Giugno 5th, 2020 Riccardo Fucile
E SCARICA I 1.800 OPERAI CHE AVEVA PROMESSO DI RIASSUMERE… I SINDACATI: “IL COVID E’ SOLO UN ALIBI”
Ben 3200 esuberi e il mancato assorbimento dei 1800 dipendenti rimasti temporaneamente in forza a Ilva in Amministrazione straordinaria.
Sono i numeri contenuti nel piano industriale per l’ex Ilva inviato poche ore fa da ArcelorMittal Italia al Governo.
Un piano di 500 pagine che porterebbe l’organico diretto dell’azienda dagli attuali 10.700 lavoratori a 7.500. Nessuna speranza di tornare in fabbrica quindi per tutti gli operai che secondo l’accordo del 2018 tra Governo e fabbrica per l’avvio della gestione indiana delle fabbriche italiane, erano destinati alle bonifiche per essere successivamente riassorbiti nell’organico di Arcelor.
Un piano quindi che seppur ridimensionato e rimodulato, non si discosta troppo dai 5mila esuberi immediati annunciati il 4 marzo scorso, quando la proposta fu definita “inaccettabile” dai ministri dell’esecutivo e dai sindacati metalmeccanici.
Nel piano inviato, inoltre, ci sarebbe l’ipotesi di arrivare a produrre, una volta a regime, 6 milioni di tonnellate e non più 8 milioni utilizzando solo tre altiforni: Afo1, Afo2 e Afo4.
Palombella (Uilm): “Governo ci convochi subito” — “In queste ore — ha commentato Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm — si stanno vivendo momenti di alta tensione in tutti gli stabilimenti. ArcelorMittal ha dichiarato di aver presentato un piano industriale che, secondo fonti giornalistiche, sarebbe di 500 pagine e prevederebbe 4mila esuberi, ritardi negli investimenti ambientali, nell’ammodernamento e manutenzione degli impianti. Se venisse confermato sarebbe numeri inaccettabili e drammatici. Da parte del Governo non vi sono ancora dichiarazioni ma solo silenzio”. Per il sindacalista cresciuto come operaio nello stabilimento ionico, il Governo deve far conoscere immediatamente “il contenuto di questo piano perchè sarebbe inaccettabile che migliaia di lavoratori e intere comunità rimanessero appesi a notizie di stampa non confermate ufficialmente o nuovamente a piani industriali secretati. Patuanelli — ha concluso Palombella — convochi subito un incontro al Mise”.
Bentivogli (Fim-Cisl): “Coronavirus ottimo alibi per licenziare e smantellare”
Sulla stessa linea il segretario della Fim-Cisl Marco Bentivogli: “Come sempre siamo gli ultimi a conoscere i contenuti dei piani industriali ma i primi a pagarne il conto — ha detto — Da alcune indiscrezioni, si apprende che il piano presentato non sarebbe lontano dall’accordo raggiunto a marzo scorso al Tribunale di Milano, quando si chiuse il contenzioso tra Ilva in amministrazione straordinaria e ArcelorMittal. Accordo mai concordato con il Sindacato a marzo e che prevede di risalire nel 2025, alla produzione di 8 milioni di tonnellate da farsi anche attraverso forno elettrico, e non solo altoforno. Non sono accettabili gli esuberi dichiarati intorno alle 3300 unità e una produzione che si assesterebbe intorno ai 6 milioni di tonnellate annue”. Secondo Bentivogli, “ArcelorMittal avrebbe fatto presente che lo scenario, rispetto all’accordo di marzo, è profondamente cambiato a causa del lockdown. Ottimo alibi per ritardare ancora la ripartenza dell’Afo5 e continuare a smantellare lo stabilimento e a non proseguire le opere ambientali. Nel frattempo — ha aggiunto — nell’indotto non si pagano stipendi da mesi e in molti casi non arrivano le risorse degli ammortizzatori sociali. L’accordo del 6 settembre 2018 prevedeva zero esuberi e 8mln di tonnellate nel 2023. Ora esuberi, Cassa Integrazione e ritardi negli investimenti — ha sottolineato — e i 10.700 al lavoro nel 2025 sono solo teorici e senza nessuna consistenza. Complimenti — ha concluso il sindacalista — a chi ha tolto lo scudo penale dalla scorsa estate e ha dato un ottimo alibi all’azienda per disimpegnarsi“.
