste, con contatti minori, quindi forse il virus farà  più fatica a passare a tutto il Paese. È difficile da prevedere, abbiamo fatto mille ipotesi su questo virus ma la realtà  è che non lo sappiamo. Ci sono elementi che possono aiutare e altri che possono sfavorire”.
Il coronavirus rischia di aggravare ancora di più le condizioni già  estreme di chi è bloccato nei campi profughi delle isole greche. Qual è la vostra posizione a riguardo?
“I campi profughi della Grecia sono uno scandalo indipendentemente dal virus. Quei campi, come i morti in mare nell’attraversamento del Mediterraneo, sono uno scandalo che l’Unione europea non ha mai voluto affrontare. Di qui i nostri continui appelli alle istituzioni europee affinchè cambino le politiche migratorie, perchè il problema non è fermare queste persone, che tanto non si riescono a fermare, ma riuscire a fare dei percorsi di integrazione una volta arrivati. È scandaloso a prescindere che a non rispettare i diritti umani sia proprio un continente che in teoria si basa sui diritti umani. Questo vale indipendentemente dal virus. Poi è chiaro che se si ammassano persone in un solo posto, dentro un unico centro come può essere quello di Lesbo, se arriva il virus fa un disastro. E la colpa, ovviamente, non è delle persone, ma di politiche non lungimiranti sulla migrazione”.
A proposito di questo… voi oggi state supportando la task force di un governo composto da una parte politica che chiamava le vostre navi “taxi del mare”. Che effetto fa ripensare a quelle accuse, a quella che fu a tutti gli effetti una campagna diffamatoria contro le Ong?
“Per me non è cambiato assolutamente nulla. Noi cerchiamo di essere coerenti con il nostro mandato, che si ispira ai principi di neutralità  e imparzialità . Andiamo dove c’è bisogno: ad Haiti, in Siria, ora in Italia perchè c’è un bisogno sanitario su cui crediamo di avere le competenze per aiutare. Lo avrei fatto indipendentemente da tutto, per me è acqua passata, non mi interessa molto quello che ci hanno detto, noi rimaniamo coerenti con le nostre idee”.
C’è una “lezione del virus” che i governi e la politica farebbero bene a imparare?
“Che la salute è un diritto di tutti, non si può continuare a indebolire i sistemi sanitari: spero che questo sia un messaggio che hanno imparato tutti, visto che più o meno le politiche degli ultimi anni sono sempre state mirate a diminuire il budget della Sanità ”.
Di situazioni estreme lei ne ha viste tantissime, ma per la maggior parte degli italiani non è così, e questa epidemia rimarrà  come uno dei momenti più tragici della nostra storia individuale e collettiva. Come inquadrare questo momento senza farsi fagocitare dalla paura e dal senso di impotenza?
“Io sono una persona ottimista in generale perchè altrimenti non potrei fare questo lavoro. Anche in questa situazione sono ottimista. Qui a Lodi i medici hanno fatto veramente un lavoro incredibile, penso che si debba avere fiducia nelle persone che sanno fare questo lavoro e contribuire ognuno nel suo piccolo, con quello che si può. Servono tanta solidarietà  e tanta coerenza: ognuno come può, ma dobbiamo lavorarci tutti insieme”.
Sperare che “andrà  tutto bene”, quindi, non è da pazzi?
“Diciamo che ‘andrà  tutto bene’ se ognuno farà  la sua parte: proteggere i medici e seguire le indicazioni delle autorità ”.
Cosa si sente di dire a chi inizia ad avvertire una certa insofferenza verso le limitazioni — sempre più stringenti — che ci vengono imposte? Pensa che ci siano degli eccessi?
“È difficile dare una valutazione; io parlo dal punto di vista tecnico e non politico. Ci sono delle metodologie che si applicano all’inizio di un’epidemia, ma che ormai qui non si possono più applicare perchè il virus è troppo diffuso, come è il caso della Lombardia. Non ha senso fare la caccia all’errore: quello che è successo ci sta, è un evento nuovo che ha preso tutti alla sprovvista. Stiamo tutti imparando. L’importante, appunto, è imparare dalla lezione della Lombardia per impedire che negli altri posti si verifichi una diffusione così ampia: questo è l’aspetto veramente importante. Per gestire bene un’epidemia ci vuole una leadership e bisogna fidarsi. Dopodichè sono convinta che ci siano linee difficili da tracciare, per cui bisogna trovare un equilibrio tra misure chiare volte a proteggere il cittadino, e ciò che è concretamente realizzabile. A orientare la bussola deve essere un mix di lucidità  e fiducia”.

