Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
L’ASSE CON GRILLO PER CONSOLIDARE IL CAMPO CON IL PD, LE RESISTENZE DEI NOTABILI
“Non ho commissionato nessun sondaggio, non voglio fare nessun partito”. Ieri è dovuto uscire a bere del tutto casualmente un caffè davanti a Palazzo Chigi, Giuseppe Conte, in modo da intercettare del tutto casualmente i cronisti e fare un po’ di chiarezza in un momento complicato.
Una serie di precisazioni che hanno riguardato anche una sua eventuale forza politica, ormai argomento di dibattito nemmeno più carsico a Palazzo e che rientra nel novero degli scenari consolidati per un futuro voto. Così che il premier un giorno sì e l’altro pure è costretto a correggere il tiro, smentire e ricucire su un’eventualità che lui stesso giura non aver mai preso in considerazione.
A sentire chi conosce bene il premier, effettivamente Conte non coltiverebbe alacremente il progetto di una sua cosa. Se mai guarderebbe “in casa”, verso il partito che l’ha catapultato dalla cattedra della facoltà di Giurisprudenza di Firenze alla sedia di Palazzo Chigi.
Sentite qua: “Voi insistete tanto su Conte e un suo partito. Ma è molto più facile che si prenda i 5 stelle”. E si va oltre: “Su questo c’è un asse Conte-Grillo”.
Se è forse prematuro parlare di elezioni, non lo è affatto ragionare sulla natura e sull’identità dei 5 stelle. La situazione è magmatica, ma le linee generali sono due: chi vuole che il Movimento ritorni alle sue battaglie solitarie e a un isolazionismo di principio, che si permetta di valutare di volta in volta se e con chi stare e per fare cosa, e chi invece vorrebbe una collocazione più stabile nell’orbita del centrosinistra, o per lo meno inserito in quel raggruppamento di forze alternative al centrodestra.
E’ la linea Grillo da almeno un anno a questa parte, e fonti autorevoli la accreditano anche come la linea Conte.
Un progetto quest’ultimo che, non è un mistero, risulta inviso a gran parte degli attuali vertici pentastellati, partendo dal più istituzionale Luigi Di Maio fino al pasdaran Alessandro Di Battista.
Se si sale nella stanza dei bottoni dei 5 stelle arrivano giudizi sprezzanti: “Il partito di Conte? Lo faccia, un partito lo devi riempire di idee, lui è l’uomo della mediazione ad oltranza, che sia la Lega o che sia il Pd, non va da nessuna parte”.
Una stroncatura che tuttavia non riguarda direttamente il ruolo del premier nel Movimento che sarà . Una fonte di governo con solidi rapporti con il presidente non smentisce le ambizioni sul dopo: “Per rimanere al governo con i numeri attuali ci serve un M5s che superi il 25%, e ad oggi lo puoi fare solo tirando dentro il capo del Governo”.
I sostenitori dell’avvocato del popolo si muovono con cautela, ma si muovono. I tempi sono prematuri, serve distillare le informazioni, calibrare i messaggi e tessere la rete: “Ha ragione Luigi (Di Maio, n.d.r.) quando dice che è contrario all’idea di una coalizione a sinistra. Anche perchè in coalizione si perdono voti. L’attuale legge elettorale prevede che si corra da soli, poi in Parlamento si fanno i conti”.
Il partito di Conte fa intanto ingresso nel salotto buono della politica, la terza Camera italiana.
A Porta a Porta una rilevazione di Noto sondaggi da la formazione del premier addirittura come forza trainante di un’eventuale galassia opposta al centrodestra, al 16%. Consensi che sarebbero erosi al Pd, in caduta libera al 12% e al Movimento 5 stelle, inchiodato al 9%.
La media sfornata da Youtrend lo accredita in una forchetta che va dal 12% al 15%. L’operazione al momento non è reale, domani nemmeno, dopodomani chissà .
Uno che ha attraversato tutte e tre le fasi e che infine ha varcato il Rubicone come Mario Monti dalle colonne della Stampa avverte il premier: “Se vuole fondare un suo partito segua la sua coscienza e si liberi degli imbonitori. Deve mettere in conto di non essere capito e di essere criticato”.
