Giugno 25th, 2020 Riccardo Fucile
SCONFITTA LA DEMAGOGIA POPULISTA: SECONDO QUESTA LOGICA ABERRANTE ANCHE I PENSIONATI ITALIANI DOVREBBERO RESTITUIRE LA PARTE NON CONTRIBUTIVA DI ANNI DI LAVORO… PECCATO CHE MOLTA GENTE NON CAPISCA UNA MAZZA: I VITALIZI LI HA ABOLITI IL GOVERNO MONTI, QUI SI COLPIVA IN MANIERA RETROATTIVA
“La Commissione Contenziosa del Senato ha appena annullato la delibera dell’Ufficio di presidenza che aveva deciso il taglio dei vitalizi agli ex parlamentari”.
Lo riferisce Maurizio Paniz, ex deputato e avvocato che ha difeso nel ricorso la maggior parte degli ex senatori che hanno presentato ricorso. “E’ stato ripristinato lo Stato di diritto”, ha commentato Paniz. La Lega, secondo quanto si apprende, ha votato contro questa decisione (non ci meraviglia, quando si parla di Stato di diritto la Lega sta sempre dall’altra parte)
“La delibera – spiega all’ANSA Paniz – è stata annullata perchè ritenuta ingiustificata a fronte della giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale e del diritto dell’Unione europea, in base alla quale di fronte a una situazione consolidata gli interventi di riduzione degli importi devono rispondere a cinque requisiti, nessuno dei quali era stato rispettato dalla delibera.
In primo luogo non deve essere retroattivo, mentre questo taglio lo era; in secondo luogo non deve avere effetti perenni, come invece li aveva la delibera; in terzo luogo non deve riguardare una sola categoria ma deve essere ‘erga omnes”, mentre qui si colpivano solo gli ex parlamentari; in quarto luogo deve essere ragionevole, mentre questo taglio raggiungeva l′8% degli importi; infine deve indicare dove vanno a finire i risparmi che non possono finire nel grande calderone del risparmio, e anche su questo punto la delibera era carente”.
Paniz non nasconde la propria soddisfazione: “una soddisfazione professionale – sottolinea – ma anche sul piano dei rapporti personali che ho intrattenuto con centinaia di ex senatori che ho assistito. E’ un risultato che mi ripaga dell’impegno e degli insulti e minacce ricevuti. Io non ho difeso un privilegio ma un diritto, e in uno Stato di diritto questa è una vittoria di tutti”.
(da agenzie)
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Giugno 25th, 2020 Riccardo Fucile
IN PUGLIA INCOGNITA POLI BORTONE CHE POTREBBE DANNEGGIARE FITTO… DE LUCA IN CAMPANIA NON AVREBBE PROBLEMI COME ACQUAROLI NELLE MARCHE… IN LIGURIA MOLTO DIPENDERA’ DAL NOME CHE SCEGLIERA’ L’EVENTUALE ALLEANZA PD-M5S
L’Istituto Noto per Porta a Porta ha previsto l’esito delle elezioni regionali in Liguria, Puglia, Campania e Marche.
Per il momento afferiscono a queste regioni i sondaggi regionali 2020, nonostante si debba scegliere il governatore anche in Toscana, in Valle D’Aosta e in Veneto.
Al momento, sulla base dei nominativi dei candidati che in questo momento sono in corsa per la carica di governatore, l’Istituto Noto ha disegnato le sue griglie di partenza per queste elezioni regionali.
Sondaggi regionali 2020, le previsioni per la Puglia
I sondaggi regionali 2020 in Puglia mettono subito in chiaro una cosa: senza un accordo tra Pd e Movimento 5 Stelle, la vittoria di Raffaele Fitto sarebbe il risultato più probabile.
Al momento, l’esponente indicato da Fratelli d’Italia e sostenuto da tutto il centrodestra raccoglierebbe il 45% dei voti, mentre l’uscente Michele Emiliano si fermerebbe al 38%.
La lista del Movimento 5 Stelle, tuttavia, potrebbe fare la differenza: al momento, infatti, Antonella Laricchia potrebbe racimolare l’11% dei consensi, mentre Ivan Scalfarotto di Italia Viva non si discosterebbe poi troppo dalla percentuale che il suo partito raggiungerebbe su tutto il territorio nazionale (un 4%).
Va da sè che un eventuale accordo tra Pd e M5S metterebbe in difficoltà il centrodestra, mentre — al momento — la candidatura di Ivan Scalfarotto non sembrerebbe decisiva per colmare il gap tra Emiliano e Fitto.
C’e’ un’altra incognita: Adriana Poli Bortone (nemica acerrima di Fitto) presenterà una lista propria guidata da “una nota imprenditrice” (la notizia è ormai certa). Questo potrebbe ridurre il margine attuale di 7 punti che divide Fitto da Emiliano.