(da “Huffingtonpost”)

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I MEDICI CINESI CAZZIANO I CITTADINI MILANESI E GLI ITALIANI: “TROPPA GENTE IN GIRO, DOVETE RESTARE A CASA”

Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile

NECESSARIE MISURE DI CHIUSURA COME A WUHAM, CI VUOLE TANTO A CAPIRE CHE IN LOMBARDIA BISOGNA CHIUDERE ATTIVITA’ LAVORATIVE?

Nel corso della consueta conferenza stampa, il governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana ha dato la parola al Capo della delegazione cinese della Croce Rossa.
E proprio da lui è arrivato il nuovo invito, a mo’ di rimprovero, a tutti i cittadini milanesi (ma anche nel resto d’Italia) che non hanno capito come l’unico modo per contenere la diffusione del contagio da Coronavirus sia rimanere a casa.
Lo stesso capo del team dei medici cinesi ha detto che le misure di chiusura dovrebbero essere più incisive e totali, come accaduto a Wuhan.
Insomma, i medici cinesi, come già  fatto non appena sbarcati in Italia, hanno sottolineato come l’atteggiamento di molti milanesi — si parlava di Milano perchè era il teatro della conferenza stampa — sia sconsiderato.
Si parla, ovviamente, dei casi di persone che sentono l’impellente esigenza di andare a correre e non limitare i propri movimenti.
Il numero dei contagi da Coronavirus in Italia continuano a essere importanti, seppur il trend non è più esponenziale come quanto registrato nel corso delle settimane scorse. Ma a preoccupare c’è anche il numero dei morti che nella sola giornata di ieri ha toccato quasi quota 500 in 24 ore. Per questo motivo i medici cinesi chiedono di seguire il modello Wuhan, con una limitazione totale degli spostamenti.
Al termine di questa conferenza stampa, il governatore della Lombardia Attilio Fontana ha annunciato che comunicherà  al governo di seguire gli indirizzi indicati dai medici cinesi, ponendo provvedimenti più restrittivi per contenere l’avanzata dei contagi.

(da agenzie)

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CORONAVIRUS, SONDAGGIO DEMOS: CONTE E IL GOVERNO HANNO IL SOSTEGNO DEL 71% DEGLI ITALIANI

Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile

SCENDONO LEGA E ITALIA VIVA… ZAIA SUPERA SALVINI NEL GRADIMENTO… IL 94% ESPRIME UN GIUDIZIO POSITIVO SUL DECRETO ANTI-VIRUS