Di incomprensioni e critiche ormai ha fatto il callo. Quel che non combacia con le idee del presidente è la discesa in campo diretta, mentre chi lo ha sentito spiega che non direbbe no, anzi, a un ruolo a due punte in una futura campagna elettorale del Movimento, lui da candidato a Palazzo Chigi, accanto il futuro capo politico.
Una scelta che sarebbe gravida di conseguenze.
Benedetta dall’ala più riformista del partito, quella che da Roberto Fico passa per Federico D’Incà fino a lambire Stefano Patuanelli, è vista oggi con preoccupazione da tutti coloro che temono che significherebbe spostare definitivamente i 5 stelle a sinistra.
Quelli che, per capirci, spiegano che “Conte se non riesce a ritagliarsi un ruolo da federatore della cosa giallorossa non ha futuro in politica”. E guardano con sospetto le mosse di Nicola Zingaretti e di Andrea Orlando, che cuciono e disfano tentativi di alleanze locali con insistenza, non fermandosi davanti ai tanti no, e a quell’ala del Pd che proprio in queste ore sta tessendo la trama affinchè in Liguria si corra insieme.
Anche questa è la grande arma del premier. Un suo partito sarebbe bersagliato anzitutto dai suoi attuali compagni di strada, e probabilmente si squaglierebbe nell’impossibilità di trasformare il gradimento personale in voti.
Movimento che viceversa sarebbero molto in imbarazzo nello spiegare un no a un suo eventuale ruolo da frontman nella futura campagna elettorale, anche, ma non solo, per il peso specifico che Grillo sembra voler mettere in questa partita.
Se il partito di Conte è ad oggi nulla più che una possibilità , lo scontro di potere per il futuro di un presente assai incerto è in corso già da un bel po’.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
SENZA LA DEROGA A RISCHIO LE RICANDIDATURE DI RAGGI. APPENDINO, CRIMI E DI MAIO
La regola dei due mandati? “Noi, dal lato Rousseau, gestiamo tutti i processi. Per cui, nel momento in cui ci sono queste regole facciamo in modo che vengano rispettate oppure facciamo in modo che i probiviri abbiano le informazioni che gli servono. Ovviamente lo vediamo dall’esterno”.
Parola di Davide Casaleggio. Il figlio del fondatore del Movimento 5 stelle risponde così alle domande degli utenti nel corso della presentazione online del bilancio 2019 dell’Associazione Rousseau.
E non sono parole da poco. Negli ultimi tempi, infatti, si sta discutendo molto in casa 5 stelle del secondo mandato, perchè si avvicina il momento delle elezioni a Torino e a Roma, due città a guida 5 stelle.
Ma il problema, oltre che per Chiara Appendino e per Virginia Raggi, si pone per nomi di peso, come quello di Luigi Di Maio e di Vito Crimi e quello della vice presidente del Senato, Paola Taverna. Che strada scegliere ora?
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
IL LEGHISTA E’ TERRORIZZATO DALL’IDEA DI NON POTER METTERE IN CAMPO PROFILI DI SUA STRETTA OSSERVANZA
E’ l’ennesima fumata nera di un centrodestra che prosegue il braccio di ferro sulle candidature di Puglia e Campania.
Con Matteo Salvini, capo della coalizione ma sempre più in difficoltà , a recitare la parte di chi si pone traverso, di chi vuole imporre una linea ma non ha carte sufficienti per annientare gli avversari interni.
“Datemi altri nomi, noi vogliamo profili civici per vincere”, avverte. E con Antonio Tajani e Giorgia Meloni che non intendono cedere di un millimetro su Stefano Caldoro e Raffaele Fitto: “Matteo, prima delle Regionali in Emilia Romagna, firmammo un accordo che prevedeva la Puglia a Fratelli d’Italia e la Campania a Forza Italia. Ricordi?”.
Il terzo vertice in tre giorni finisce in un nulla di fatto. Che le parti siano ancora distanti lo si capisce anche dalle dichiarazioni ufficiali quando i tre si lasciano e si riaggiornano “telefonicamente”.