Sondaggi regionali 2020, la griglia di partenza in Liguria, Campania e Marche
In Liguria, c’è meno distanza del previsto tra un possibile bis di Giovanni Toti (49%) rispetto a un eventuale ticket Pd-M5S accreditato del 42%. Anche qui il margine non è troppo rasicurante, molto dipenderà dal nome che l’eventuale alleanza M5s-Pd sceglierà per costiture un’alternativa a Toti.
Scontato anche l’esito delle regionali in Campania, dove Vincenzo De Luca otterrebbe una agevole riconferma (45%), anche senza contare sull’appoggio del Movimento 5 Stelle. Il candidato del centrodestra Stefano Caldoro, invece, si fermerebbe a un 39%.
I sondaggi regionali 2020 nelle Marche, invece, prevedono una facile vittoria del candidato di centrodestra Francesco Acquaroli al 48%, mentre il candidato del centrosinistra Maurizio Mangialari si fermerebbe al 40%. Anche qui potrebbe pesare molto il voto al candidato del M5S, Mercorelli, ago della bilancia con il 9%.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 25th, 2020 Riccardo Fucile
“NON ESSENDOCI PIU’ STRUTTURE SOCIALI IL RISCHIO E’ CHE VINCA LA LOGICA DEL PIU’ FORTE”
“Siamo nella civiltà del tutto e subito, ma la confusione tra desideri e realtà , o peggio la convinzione che i primi si possano sempre concretizzare secondo la nostra volontà , crea frustrazione e rabbia nelle persone”.
È così che lo storico e politologo Alessandro Campi racconta lo scenario attuale, partendo dal termometro sociale, carico a suo dire di “piagnistei”, e arrivando a tastare il polso sia economico che politico.
La sua tesi è che oggi tutti vogliano “il massimo per sè a scapito degli altri”, ma questo modo di pensare “è la fine di qualunque forma di contratto o relazione sociale”.
Professore, sul Messaggero ha scritto che viviamo ormai nella società del lamento permanente, petulante e universale, ne è sicuro?
Basta guardarsi intorno: la lamentazione è continua, insistente, generalizzata e investe tutti gli ambiti della vita collettiva. Ogni forma di autorità è contestata: dalla famiglia alla scuola, dal sistema dell’informazione alla sfera religiosa. Non c’è istituzione che goda di una qualche fiducia: nemmeno più delle forze dell’ordine. La storia, intesa come il passato con i suoi simboli e il suo pantheon di eroi più o meno senza macchia, è un cumulo di orrori da rimuovere. I politici, come categoria, sono considerati dei mangiapane a tradimento.
In questo quadro, il piagnisteo degli oppressi, compresi quelli che fanno finta di essere tali, e da cui è nata l’onda del politicamente corretto, in cosa si è trasformato?
Nella pretesa arrogante, minacciosa e talvolta violenta che hanno le minoranze di imporre al resto del mondo il loro modo di pensare.
Quest’atteggiamento di rivendicazione ad oltranza da un lato è frutto di cosa?
Di un’antropologia egoistica e settaria, ma anche della cattiva politica, pronta a cavalcare per calcolo elettorale o pregiudizio ideologico qualunque forma di protesta sociale.
A cosa dovrebbero servire la politica?
A porre limiti e paletti, a garantire che nessuno possa prevaricare sugli altri. Se fosse per il cittadino medio, normale o qualunque avremmo vigente la pena di morte anche per i furti in casa e nessuno pagherebbe le tasse: la politica seria, dovendo garantire per prima cosa un’equilibrata convivenza sociale, dovrebbe dire “no” alle richieste assurde, puramente recriminatorie o sostenute solo dalle emozioni collettive. Soprattutto dovrebbe impedire, come sta accadendo, che la richiesta di un costume sociale più tollerante e non-discriminatorio si trasformi in un sistema di regole giuridiche che a loro volta sono repressive, intolleranti e discriminatorie.
Esistono delle istanze prioritarie?
Le più pressanti sono ovviamente le richieste economiche. Legittime e comprensibili per tutti quei cittadini che si trovano in condizioni di oggettiva difficoltà . Ma se si dovesse dare retta alle diverse categorie, tutte impegnate a chiedere sussidi e aiuti pubblici, saremmo in bancarotta nel giro di una settimana. Per essere il Paese col più alto risparmio privato al mondo, sembra che nessun italiano abbia due euro in banca…
Una critica moralistica?
No, mi pongo un problema che ha rilievo sul piano politico-giuridico. Quanto un sistema politico, a partire da quelli democratici, può sopportare un simile sovraccarico di domande e aspettative? Oggi prevalgono nelle classi politiche istanze in senso lato demagogico-populistiche: si tende a promettere di tutto, si dà ragione a chiunque chieda qualunque cosa, nella logica del massimo consenso o del massimo gradimento. Guardiamo a quello che sta accadendo in Italia in questi giorni: si dice di voler tagliare l’Iva e contemporaneamente di annuncia la riduzione delle tasse. Applausi dagli spalti, peccato che non sia possibile.