L’emergenza legata al Coronavirus fa avvicinare gli italiani al governo e al presidente del consiglio. Sia l’esecutivo che Giuseppe Conte, infatti, hanno il sostegno di 7 italiani su 10.
Lo rileva il sondaggio realizzato da Demos per Repubblica, che segnala come si tratti di un grado di consenso mai rilevato dall’istituto di Ilvo Diamanti negli ultimi 10 anni. In passato il governo Conte 1, quello sostenuto da Lega e M5s, si era spinto fino al 62% nel settembre del 2018, mentre in precedenza l’esecutivo di Matteo Renzi aveva toccato il 69% nel giugno del 2014, dopo il successo alle elezioni europee, prima di calare sensibilmente in seguito. Il governo di Paolo Gentiloni, invece, aveva avvicinato quota 50%.
I due Mattei in calo
Oggi sia il premier che il suo governo hanno un indice di gradimento pari al 71% degli intervistati. Una crescita enorme sia per l’esecutivo — nella precedente rilevazione era al 44% — che per lo stesso Conte, capace di riscuotere il sostegno del 52% dei cittadini nel mese di febbraio.
E questo nonostante i due principali partiti maggioranza siano rimasti più o meno sulle stesse cifre del mese scorso: il Pd raggiunge il 21%, il M5s il 14,6%.
Perdono qualche consenso i due partiti che nelle scorse settimane avevano cercato di porre fine al governo Conte 2 e varare un esecutivo d’unità  nazionale: la Lega di Matteo Salvini è al 28.8% (era al 29,2%), Italia Viva di Matteo Renzi è al 3,3% (era al 3,9), sempre dietro alla Sinistra (3,5%).
A destra continuano a cambiare i rapporti di forza: da luglio il Carroccio è sceso dal 35.3% al 28.8%. Al contrario Fratelli d’Italia passa dal 6,2% al 13.5%, con Forza Italia in calo al 5,9%.
Bene Speranza e Di Maio, Zaia supera Salvini
Per quanto riguarda i singoli leader, dietro a Conte, c’è Giorgia Meloni (passata dal 46% al 52) e poi due sorprese: i governatori leghisti di Veneto e Lombardia, le Regioni più colpite dal virus. Luca Zaia, non rilevato fino al mese scorso a livello nazionale, oggi riscuote il consenso del 48% degli intervistati e batte il suo leader Salvini, fermo al 46 . Il capo del Carroccio è tallonato dall’altro leghista Attilio Fontana, altra new entry in classifica col 42%.
Vanno bene anche i ministri del governo Conte: da segnalare il balzo di Roberto Speranza, il ministro della Sanità  passato da un gradimento di 26 punti a febbraio, a quota 40 di marzo.
A sorprendere in questo periodo di emergenza è anche il passo in avanti di Luigi Di Maio, che guadagna 11 punti in più rispetto a 30 giorni fa: il ministro degli Esteri è passato da 31 a 42 punti, scavalcando il segretario del Pd, Nicola Zingaretti a 40. Scende Emma Bonino (da 44 a 39), mentre il ministro dei Beni culturali e del Turismo Dario Franceschini si ferma a 36. Sia il leader di Areadem, che Silvio Berlusconi (34%, ha recuperato 6 punti) e pure Carlo Calenda (25%, più cinque punti) staccano Renzi, inchiodato al 25%.
Quasi tutto il Paese (il 94%), poi, valuta positivamente le misure adottate dal governo per combattere il contagio. Molto positivo anche il giudizio sulla condotta tenuta dall’esecutivo (84%) in questi giorni d’emergenza, ma vengono promossi a pieni voti anche il sistema sanitario (94%), la Protezione civile (88%), le Regioni (77%), i giornalisti (64%).
Per l’80% degli intervistati, tra l’altro, l’Italia si sta combattendo molto meglio il virus rispetto agli altri Paesi europei. Praticamente tutti — il 95% — dichiarano di essere preoccupati per la malattia. Un mese fa erano la metà .

(da agenzie)

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LA STORIA DEI “MALATI IMMAGINARI” DEL CARDARELLI CONTINUA

Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile

SI E’ PARLATO DI “OPERATORI SANITARI” NON SOLO DI MEDICI E LA SMENTITA SI RIFERISCE SOLO AI MEDICI… E IL PRIMARIO DI CARDIOLOGIA CONFERMA LA SUA DENUNCIA

