Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
PRIMA VOLTA CHE ITALIANI POSITIVI VENGONO TRASFERITI IN UN ALTRO PAESE EUROPEO, ANDRANNO IN SASSONIA… LA GRANDE SOLIDARIETA’ EUROPEA
Il Land tedesco della Sassonia prenderà 6 pazienti positivi al Covid-19 dall’Italia e li curerà negli ospedali della sua regione.
Lo ha reso noto oggi il governatore Michael Kretschmer, aggiungendo di aver risposto in questo modo ad una richiesta giunta dall’Italia. “È un segnale molto importante il fatto che anche noi possiamo aiutare gli altri”, ha detto. Il Land di Dresda ha al momento 865 casi confermati di coronavirus. È la prima volta che pazienti italiani vengono trasferiti in un altro Paese Ue.
Marian Wedt, parlamentare della Cdu, ha dichiarato a Repubblica di essersi impegnato in questi giorni per far sì che il suo Land potesse accogliere dei pazienti provenienti dalla Lombardia.
Wedt ha deciso di dedicarsi alla questione dopo il blocco alla frontiera tedesca delle mascherine e delle tute protettive destinate all’Italia, che ha definito “una vergogna”
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
QUELLA DI FONTANA E’ UNA NON GESTIONE, UNA EMERGENZA AFFRONTATA SENZA UN PROTOCOLLO E SOLO IMPROVVISANDO
Stamattina mi sono svegliata nell’ormai solito silenzio angosciante di questa città impaurita,
Milano, e ho visto la pioggia.
Dopo giorni di un sole che consolava un po’ (ieri avevo perfino pulito il terrazzo), è arrivato anche questo tetto grigio sulla testa. E quindi oggi mi prendo il tempo di buttare giù le tante cose che ho visto, ho ascoltato, ho imparato, ho toccato con mano in questo mese di lutti e sgomento.
Il tema di cui devo parlare è “perchè in Lombardia stiamo morendo così e così tanto”. Dividerò la questione in due parti.
Quella che definirei “dell’ineluttabile” e quella che invece sarebbe “del reversibile”, se solo si provasse a cambiare le cose.
L’ineluttabile
1) La Lombardia è stato il primo focolaio silente del paese e d’Europa. Questo primato è stata la nostra condanna. A gennaio e febbraio la Cina ci sembrava lontana. Quegli 8000 km che ci separano da Wuhan parevano una sufficiente distanza di sicurezza e l’idea anche il virus fosse già qui, pareva improbabile. Fior di virologi, in quel periodo, hanno affermato “In Italia il rischio è zero”. Invece il virus se ne stava già andando in giro, in Lombardia. Era nelle nostre città , nei nostri paesi, sui nostri treni, nelle nostre case, nei nostri ospedali in Lombardia. Probabilmente già da gennaio.
Il paziente 1 non era il contagiato 1. Era solo il primo paziente a cui è stato diagnosticato il Coronvirus, ovviamente.
Lui è stato ricoverato la sera del 20 febbraio, ma stava male da giorni. In una clinica del piacentino c’era un vecchietto che stava male dal 10 e, presumibilmente, qualcuno è stato male anche prima. (oppure era asintomatico). È probabile che il paziente 0 sia stato qualcuno che è partito a Capodanno per la Cina, dalle zone di Codogno.
O che sia finito su un aereo con qualcuno che aveva contratto il virus in Cina. Non sono un epidemiologo ma se dovessi partire da qualche parte, partirei da qui. Dai viaggi intorno a Capodanno degli abitanti di quella zona. Fatto sta che la totale inconsapevolezza di quello che stava accadendo ha reso cittadini e medici lombardi le vittime perfette. Quando abbiamo capito, il virus era già ovunque. Chi è arrivato dopo, ha avuto un po’ di vantaggio. Noi no. Noi eravamo già fregati.