Ha letto il rapporto del Censis sulla silver economy che dice che i giovani in sostanza odiano i vecchi? Hanno ragione?
Da un pezzo conflitti di classe tradizionale hanno lasciato il posto ad altre forme di scontro: tra vecchi (garantiti) e giovani (senza certezze). Ma il divario generazionale non è solo economico: c’entra anche la tecnologia, e l’impatto che quest’ultima sta avendo sulla mentalità e sulle strutture cognitive.
Questo gap rischia di diventare presto esplosivo anche sul piano sociale, oltre ad avere un peso già nelle relazioni sociali e famigliari, nel segno di una crescente incomunicabilità ?
Certo, e il malessere della popolazione giovane ha a che fare col rivendicazionismo diffuso. Per essere i figli dei figli del boom economico, abituati dunque ad avere tutto o quasi, i giovani d’oggi nemmeno riescono ad immaginare quanto la storia dell’umanità sia stata segnata dalle privazioni, dalle rinunce, dai sacrifici e dalla fatica, in primis fisica). Anche questo non è moralismo conservatore, è solo la presa d’atto di un’accelerazione violenta della storia destinata, secondo me, a produrre lacerazioni e conflitti: tra persone e nelle persone.
Accade una cosa simile in campo economico come dice lei: ogni categoria ritiene di dover accedere agli aiuti prima degli altri, di avere più motivi per lagnarsi rispetto al vicino.
Sul piano economico-sociale stiamo scontando un brusco ritorno alla realtà , accresciuto dalla recente pandemia. Abituati a vivere nello Stato sociale o del benessere, capace di garantire servizi e trasferimenti di ricchezza su base universalistica, grazie alla ricchezza pubblica prodotta da un ciclo economico che per decenni è stato espansivo, nemmeno più pensiamo al fatto che questo modello sociale è stato, nella storia del mondo, non un punto d’arrivo ineluttabile, ma una felice eccezione, frutto a sua volta di una congiuntura storica eccezionale.
C’è stato un periodo in cui, magari agendo irresponsabilmente sulla leva del debito pubblico a scapito del prossimo, si poteva dare molti a quasi tutti.
Bastava chiedere e fare pressione, ma quella stagione è finita, anche in Europa. Si deve tornare a scegliere e selezionare: qualcuno inevitabilmente vedrà sacrificate o non pienamente accolte le proprie richieste. Ma la politica sembra non avere la forza di fare l’unica cosa che in realtà potrebbe salvare e ridarle legittimità .
Chi vince, i più ricchi?
Il mio timore è esattamente questo. Non essendoci più strutture sociali collettive — i partiti, i sindacati, gli apparati burocratici dello Stato — in grado di mediare tra gli interessi, per definizione divergenti, degli individui e dei gruppi, il rischio è che prevalga la logica del più forte.
Quanto manca prima che una qualunque società , dinnanzi al groviglio di pretese, si disgreghi?
Siamo avviati sulla buona strada. Lo spirito di rivolta che si è impossessato del mondo, e che è andato crescendo nel dopo-pandemia, mi sembra indicativo di quel che potrebbe accadere.
Chi riesce oggi ad assicurare solidarietà politica e coesione sociale nel rispetto delle diversità ?
Mancano istituzioni o figure in grado di operare la necessaria sintesi tra interessi, valori, istanze, aspettative che in tutte le società sono per definizione contraddittori e non sempre conciliabili. Questa riduzione ad uno delle differenze, sulla base di un equilibrio a sua volta dinamico e mai definitivo, dovrebbe essere il compito preminente della politica, se non fosse che quest’ultima non riesce più ad esercitare il suo ruolo di indirizzo e guida.
Intorno a cosa o a chi ci si può dunque oggi riunire come collettività , quali sono i fattori unificanti?
Deve esserci per forza un Noi grande e condiviso all’interno del quale i tanti Io e i piccoli Noi presenti in ogni società possano condividere. La Nazione, che per uno stupido pregiudizio ideologico ci si ostina ad assimilare al nazionalismo, è stata storicamente una di queste forme. Quando ci si appella demagogicamente al Popolo, come fanno i populisti, non si fa che richiamare, in forma strumentale, un’altra di queste figure, laddove il Popolo è per definizione un aggregatore di differenze reso unitario da una visione politica. Un altro di questi Noi è certamente l’Europa.
Mancano i leader?
Ci sono, ovviamente, ma hanno caratteristiche assai diverse da quelli del passato. Lasciamo perdere il carisma, ciò che realmente manca ai leader odierni è la capacità di visione politica: immaginare come sarà il mondo non domani o fra un secolo, ma tra dieci o vent’anni.
Siamo arrivati a tutto questo con il populismo dei 5 stelle?
