Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
TRA LORO ANCHE PERSONE CONDANNATE PER MAFIA E DUE SOTTOPOSTI A SORVEGLIANZA SPECIALE… HANNO INCASSATO 279.000 EURO CHE NESSUNO RIVEDRA’ PIU’… L’ENNESIMO CASO DI UNA LUNGA SERIE CHE DIMOSTRA CHE I CONTROLLI DOVEVANO ESSERE PREVENTIVI
Boss, capi e gregari per le Procure, indigenti e inoccupati per l’Inps, tanto da meritare il
reddito di cittadinanza.
Trentasette soggetti, quasi tutti in odor di ‘ndrangheta o in tutto e per tutto affiliati al clan Piromalli-Molè e come tali noti, sono stati scovati dai carabinieri di Gioia Tauro fra i percettori del reddito di cittadinanza.
Fra loro c’erano condannati per mafia, inclusi due sottoposti a sorveglianza speciale, e persino chi, dopo sentenze definitive, ha incassato l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, dunque è per legge escluso dall’erogazione di sussidi, indennità e finanziamenti pubblici.
Quanto meno in teoria. E sulla carta, anche il reddito di cittadinanza non potrebbe essere erogato a condannati per reati più o meno gravi.
Ma basta il Caf giusto, l’impiegato del Centro per l’impiego che chiude un occhio o semplicemente la capacità di confondere un po’ le carte e “dimenticare” processi e condanne ed ecco che per posta arriva la card gialla che assicura un sussidio ogni mese.
Lo hanno fatto anche diversi familiari di boss e gregari, incluse donne che hanno evitato accuratamente di segnalare la presenza di ergastolani al 41bis in famiglia o figli, mariti e fratelli condannati come accoscati al clan Piromalli-Molè, magari anche destinatari di sequestri milionari, e per questo da tempo dietro le sbarre.
Di certo, più di uno era riuscito a mascherare bene il proprio reale tenore di vita. Fra i “furbetti del reddito” scovati dai carabinieri c’era anche chi, solo qualche mese prima di ricevere la card di Stato aveva acquistato senza patemi auto nuove di zecca.
E poi, in tanti si sono dimostrati bravi ad aggirare i paletti reddituali previsti dalla legge. Bastava spostare per tempo la residenza di uno o più componenti del nucleo familiare per abbassare l’Isee, l’indicatore della situazione economica, e il gioco era fatto.
In questo modo, c’è chi — quanto meno sulla carta — è finito ad abitare stabilmente in un rudere abbandonato e fatiscente, senza utenze nè servizi. O chi, sempre solo sulla carta, ha smesso di abitare con familiari già percettori di sussidi o ancora ha sconfessato — solo formalmente — consolidate relazioni di coppia o convivenze.
Un catalogo di trucchetti, sotterfugi e illegalità già costato all’Erario circa 279.000 euro a cui se ne sarebbero aggiunti altri 134.500 se i “furbetti” non fossero stati stanati dai carabinieri. Adesso per ordine della procura di Palmi, le erogazioni sono state bloccate ed è stata avviata la procedura per il recupero delle somme, mentre i 37 furbetti, 33 italiani e 4 stranieri, sono stati denunciati a piede libero.
Ma non si tratta dell’unico fascicolo aperto a carico di “indigenti sulla carta” che hanno trovato mezzi e modi di percepire indebitamente sussidi.
Sempre nella Piana di Gioia Tauro, qualche settimana fa i carabinieri hanno denunciato per le medesime irregolarità 18 persone, inclusa la moglie di un boss di Taurianova da tempo al 41 bis, che aveva “dimenticato” di inserire il marito fra i componenti del proprio nucleo familiare, oltre ad una pletora di persone che beneficiava del reddito di cittadinanza mentre lavorava a nero in bar, ristoranti o in cantieri edili.
Clamorosi i casi del titolare di un’officina meccanica del tutto abusiva, con diverse auto in attesa, ma formalmente disoccupato e senza mezzi per mantenersi e di un parrucchiere, proprietario di salone, che non solo percepiva il reddito di cittadinanza pur lavorando regolarmente, ma sulla carta aveva abbassato la saracinesca quattro anni fa.