L’affare dei 249 dottori (o per meglio dire, operatori sanitari) “malati immaginari” all’ospedale Cardarelli di Napoli per il Coronavirus si ingrossa.
Ieri il Fatto Quotidiano ha raccontato la testimonianza di Ciro Mauro, primario di cardiologia e soprattutto capo del Dipartimento dell’emergenza del grande ospedale napoletano, che in una nota aveva parlato di 249 operatori sanitari in malattia durante l’emergenza e adombrato il sospetto che fossero finti malati.
L’ospedale ha smentito tutto parlando di falsa notizia: “Dei 739 medici impegnati a combattere l’emergenza legata al Coronavirus e a tutte le altre patologie i medici assenti per malattia sono 33. Di questi 17 operano nel Dipartimento di Emergenza Urgenza DEA e altri 16 sono invece assegnati ad agli altri dipartimenti assistenziali. È bene rilevare anche che dei 33 medici attualmente in malattia 4 sono affetti da anni da gravi patologie e 4 sono stati accertati COVID positivi”, aveva fatto sapere il direttore generale Giuseppe Longo minacciando denunce e querele.
Oggi ancora Mauro conferma tutto dopo le richieste di fornire le prove, sotto minaccia di sanzione disciplinare, arrivate anche dall’Ordine dei Medici:
“Non devo documentargli proprio niente —replica lo stesso Ciro Mauro —.Quel che ho detto non è frutto di fantasia. Il presidente dell’Ordine eserciti i controlli, verifichi quanti studi medici sono aperti e quanti chiusi. L’azienda mi ha chiesto il silenzio e io mi consegno al silenzio. Basta così”.
Ma le parole dette il giorno prima erano state eloquenti. “Ho espresso la mia preoccupazione. Volevo —conclude —che la rivelazione fosse un deterrente, un modo per non aggiungere altre assenze a queste già  numerose. Ho estratto il dato da fonti aziendali certe. Non ho buoni rapporti con i sindacati, sono stato capace di compattarmeli tutti contro. Il management del Cardarelli ha reagito a queste assenze? Stanno là  da pochi mesi, faranno le scelte che riterranno opportuno fare”.
Il Fatto, nell’articolo a firma di Caporale e Iurillo, fa anche la prosa della smentita dell’ospedale, segnalando che nel gioco lessicale le parole assumono un significato diverso, ma i numeri no. Se 33 sono i medici, e la cifra non sembra così marginale,glialtri 216 chi sono?
Vattelapesca! Il filo della smentita si interrompe quando la direzione strategica, a differenza dei Nas che adesso devono accertare, non approfondisce la questione, non smentisce il numero totale, ma ribadisce un diverso parziale. Sembra darsi cura solo dei medici e non degli altri operatori sanitari. Dentro questa definizione sono evidentemente comprese figure professionali rilevantissime: infermieri, specializzati e generici, ferristi, portantini. Insomma il team senza il quale il medico non può operare .E allora: vero o falso che gli assenti siano 249?
C’è di più. Sempre il Fatto ricorda che il decreto dell ‘8 marzo scorso del premier Conte all’articolo 3 raccomanda a tutte le persone affette da “patologie croniche” di evitare di uscire dalla propria abitazione “fuori dai casi di stretta necessità ”. Norma che ha portato l’Inps a emanare una circolare rivolta ai medici di famiglia che rilasciano i certificati di malattia anche ai loro colleghi. Poche righe per dare strette indicazioni: sono autorizzati a rilasciarli con il codice V07, riferito a persone con necessità  di isolamento, altri rischi potenziali di malattie e misure profilattiche. E a lamentarsi all’epoca ci fu anche l’Ordine dei Medici di Napoli:
Ne è venuto fuori un vespaio. Incroci di lettere e telefonate allarmate al ministero della Salute. Non solo perchè la casistica delle patologie croniche può comprendere anche l’ipertensione, che però può essere tenuta sotto controllo dai farmaci. Ma perchè negli ambulatori dei medici di base sono poi cominciate a fioccare le domande di certificati anche da parte degli stessi operatori sanitari.
Uno dei primi ad accorgersi dell’inghippo è stato il presidente dell’Ordine dei medici di Ravenna, Stefano Falcinelli: “Nella circolare Inps non è scritto quali sono le patologie croniche che avrebbero diritto al certificato —spiega —. E io, medico di famiglia, come faccio a sapere quali sono quelle che espongono maggiormente al rischio di contagio?E a conoscere con esattezza quali sono le effettive condizioni di lavoro di chi mi chiede il certificato?”.
C’è chi, come l’Ordine dei medici di Napoli, ha diramato, il 12 marzo scorso, una comunicazione agli iscritti: “A seguito di numerosi quesiti rivolti allo scrivente Ordine dei medici, si rileva che nell’attuale fase di diffusione daCovid-19 sono sempre più frequenti richieste improprie di certificazioni di malattia per soggetti che non ne hanno diritto”.
E allora chi ha ragione?

(da “NextQuotidiano”)