Uscendo dal suo ufficio in via San Luigi Francesi, prima di raggiungere il carcere di Santa Maria Capua Vetere, Salvini risponde nervosamente: “Non c’è niente di chiuso, lavoriamo con serenità per garantire l’unità della coalizione del cambiamento”.
Pochi metri più in là , Meloni prova a dissimulare con un sorriso ma quando si ferma davanti ai cronisti si serve di una formula differente: “Siamo in dirittura di arrivo. Il vertice è aggiornato nel pomeriggio, probabilmente telefonicamente”. Tutto chiaro? Anche no. Insomma, siamo ancora a carissimo amico dalle parti del centrodestra.
Sono sempre gli stessi gli oggetti della contesa: Puglia e Campania.
Di buon mattino, prima del fischio di inizio, Ignazio La Russa, colonnello di Fd’I, appare speranzoso: “Ieri eravamo a un passo. Io spero che oggi chiudiamo. Anche perchè sta diventando stucchevole”.
Fatto sta che poco prima delle 11 i tre — Meloni, Salvini e Tajani — si rivedono per un ennesimo confronto. Presente anche Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega e propenso alla mediazione. Giro di tavolo, la trattativa sembra orientata sulla conferma in Puglia di Raffaele Fitto , ex enfant prodige degli azzurri, oggi europarlamentare dei Conservatori, e in Campania sull’azzurro Antonio Martusciello, oggi all’Agcom, al posto dell’ex socialista, Stefano Caldoro.
Su questa ultima regione un altro nome che circola è quello del magistrato Catello Maresca.
Ma dura un attimo questo potenziale punto di caduta. Perchè il Capitano leghista, che descrivono “stufo” e “nervoso”, ripropone lo stesso refrain: “Non possiamo presentarci con candidature che andavano bene negli anni ’90”. Il riferimento è a Fitto che per la prima volta divenne presidente della Regione nel 2000.
A questo punto le parti si irrigidiscono. Tajani e Meloni tengono il punto su Caldoro e Fitto perchè trovano dall’altra parte del tavolo un Salvini che non sembra voler affatto mediare e guarda continuamente l’orologio perchè alle 4 del pomeriggio deve essere in provincia di Caserta.
Raccontano che il leader di via Bellerio è terrorizzato dall’idea di non potere mettere in campo profili di sua stretta osservanza.
Perchè in Veneto, Luca Zaia stravincerà ma l’ex ministro dell’Interno non potrà intestarsi il successo del Doge. Per non parlare della Liguria dove Giovanni Toti non è affatto di rito salviniano.
E’ vero, gli rimarrebbe l’europarlamentare Susanna Ceccardi in Toscana ma nella Regione rossa per antonomasia la sconfitta appare più che certa.
E allora ecco spiegato il motivo per cui il capo della Lega chiede con insistenza una candidatura in Puglia e in Campania, due regioni strategiche nel Mezzogiorno di Italia che non solo pesano elettoralmente ma gli potrebbero essere utili nell’operazione di nazionalizzazione di via Bellerio.
Ma sarà difficile che la leader di FdI ceda proprio su Fitto. Giorno dopo giorno la leadership della Meloni prende consistenza, insidia quella del Capitano leghista.
Con un dettaglio: l’accordo sulla ripartizione delle Regioni era stato siglato ai tempi dell’elezione a presidente del Copasir di Raffaele Volpi. Correva l’ottobre scorso. Un’era politica fa.
Il ragionamento della pasionaria di Fratelli d’Italia suona più o meno così: “Ma se le avevamo concordate quando stavo al 6 per cento perchè dovrei rinunciare proprio adesso che sono al 15%?”. Dunque, nelle prossime ore si ripartirà da questa fumata nera.
Ma, come dicono meloniani e berlusconiani, “il problema è che Matteo non ci propone Cristiano Ronaldo e Leo Messi”. Alla fine, forse, la parola magica è “comunali”.