Nel maggio scorso invece era stata la Guardia di Finanza a scovare nella Locride 101 “furbetti del reddito”, fra cui brillava anche il narcobroker Alessandro Pannunzi, figlio di “Bebè”, il Pablo Escobar italiano.
E in precedenza, era stata l’operazione Salasso a individuare proprietari di auto e ville di lusso e condannati per mafia e persino detenuti fra 237 percettori del reddito di cittadinanza della zona jonica reggina. Un esercito di furbetti, costato centinaia di migliaia di euro allo Stato.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
UNA CIFRA SPROPOSITATA PER LO STIPENDIO DI UN AGENTE DI POLIZIA
Thomas Lane, uno dei quattro agenti di polizia arrestati a Minneapolis per la morte di George Floyd, è stato rilasciato dopo aver versato una cauzione di 750mila dollari.
Stando a quanto riportano i media internazionali, il 37enne avrebbe lasciato il carcere della contea di Hennepin, con condizioni, poco dopo le 16 di ieri.
Gli altri agenti rimangono in cella. Lane era entrato in carcere il 3 giugno scorso con l’accusa di concorso in omicidio di secondo grado in relazione alla morte di Floyd, deceduto dopo l’arresto durante il quale l’agente Derek Chauvin gli aveva tenuto il ginocchio sul collo per 8 minuti e 46 secondi.
Chauvin rimane in carcere con le accuse di omicidio di secondo e terzo grado e omicidio colposo di terzo grado.
Gli altri ex poliziotti – Tou Thao, J. Alexander Kueng e lo stesso 37enne Lane – dovranno rispondere delle accuse di aver aiutato e favorito sia l’omicidio involontario di secondo grado sia l’omicidio colposo di secondo grado.
Per loro è stata fissata una cauzione di un milione di dollari ciascuno senza condizioni e di 750.000 dollari con condizioni. Per Chauvin la cauzione è di 1,25 milioni di dollari senza condizioni ed un milione di dollari con condizioni. La prossima udienza è prevista per il 29 giugno.
Nel frattempo almeno dodici città — Phoenix, Los Angeles, Sacramento, San Diego, Broward County (Florida), Miami, Chicago, Washington DC, Minneapolis, New York, Denver e Houston — hanno messo al bando le manovre di soffocamento attuate dalla polizia durante l’arresto. A riportarlo è la Cnn.
La tecnica di soffocamento è stata oggetto di controversie per anni, in particolare dopo la morte di Eric Garner nel 2014, dopo che un agente di polizia venne accusato di averlo soffocato.
Toccante il discorso pronunciato ieri dal fratello di Floyd davanti ai membri del Congresso: “George è morto per una discussione su 20 dollari. È questo che vale un afroamericano nel 2020?”. Queste le parole di un commosso Philonise Floyde al cospetto della commissione giustizia della Camera: “Sono qui per chiedervi basta dolore”.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
LA MAGISTRATURA HA DIRITTO AD ACCERTARE I FATTI, SPERANDO CHE LE NUMEROSE DENUNCE NON TROVINO RISCONTRO, LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI… SALIRE SUI TETTI PER ACCUSARE I CARABINIERI NON E’ AMMISSIBILE… SALVINI VA A DIFENDERE GLI AGENTI PENITENZIARI SENZA SAPERE NEANCHE I FATTI CONTESTATI: PATETICO
Matteo Salvini è in arrivo al carcere di Santa Maria Capua Vetere dopo che sono stati
notificati degli avvisi di garanzia agli agenti della polizia penitenziaria per presunti pestaggi che sarebbero avvenuti a marzo, in piena emergenza sanitaria e nel bel mezzo delle proteste dei carcerati.
Forse non fu un’azione tesa a riportare l’ordine durante la protesta dei detenuti, ma una spedizione punitiva: è questa l’ipotesi della Procura di Santa Maria Capua Vetere, diretta da Maria Antonietta Troncone, che ha iscritto sul registro degli indagati il nome di 44 agenti di polizia penitenziaria ipotizzando reati che vanno dalla tortura all’abuso di autorità fino alla violenza.