Re David (Fiom-Cgil): “Negli stabilimenti situazione esplosiva”
Dello stesso tono le parole di Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil: “Si apprende che il piano presentato oggi al Governo da ArcelorMittal è sostanzialmente lo stesso di cui si parla da quasi un anno con il cambio della direzione; con le aggravanti dell’ulteriore rinvio degli investimenti per il revamping dell’Afo 5 e del blocco del piano ambientale. Quindi la crisi determinata dalla pandemia del Covid-19 non c’entra assolutamente nulla — ha detto la sindacalista — Negli stabilimenti la situazione sta diventando esplosiva per una gestione inadeguata messa in atto dall’azienda. È inaccettabile qualunque soluzione che smentisca l’accordo che abbiamo fatto che prevedeva zero esuberi. Riteniamo — ha concluso — che questo piano sarà giudicato irricevibile anche dal Governo tanto più che adesso lo Stato entrerebbe nella proprietà . È urgentissimo che il Governo convochi i sindacati non a giochi fatti, ma nel pieno della discussione”.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2020 Riccardo Fucile
ACQUISITI DOCUMENTI ALL’UNITA’ DI CRISI DELLA REGIONE
Dopo aver puntato la lente sulle morti nelle rsa e aver dato vita a decine di inchieste (alcune per omicidio colposo), la procura di Torino accende un faro sui metodi — gare d’appalto e affidamenti — con cui la Regione Piemonte si è procurata dispositivi di protezione, tamponi e materiali sanitari necessari durante la pandemia.
La Guardia di finanza ha bussato alle porte dell’Unità di crisi della Regione — la grande cabina di regia costruita per affrontare l’emergenza Covid-19 — per acquisire documenti utili all’indagine. L’attività degli investigatori è coordinata dal procuratore vicario Enrica Gabetta e nasce da una serie di esposti inviati in procura da sindacati di consumatori, medici, infermieri, sanitari e cittadini.
Al centro dell’attività di indagine, ci sono le gare pubbliche, gli affidamenti diretti e tutte le modalità (anche eccezionali, data la situazione d’emergenza) che sono state adottate dalla Regione per comprare materiali.
In particolare, in molte denunce analizzate dai finanzieri si fa riferimento a presunte irregolarità relative al reperimento di mascherine, guanti, tute e dispositivi anti-Covid. Prezzi alterati, maggiorati, modificati in corso d’opera, forniture mai consegnate, a danno dei medici e degli infermieri che per settimane hanno lavorato con strumenti non idonei, sono alcuni dei temi segnalati agli inquirenti dai firmatari degli esposti. Inoltre, ci sarebbe la questione del materiale “non conforme”.
Ci sarebbero intere partite di mascherine non a norma ritirate dagli ospedali perchè “fuori norma”. Chi le ordinò? Dove? E con quali soldi?
Le protezioni, all’inizio, erano scarse ovunque, non solo nelle rsa. Molti medici in ospedale erano costretti a usare la stessa fpp2 per tre giorni consecutivi. Altri erano costretti a indossare camici monouso da chiudere con il nastro adesivo. Anche in questi casi, la procura punta a verificare come mai materiale così scadente venne pagato e spedito ai sanitari che combattevano in prima linea contro un virus difficile da debellare.
C’è una società che avrebbe vinto una delle gara per i lotti di “visiera facciale” e “mascherine” che dopo l’aggiudicazione avrebbe alzato autonomamente il prezzo. Una seconda ditta avrebbe fatto lo stesso per i camici “sterili standard”.
Dalla Cina si sarebbe passati per la fornitura delle tute da una società all’altra in maniera poco chiara. È vero, e ne sono consapevoli anche gli inquirenti, che in una fase d’emergenza simile, non ci sarebbe stato tempo per analizzare a fondo molte situazioni. E alcune volte non sarebbe stato possibile neppure indirle, le gare. In ogni caso, la procura intende verificare: quali siano state le aziende prescelte, quali furono le ditte italiane che vendettero merce acquistata all’estero.
Poi, c’è la questione del caro prezzi: come mai aumentavano sempre, giorno dopo giorno? Per fare luce su questioni così complesse, la Finanza completerà l’acquisizione di documenti spulciando le carte anche di Scr, la Società di committenza regionale (Scr). Al momento tutti i filoni d’indagine sono prettamente conoscitivi.