Il Movimento è l’espressione perfetto di questo clima politico-sociale, largamente distruttivo, dominato dal risentimento, dalla convinzione di essere tutti vittime di qualcosa, di aver dunque diritto a un risarcimento, economico o simbolico, di poter pretendere anche alzando la voce. La responsabilità individuale si dissolve interamente nell’attribuzione di colpa verso i ‘cattivi’, che possono essere i poteri forti, i politici ladri, i banchieri, le multinazionali, l’Europa dei burocrati, ecc.
Alla fine saremo la Repubblica fondata non più sul lavoro ma sul reddito, parafrasando Beppe Grillo?
Dalla fine degli anni sessanta quello italiano è uno sviluppo senza innovazione, per dimostrarlo basta leggere “Il fantasma dei fatti” di Bruno Arpaia, che spiega come e quando il nostro Paese ha smesso di essere una potenza industriale per trasformarsi in una nazione di consumatori compulsivi. Oggi siamo diventati, come dice Luca Ricolfi, una società signorile di massa.
È la ragione per cui la fa sorridere il paragone che oggi si vorrebbe fare con l’Italia della ricostruzione post-guerra?
Quelli erano italiani affamati e in cerca di riscatto economico, abituati al sacrificio, sorretti da un’etica della famiglia che oggi semplicemente non esiste più, quelli di oggi sono italiani tanto viziati quanto impauriti da un futuro che speravano potesse essere sempre radioso e prospero.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 25th, 2020 Riccardo Fucile
I NUMERI DEL SENATO NON CONSENTONO DI DARE L’AUT-AUT AI SENATORI CHE NON VERSANO LE QUOTE
Si lavora pancia a terra per trovare una soluzione. Si studiano le tabelle, i dati, i profili di ogni singolo deputato e senatore: “Quanti soldi ha restituito e quando? Perchè non lo ha ancora fatto?”.
Sono le domande del momento in casa 5 Stelle per scongiurare nuove espulsioni. Si è disposti a tutto, anche a modificare le regole e a dare ai parlamentari un supplemento di tempo per mettersi in ordine con i pagamenti che ogni singolo grillino deve effettuare come da regolamento.
Si intendono pagamenti all’associazione Rousseau e restituzione della diaria non spesa. Nel Movimento proliferano i morosi e per qualche settimana ancora si potrebbe chiudere un occhio. Tutto ciò perchè il voto sul Meccanismo europeo di stabilità è fissato per metà luglio e la scadenza per pagare i debiti è a giugno.
I numeri, soprattutto quelli del Senato, sono ballerini, e non consentono al gruppo 5Stelle di dare l’aut-aut ai senatori che fanno resistenza sulle “restituzioni”.
Un fatto che, ovviamente, rischia di creare nuovi malumori tra i parlamentari che regolarmente versano la loro quota di indennità .
I versamenti del 2020 dei parlamentari sono in moltissimi casi ancora in ritardo ma tra tutti emergono due senatori che non “restituiscono” dallo scorso anno: Marinella Pacifico che, stando a quanto pubblicato sul sito M5s Tirendiconto.it, non versa da giugno 2019. Non a caso è in odor d’uscita nonostante la diretta interessata smentisca. È verosimile che di fronte a una situazione così estrema i probiviri possano decidere l’espulsione, chiudendo un occhio invece per chi non rendiconta da meno tempo.
Il capo politico Vito Crimi aveva fissato diverse deadline: entro il 30 aprile bisognava regolarizzare la propria posizione fino al mese di dicembre 2019; entro il 30 giugno, invece, i parlamentari devono rendicontare le mensilità fino ad aprile 2020.
Ma sono tantissimi i pentastellati che non hanno ancora messo mano al portafogli, con il rischio di incorrere nella sospensione o nell’espulsione. I probiviri stanno passando ai raggi X ogni singolo caso provando a salvarne il più possibile.
Quando sono passati appena due anni dall’inizio della legislatura si registrano già 35 parlamentari (21 deputati e 14 senatori) che hanno lasciato il Movimento. Il numero sale a 42 tenendo conto di chi è stato cacciato prima di essere eletto.
Ora il passaggio della senatrice Alessandra Riccardi alla Lega è stato solo l’ultimo tassello. Nei corridoi di palazzo Madama si rincorrono voci di nuove espulsioni o di futuri addii. Si fanno i nomi di Marinella Pacifico e Tiziana Drago.
Mentre c’è chi come Mattia Crucioli ammette “divergenze”, tuttavia “superabili”. Ai piani alti M5s lavorano con il pallottoliere in mano: “Non possiamo in ogni votazione mandare messaggi per tutta la notte implorando i senatori di andare a votare in Aula. Non possiamo”, si sfoga una fonte di primo livello.