Stamani, quando la polizia giudiziaria ha avuto accesso al penitenziario Uccella di Santa Maria Capua Vetere ci sono stati momenti di tensione tra carabinieri e agenti penitenziaria I militari hanno eseguito un’operazione di polizia giudiziaria su ordine della Procura nell’ambito dell’indagine tesa a ricostruire la verità sui presunti pestaggi avvenuti il 6 aprile nell’istituto di pena casertano e denunciati sia da alcuni detenuti che dai loro familiari.
Un’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere sui presunti maltrattamenti avvenuti ad aprile nel carcere del comune in provincia di Caserta ha provocato forti tensioni tra agenti della polizia penitenziaria e i carabinieri, accusati dai secondini di aver notificato 44 provvedimenti a carico dei poliziotti con modalità inopportune. Nella fattispecie si tratta di un’inchiesta sui pestaggi avvenuti il 6 aprile nell’istituto di pena, dopo una accesa protesta verificatasi qualche giorno prima, in piena emergenza sanitaria.
Gli indagati sarebbero 44. Tra i reati figurerebbe anche quello di tortura.
In carcere sono presenti i vertici della Procura di Santa Maria. Per protestare, alcuni agenti della polizia penitenziaria sono saliti su un tetto del carcere per protestare contro le modalità adottate dalla polizia giudiziaria e dalla Procura per notificare gli avvisi emessi.
Ciò che è certo è che i carabinieri hanno notificato 44 avvisi di garanzia ad agenti della Polizia Penitenziaria per i presunti pestaggi di detenuti avvenuti il 6 aprile scorso. Pestaggi denunciati dai familiari dei detenuti e che, a loro dire, sarebbero stati originati dalle proteste dei reclusi avvenute in carcere qualche giorno prima.
La Procura guidata da Maria Antonietta Troncone contesta i reati di tortura, violenza privata, abuso di autorità . Nell’istituto penitenziario casertano si è recato stamattina anche il procuratore aggiunto Alessandro Milita con due sostituti. Tra i poliziotti raggiunti dall’avviso di garanzia, anche il Comandante della Penitenziaria Gaetano Manganelli. Durante l’operazione i carabinieri hanno sequestrato i cellulari agli agenti indagati.
La tensione è raccontata da alcuni testimoni. “Sono arrivata alle 7 e c’erano parecchi carabinieri che fermavano le auto in arrivo al carcere; io sono stata fermata e mi hanno fatto passare, mentre gli agenti li trattenevano per identificarli” ha detto all’Ansa la moglie di un detenuto, che è una delle persone che ha denunciato le presunte violenze della Penitenziaria avvenute in carcere nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
La donna stamattina era in fila per entrare nell’istituto di pena e racconta quanto ha visto: “Gli altri agenti della Penitenziaria che erano già dentro sono stati fatti uscire e c’è stata tensione“.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
TASSO DI DISOCCUPAZIONE MEDIO 1991-1998: IN GERMANIA ERA L’8,2%, IN ITALIA IL 10,6%
Matteo Salvini a DiMartedì ha dato per l’ennesima volta dimostrazione del fatto che quando parla di economia è meglio che parli di altro.
Il Capitano è tornato a parlare della bella Italia che fu e dei bei tempi andati all’epoca della lira sostenendo che l’Italia fosse davanti alla Germania e che ci fosse “più disoccupazione in Germania che in Italia” prima dell’arrivo dell’euro.
“Negli anni Ottanta si lavorava più in Germania che in Italia, c’erano stipendi più alti in Italia che in Germania e gli italiani compravano più case rispetto ai tedeschi. I giovani di oggi stanno erodendo quella ricchezza che i nostri nonni e i nostri genitori hanno messo da parte perchè non lavorano come lavoravano i nostri genitori e i nostri nonni”.
Ora, a parte la posizione da “Ok Boomer” sui giovani che non lavorano, non è ovviamente vero che il tasso di disoccupazione in Germania fosse più alto che in Italia. È invece vero esattamente il contrario:
Ma la parte divertente della vicenda è che ieri seraper smentirlo si è presentato il Vecchio Paglia, ovvero Giancarlo Pagliarini, ministro del Bilancio in quota Lega nei governi di Berlusconi
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
IL DELIRIO AUTORITARIO DEI REGIMI SOVRANISTI PER REPRIMERE OGNI FORMA DI DISSENSO… E’ IL COMPAGNO DI MERENDE DI MELONI E SALVINI
Dopo l’annuncio del governo ungherese alla stampa a fine maggio, un pericoloso pacchetto
di riforme sulla scuola è stato proposto dal partito di maggioranza al parlamento di Budapest.