C’è, inoltre, una seconda indagine, sempre condotta dalla Finanza e guidata dalla procura, sugli appalti nelle Asl, che vede al momento 19 indagati.
È iniziata prima della pandemia, ma prosegue in questo periodo. L’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi, dichiara: “Abbiamo previsto nella direzione Sanità uno specifico settore anticorruzione e vigilanza che, a breve, sarà attivato proprio a contrasto di questi fenomeni. Nel merito di oggi, è del tutto prematuro esprimere valutazioni, se non ringraziare chi conduce le indagini che hanno come obiettivo far emergere eventuali episodi criminosi: esprimo la mia più ferma condanna rispetto a reati, come la turbativa d’asta e la corruzione, particolarmente gravi”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 5th, 2020 Riccardo Fucile
L’INTERCETTAZIONE: “MA TU DEVI CHIEDERE TUTTO CIO’ CHE E’ MATERIALE COVID”… “CI COMPRIAMO LA BORSA DI PRADA”
Nella piccola ma grande storia di sciacallaggio che arriva da Saronno (Varese) — con una dirigente ospedaliera incaricata delle forniture che si affannava a procurarle, a spese dell’ospedale, a un imprenditore che poi le rivendeva ad altre strutture — c’è posto anche per la figura di due medici, Carlo Maria Castelletti e Paolo Lusuriello, che avevano intuito che c’era qualcosa di anomalo e probabilmente sbagliato nel comportamento della dottoressa Sara Veneziano.
È il 13 novembre 2019 quando la donna, 59 anni e una laurea in farmacia, ritira una fornitura di lame per laringoscopia — che da lì a qualche mese a causa delle pandemia sarebbero diventate preziose per i rianimatori impegnati a intubare i pazienti Covid più gravi — ma invece di consegnarla al reparto destinatario la fa trasportare nel suo ufficio dove la conserva.
Quindi, avendo ricevuto poco dopo una richiesta dal reparto di quel materiale, fa un nuovo ordine nonostante il prodotto sia disponibile.
Il dottor Lusuriello, insospettito, verifica che la scatola con le lame non c’è più nell’ufficio della collega e visionando i filmati delle telecamere di videosorveglianza, scopre che lei è uscita dal suo ufficio portandosela via. Da qui una denuncia e le indagini dei Carabinieri e della Guardia di finanza che hanno portato all’arresto della dirigente e Andrea Arnaboldi, 49 anni, amministratore della Aritec.
Gli investigatori, coordinati della procura dalla procura di Busto Arsizio, hanno avviato le indagini su quelle ruberie che il codice penale chiama peculato scoprendo che non si sono fermate neanche quando l’epidemia di Sars Cov 2 ha cominciato a uccidere, soprattutto in Lombardia, migliaia di persone.
Ed è per questo anche che il giudice per le indagini preliminari, Luisa Bovitutti, nel firmare l’arresto della dottoressa — che avrebbe dato anche al marito venditore nel settore materiale dell’ospedale come risulta da due telefonate del 14 e del 20 aprile — e dell’imprenditore spiega che non ci può essere altra misura per loro definendoli “spregiudicati” e “avidi e dotati di sconcertante cinismo“, pronti anche a mettere in difficoltà un concorrente di lui.
Valutazione quella del magistrato che arriva con la citazione di una conversazione esemplare che ruota intorno alla fornitura delle batterie necessarie al funzionamento dei laringoscopi.
La dottoressa sa che l’ospedale si sarebbe rivolto ad Arnaboldi per acquistarle perchè l’altro fornitore non riusciva a consegnare, gli dà quindi le cinque pile che ha di scorta, consigliandogli di venderle a un prezzo esorbitante, vista la drammaticità della situazione, così che lei avrebbe potuto per mettersi una borsa firmata o una cena al ristorante. “… dovessero chiederle a te per … per urgenza … se magari ti chiamano se hai qualche pila. Tu gli dici di sì ma glieli fai pagare 200 euro l’una”, lui sembra perplesso anche se ride “… madonna no, no”, ma la donna insiste: “… si, si, guarda … devi fartele dare a duece … si fai guardi … ce l’ho ma i … il costo è di 250 euro l’una … no. no … devi … giurami quello che fai” e lui: “No, io non farei mai una cosa del genere lo sai”, ma la Veneziano non ne vuole sapere: “Tu lo devi fare … tu lo devi fare per me! Anzi 300 euro e se mi dici ancora di no … conti … si. si. una bella mangiata un bel regalo, ci compriamo la borsa di Prada no guarda …cioè .. giura che se eh .. dici si io ce l’ho però il mio valore è … no, no, si inculano tutti, anche li cosa credi … con l’amuchina quanto te la fan pagare? No, no, no, lo vuoi?”.