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COME SI ESEGUE IL TEST DEL TAMPONE PER IL CORONAVIRUS

Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile

COME AVVIENE IL PRELIEVO CHE “FOTOGRAFA” SOLO QUEL MOMENTO

Come si esegue il test del tampone per il Coronavirus?
Il Corriere della Sera oggi pubblica un’infografica che spiega come funziona e la procedura che serve per individuare la positività  a SARS-COV-2 e a COVID-19: il primo tampone nasale viene infilato in profondità  in entrambe le narici e ruotato, viene poi inserito nella provetta e spezzato a metà .
Il secondo tampone viene inserito in bocca per prelevare la saliva da faringe e tonsille e viene poi inserito nella stessa provetta e spezzato.
La provetta viene chiusa ermeticamente e disinfettata con soluzione clorata. Successivamente viene identificata e trasferita nel contenitore di sicurezza o conservata in frigorifero, mentre i materiali utilizzati vanno gettati nel contenitore per la raccolta di rifiuti pericolosi.
Intanto, mentre le Regioni varano la corsa ai tamponi, si cerca una linea comune sui test. Spiega il quotidiano:
Più tamponi, anche per gli asintomatici a rischio, ma non per tutti. Dopo giorni di discussioni e dibattito, la linea che sembra prevalere nelle decisioni di molte Regioni è questa.
Le posizioni scientifiche sono diverse, spesso contrapposte, ma le richieste di molti esperti vanno nella direzione di aumentare il numero dei test effettuati, senza arrivare allo screening di massa. La linea del Comitato tecnico-scientifico e del governo continua invece a essere quella di effettuare i tamponi ai sintomatici.
Lo spiega bene il presidente dell’Istituto superiore della sanità , Silvio Brusaferro, nella conferenza stampa quotidiana: «I test non sono l’arma decisiva, danno solo una visione istantanea, del momento. Non ci sono scorciatoie: oggi la battaglia si vince con i nostri comportamenti».
La questione del test del tampone rappresenta un cambio di direzione da parte degli scienziati e dell’OMS rispetto a quanto si diceva (e si faceva) a febbraio: in Italia le cronache hanno raccontato nei giorni scorsi che a molti veniva negato il test del tampone perchè non avevano tutti i sintomi o perchè non ricordavano di aver avuto contatti con persone a rischio.
Adesso gli esperti NON dicono di testare chiunque, ma dicono di testare anche chi ha soltanto alcuni sintomi e i contatti di quest’ultimo, pure se asintomatici.
Il che significa, prendendo a esempio la comunità  di Vo’ Euganeo, chiusa e dove tutti avevano contatti con tutti (nei bar del paese), che in alcuni casi lo screening può riguardare un’intera piccola comunità . Ma non si va verso i test per tutti gli italiani:
Sulla linea del Veneto si stanno schierando diverse regioni, dalla Toscana all’Emilia Romagna, alla Campania. Ma il governatore Luca Zaia sembra frenare: «Non ho mai detto che facciamo tamponi a tutti. Ho detto che li faremo secondo criteri epidemiologici, partendo dagli addetti alla sanità ».
C’è una questione di costi, che però il governatore riassume così: «Un tampone costa 18 euro e una persona in terapia intensiva costa circa 3 mila euro al giorno». La Sicilia valuta se fare il tampone, nei prossimi giorni, ai 35 mila tornati dal Nord.

(da agenzie)

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LO SPOT DI ZAIA SULLE MASCHERINE VENETE CON IL LOGO DELLA REGIONE CHE NON PROTEGGONO DAL CORONAVIRUS PERCHE’ SONO SOLO SCHERMI FILTRANTI

Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile

NON SONO DEL TIPO FFP2 O FFP3 QUINDI NON SI CAPISCE A COSA SERVANO (A PARTE FARE PROPAGANDA A ZAIA)