Cosa successa quando venerdì scorso si è votato sul decreto Elezioni. Il rischio è che succeda di nuovo quando si voterà a metà luglio sul Mes. Questa volta la fragilità dei 5Stelle potrebbe creare l’incidente in Aula. E la questione dei rimborsi che incombe, sono tutti convinti, va disinnescata.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 25th, 2020 Riccardo Fucile
LA MELONI RIESCE A POLEMIZZARE ANCHE SU QUESTO: “ROBA DA MATTI”… SALVINI INVECE (PER ADESSO) SE NE STA
“Roba da matti. Per la manifestazione del centrodestra, prevista a Roma per il prossimo 4 luglio, la prefettura ha autorizzato l’ingresso di sole 2000 persone”.
Lo scrive su Facebook, la leader di Fdi, Giorgia Meloni, riferendosi all’appuntamento del centrodestra di sabato 4 luglio, a piazza del Popolo a Roma, un mese dopo il corteo del centrodestra del 2 giugno che era finito al centro delle polemiche per le poche mascherine e le distanze ridotte
“In una piazza di 14mila metri quadrati. Una persona ogni 7 metri quadrati. Di grazia, seguendo quali protocolli? È ufficiale: le mascherine sono diventate un bavaglio”, conclude la leader di Fratelli d’Italia.
Matteo Salvini invece commenta: “Il 4 luglio rispetteremo le indicazioni della Questura. Ci dicono duemila? Bene, in piazza del Popolo saremo in duemila”
La Meloni dimentica che il distanziamento di un metro e mezzo sia lateralmente che verticalmente (quello che vale nelle spiagge) corrisponde a 9 metri quadri, qua li hanno pure ridotti a 7.
Quindi o non si lamenti o impari a fare i conti.
(da agenzie)
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Giugno 25th, 2020 Riccardo Fucile
“LA LOGISTICA E’ UN SETTORE A RISCHIO, COSI’ COME I GHETTI”
“I focolai di Bologna e Mondragone, in tutta la loro differenza, indicano che il virus circola ancora. Finora siamo stati bravi e fortunati a individuarli e isolarli. Ma non dobbiamo abbassare la guardia in vista dell’autunno: dobbiamo attrezzarci per una seconda ondata, con una grande capacità di bloccare questi fuocherelli. Se non ci riusciamo e dilagano, il disastro c’è”.
Così Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, commenta ad HuffPost le due notizie di oggi: i focolai scoppiati nell’azienda di logistica Bartolini a Bologna e a Mondragone, nei palazzi ex Cirio abitati da molti braccianti e muratori di origine bulgara.
Cosa ci dicono questi due casi dello stato dell’epidemia in Italia e dei rischi che quotidianamente corriamo?
“Sono situazioni diversificate. I luoghi della logistica fanno ricordare che non è un caso se tutto è iniziato a Codogno, Lodi e nel Piacentino. La logistica resta un setting altamente a rischio per l’innescarsi di nuovi focolai: sono luoghi dove c’è un interscambio di tantissime persone e dove è facile che si creino affollamenti”.
E il caso di Mondragone, invece?
“Per certi versi, è simile a quello del mattatoio tedesco. Lì il rischio professionale si è innestato su un elemento sociale potenzialmente esplosivo, nella fattispecie le condizioni abitative dei lavoratori sfruttati, costretti a riposare in dormitori da decine di persone. Un contesto del genere rende impossibile il distanziamento sociale, come del resto dimostrano anche i focolai italiani della Garbatella a Roma e di Fortezza in Alto Adige (dove uomo rientrato dal Pakistan ha infettato due famiglie imparentate tra di loro perchè non ha rispettato le regole della quarantena, ndr). Questo caso, in particolare, dimostra che basta una piccola disattenzione nell’attuazione delle norme per dare origine a nuovi focolai. Bisogna tenere presente che ci sono settori della popolazione che non hanno tutti gli strumenti per comprendere fino in fondo e avere un’informazione adeguata su ciò che bisogna fare. Chi è in un contesto difficile, dove la vita è già molto dura, è comprensibile che sia meno recettivo alle norme e alle indicazioni sanitarie”.
Nel mattatoio tedesco ci sono stati entrambi gli elementi. Corriamo rischi analoghi?
“Finora la tempesta perfetta — l’incontro tra violazioni in settori lavorativi a rischio e contesti abitativi fortemente popolati e ad alta promiscuità , com’è stato il caso del mattatoio tedesco — da noi non c’è stato. Ma disattenzione alle regole e situazioni abitative al limite esistono ampiamente anche da noi”.
Qual è l’impatto di questi focolai sul trend epidemiologico?
“Questi focolai, pur in una situazione di trend tutto sommato positivo, dimostrano che il virus è ancora presente, anche se circola meno. Quando però entra in una comunità , il contagio può ripartire velocemente, per cui è importante essere veloci nell’individuare e isolare il cluster”.