La conversazione continua con un rialzo del prezzo, lui sembra temere una denuncia e cita il caso del prezzo delle mascherine, altro bene preziosissimo nelle settimane in ci erano introvabili: “No, no, no, mi spiace ma tu metti … non metti mica … il prezzo che era! No, almeno 150 euro glieli devi cacciare”.
Tanto era stata insistente lei con il caso delle batterie quanto lui per una fornitura urgente di lame richieste da altre strutture: siamo nella terza settimana di marzo, forse il periodo più difficile in assoluto per i medici impegnati in prima linea.
Ebbene l’imprenditore insiste in ogni modo e quando lei obietta che le lame servono “intubare” i pazienti affetti da Covid con crisi respiratorie, lui replica che tanto le lame servono “solo” per la prima intubazione. “Sì. Sì ce le ho ce le ho, le sto ordinando, perchè ad esempio la rianima…l’unità coronarica me ne chieste 5 delle X3, così alla fine quando arriveranno…cercherò di tenere una piccola giacenza anche per me…vedrai tanto è untouchable”. Un continuo aggiornarsi sugli arrivi delle commesse, quindi, sulle sollecitazioni ai fornitori, sui prodotti più ricercati del momento: “E specula, e compra… Infatti. Ma tu devi chiedere tutto ciò che è materiale Covid“.
Per assecondare la richiesta la dottoressa chiama una donna chiedendole “un favorino“per mettere in ordine il più velocemente possibile le lame. Le dice che può scrivere che sono per la rianimazione: “… è per i blocchi … me li scarichi … alla rianimazione … ai COVID …” aggiungendo poi che quelle lame poi devono essere consegnate a lei: “Poi metti, bloccare a me” parlando di un biglietto. La dirigente disposta a dire sempre sì alle richieste dell’imprenditore sapeva però negare le forniture ai reparti che avevano bisogno, “Mi dispiace per i pazienti, però…ho detto: mi spiace non ne ho”, racconta al telefono.
Sullo sfondo di questa storia, quindi, ci sono anche altri personaggi ruotavano intorno alla dottoressa che voleva farsi una “bella mangiata” con i soldi rubati all’ospedale.
Nelle immagini registrate dalle telecamere si vedono magazzinieri entrare e deporre o portare fuori la scatole, anonime, con le lame, e conversazioni come quella con l’addetta che deve mandarle l’ordine che risultano ambigue.
Poi come lo stesso giudice rileva i due restando liberi potrebbero “cercare supporto difensivo presso l’entourage dell’ospedale, che fino ad ora ha fiancheggiato la Veneziano nella sua illecita attività ed il cui ruolo nella vicenda deve essere chiarito”.
Infine Arnaboldi, probabilmente, intuisce che sta rischiando: le indagini di Fiamme gialle e Arma hanno permesso di capire che l’imprenditore stava “alterando il magazzino, cercava di costruirsi “una giustificazione per la disponibilità delle lame che la società non risulta avere acquistato, e stava concordando con la donna la linea da seguire. Che per ora li ha portati dritti in carcere, una misura che al giudice appare l’unica adeguata “al caso di specie e proporzionata alla gravità dei fatti loro ascritti, che hanno determinato danno economico alla struttura ospedaliera sottraendo risorse alla cura dei pazienti” durante la pandemia più grave dai tempi della Spagnola.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 5th, 2020 Riccardo Fucile
SUI FONDI UE E SULLA LEGGE ELETTORALE LE POSSIBILI SINTONIE TRA ZINGARETTI E BERLUSCONI
Eppur si muove, dopo mesi di lockdown politico senza iniziative.