Ovvero? Lasciare tutto così com’è e dare in cambio alla Lega una serie di capoluoghi. Ma la trattativa è ancora lunga. Sperando, forse, nella prossima telefonata.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
LA DEPUTATA LEGHISTA CARONIA: “INTERVENGA SALVINI, L’ASSESSORE DEVE DIMETTERSI”… FAVA: “QUESTO GIOVANOTTO VA CURATO”…. LA SOLITA OTTIMA SCELTA DI SALVINI E MUSUMECI
Una raccolta di poesie, alcune delle quali inneggianti alle squadre della morte di Hitler, le Ss: “Guerrieri della luce generati da padre antico e dalla madre terra”, si legge nel libro firmato da Alberto Samonà nel 2001.
Una raccolta tirata fuori dal Fatto Quotidiano adesso che Samonà è stato appena nominato assessore regionale ai Beni culturali in quota Lega.
Una nomina che ha già fatto discutere per il passato (recente) di massone dello stesso Samonà e anche per la sua passione per il fascismo, l’esoterismo e i massaggi tantrici.
La raccolta di poesie è adesso la goccia che fa traboccare il vaso e spacca la stessa Lega. La deputata del partito di Salvini all’Ars, Marianna Caronia, chiede l’intervento del leader per far dimettere Samonà : “Attendo da qualche ora che sugli organi di stampa venga pubblicata una smentita di quanto riportato da un quotidiano nazionale circa un “inno” alle SS da parte dell’Assessore Alberto Samonà – dice Caronia – non ho letto nè una smentita nè una presa di distanze per quello scritto risalente a pochi anni fa, nè una parola di scuse alle vittime dello sterminio nazista, di cui i “monaci dell’onore” furono molto più che protagonisti. Questa presa di distanze non è venuta dal diretto interessato; mi aspetto che venga dalla Lega ai suoi massimi livelli che devono chiarire se quelle parole e i disvalori culturali che promuovono, ancor più gravi perchè espressi da un rappresentante istituzionale della Regione, possano passare sotto silenzio. Mi aspetto che la Lega chiarisca, ai suoi massimi livelli, se l’autore di tali abominevoli espressioni ed apprezzamenti possa rimanere al suo posto o se piuttosto non vada velocemente e caldamente invitato a dimettersi. Credo che solo il pronto allontanamento di chi offende la storia e le vittime del nazismo possa valere da dimostrazione della distanza della Lega da queste ideologie”.
Su Facebook Samonà prova a gettare acqua sul fuoco: “Si fa riferimento a un libro di poesie pubblicato circa vent’anni fa, nel quale avevo inserito, a mo’ di elenco, una carrellata di esempi che in varie epoche storiche avevano rappresentato espressioni diverse di riferimenti storici legati a tematiche esoteriche o metafisiche”
Il libro
“Guerrieri della luce generati da padre antico e dalla madre terra. Nel sacrificio dell’ultima Thule. Monaci dell’onore”. E sopra i versi il titolo, due sciabolate d’inchiostro a fugare ogni dubbio sulle passioni giovanili filonaziste dell’autore: “Schutz Staffeln”, le famigerate Ss. Un imbarazzante inno alle squadre della morte di Hitler con una svastica raffigurata all’interno di una serie di cerchi concentrici e una spruzzata di razzismo ariano, tradito dal riferimento alla terra mitologica del nord Europa, Thule, che dopo il sit-in del 2 giugno davanti palazzo d’Orleans contro la nomina del neoassessore leghista ai Beni Culturali e all’Identità siciliana, il giornalista Alberto Samonà , rischia di provocare un nuovo imbarazzo alla giunta siciliana del governatore Musumeci.
L’autore della poesia, infatti, stampata a pagina 33 del volume “Le colonne dell’eterno presente”, pubblicato dalla casa editrice Ila Palma nel 2001, è proprio Samonà , allora trentenne, rampollo di una famiglia aristocratica siciliana di origine spagnola, da settembre 2018 responsabile del settore cultura per la Lega in Sicilia e autore un mese fa di un duro attacco al presidente Mattarella sulle commemorazioni del 25 aprile: “Nessuna parola sui morti di coronavirus. In compenso ha ribadito che l’antifascismo è un valore”. Era un post su Facebook, fatto sparire in fretta e furia dopo la nomina ad assessore, come l’omaggio a Stefano Delle Chiaie
Approdato alla Lega dopo trascorsi giovanili nella destra palermitana e un veloce passaggio tra i grillini, che lo esclusero dopo le “parlamentarie” del 2018, cui lui reagì citando in giudizio Luigi Di Maio, Samonà è stato definito da Musumeci, del quale è stato addetto stampa, “una giusta sintesi della militanza politica e della competenza professionale”; ma il governatore forse non immaginava a quale confine ideologico quella militanza si fosse spinta negli anni giovanili: quelle antiche passioni del neo assessore ora rischiano di offrire nuovi argomenti a chi sostiene, come i 50 mila iscritti del gruppo Facebook “No Beni Culturali alla Lega Nord Musumeci dimettiti”, che l’identità siciliana non può essere rappresentata da un leghista che, ora si scopre, inneggiava a 30 anni agli orrori del nazismo.