Finora sembra che ci stiamo riuscendo…
“Bisogna tenere presente che ora stiamo ‘beccando’ questi focolai anche perchè stiamo raschiando il fondo: soggetti asintomatici che intercettiamo grazie ai test sierologici. In campo c’è tutta la discussione su se queste persone siano contagiose o meno: io credo che in fondo lo siano, anche se sicuramente molto meno di chi manifesta sintomi importanti e va in giro a tossire e starnutire senza protezioni. Alcuni dati preliminari che derivano dai sierologici di Bergamo, una delle città più falcidiate, indicano la presenza di sieropositivi agli anticorpi IgM IgG attorno al 21%. Vuol dire che in Italia c’è una prateria di gente suscettibile al virus: se non c’è una capacità di intercettare e contenere, sono guai”.
Quindi ha ragione l’Oms quando dice che dobbiamo prepararci, come il resto d’Europa, a una seconda ondata in autunno…
“Io sono ottimista ma prudente e dico: dobbiamo attrezzarci per una seconda ondata, con una capacità di bloccare questi fuocherelli. Se non ci riusciamo e dilagano, il disastro c’è”.
Anche perchè due situazioni come quelli di Mondragone e dell’azienda bolognese possono ricapitare ovunque e in qualsiasi momento… Potenzialmente, sotto traccia, potrebbero essercene già altri…
“Esatto, è una possibilità . Per questo serve una grande capacità di individuare i casi sospetti. Un minimo di incertezza è naturale, l’importante è riuscire a individuare la maggior parte”.
Nella ditta bolognese sono emersi alcuni “buchi” nell’applicazione delle misure sanitarie. Come commenta?
“Ci si abitua al rischio, questo è il guaio. È un fatto abbastanza naturale che c’è anche nell’attività sanitaria routinaria, come nelle attività industriali. All’inizio si prova e si seguono le regole, poi ci si dimentica, si torna ad andare di fretta. Le situazioni di protezione fanno ritardare il ritmo e appesantire la macchina. È un fatto che va ricordato, riconosciuto… Come dimostra il caso dell’Ospedale San Raffaele di Roma, individuare un focolaio in un contesto ospedaliero è più facile perchè c’è più controllo. Cosa succede nelle aziende e nei tanti ghetti d’Italia è tutta un’altra cosa”.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 25th, 2020 Riccardo Fucile
SONO LAVORATORI AGRICOLI, SFRUTTATI DAI CAPORALI, GUADAGNANO 4 EURO L’ORA E LE DONNE ANCORA MENO… INVECE CHE L’ESERCITO LO STATO AVREBBE FATTO BENE A MANDARE LA DIA PER SCOPERCHIARE GLI INTERESSI MAFIOSI CHE SI CELANO DIETRO IL LORO SFRUTTAMENTO
Sono braccianti agricoli, sfruttati dai caporali, guadagnano 4 euro all’ora quando va bene. E le donne prendono anche meno, per non parlare dei ragazzini.
Ecco chi sono i braccianti bulgari che vivono nelle palazzine Cirio a Mondragone.
Sono lì da anni ma l’Italia se n’è accorta solo oggi perchè proprio lì è scoppiato un focolaio Covid. E il Covid, come prevedibile ha fatto scoppiare la più classica delle guerre sociali, da una parte i braccianti appunto e dall’altra i residenti arrabbiati per il mancato rispetto della quarantena dei bulgari.
Peraltro la ruggine fra le due fazioni a quanto risulta sembra essere antica.
La vita di un lavoratore a nero nei campi del casertano è tutt’altro che facile. La racconta bene un reportage della Dire di qualche mese fa.
A Mondragone, così come nei ghetti della provincia di Foggia, intere famiglie lavorano la terra, i coniugi ma anche figli adolescenti e a volte bambini — non molti ma presenti -, sia maschi che femmine.
Non studiano ma spesso lavorano con i genitori che non vogliono lasciarli soli a casa. La paga, come detto è ai limiti della miseria. “Vado a lavorare alle 6 del mattino, fino alle 13 quando stacco”, racconta alla Dire un bracciante che per 7 ore di lavoro guadagna 30 euro al giorno. Le donne sono sottopagate rispetto ai loro mariti, per non parlare dei ragazzini che non guadagnano più di 75 centesimi all’ora.
Ovviamente sono tutti lavoratori sfruttati, in balia dei caporali che alle 6 del mattino li vanno a prendere con furgoni spesso privi di assicurazioni e con vetri oscurati per sfuggire ai controlli.
Arrivano tutti gli anni dall’entroterra bulgaro, in più di duemila, perchè alla fine il loro “salario” è molto più alto di quello che incasserebbero in patria. Quasi tutti vivono negli ex palazzi Cirio, quattro edifici di dieci piani, fine anni ’70. Fortemente degradati, fuori e dentro. E ovviamente sono costretti a pagare a nero il fitto ai proprietari.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 25th, 2020 Riccardo Fucile
UN CONTROLLO A SORPRESA DEL 18 GIUGNO HA RISCONTRATO MANCANZE SUL RISPETTO DELLE NORME ANTI-COVID
Segnalazioni tardive al medico di base, mancato rispetto delle distanze, utilizzo non sempre consono delle mascherine e poca pulizia dei locali.