“Non so se ve ne siete accorti — dice Nicola Zingaretti ai suoi – ma è chiaro che non esiste più il centrodestra, guardate le posizioni sul Mes”. Guai a parlare di nuovo Nazareno. Ma la novità è proprio il vecchio Silvio, in versione dialogante, anzi testardamente dialogante, anche dopo la conferenza stampa in cui il premier non lo ha neanche nominato: “Deludente questo Conte — ha detto ai suoi — ma la nostra linea non cambia”.
Ecco l’oggetto vero del dialogo.
Al netto anche degli acciacchi nei consensi e della effettiva rappresentanza di Forza Italia nella società Italia, la parola magica per comprendere il tutto, alla luce dei numeri in Parlamento, ha un sapore antico: “Proporzionale”.
Anzi, come si diceva una volta: “la proporzionale”, legge che consente, quando si voterà di rompere la gabbia di coalizioni coatte, andare ognuno per conto suo. E poi il Governo si fa in Parlamento.
Bastava assistere a un siparietto andato in scena in Transatlantico qualche giorno fa. In un angolo, parlavano fitto fitto Franceschini, Delrio e Fiano, relatore della legge in commissione. Oggetto: accelerare, approvando il testo in commissione entro l’estate. È passato il vulcanico Renato Brunetta che, interpellato, così ha risposto: “A me il maggioritario fa venire l’orticaria, proporzionale tutta la vita”.
A parlar di questi temi, di questi tempi, si rischia di passare per matti. Per questo l’operazione deve procedere senza troppa pubblicità .
Però il cronista, a rischio di apparire matto, ha il dovere di spiegare il senso politico della cosa, sia pur rapidamente.
Il voto di Forza Italia consente di superare la contrarietà di Renzi, che ha ricambiato idea, una volta resosi conto che il 5 per cento non lo supererà mai.
E agli azzurri conviene assai questa legge perchè consente, quando sarà , di giocare su due tavoli (o su due forni, se preferite): quello di un Governo di centrodestra, facendo pesare i voti in Parlamento, o le larghe intese.
Al fondo di questa accelerazione c’è un problema, che ai piani alti del Nazareno è squadernato: “Così il Governo non va, troppe incertezze, occorre cambiare passo. Per cambiare passo abbiamo bisogno di una legge elettorale, per toglierci il cappio dal collo”. Il “cappio” è questa situazione di sostegno acritico del Governo, in un situazione in cui, se si va al voto con la legge vigente, la destra prende, queste le simulazioni, il 94 per cento dei collegi.
Raccontano che, nel corso di una riunione prima delle riaperture, Vincenzo De Luca è sbottato: “Ma come è possibile che stiamo al Governo e non riusciamo a decidere neanche sulle riaperture. A questo punto andiamocene all’opposizione”. Pare che abbia ricevuto una specie di “ola” calcistica.
Riaperture, confusione delle task force, assenza di idee sulla ricostruzione, anche l’operato di Gualtieri, al Nazareno, suscita qualche critica perchè “accentra troppo”: questo non significa che il Pd vuole andare al voto, ma che sente l’urgenza di recuperare “agibilità ” politica nel governo.
C’è tutto questo dietro il cambio di passo di Zingaretti negli ultimi giorni, proprio nel momento in cui si è innescato il dialogo con Berlusconi sulla legge elettorale. O nelle parole del vicesegretario Andrea Orlando sul reddito di cittadinanza che “non funziona”. Cambio di passo di cui fa parte il pressing sul Mes, rivelatore di una certa insofferenza verso l’attendismo di Conte.
In una lettera al Sole24ore il segretario del Pd l’ha definito “fondamentale” e ha concluso: “Si parla tanto di piani di rinascita. Eccone uno concreto, rapido e utile”.
Parole dietro le quali non è malizioso leggere che il “piano di rinascita” proposto dal premier appare poco concreto, lento e, dunque, alla lunga inutile. Le ragioni di tanto attendismo, ora che non ci sono più condizionalità sul Mes, sono squisitamente politiche e hanno a che fare con la battaglia aperta dentro i Cinque stelle, portata alla luce del sole da Alessandro Di Battista.