A partire dal prossimo anno scolastico la polizia ungherese controllerà stabilmente 500 scuole, nei quartieri e nei centri più poveri del paese, e avrà il potere di fermare preventivamente gli studenti a partire dai 12 anni di età , formalmente allo scopo di “proteggere gli insegnanti”.
La proposta, che difficilmente sarà bloccata da un parlamento già depotenziato e totalmente nelle mani del partito di Viktor Orban, avrà effetti disastrosi sulla scuola e sulla crescita di ragazzi (in alcuni casi anche bambini) che dovranno sopportare continui fermi e perquisizioni.
La polizia dovrebbe ricevere la “formazione pedagogica adeguata” e allo stesso tempo essere pronta con i suoi corpi di “guardie scolastiche” ad agosto, cioè in poco più di due mesi, dimostrando quanto l’unico obiettivo del governo sia la repressione del disagio sociale.
In un Paese dove la giustizia si applica in maniera sempre più arbitraria, caratterizzato dall’uso della polizia contro le minoranze etniche e i dissidenti politici, è difficile immaginare che i bambini fermati avranno un trattamento rispettoso dei loro diritti e un giusto processo.
Qualche tempo fa proprio gli studenti medi erano stati parte fondante delle proteste contro il governo; adesso stroncare il dissenso anche politico tra i più giovani sarà molto più semplice.
L’impiego delle “guardie scolastiche” è in linea con l’azione di governo che si fa sempre più autoritaria, dopo aver ottenuto i pieni poteri senza limiti di tempo “per il Coronavirus”, aver limitato i diritti delle persone trans e aver fatto letteralmente arrestare, meno di un mese fa, degli oppositori politici che avevano espresso il proprio dissenso sui social network.
La denuncia di Obessu, organizzazione che riunisce le associazioni studentesche in Europa:
“Come associazioni studentesche delle scuole superiori di tutta Europa abbiamo espresso la nostra indignazione verso ciò che sta accadendo, e verso il silenzio mediatico e istituzionale che sta coprendo la nascita di una dittatura sulla pelle dei più giovani e delle minoranze.
Dopo aver parlato qui della segregazione nelle scuole degli Stati Uniti, anche quelle militarizzate e sotto controllo della polizia, e dopo l’esplosione della protesta contro la discriminazione a danno degli afroamericani, in molti mi hanno detto di essere felici di sapere che gli studenti europei non vivono nella stessa condizione e che le loro scuole sono sicure, senza metal detector, perquisizioni e controlli continui. Purtroppo oggi anche in Europa c’è chi vuole mettere gli studenti in quella stessa condizione di paura e violenza e trasformare le scuole in prigioni”
Qualcuno che ha ammiratori anche in Italia.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
SOVRANISTI 38,6% FORZA ITALIA 6,1%, PARTITI DI GOVERNO 46,9%, CALENDA 2,7%, VERDI 1,5%, +EUROPA 1,4%
Secondo un sondaggio EMG Acqua presentato oggi ad Agorà , il programma condotto da Serena Bortone su Raitre, è Giuseppe Conte il leader che riscuote maggiore fiducia tra gli intervistati con il 43%, un punto in piu’ rispetto alla scorsa settimana, seguito da Giorgia Meloni al 36%, Matteo Salvini al 34% (un punto in meno rispetto alla scorsa settimana), Nicola Zingaretti al 23%, Carlo Calenda al 21%, Luigi Di Maio al 20%, Silvio Berlusconi al 19% e Poi Giovanni Toti al 17%, Matteo Renzi al 15%, Vito Crimi al 11%.
Ma sono curiosi soprattutto i risultati della rilevazione sul partito di Conte.