Sono questi i “buchi” riscontrati dall’Ausl di Bologna riguardo al focolaio Covid scoppiato nel magazzino dell’azienda logistica Bartolini (BRT) nel capoluogo emiliano delle Roveri.
Al momento sono quasi 200 le persone sotto sorveglianza. I positivi in particolare sono 64, di cui però nove sintomatici, con due ricoveri. I casi per ora riguarderebbero solo i magazzinieri, escludendo autisti e corrieri. Intanto l’azienda ha fatto sapere di aver effettuato screening con tampone su circa 370 persone.
A fare il punto della situazione è Paolo Pandolfi, direttore del dipartimento di sanità pubblica dell’Ausl bolognese. Le attività di tracciamento e screening, spiega all’agenzia di stampa ‘Dire’, “sono iniziati appena abbiamo avuto i primi casi”. La procedura è partita “dopo la segnalazione di un medico, la settimana scorsa. Ma i lavoratori hanno contattato tardivamente il proprio medico – rileva Pandolfi – e questo non va bene. Serve molta responsabilità in questo momento”.
Nei primi giorni di analisi, continua il dirigente dell’Ausl, “abbiamo trovato 47 dipendenti positivi, di cui sei sintomatici”. Ci sono inoltre “altri 17 casi, riconducibili al focolaio lavorativo della Bartolini, tra familiari e conoscenti, di cui tre sintomatici”. Quindi in totale a ieri sono 64 i casi di Covid-19, di cui nove sintomatici, con due ricoverati nei reparti Covid degli ospedali bolognesi e tutte le altre persone in isolamento a casa. L’indagine è stata poi estesa anche ad altri contatti stretti, spiega ancora Pandolfi: altri lavoratori della Bartolini, familiari e conoscenti, che per ora però non risultano positivi.
Si parla in ogni caso di altre 130 persone in isolamento a casa, alcune con tampone negativo e tutte sotto sorveglianza. “Il focolaio al momento interessa solo i magazzinieri delle Roveri – ci tiene a precisare Pandolfi – non autisti, corrieri e impiegati. Ma faremo i tamponi anche a loro, per essere sicuri”. Ad oggi sono stati eseguiti 138 tamponi, che hanno determinato i 64 casi, e altri 190 sono stati fatti nella giornata di oggi.
Il dirigente prosegue: “Il focolaio è sotto controllo e sappiamo dove fare le indagini. È probabile che ci sia un’evoluzione in crescita nei prossimi giorni. Anzi, più troviamo nuovi casi e meglio è, perchè vuol dire che la nostra attività sta funzionando”.
Ma come è nato il focolaio? “Il problema è che le regole vanno rispettate”, risponde Pandolfi. Nella notte di giovedì scorso, il 18 giugno, l’Ausl ha fatto un sopralluogo a sorpresa nel magazzino di Bartolini alle Roveri, riscontrando mancanze e facendo alcune prescrizioni all’azienda (non sanzioni).
“Non tutti portavano la mascherina – riferisce il dirigente Ausl – non era sempre garantito il rispetto delle distanze e c’erano alcune mancanza anche sulla gestione dei locali in termini di pulizia”.
La ditta ha quindi chiuso il magazzino per qualche giorno, spiega Pandolfi, “per sanificare i locali, e ha mandato a casa tutti i lavoratori impiegati dall′1 giugno, reclutando altri 30 addetti da diverse cooperative e riaprendo da lunedì il magazzino con attività ridotta”. Anche su questi nuovi lavoratori, l’Ausl ha avviato i controlli.
Sul caso l’azienda BRT Corriere Espresso ha scritto un comunicato in cui sottolinea di stare operando in stretta collaborazione con l’Asl ed in rigorosa conformità al “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”. E spiega di aver di aver effettuato screening con tampone su circa 370 persone.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 25th, 2020 Riccardo Fucile
PER L’OMS IL COVID COLPIRA’ DI NUOVO IN AUTUNNO IN EUROPA… L’UNIVERSITA’ DI OXFORD METTE DIECI PAESI IN CIMA AL RISCHIO (ITALIA COMPRESA)
Una montagna di dati. Una montagna di dati per leggere la pandemia e prevedere il montare della seconda ondata, lo scenario che oggi preoccupa un po’ tutti, Italia inclusa. Dati che si incrociano con altri dati — da una parte i nuovi contagi, dall’altra il grado di severità della risposta dei vari governi — per arrivare a una mappa del rischio della seconda ondata nel mondo, ben sapendo che alcuni Paesi — soprattutto in Sud America — sono ancora nella morsa della prima ondata.