Alla fine è chiaro che Conte dirà sì, dopo che saranno definiti i contorni del Recovery fund, perchè è inspiegabile agli italiani rinunciare a 37 miliardi sulla sanità , non essendoci condizioni: “Sulla base di un rapporto solido con i Cinque Stelle — ragiona a voce alta Zingaretti – stiamo isolando i matti, da un lato e dall’altro, quelli che parlando di un feticcio ideologico che non c’è più”. Certo, se ci fosse pure la proporzionale…
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 5th, 2020 Riccardo Fucile
“NON CAPISCO COSA CAMBIA SE SONO EGIZIANO, HO ESPERIENZA”… “QUANDO VIVEVO A DUBLINO, C’ERANO 200.000 ITALIANI CHE CERCAVANO LAVORO E NON AVEVANO DIFFICOLTA’ A OTTENERLO”
“Buongiorno, so che state cercando un cuoco, vorrei candidarmi per il posto”. “Mi dispiace, cerchiamo solo cuochi italiani”. Una frase lapidaria, al quale Samy Abdelsalam ha risposto con educazione, ringraziando e augurando all’uomo buona giornata.
Laureato in giurisprudenza, Samy ha seguito un corso di cucina a Dublino, è diventato chef e ha lavorato in diversi ristoranti in tutta Europa.
Quando è arrivato a Roma, è stato chef in diverse trattorie: l’esperienza non gli manca, la volontà e la bravura nemmeno. Eppure Samy non è stato giudicato sulla base del suo curriculum, che il ristoratore, proprietario di un locale a Roma, non ha nemmeno voluto vedere: è stato scartato a priori solo perchè egiziano.
“Lavoravo in un ristorante e ho perso il lavoro durante l’emergenza coronavirus — racconta lo chef a Fanpage.it — Il mio contratto scadeva il 15 aprile e non me l’hanno rinnovato. Ho una famiglia e necessità di lavorare, quindi sono disposto a farmi anche quattro ore di viaggio, non mi importa. Ma non è la prima volta che vengo respinto perchè non sono italiano”.
Un altro ristoratore ha addirittura bloccato il suo numero di telefono quando ha saputo che era egiziano: prima di chiedergli della sua esperienza come chef e dei suoi studi, si è sincerato della sua nazionalità . “Aspetta, prima di iniziare qualsiasi cosa devo farti una domanda: sei italiano?”. No, Samy non è italiano: e anche questa volta il lavoro è sempre più lontano.
“Non capisco cosa cambia se sono egiziano — si chiede Samy — Quando vivevo a Dublino c’erano almeno 200mila italiani che cercavano lavoro e non era un problema ottenerlo. Perchè qui dovrebbe essere diverso?”. Con la sua denuncia, spera che qualcosa cambi.
(da Fanpage)
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Giugno 5th, 2020 Riccardo Fucile
“LO FACCIO PER RISTABILIRE UN CLIMA SERENO”… LE OPPOSIZIONI PER PROTESTA NON PARTECIPAVANO AI LAVORI
Il consigliere regionale di Italia Viva Patrizia Baffi lascia la presidenza della commissione di inchiesta Covid in Lombardia. Le dimissioni sono state rassegnate questo pomeriggio con una lettera al presidente del Consiglio regionale Alessandro Fermi.
Nel testo la Baffi spiega la sua posizione: “Poichè credo fermamente nell’importanza della Commissione d’Inchiesta, che avrà il compito di fare chiarezza sull’emergenza sanitaria che ha tanto segnato la nostra regione e le nostre vite e che dovrà anche portare all’avvio di un percorso di revisione della riforma sanitaria regionale, per sanare le carenze del sistema e superare le debolezze che sono emerse in questi mesi, con la presente rassegno le mie dimissioni dalla carica di Presidente a far data da oggi, nella speranza che ciò possa contribuire a ristabilire un clima favorevole allo svolgimento dell’importante lavoro che ci aspetta”.
Dopo le dimissioni dalla Commissione rassegnate venerdì scorso dai componenti del Partito Democratico, nel primo pomeriggio di oggi erano state formalizzate anche le dimissioni dei componenti del Movimento 5 Stelle.
“Per il buon esito dei lavori della Commissione d’inchiesta -conclude Baffi – ritengo fondamentale la partecipazione e il contributo diretto di tutti i rappresentanti delle minoranze, senza i quali non ha nemmeno senso avviare e far partire la Commissione”.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2020 Riccardo Fucile
COMMENTI DI ODIO: “VENGONO A IMPESTARCI”
“Restatevene in Lombardia”, “Tornino a casa tutti quei bauscia”, “La calata dei barbari”, “Si stava tanto bene”, “Merdanesi mangianebbia”, “Ma non possono andare in piscina?”.