2) Sul fatto che il contagiato zero fosse transitato nelle zone del basso lodigiano non ci sono dubbi. Forse Codogno, forse Casalpusterlengo, forse Somaglia, chissà . Geograficamente parlando, non proprio una gran fortuna. Codogno è nel cuore della Lombardia e a un passo dall’Emilia, posta esattamente nel centro della cintura Piacenza/Cremona/Brescia/Bergamo Milano/Pavia. Questo vuol dire treni, pendolari, merci che si spostano tra grandi città tutte molto vicine, tutte molto produttive, piene di scuole, università , turismo, aziende, aeroporti nazionale e internazionali. La famosa mobilità . Un focolaio situato in altre zone del paese forse sarebbe stato meno letale, meno veloce, meno spietato, meno incontenibile.
3) Le partite di calcio giocate in Lombardia nel momento della massima espansione silente del contagio sono senz’altro state un altro fattore disastroso, così come le settimane bianche e le tante festicciole di Carnevale festeggiate anche dopo l’emergenza. Atalanta- Valencia, ovvero 50 000 bergamaschi a San Siro il 19 febbraio, ha fatto la sua parte. (tra l’altro Valencia è uno dei focolai spagnoli) Va comunque detto che anche dopo il primo marzo, quando si cominciavano a contare i morti, la vita sociale di molti lombardi non ha avuto alcun freno. C’è chi è partito per le vacanze, chi per la montagna, chi ha fatto l’aperitivo in mezzo a centinaia di persone. Le foto della movida bresciana, milanese, cremonese in quei giorni restano lì, a imperitura memoria della scelleratezza. Così come i video scemi sulle città che non dovevano fermarsi.
4) La Lombardia è la regione più popolosa e anche quella col maggior numero di anziani di Italia. Ci sono 2 milioni e 270 mila over 65. Il Coronavirus uccide soprattutto gli anziani.
Il reversibile. Quello che si poteva fare o che si potrebbe fare e che non si è fatto o non si fa.
1) Non c’era un vero piano pandemico e se c’era non si è visto. Il cittadino può non essere preparato all’idea che la Cina arrivi qui in un mese, un governo deve esser informato e non può farsi cogliere impreparato. Illuminanti le parole dell’anestesista che diagnosticò il Coronavirus al paziente 1 di Codogno, così poco reattivo ad ogni cura: “Ho pensato all’impossibile”, ha detto. In quella frase c’è tutta l’impreparazione di un paese. (Non la sua eh, che è stata brava) Proprio di un paese. Gli ospedali, gli operatori sanitari evidentemente non erano stati preparati neppure all’evenienza.
Non c’era e non c’è mai stato un protocollo unico di intervento, non si è deciso prima che i pronto soccorso non potevano accogliere persone con sintomi simil influenzali o polmoniti, non si è pensato di rifornire gli ospedali di dispositivi dpi.
Non si è pensato a preparare i medici di base. Nulla.
Il disastro avvenuto negli ospedali ne è il risultato. I luoghi in cui dovevamo essere curati sono diventati troppo spesso i luoghi del contagio per pazienti e personale sanitario. E dunque per la Lombardia tutta.
Gli ospedali lombardi (da Alzano in poi) sono tra i più importanti focolai della regione. E lì sono stati contagiati e sono morti tanti anziani che erano ricoverati per un femore rotto o che erano stati lì di passaggio, magari per un prelievo.
2) Non si sono chiuse le zone focolaio di Bergamo e la Val Seriana, così come si era fatto con Codogno. Il nord che produce ha accettato un cinico compromesso con la salute dei cittadini. E lo sta pagando.
3) E qui arriviamo a un tema spinoso. La regione Lombardia ha una sanità che in buona parte è affidata al privato, si sa. Non intendo entrare nella generica questione vantaggi/svantaggi, ma è indubbio che in una situazione di emergenza gli svantaggi siano stati superiori ai vantaggi.
L’emergenza Coronavirus non è redditizia per i centri privati. Convertire una clinica in cui si fanno costose operazioni o si fanno pagare camere per la lunga degenza o semplice “residenza temporanea” anche seimila euro al mese in clinica Covid, non conviene. Di qui un problema fondamentale.