Se si votasse oggi un ipotetico partito di Conte varrebbe il 15%. La Lega sarebbe il primo partito con il 25,6%, seguito dal PD al 15,1. Poi Fratelli d’Italia al 13,0%, il M5S al 10,7%, Forza Italia al 6,1%. Italia Viva sarebbe al 4,0%, Azione (Calenda) al 2,7%, La Sinistra 2,1%, Europa Verde al 1,5%, +Europa al 1,4%.
Infine, alla domanda: “Ha la percezione che il virus sia stato sconfitto?” ha risposto, “NO” il 72% degli intervistati, “Si’” il 13%. Il 15% preferisce non rispondere.
Riguardo agli “Stati generali dell’economia” proposti da Conte, il 37% degli intervistati pensa che sono “un’inutile perdita di tempo”, per il 35% sono “una proposta utile per ripartire”. Il 28% preferisce non rispondere.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
UN CIALTRONE CHE LO CONTESTA AMMETTE: “PRENDO IL REDDITO DI CITTADINANZA”… CONTE RIBATTE: “E ALLORA PERCHE’ DICE CHE MUORE DI FAME?”
«Facciamo un patto?». Aveva debuttato così il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel
pomeriggio di ieri, 10 giugno. Si rivolgeva ai giornalisti che lo aspettavano davanti a Palazzo Chigi. Il premier voleva fermarsi a parlare con loro per una serie di domande, con l’assicurazione che gli avrebbero permesso di andare in galleria Alberto Sordi a prendere un caffè.
Qualche metro più in là un gruppetto di cittadini — muniti tutti di smartphone — lo stava aspettando oltre le transenne.
Alcuni di questi hanno iniziato a urlare e a contestarlo, chiedendogli le dimissioni. La motivazione? Non tanto la gestione dell’emergenza coronavirus, quanto la presunta incostituzionalità di far parte di un «governo non eletto» (sic). Ovviamente, il governo in Italia non lo elegge nessuno, ma questa precisazione — che pure sarebbe necessaria — ormai stanca.
Giuseppe Conte non è fuggito di fronte ai contestatori, ma li ha affrontati, cercando anche di rispondere alle loro domande.
La contestazione non si è affievolita, nonostante l’atteggiamento di disponibilità . In modo particolare, sta diventando molto virale il dialogo che Conte ha avuto con un contestatore che si è definito un «nullafacente» che non fa parte di «nessun partito, anzi del partito popolare, cioè del partito del popolo».
Quest’ultimo ha affermato di percepire il reddito di cittadinanza: «Sì, lo percepisco. Che volete fare? Me lo volete togliere?». Giuseppe Conte si chiede: «Assolutamente no, ma voglio capire: perchè dice di prendere il reddito di cittadinanza e di morire di fame?». Il contestatore sostiene di percepire 300 euro, il presidente del Consiglio ribatte che la misura arriva fino a 800 euro.
Dalle retrovie arriva un’altra contestazione: «Non vogliamo il reddito di cittadinanza, vogliamo lavorare».
Non sarà sicuramente lo specchio del Paese — come alcuni account sovranisti che stanno diffondendo il video vorrebbero far pensare -, ma senz’altro rappresenta uno spaccato da studiare. Le misure assistenziali che vengono addirittura viste come un minus.
Ovviamente, ne ha subito approfittato Matteo Salvini, che ha pubblicato il video sui suoi canali social accompagnato dalla scritta: «Quello che i tg non non vi faranno vedere». Un grande classico.
Che, però, sembra avere omesso quando è stato lui oggetto di contestazione per le strade del Paese.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
TAJANI ERA PER ANDARCI, SALVINI PROPENSO AD ACCETTARE, MA ALLA FINE PREVALGONO LE MINACCE DELLA MELONI
Ieri il centrodestra ha fatto sapere che non presenzierà agli Stati Generali convocati dal governo. Oggi il Fatto Quotidiano spiega in un retroscena a firma di Gianluca Roselli chi ha deciso e chi si è accodato alla decisione:
Sono entrati con tre posizioni diverse e sono usciti con una sola, imposta da Giorgia Meloni, che è stata irremovibile. E ha avvisato gli alleati. “Attenzione che, se ci dividiamo su questo, con uno che va e l’altro no, il centrodestra è finito … ”, è l ‘avvertimento messo sul tavolo dalla leader di Fratelli d’Italia.