Di Samonà si conosceva la passione esoterica, esercitata in un contesto massonico, sia scrivendo numerosi articoli sul Notiziario Massonico, sia da iscritto al Grande Oriente d’Italia, come ha ammesso recentemente anche se adesso, ha detto, “non lo sono più”.
E se ideali massonici e neonazismo hanno nutrito gli anni giovanili del neoassessore le sue origini familiari tradiscono una lunga frequentazione con i salotti buoni della cultura e dell’imprenditoria italiana: nella villa di famiglia di Spadafora, in provincia di Messina, restaurata dallo zio Alberto con i consigli di un altro zio, Giuseppe Samonà , che fu uno dei quattro saggi nominati dal sindaco Orlando per redigere il progetto del risanamento del centro storico di Palermo, i Samonà ospitarono negli anni 60 da Michelangelo Antonioni a Alberto Moravia, dal pittore Corrado Cagli al petroliere Attilio Monti e agli scrittori Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Lucio Piccolo di Calanovella. E il libro “Fratelli”, di un altro zio, Carmelo Samonà , scrittore e ispanista tra i più accreditati, venne citato dal regista Federico Fellini come una delle sue due letture preferite.
Una famiglia di aristocratici illuminati con passioni culturali e testimonianze civili: vent’anni prima che il nipote pubblicasse svastiche e inni alle Ss il pittore Pupino Samonà , ha realizzato nel 1980 su incarico dell’Aned, l’associazione degli ex deportati e con i testi di Primo Levi, il Memoriale Italiano Auschwitz, una tela di 200 metri che all’interno del blocco 21 del campo di concentramento nella Polonia occupata dai nazisti ha ricordato per anni i cittadini italiani morti nel lager. E allo zio che ha reso omaggio alle vittime del nazismo, il neoassessore siciliano che da giovane ha scelto la svastica come simbolo dei suoi miti, ha dedicato nel 2008 la copertina del suo primo romanzo, “Il padrone di casa”, pubblicando la foto di un suo quadro, Mediterranea.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
SOLO IL 22% DICE CHE NON SE LE PUO’ PERMETTERE (IN LINEA CON GLI ANNI PRECEDENTI)
Gli italiani, malgrado la pandemia, non sembrano intenzionati a rinunciar alle vacanze. Anche se, per ovvi motivi, sceglieranno destinazioni più “comode” privilegiando la sicurezza sanitaria.
Una persona su due – dice una ricerca condotta da Quorum/YouTrend per Wonderful Italy – ha già deciso che andrà in ferie. E un altro 25% ci sta riflettendo in questi giorni. Solo un intervistato su 4 al momento esclude di voler o poter andare in vacanza.
Anche sulla destinazione la soluzione è chiara: nove su su dieci rimarranno in Italia e poco meno della metà sceglierà una casa-vacanza dove è più facile avere giardino o piscine e controllare il distanziamento sociale.
“La ricerca conferma quanto stiamo verificando nella realtà in questi giorni, c’è una grandissima richiesta da parte delle famiglie italiane di case in affitto per la prossima estate” spiega Michele Ridolfo, Ceo di Wonderful Italy portale specializzato nell’offrire vacanze in abitazioni private in Sicilia, Puglia, Campania, Liguria e Piemonte.
Tra le mete, l’Italia stravince: quasi 9 rispondenti su 10 la indicano come meta più probabile, e possibilmente al mare (66%), mentre la montagna è ambita dal 22,4% del campione.