Quando i focolai sono scoppiati nelle cliniche private che non erano ancora convertite in Covid, quante cliniche private hanno comunicato tempestivamente la situazione alla Asl?
Quante hanno corso il rischio di venire chiuse all’istante e di perdere fatturato?
Se in una clinica privata il personale si ammala è un problema. Se c’è un focolaio tra i pazienti è un problema. E con una gestione non pubblica ma interna della crisi, si possono insabbiare molte cose. Soprattutto se a un certo punto in tutti gli ospedali e le cliniche si chiudono le visite ai parenti
Puoi nascondere a figli e mogli o mariti che i vecchietti si ammalano e se muoiono lo puoi comunicare per telefono, parlando con vaghezza di un “aggravamento delle condizioni” o di “sopraggiunte infezioni” o di “improvvise crisi respiratorie”.
I focolai nascosti nelle strutture private sono stati un veicolo del contagio micidiale. Così come nelle case di riposo, per cui vale lo stesso identico discorso. (nella casa di riposo di Mediglia sono morti 50 anziani)
Molti parenti di questi poveri anziani sono andati in giro per la Lombardia magari con una positività latente o ammalandosi, facendo ammalare. Poi non hanno saputo più nulla dei loro cari a cui spesso non è stato fatto il tampone. Ed è per questo, anche, che i morti in Lombardia sono di sicuro molti di più di quelli dichiarati.
4) Infine, e qui sta la questione più importante e drammatica, in Lombardia regna il caos. La gestione Fontana è una non gestione. Dovremmo urlarlo tutti i giorni in tutte le lingue.
Dovremmo affacciarci al balcone non per cantare ma per urlare a Gallera e a Fontana di fare qualcosa di serio per arginare la malattia. Si aprono nuovi ospedali che si riempiranno in 5 minuti, ma non si fa quello che dall’epidemiologo al barista dell’autogrill avrebbe già deciso di fare in un paese serio: monitorare, mappare, isolare. In Lombardia, se non lo sapete ve lo dico io, siamo abbandonati a noi stessi. Non sapete e non sappiamo nè il numero dei morti nè il numero dei contagiati. Quei numeri lì snocciolati sulla Lombardia in conferenza stampa da Borrelli sono numeri di un’approssimazione sconcertante.
La gente sta morendo in casa senza mai aver avuto diagnosi, sta morendo negli ospizi e in certe cliniche private infilata in sacchi ancora in pigiama come da prassi senza che neppure sia stato fatto un tampone.
Il numero dei contagiati in Lombardia non può essere calcolato semplicemente perchè non si fanno tamponi neppure ai sintomatici gravi.
Sintomatici gravi che non vengono dunque mappati, isolati, che non hanno neppure l’obbligo di stare in casa (ci si affida al buonsenso). Se hai tosse, febbre, congiuntivite, problemi respiratori ma non stai morendo, ti dicono di stare in casa e chiamare il medico di base, che ti dice di prendere la tachipirina.
Nei casi più seri devi procurarti l’ossigeno. Fine. Questo vuol dire che contagerai il resto della famiglia. E magari un membro della famiglia che sembra stare bene esce, va a lavorare, va al supermercato. Ho amici, parenti, conoscenti che hanno chiamato il numero preposto per dire ho la febbre. Sto male. Sto molto male. È un terno al lotto.
A qualcuno viene detto sarà influenza. Ad altri chiami il medico. Ad altri non esca di casa e richiami se peggiora. Nessuno viene monitorato.
Sono persone che con ogni probabilità hanno il Coronavirus e che non entreranno mai nella lista dei contagiati, se guariscono. Nel frattempo, però, abbandonate a loro stesse, possono fare danni enormi. Nessuno saprà se erano o sono entrate in contatto con amici infermieri o autisti del bus o impiegati di banca.
A Wuhan 9000 persone facevano mappature dei contatti. I positivi venivano allontanati dai negativi. Qui ci si affida al fai da te.
E considerato, pure, che a Milano c’è il più alto numero di famiglie mononucleari del paese, immagino che con 37 di febbre sia uscita un sacco di gente ed esca ancora un sacco di gente per comprarsi due uova al supermercato.