C’è tutto questo nella mega analisi realizzata dal Guardian, che ha messo in correlazione i dati sul coronavirus allo strumento di tracciamento della risposta dei governi messo a punto dall’Università di Oxford (The Oxford COVID-19 Government Response Tracker)
L’analisi fa emergere quanto i Paesi più “rilassati” nella risposta a Covid-19 siano anche i più esposti al rischio di una seconda ondata.
Tra i 45 Paesi dove il virus sta colpendo più duramente, 10 sono tra gli Stati caratterizzati da approcci meno rigorosi nella gestione dell’epidemia, un dato che sottolinea l’impatto mitigante di politiche sanitarie efficaci.
L’Italia, come la Spagna, rientra in questa categoria: il rigido lockdown e l’allentamento graduale delle misure hanno significativamente rallentato la corsa del virus, evitandoci di essere nella lista dei Paesi più a rischio.
Tra i 10 Paesi più esposti – e meno stringenti nelle misure di contenimento – ci sono gli Stati Uniti (che stanno registrando il più grande aumento di infezioni da aprile), l’Iran, la Germania e la Svizzera (due Paesi in cui il tasso di trasmissione è salito sopra uno questa settimana). Tra i Paesi più colpiti e meno severi nelle chiusure, in nove si segnala un numero crescente di casi, mentre in tre la curva si sta appiattendo.
L’analisi del Guardian arriva nel giorno in cui l’Oms ha avvertito l’Europa sul rischio di una seconda ondata in autunno. “Ancora oggi abbiamo picchi di contagi da prima ondata in molti Paesi. Dobbiamo prepararci per l’autunno, quando Covid-19 incontrerà influenza stagionale e polmoniti. Il virus circola ancora attivamente, e non abbiamo vaccini nè farmaci specifici ed efficaci”, ha detto il direttore regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità , Hans Kluge, in conferenza stampa.
Un Paese è stato classificato come “rilassato” se il suo punteggio dell’indice di rigidità è inferiore a 70 su 100, secondo gli ultimi dati del tracker dell’Università di Oxford. Lo strumento valuta le campagne di informazione pubblica, le misure di contenimento e le chiusure per dare un punteggio massimo di 100 sull’indice di rigore.
Indicativo è il caso della Germania, dove il tasso di diffusione del virus è balzato a quasi tre punti all’inizio di questa settimana a causa del focolaio scoppiato nel mattatoio di Tà¶nnies, che ha spinto le autorità a reintrodurre il lockdown in due Là¤nder. La risalita dei contagi è scoppiata dopo che lo Stato aveva abbassato il suo indice di rigore: da 73/100 all’inizio di maggio a 50.
Se in Germania l’aumento dei casi è ancora contenuto, altri Paesi — come l’Arabia Saudita e l’Iran — stanno vivendo una seconda ondata pronunciata dopo aver revocato le misure di blocco. L’Iran ha iniziato a vedere un secondo picco del virus dopo aver ridotto il lockdown a maggio.
Negli Stati Uniti l’ammorbidimento delle misure deciso da diversi governatori ha fatto abbassare il punteggio di rigore complessivo: ciò ha portato a riacutizzazioni locali, con nuovi casi settimanali in aumento di un quarto rispetto alla scorsa settimana.
In Germania nell’ultima settimana i casi sono aumentati del 36,7% rispetto alla settimana precedente, negli Usa del 24,6%, in Ucraina del 19,3%. Gli altri Paesi a rischio dopo l’allentamento sono la Svizzera (+15,1%), il Bangladesh (+12,9%), la Francia (+12%), l’Iran (+6,6%), l’Indonesia (+2,3%).
Nell’analisi del Guardian, l’Italia rientra insieme alla Spagna tra i Paesi in ripresa dopo essersi rilassati. Nell’ultima settimana, però, la caduta dei contagi in Spagna ha doppiato quella italiana (-61,4% vs -30,9%), e nuovi focolai come quello di Bologna e Mondragone mostrano come sia facile riaccendere la miccia del contagio.
Sette dei 45 paesi che registrano oltre 25.000 casi di coronavirus al giorno sono ancora in lockdown, con un punteggio di rigidità compreso tra 70 e 80, mentre i casi continuano a salire.
In questo gruppo ci sono il Brasile (+17,5% rispetto a una settimana fa), l’India (+24,1), il Sudafrica (+21,6%) e l’Egitto (+8,5). Le percentuali più inquietanti, però, sono quelle di Bolivia, Argentina e Colombia, dove nell’ultima settimana i nuovi contagi sono aumentati rispettivamente dell’80,4%, del 64,3% e del 31%.
Qui le misure di lockdown hanno avuto un impatto molto minore rispetto ai rigidi blocchi europei. Blocchi che — avvertono gli esperti — potrebbero tornare necessari in autunno, quando il mix di virus, influenze e polmoniti dà corpo al rischio di una seconda ondata sul Vecchio Continente.
(da agenzie)
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