Il tema è l’invito agli Stati Generali promossi da Giuseppe Conte, che ha chiamato i partiti d’opposizione per la giornata di venerdì. Un invito rivolto a Forza Italia, Lega e FdI, che il premier voleva addirittura vedere singolarmente.
A un certo punto, martedì sera, si era sparsa la voce che la linea sarebbe stata quella di andare insieme, per mostrare l’unità della coalizione. Ma ieri, quando Antonio Tajani, Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono arrivati, alle 5 di pomeriggio, al vertice di centrodestra, ognuno aveva un suo pensiero in testa, diverso dagli altri.
Agli estremi Berlusconi e Meloni. Il primo —che fisicamente è ancora nella villa della figlia Marina in Costa Azzurra — era per accettare l’invito del premier, “perchè in questa situazione dobbiamo interpretare più che mai il ruolo di opposizione responsabile”. Meloni, invece, era fissa sul no. “Non ci hanno mai preso sul serio, mai accolto nessun emendamento, perchè dovremmo andare?”, ha chiesto l’ex ministra.
Salvini, per una volta, nel mezzo a far da mediatore, possibilista. “No n ho ancora ricevuto l’invito. Se mi arriva,da persona educata, andrò per presentare proposte… ”, aveva detto il leader leghista martedì sera in tv da Giovanni Floris.
Anche se poi, ieri mattina, vista l’irremovibilità di FdI, aveva virato sul no: “Sfilate in villa? Uno show inopportuno”, ha scritto su Fb. Ma in realtà il Capitano restava “aperturista”.
Alla fine ,però, ha vinto la linea Meloni: non si andrà . “Siamo pronti a confrontarci con il governo in qualsiasi momento, ma soltanto nelle sedi istituzionali. A Palazzo Chigi siamo sempre andati, ma a una kermesse mediatica no,non faremo questo regalo a Conte”, dice in coro il centrodestra.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
UNO CHE DICHIARA LA CRISI DI GOVERNO DALLA SPIAGGIA DI MILANO MARITTIMA NON E’ MOLTO CREDIBILE A CONTESTARE LA LOCATION DEGLI STATI GENERALI
Sembra una puntata di ‘4 ristoranti’. All’inizio era il menù (il piano di investimenti e fondi
da destinare a cittadini e imprenditori); poi si è passati al conto (troppi pochi i soldi messi a disposizione da parte del governo); dopodichè è arrivato il servizio (i ritardi nei pagamenti e nell’erogazione di quei fondi.
Mancava solo una voce a questa puntata, fuori contesto, della famosa trasmissione di Alessandro Borghese, ma ora è arrivata anche quella: la location.
Il centrodestra, infatti, si è rifiutato di partecipare agli Stati Generali indetti da Giuseppe Conte a Villa Pamphilj perchè il confronto deve esser fatto in una sede istituzionale.
Il tema di questi incontri è stato ampiamente dibattuto, provocando anche alcune tensioni all’interno della stessa maggioranza di governo.
All’inizio il Partito Democratico si era lamentato per una decisione — quella di convocare gli Stati Generali — presa autonomamente da Giuseppe Conte. Poi è arrivato il centrodestra che, per settimane, si è lamentato di non esser stato ascoltato dal Presidente del Consiglio.
Ora che si sta avvicinando il giorno di questi fatidici incontri — tanto agognati da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia -, è arrivato il passo indietro e il rifiuto di partecipare.
I partiti di opposizione, tra le tante dichiarazioni fatte in questi giorni, ha anche detto che il famoso Piano Colao è stato copiato e incollato — in alcune parti — dalle proposte fatte dal centrodestra al governo nel corso delle scorse settimane.
Poi è arrivata la mozione contraria sulla location scelta per gli Stati Generali: la storica Villa Pamphilj è una passerella che poco ha a che vedere con le sedi istituzionali per un confronto.
Legittimo, per carità . Ma a portare avanti questa protesta — culminata con il diniego delle opposizioni alla partecipazione — è chi ha organizzato conferenze stampa per annunciare la crisi (e la fine) del governo Conte-1 dalle spiagge di un noto stabilimento balneare di Milano Marittima (il famoso Papeete Beach).
Non certo un luogo istituzionale.
(da Giornalettismo)
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