Perchè moriamo in migliaia qui in Lombardia? Per questo, anche. Perchè non c’è un metodo. O meglio. C’è il metodo Fontana: “servono più ospedali e respiratori!”.
No, caro Fontana. Serve soprattutto NON far arrivare la gente negli ospedali o sotto il casco per la ventilazione. Serve un piano.
Si decida a partorirne uno decente e in fretta. Stiamo morendo.
(da TPI)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
UN IMPRENDITORE ILLUMINATO DA CUI TANTI DOVREBBERO PRENDERE ESEMPIO INVECE CHE FARE ACCATTONAGGIO CON LO STATO
Evviva gli imprenditori illuminati. Come Giovanni Rana, presidente dell’omonimo pastificio veronese specializzato nella pasta fresca e guidato dal figlio Gian Luca.
Che, in qualità di amministratore delegato, ha dato il buon esempio varando un piano straordinario di aumenti salariali per 2 milioni di euro, come speciale riconoscimento dell’impegno dei 700 dipendenti presenti nei cinque stabilimenti in Italia che stanno garantendo la continuità negli approvvigionamenti alimentari durate l’emergenza coronavirus.
Tra le misure previste – informa l’azienda veronese – vi sono una maggiorazione dello stipendio del 25% per ogni giorno lavorato e un ticket mensile straordinario di 400 euro per le spese di babysitting. Il piano, che decorre retroattivamente dal 9 marzo, coprirà anche il mese di aprile.
Rana ha inoltre deciso di stipulare una polizza assicurativa a favore di tutti i dipendenti, compresi quelli in smart working, in caso di contagio da Covid-19, a integrazione del rafforzamento delle procedure di sicurezza e prevenzione già messe in atto dall’azienda.
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
LA SOLIDARIETA’ NON HA CONFINI
“Dove sono le ONG che salvano i migranti in mare ora che gli italiani hanno bisogno di aiuto?”.
È la domanda pretestuosa e forse anche un po’ sciocca che ormai da giorni molti leoni da tastiera e persino qualche noto giornalista affidano alla giungla dei social network.
Una domanda a cui potrebbero tranquillamente rispondere i presidenti delle regioni più colpite dal Coronavirus che ormai da settimane con le Ong stanno lavorando fianco a fianco, a cominciare dai leghisti Luca Zaia e Attilio Fontana, il primo che ne aveva chiesto l’aiuto suscitando non poco stupore.
Iniziamo da Medici Senza Frontiere, che sta offrendo il suo supporto negli ospedali di Lodi e Codogno, dove ha inviato infermieri e personale specializzato impegnato in attività di contenimento alla trasmissione del virus e di protezione del personale sanitario. L’organizzazione sta inoltre offrendo assistenza domiciliare ai pazienti positivi al Covid-19 che non hanno bisogno di ricovero. I parametri di questi ultimi vengono misurati con un braccialetto elettronico che permette al medico di famiglia di intervenire in caso di necessità , un sistema già applicato da MSF durante le epidemie di Ebola.
Come abbiamo raccontato ieri, MSF da giorni è impegnata con i loro operatori in Lombardia, proprio sulla prima linea del fronte della lotta al Covid 19.
Dal 9 marzo scorso sta operando negli ospedali del Lodigiano, dove si è sviluppato il primo focolaio dell’epidemia. “Abbiamo subito accolto la richiesta della Regione di intervenire a supporto dell’Azienda sanitaria di Lodi”, dice all’agenzia di stampa ANSA Claudia Lodesani, infettivologa e presidente di Msf Italia, partita per Codogno dopo essere appena rientrata da una missione umanitaria ad Haiti.
“In questo momento sono al lavoro nel Lodigiano 25 operatori di Msf tra medici, infermieri, logisti ed esperti nel controllo delle infezioni. Ma tutti i nostri operatori che non sono impegnati in missioni all’estero stanno dando il loro contributo in Italia, mettendosi a disposizione delle Aziende sanitarie del territorio”.