Sono solo alcuni (e neanche i peggiori) degli insulti rivolti ai lombardi e ai milanesi da parte di decine di followers di Il Mugugno Genovese, pagina satirica di riferimento della comunità genovese, che conta oltre 89mila seguaci su Instagram.
I commenti d’odio sono comparsi sotto una foto postata il 3 giugno che mostra una coda di macchine in autostrada e la didascalia “Stamattina”, lasciando intendere che, nel primo giorno delle riaperture ai transiti regionali, una folla di lombardi si sia diretta in Liguria.
Al di là dell’autenticità o meno dello scatto e dell’effettiva causa del traffico (da ricollegare forse all’incidente registrato in quelle ore in A7 che ha provocato 9 chilometri di coda per chi era diretto a Genova da Milano) a colpire del post sono soprattutto i commenti — tutt’altro che ironici — di chi se la prende con milanesi e lombardi “colpevoli” di dirigersi in Liguria per il primo weekend di libera circolazione sul territorio nazionale. “Milanesi tutti appesi”, si legge ad esempio in un commento. “Che non vengano a impestarci”, scrive un altro follower.
Tra i liguri che commentano c’è chi esulta per il maltempo che non farà felici i lombardi e chi li attacca perchè criticano il mare della Regione. “Però la gente che viene a sputare nel piatto in cui mangia non ha proprio giustificazioni”, si legge in uno dei commenti. “Maledetti”, “Come vi odio”, sono altre forme di “benvenuto” rivolte ai vicini di Regione maggiormente colpiti dall’emergenza Coronavirus. “Non ci erano mancati”, e “Sì va*******o, aumentiamo un po’ i casi su”, si legge ancora.
Non sarà contento, se questa è l’accoglienza riservata ai vicini lombardi, il governatore della Liguria Giovanni Toti, che è stato uno dei maggiori sostenitori delle riaperture
Non saranno contenti di questa accoglienza neanche ristoratori e operatori del turismo liguri, che contano anche sulle presenze dei visitatori di altre regioni (oltre che dall’estero) per rimettere in piedi un settore che ha avuto fortissime conseguenze a causa dell’emergenza.
“Organizzerei uno sterminio, chi si vuole unire?”, è uno dei commenti d’odio peggiori postati dagli utenti sotto l’immagine.
In effetti, se questa è l’accoglienza che i turisti possono aspettarsi in Liguria c’è da chiedersi come potrà il settore tornare a garantire in tempi brevi il 20 per cento del Pil regionale come accadeva in tempi pre-Covid.
(da TPI)
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Giugno 5th, 2020 Riccardo Fucile
L’INFERMIERA 30ENNE DEL MILANESE HA SCRITTO UNA LUNGA LETTERA APERTA PER RACCONTARE LE SUE SETTIMANE ALLE PRESE CON IL COVID CHE LE HA LASCIATO PESANTI CONSEGUENZE FISICHE
Il virus non esiste, il virus è un complotto dei cinesi, dei tedeschi e di chiunque. Quante volte lo abbiamo sentito dire?
Dopo 79 giorni di “calvario”, come lo definisce lei stessa, Giulia Oriani, infermiera 30enne del Milanese, decide di scrivere su Facebook una lunga lettera aperta per raccontare le sue settimane alle prese con il coronavirus che, pur se in forma leggera, le ha lasciato conseguenze fisiche.
L’esperienza in corsia dell’ultimo periodo, soprattutto, le ha provocato un disturbo post traumatico da stress. Ma la sua finalità è proprio di confutare le tesi dei “maledetti complottisti, che sostenete che il virus non esista”,
La lettera-sfogo
Mi chiamo Giulia, ho 30 anni e sono un’infermiera. Nel mese di marzo mi sono ammalata di Covid-19. Inizialmente, nella sfortuna, ho pensato di essere stata fortunata, di averla “sfangata” con pochi sintomi, senza che fosse necessario il ricovero in ospedale.. un po’ di febbre, qualche dolore muscolare, difficoltà respiratorie lievi e risolte in pochi giorni, un solo accesso in ospedale per broncospasmo. Niente di che, insomma.