Le città d’arte richiamano solo il 6% del campione.
Per 6 su 10 la vacanza è in famiglia, mentre per il 52% fa rima con coppia e per il 23% con gli amici. Solo 7 su cento andrebbero in vacanza da soli.
Sull’intenzione di andare in vacanza hanno le idee chiare gli under 35 e gli over 55 che rispettivamente con 56% e il 52% hanno dichiarato che andranno sicuramente in vacanza. Al di sotto della media nazionale è invece la risposta della popolazione compresa tra i 35 e i 54 anni, che per ora è ferma al 40%.
Il dato anagrafico è coerente anche con l’occupazione di chi ha preso già la decisione di andare in vacanza, visto che il dato generale è spinto da studenti (56%), pensionati (56%) e lavoratori autonomi (58%)
Il sondaggio prende anche in considerazione gli effetti del Coronavirus chiedendo quale sarebbe l’alloggio ideale per fare una vacanza. Ebbene, il 44% preferisce una casa, una soluzione che viene considerata più sicura dal punto di vista sanitario e che consente maggiori garanzie sul distanziamento sociale, mentre uno su tre andrà in albergo e solo poco meno del 7% in campeggio e ancora meno in villaggio (3%).
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
DOVEVANO METTERE A DISPOSIZIONE GLI ALLOGGI AGLI INDIGENTI SECONDO LA GRADUATORIA DEI RICHIEDENTI CASE COMUNALI, COSI’ FA UNA DESTRA REALMENTE SOCIALE
Il magistrato che ieri, 9 giugno, ha dato via libera al sequestro preventivo del palazzo occupato da 17 anni dagli esponenti della formazione politica di estrema destra, ritiene non ci siano prove sufficienti a sostegno dell’accusa di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa.
L’altra accusa, quella di “invasione di terreni ed edifici”, resta in piedi.
Il palazzo di via Napoleone III è stato occupato degli esponenti della formazione politica di estrema destra nel 2003. Da oggi, con la decisione del gip, entra nella disponibilità del Tribunale. Ma per lo sgombero dovrà decidere il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza.
Sull’occupazione il magistrato competente spiega: “Nel caso in esame risulta acclarato che l’occupazione dell’immobile da parte dei diversi nuclei familiari si protrae da numerosi anni, in alcuni casi sin dal 2003”.
Si tratta, sottolinea il magistrato, di persone che hanno un lavoro e che hanno arbitrariamente deciso di far diventare quel palazzo occupato la propria residenza.
“Non risultano- continua – in atti evidenze di situazioni contingenti che possano integrare un attuale pericolo di un danno grave alla persona. La situazione economico patrimoniale degli occupanti l’immobile effettuata dalla guardia di finanza al contrario, attesta lo svolgimento di attività lavorativa e la percezione di redditi da parte degli stessi. Trattasi quindi di stabile occupazione di un immobile, trasformato dagli indagati in abituale residenza”.
Ma, nonostante il sequestro, gli occupanti resteranno ancora lì. Almeno per un po’.
Chissà come mai i dirigenti di CasaPound che hanno rilasciato diverse dichiarazioni non rispondono al quesito etico fondamentale: perchè hanno tramutato una “occupazione politica” che poteva avere un senso (come tante altre) in un sistema per trasformarla in propria residenza trattandosi di “persone che hanno lavoro e reddito” e che pertanto potevano permettersi di pagare un affitto come tutti i cittadini che lavorano.
Se sei realmente di una destra “sociale” lasci quegli appartamenti a chi ne ha veramente necessità sulla base delle graduatorie comunali, non sistemi te stesso e gli amici.
Se poi uno preferisce aprire locali e dedicarsi a capi d’abbigliamento e merchandising,libero di farlo ovviamente, ma trattasi allora di destra aziendale, altra cosa.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
SU QUELLE DI CHURCHILL E LEOPOLDO II NON AVEVA AVUTO DA DIRE … COME L’IGNORANZA RIDUCE LA STORIA A TIFO DA STADIO
Giorgia Meloni, che prima d’ora non si era espressa sulla questione delle statue abbattute in giro per il mondo come protesta contro la celebrazione di personaggi storici razzisti e colonialisti, parla oggi di Cristoforo Colombo.