“Nei tre ospedali del Lodigiano stiamo offrendo un supporto ai colleghi in termini di gestione dell’epidemia”, spiega l’infettivologa che ha maturato una importante esperienza sul campo in Africa nella lotta al virus dell’Ebola.
Actionaid ha invece schierato decine di attivisti su tutto il territorio nazionale impegnati sulla piattaforma comunitaria di civic hacking “Covid19Italia Help” in cui vengono condivise informazioni verificate sull’epidemia e si organizzano raccolte fondi.
A Cremona, la statunitense Samaritan’s Purse, ha aperto da due giorni un ospedale da campo situato al di fuori della struttura ospedaliera cittadina.
Hope Onlus, organizzazione non profit milanese che dal 2006 opera nei territori di guerra di Siria, Libano, Palestina e Israele, costruendo reparti ospedalieri, ambulatori di emergenza e donando attrezzature sanitarie e medicinali, ha donato al Policlinico di Milano e all’Ospedale San Gerardo di Monza i macchinari per un totale di sette posti salvavita di terapia intensiva.
E c’è ovviamente Emergency. La ONG di Gino Strada, come aveva annunciato sin da subito, ha messo a disposizione delle autorità sanitarie le competenze di gestione dei malati in caso di epidemie maturate in Sierra Leone nel 2014 e 2015 durante l’epidemia di Ebola. In tutti i suoi ambulatori sul territorio nazionale ha adottato un protocollo che permette di individuare pazienti con sintomi compatibili con il virus, di informarli e indirizzarli ai servizi competenti. Ha infine attivato — in collaborazione con il Comune di Milano — dei servizi per offrire assistenza a persone più a rischio (anziani e malati) consegnando loro pasti, alimentari, farmaci e beni di prima necessità . Sempre con l’amministrazione del capoluogo lombardo, sta lavorando alla prevenzione nelle strutture di accoglienza per persone senza fissa dimora e minori non accompagnati.
Ecco dove sono le “odiate” ONG: sono in prima linea, come sempre, ad aiutare chi soffre mettendo in campo tutti i mezzi possibili per alleviare le sofferenze, per curare chi sta male. Ci aiutano “a casa nostra”, una casa che è anche la loro, come lo sono tutte le case del mondo in cui ogni giorno fanno del bene al prossimo.
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
SARANNO DESTINATI ALLE FAMIGLIE IN DIFFICOLTA’
Sono stati accolti a Milano quando erano profughi e ora ricambiano l’aiuto. Carrelli ricolmi di beni alimentari a lunga scadenza e prodotti per l’infanzia.
La “spesa solidale” donata dalla comunità etiope Oromo di Milano alla Croce Rossa di Milano è molto più di un gesto simbolico. È un gesto concreto di solidarietà e vicinanza che restituisce la gratitudine della comunità etiope Oromo verso la città di Milano e verso la sua Croce Rossa in queste settimane di emergenza coronavirus.
“La Croce Rossa ci ha salvato dal mare e noi adesso vogliamo fare qualcosa per la Croce Rossa e per Milano, la città che ha accolto noi e i nostri figli, e che sentiamo nostra”, con queste semplici parole, il signor Husen Abdussalam, presidente dell’Associazione Oromo di Milano, ha avvisato gli operatori della CRI Milano della volontà della comunità etiope di attivarsi per una donazione: olio, biscotti, pasta, cibo in scatola, ma anche prodotti per l’infanzia e per l’igiene personale che la Croce Rossa di Milano destinerà alle famiglie in difficoltà coinvolte nel progetto Filiera della solidarietà .
Un gesto che ha la forza di mostrare a tutti, sono sempre parole del signor Abdussalam, “che possiamo fare gesti di solidarietà anche in questo difficile momento, perchè, secondo il motto della Croce Rossa: ‘Siamo tutti fratelli!'”.