I problemi sono iniziati circa dieci giorni dopo la mia negativizzazione al tampone. Uno strano dolore alla gamba, un esame al volo e la diagnosi di Trombosi Venosa Profonda. Il che significa che in una vena della mia gamba (dopo qualche giorno, in due vene diverse) si era formato un coagulo così grosso da non far passare più il sangue. Ho 30 anni, e il mio sangue coagula come quello di un vecchietto allettato. Da lì, il mio calvario.
Sono stata vista da: chirurgo vascolare, chirurgo generale, ematologo, psichiatra, medico d’urgenza e cardiologo.
Ho eseguito 5 eco-doppler alla gamba, un’ecografia della parete muscolare dell’addome, una lastra del torace, una TAC torace e arto inferiore con mezzo di contrasto, un ECG-holter delle 24h, un ecocardio e un’infinità di esami del sangue. Mi sono sentita diagnosticare una doppia trombosi venosa profonda con riduzione del flusso persistente dopo due mesi di terapia e parziale dilatazione della vena, una tachicardia sinusale con battiti ectopici ventricolari e sopraventricolari, un disturbo post-traumatico da stress con insonnia, una vasculite post covid-19. Ho avuto spesso, troppo spesso, paura. Tanta. Paura di non poter mai più tornare a svolgere il mio lavoro come prima, paura di morire. Mi hanno imbottita di psicofarmaci prima di capire che non era l’ansia la causa della tachicardia, ma mi hanno detto di continuare a prenderli, per dormire. Peccato che io non dorma da settimane. Ogni notte mi sveglio a causa degli incubi che faccio. Dormirò sì e no 4 ore. Convivo con un fantasma, quello della malattia.
Sono arrivata ad odiare la mia casa, diventata una prigione da ormai 79 giorni.
Questo post l’ho scritto in realtà per fare una dedica speciale.
Lo dedico a voi maledetti complottisti, che sostenete che il virus non esista, che sia stato creato per far guadagnare soldi a Bill Gates, che vi stiano mentendo e la situazione non sia così grave come sembra, che non volete mettervi la mascherina perchè vi farà morire di ipercapnia (che manco sapete cosa sia), che vi ammassate nelle piazze perchè non avete paura di un virus che uccide solo i vecchi, che sostenete che il virus sia un problema solo per chi ha malattie gravi e invalidanti…. e tante altre puttanate.
A voi che pensate che tanto non vi capiterà mai niente, dedico la foto della terapia che ho dovuto prendere negli ultimi due mesi e che continuerò a prendere non so per quanto tempo. E ho SOLO trent’anni.
A voi dedico ogni singola iniezione che mi sono dovuta fare, ogni ematoma distribuito sul mio corpo, ogni pastiglia che devo mandare giù tutti i giorni, ogni minuto di veglia al buio, ogni sfarfallio che avverto nel petto.
Con affetto, Giulia
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2020 Riccardo Fucile
“NON SI SPECULA SULLA MORTE DI UN POLIZIOTTO”… “NAPOLI NON TI VUOLE”
E’ durata meno di un minuto la tappa del leader della Lega Matteo Salvini a Calata Capodichino, strada di Napoli dove lo scorso 27 aprile l’agente della Polizia di Stato Pasquale Apicella è morto in un incidente stradale mentre inseguiva una banda di rapinatori.
Salvini è sceso dall’auto e ha deposto un fascio di fiori sullo spartitraffico, dove erano già presenti altri fiori e lumini, mentre dai balconi alcuni residenti hanno urlato insulti nei suoi confronti. C’è anche chi ha urlato: “Non si specula sulla morte di un poliziotto”.
Tornando verso l’auto Salvini si è abbassato la mascherina e ha mandato un bacio ironico verso una persona affacc
“Dopo tre mesi sei venuto — ha detto un’altra donna in strada — Hai coraggio a farti vedere”.
Già nelle ore precedenti, la moglie del poliziotto aveva chiesto di non strumentalizzare la morte del marito. Salvini, complici la pioggia e, probabilmente, un clima poco amichevole, ha deciso di rientrare velocemente in automobile, evitando anche i microfoni dei giornalisti. “
(da agenzie)
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