«È la soluzione alla veneta per un problema cruciale in tutta Italia», così il Presidente del Veneto Luca Zaia ieri ha presentato in conferenza stampa dalla sede della Protezione Civile di Marghera le mascherine “contro” il coronavirus SARS-CoV2. Contro è tra virgolette perchè le mascherine made in Veneto non sono dispositivi di protezione individuale.
A scanso di equivoci è scritto proprio sulla mascherina, dove c’è stato il tempo anche di stampare il logo della Regione Veneto, giusto per ribadire chi ha avuto l’idea.
A stampare e donare le mascherine è la ditta Grafica Veneta di Trebaseleghe (PD) di proprietà  di Fabio Franceschi.
L’azienda è una società  famosa per essere quella che stampa — tra gli altri — i libri della saga di Harry Potter. Franceschi invece è noto alle cronache per essere stato socio (con il 4%) della Società  Editoriale il Fatto Quotidiano, per essersi candidato alle politiche 2018 con Forza Italia (non eletto) e per una spassosa polemica circa il fatto che non riusciva a trovare operai da assumere alimentando la saga degli imprenditori che offrono lavoro ma non trovano persone disposte a fare fatica.
Sulla pagina Facebook di Grafica Veneta non si parla di mascherine ma di “schermi filtranti” realizzati in base all’articolo 16 comma 2 del decreto del 17 marzo che autorizza «l’utilizzo di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio».
Zaia su Facebook spiega che la mascherina è realizzata con un “tessuto non tessuto” e che «ha tutte le caratteristiche per fornire un’ottima protezione per circa l’80% della popolazione, ad esclusione dell’uso prettamente sanitario e chirurgico».
Perchè non c’è dubbio che le 800 mila mascherine già  prodotte (ma si conta di arrivare ad 1,5 milioni di pezzi al giorno entro una decina di giorni) non servono per medici, infermieri, operatori sanitari. Non sono infatti del tipo FFP2 o FFP3.
E non sono nemmeno mascherine chirurgiche propriamente dette. Servono, pare di capire, per andare a fare la spesa o per le attività  quotidiane che richiedono di uscire di casa. Due milioni di pezzi saranno forniti gratuitamente, per tutti gli altri non è ancora stato fissato un prezzo di vendita.
Ma che differenza c’è tra gli “schermi filtranti” di Zaia, le mascherine che non piacevano a Gallera e le bandane di stoffa?
Impossibile non notare però che quella che Zaia definisce «una mascherina dall’aspetto inedito» è molto simile come concetto e realizzazione (sui materiali non è possibile dirlo perchè ad oggi non sono ancora state distribuite) a quelle fatte arrivare in Lombardia dalla Protezione Civile che fecero infuriare l’assessore al Welfare Giulio Gallera che le definì   «un fazzoletto o un foglio di carta igienica che viene unito» paragonandole al noto panno cattura-polvere.
Mascherine, quelle lombarde, destinate al personale sanitario e quindi assolutamente non idonee perchè oltre alle necessarie certificazioni — scriveva il Sole 24 Ore —   «mancano gli elastici intorno alla bocca, si attaccano alle orecchie non con dei lacci ma grazie a dei fori, si spostano facilmente, devono essere tenute vicino alla bocca».
Dal punto di vista del design le innovative mascherine alla veneta sono identiche: non hanno elastici o lacci ma si attaccano alle orecchie tramite dei tagli verticali. In questo modo però non aderiscono bene al volto e c’è sempre il rischio che si possano levare accidentalmente.
Se si pensa di usarle per far visita alle persone in ospedale (non ai pazienti ricoverati per Covid-19) sono completamente inutili: immaginate che il paziente è steso a letto e voi state in piedi.
Non è chiaro nemmeno che differenza ci sia tra utilizzare questo genere di mascherine e una semplice bandana o un fazzoletto di tessuto ripiegato un paio di volte. Se lo scopo è quello di impedire che le famigerate droplet potenzialmente infette raggiungano la persona che vi sta vicino allora non è necessario ricorrere agli schermi filtranti di Zaia.
Tanto più che non essendo certificate per uso sanitario non sono sicuramente in grado di fare da barriera contro il coronavirus.
Un vademecum diffuso dall’Associazione Asso.Forma invita ad esempio la cittadinanza ad utilizzare “quelle fatte in casa con tessuti pesanti che assorbano l’esalazione e l’umidità  trattenendola e non rilasciandola”. La soluzione fatta in casa ha anche il vantaggio di non essere monouso e di essere lavabile e disinfettabile tutte le volte che si vuole.
Mentre Zaia si faceva pubblicità  con le mascherine ai comuni non era stata data alcuna indicazione
La “soluzione cruciale” non sembra poi tale insomma.
E allora a cosa servono? Un indizio ce lo dà  il fatto che Luca Zaia si è premurato di fare la conferenza stampa e gli annunci sui social prima di aver avviato la distribuzione delle mascherine con il logo della sua regione.
Come riporta il Gazzettino di oggi infatti mentre il Presidente faceva il suo annuncio in diretta Web i sindaci della regione sono stati immediatamente assediati dalle domande dei cittadini che volevano le mascherine usa e getta made in Veneto.
Ma gli “schermi filtranti” non erano ancora stati distribuiti ai comuni, che attendono ancora di sapere quando arriveranno e come dovranno essere distribuiti. Il Veneto ha 5 milioni di abitanti, il numero di pezzi disponibili (in pacchetti da dieci) è poco inferiore al milione quindi è evidente che si dovrà  decidere a chi dare quelle che ci sono.
Tutto questo ovviamente avrebbe dovuto essere fatto prima degli annunci. Perchè se abbiamo imparato una cosa dall’emergenza coronavirus è che gli annunci fatti a casaccio fanno male, perchè la popolazione è particolarmente sensibile in questi giorni a qualsiasi cosa che riguardi Covid-19.
Con buona pace di quelli che continuano a paragonare Zaia a Winston Churchill o a chissà  quale grande statista del passato.

(da “NextQuotidiano”)

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