“In questi giorni, siamo in prima linea tanto sul piano sanitario quanto su quello sociale per garantire a tutti il diritto alla salute, alla cura, alla dignità . – spiega Luigi Maraghini Garrone, Presidente della Croce Rossa di Milano – “La solidarietà della Comunità Oromo di Milano ci commuove e ci sprona a fare ogni giorno di più. Abbiamo attivato misure eccezionali per rispondere prontamente ai bisogni della nostra città e garantire la tutela di tutti i nostri operatori e delle persone che soccorriamo. Stiamo affrontando un momento di forte stress operativo e ogni contributo è quindi fondamentale per sostenere il nostro impegno”.
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
IN PENSIONE DA ORMAI QUATTRO ANNI, IL DOTTOR FASOLI ERA TORNATO IN CORSIA A 73 ANNI PER AIUTARE I COLLEGHI
In pensione da ormai quattro anni, era tornato in corsia per aiutare i colleghi nell’emergenza
coronavirus: così ha sacrificato la sua vita per i malati. È la storia del dottor Gino Fasoli, deceduto a 73 anni presso l’Istituto clinico San Rocco a Ome, vicino Brescia, il 14 marzo. A riportare per primo la storia del medico è stato il quotidiano Il Piccolo.
Residente a Passirano e per molti anni medico di famiglia a Cazzago San Martino, dopo aver lavorato al pronto soccorso di Bornato, era noto in tutta la Franciacorta per le sue qualità professionali e umane.
Andato in pensione si era impegnato nel volontariato con il trasporto ammalati a Lourdes e con il sostegno a Emergency in Africa.
Appassionato di montagna, viene descritto da colleghi e amici come una persona dal cuore buono e sempre disponibile. Tanto che recentemente non si era tirato indietro dal dare una mano agli operatori sanitari per l’emergenza coronavirus.
Non sposato, una gioventù passata vestendo la tonaca francescana lasciata per laurearsi in medicina.
Come riporta oggi il Corriere, quando si è trattato di rispondere all’appello dei colleghi impegnati a contrastare il Covid-19, il dottor Fasoli non si è tirato indietro.
“Gino, puoi darci una mano? Gli ambulatori sono sguarniti perchè tanti di noi sono andati in ospedale a dare un mano ai colleghi in prima linea o perchè si sono ammalati. Ma i pazienti hanno bisogno di qualcuno che li ascolti. Puoi farlo tu?…”.
Quando gli hanno chiesto di rimettere il camice bianco non ha esitato un istante.
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
AL SEQUESTRATORE DI PERSONE L’UOMO SOLO AL COMANDO PIACE SOLO QUANDO AL POTERE C’E’ LUI
«Noi chiediamo semplicemente di lavorare» ha detto ieri a Non è l’Arena quello stakanovista parlamentare di Matteo Salvini. «È un momento troppo delicato per l’Italia e per gli italiani per escludere qualcuno e per lasciare solo in mano a qualcun altro queste decisioni», ha detto il leader della Lega lamentandosi del fatto che il Governo stia decidendo tutto da solo senza convocare il Parlamento.
Già da qualche giorno infatti sia Salvini che la Meloni hanno riscoperto l’esistenza della Camera e del Senato e vanno dicendo che la maggioranza ha chiuso le due Camere.
Dal momento che siamo in guerra — almeno secondo una certa narrativa — per Salvini sembra quasi serva un governo di unità nazionale.
Il capo del Carroccio cita l’esempio del War Ministry di Winston Churchill durante la Seconda Guerra Mondiale per dire che c’è bisogno di unirsi, maggioranza e opposizione assieme, per sconfiggere il nemico comune.
Sembra incredibile ma questo Salvini che chiede e offre massima cooperazione è lo stesso Matteo Salvini che qualche settimana fa diceva a El Pais che il Governo non era in grado di gestire la situazione.
Lo stesso che il 27 febbraio voleva un governo di unità nazionale senza Conte per andare al voto (perchè è noto che quando si è in guerra si va subito al voto) mentre il 6 marzo ribadiva che l’ipotesi di una partecipazione a un eventuale governo di unità nazionale, da parte della Lega, non c’è mai stata.
Va fatto però notare che ancora il 27 febbraio Salvini era più preoccupato per la nuova richiesta di autorizzazione a procedere nei suoi confronti che dal coronavirus.
Insomma, è il solito Salvini, quello che dice tutto e il contrario di tutto nella speranza di azzeccarla.
Ma soprattutto Salvini ha capito che il Parlamento potrebbe essere un ottimo palcoscenico per uno dei suoi classici show ad uso e consumo dei suoi elettori.
E mentre Salvini lodava l’operato di Fontana e di Zaia in Lombardia e in Veneto dimentica che il Presidente della Lombardia era quello che diceva che Covid-19 era poco più di una banale influenza (e che mentre ha chiuso Codogno non ha pensato di “chiudere” la provincia di Bergamo) e che il Presidente del Veneto era quello che si lamentava della creazione di tre zone rosse nelle province di Padova, Treviso e Venezia.
Ma lo spettacolo leghista non è ancora finito.
Perchè oggi a Rtl 102.5 il leader della Lega, Matteo Salvini ha continuato ad insistere «gli italiani chiedono che ci sia alla guida della vettura in un momento così delicato il meglio del Paese. Lascio a voi giudicare se in questo momento c’è il meglio del Paese, io non faccio giudizi. Noi saremmo a disposizione», ha detto. aggiungendo «è un momento unico nella storia e nei momenti unici occorre coinvolgere tutti, ascoltare tutti, far lavorare tutti quelli che vogliono farlo, perchè non lo si sia fatto fino ad oggi è stato un errore, non do interpretazioni politiche o sociologiche».
Ora, per tornare al paragone fatto da Salvini ieri sera, è chiaro a tutti che Conte non è un Churchill e che Salvini non è certo un Attlee.
E non sembra affatto che con queste dichiarazioni critiche sull’operato dell’esecutivo Salvini non sembra gettare solide basi per un governo di unità nazionale quanto piuttosto per la prossima campagna elettorale, quella che partirà dopo la fine dell’emergenza coronavirus.
Anche perchè il Parlamento non è chiuso e l’attività di Camera e Senato non dipende certo dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
Stupisce invece una cosa. Questo Salvini che oggi è diventato un grandissimo difensore della nostra democrazia parlamentare è lo stesso che a settembre manifestava contro il voto di fiducia al Conte 2 parlando di premier non eletto e altre fregnacce?
È forse lo stesso accusato di aver deciso da solo -s senza consultare il governo — della sorte di centinaia di migranti bloccando gli sbarchi?
Matteo Salvini che oggi si lamenta che il Governo operi via Facebook è quello che un anno e mezzo fa ha “chiuso i porti” con un tweet e senza uno straccio di decreto ministeriale?
E soprattutto: è lo stesso che ad agosto, prima di far cadere il Governo dal Papeete Beach (che non è un’aula del Senato ma uno stabilimento balneare) diceva durante un comizio «chiedo agli italiani pieni poteri»?
Viene quasi da pensare che a Salvini l’uomo solo al comando piaccia solo quando al potere c’è lui.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
IL SINDACO GORI: “I CONTAGIATI SONO MOLTI DI PIU’ DI QUELLI UFFICIALI, SE AVESSIMO CENTO VENTILATORI IN PIU’ AVREMMO CENTO PERSONE IN PIU’ RICOVERATE IN TERAPIA INTENSIVA”
Una troupe di Sky International ha girato alcune immagini della situazione in terapia intensiva
all’ospedale di Bergamo.
“È stato consentito a una troupe di Sky international di fare le immagini nel reparto di Terapia intensiva perchè abbiamo pensato che la sottovalutazione che in tanti Paesi continua a esserci, richiedesse immagini crude che qui si potevano vedere. E spero sia servito perche’ cosi’ uno si rende conto in quale inferno si possa trasformare un ospedale”. ha detto il sindaco Giorgio Gori nel corso di un collegamento con il sindaco di Bari e presidente Anci, Antonio Decaro trasmesso in diretta Facebook.
“Sono immagini scioccanti, terribili”, ha commentato Decaro.
“La situazione che ho raccontato ad Antonio in queste sere non è migliorata, non sto neppure a dirvi i numeri perchè io continuo a pensare che questi numeri siano una rappresentazione più della capacità di diagnosi e di cura, cioè della capacità di fare tamponi e di cura che sono limitate rispetto alle necessità che non delle effettiva diffusione della malattia che e’ molto superiore”, ha continuato Gori.
Il ragionamento del primo cittadino è sostanzialmente realistico e confermato da alcune ricerche internazionali.
“Ora si dice che a Bergamo ci siano 6216 contagiati ma sono soltanto gli ammalati in gravi condizioni che arrivano in ospedale a cui viene fatto il tampone, ma se voi avete sintomi abbastanza seri cioè 38-39-40 di febbre, tosse ma se respirate bene i medici al telefono dicono restate a casa: nessuno fa il tampone, non rientrate nelle statistiche nè voi nè quelli che stanno bene”.
“Prima facevamo tamponi a chi era vicino a chi era positivo ma quando la cosa è diventata così estesa, il sistema non ce l’ha fatta più e limita la sua capacità di diagnosi a quelli che vi dicevo io- ha aggiunto-. Dire che ci sono in Lombardia 1181 ricoveri in più non dice quante persone avrebbero dovuto essere ricoverate ma quante siamo riusciti a ricoverare. 49 terapie intensive in più oggi, non sono quelli che avrebbero avuto bisogno di terapie intensive oggi ma quante ne abbiamo disponibili. Se avessimo cento ventilatori in più avremmo 100 persone in più in terapia intensiva”.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
DALL’INCITAMENTO AL GOLPE AL “CHIEDO SCUSA SE HO OFFESO QUALCUNO, NON VOLEVO” FINO ALLA CANCELLAZIONE DEL POST DOVUTO A UNO “STATO EMOTIVO”
Una giornata, quella di ieri, caratterizzata dalle parole fortissime di un opinionista — tra le altre testate anche de La Verità — che attraverso un suo post sui social network si era appellato al Capo di Stato maggiore dell’Esercito, Salvatore Farina, affinchè potesse deporre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e potesse quindi prendere il comando nella gestione dell’emergenza coronavirus.
Matteo Vallero è stato fortemente criticato sui social network per queste parole. E subito dopo ha rimosso il suo post, chiedendo scusa per le parole utilizzate.
Secondo Matteo Vallero, il capo dell’Esercito dovrebbe sostituirsi al governo visto che «non è in grado di porre rimedio». Il post si concludeva con un invito al generale Salvatore Farina, affinchè potesse intervenire subito.
Qualche ora dopo, vista la gravità delle parole utilizzate, l’opinionista è intervenuto per scusarsi: «È facile dare sfogo alle emozioni sui social — ha scritto -, senza riflettere sulla sensibilità delle persone che ci leggono, anche se mi rendo conto benissimo che il mio ruolo e la mia visibilità me lo imporrebbe. Pertanto faccio a tutti le mie sentite scuse, per il post che ho pubblicato ieri sera, se ho offeso qualcuno o urtato le sue sensibilità , non era mia intenzione e ne sono desolato». Matteo Vallero ha affermato di aver parlato a titolo personale e di aver rimosso il post proprio per comprovare le sue buone intenzioni.
Abbiamo riportato questa vicenda perchè da qualche giorno assistiamo, soprattutto sui social network, a dichiarazioni dalla forte impronta militaristica che, in questa fase difficilissima per la storia del Paese, porterebbero a ipotizzare una diversa gestione della democrazia italiana rispetto ai canoni previsti dalla Costituzione.
Nel week-end c’erano state anche le parole del Comandante Alfa ad alimentare questo sentimento. Sarebbe opportuno per tutti gli operatori della comunicazione che abbiano visibilità sui social network fornire, in questo momento, una risposta pacata alle paure del paese, non soffiando certo sul fuoco di alcuni istinti che, purtroppo, in Italia non sono stati mai sopiti.
(da “Giornalettismo”)
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