Cristoforo Colombo che, a quanto pare, è un fratello d’Italia. Se le statua vandalizzata di Churchill o quelle rimosse di Leopoldo II non ne valevano la pena, quella dell’italiano che ha scoperto le Americhe deve essere difesa dall’«odio cieco della sinistra».
Si tratta di «odio cieco della sinistra forgiato dall’ignoranza», secondo Giorgia Meloni. Il post che ha condiviso commenta l’abbattimento di una statua del conquistatore genovese a St. Paul, Minnesota.
Il commento è palesemente strumentale, con uno scopo politico, arrivando a mettere sullo stesso piano la sinistra e l’ISIS, non spiegando assolutamente nulla di tutto quello che sta dietro le ragioni di chi — non certo la sinistra italiana — sta abbattendo le statue di Colombo e non solo in giro per il mondo.
Una strumentalizzazione politica utile solo per alimentare tifoserie da stadio e che nulla chiarisce di questa situazione complessa.
Le statue di Cristoforo Colombo vengono abbattute in questo momento storico da coloro che protestano contro la morte di George Floyd in un movimento che sta raggiungendo proporzioni epocali e che si rivolta contro la storia.
Dai cataloghi in streaming che eliminano Via col Vento perchè qualificato come razzista alle azioni di abbattimento delle statue di personaggi storici controversi e che hanno lasciato eredità analizzabili da punti di vista diversi è indice della grandezza di quanto sta succedendo.
Una tale mole di informazioni e accadimenti non può e non deve essere oggetto di semplificazione da parte della politica, il cui solo scopo sarebbe quello di ridurre tutto al solito scontro “noi” contro “loro”, pretendendo così di stabilire cosa sia giusto e cosa non lo sia.
(da “Giornalettismo”)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
“BASTA COLONIZZATORI, SCHIAVISTI E ASSASSINI”… NON DIMENTICHIAMO CHE 13 STATI USA HANNO ELIMINATO IL COLUMBUS DAY DAL CALENDARIO, IL TEMA E’ CONTROVERSO E NON SI PUO’ LIQUIDARE COME ATTO DI TEPPISMO
L’omicidio di George Floyd ha riacceso le battaglie di Black lives matter, il movimento nato negli Stati Uniti per la tutela dei diritti degli afroamericani. Nel corso delle proteste, i manifestanti di tutto il mondo hanno iniziato a prendere di mira le statue che rappresenterebbero personaggi legati alla colonizzazione e alla supremazia della razza bianca.
L’esordio di questa iconoclastia del terzo millennio è avvenuto a Bristol: durante una manifestazione in ricordo di Floyd, alcune persone hanno abbattuto la statua di Edward Colston, un mercante di schiavi del XVII secolo.
L’ultima rimozione di una statua, invece, è avvenuto a Minneapolis, la città del Minnesota dove il 46enne afroamericano è stato ucciso lo scorso 25 maggio. A essere buttata giù, la statua di Cristoforo Colombo.
Se a Colston la storia riconosce il ruolo di schiavista, non è così immediato il collegamento tra l’esploratore italiano che scoprì l’America e il razzismo dilagante oggigiorno.
Prima di Minneapolis era già successo a Richmond, in Virginia: il monumento al navigatore genovese è stato vandalizzato.
Poi i manifestanti di Black lives matter vi hanno affisso un cartello: «Colombo rappresenta il genocidio». Alla fine delle protesta, la statua è stata gettata in un lago nei pressi del parco.
«Basta colonizzatori, schiavisti e assassini», si legge sulla locandina della manifestazioni di Richmond. Per gli organizzatori della protesta, Colombo è stato «un assassino degli indigeni, responsabile di aver reso mainstream la cultura del genocidio dei nativi».
Le argomentazioni che vedrebbero l’esploratore come un precursore del suprematismo bianco sono, tuttavia, controverse.
Non è recente l’attacco alla figura di Colombo negli States, benchè in molti Stati americani, il 12 ottobre, sia un giorno di festa nazionale, in memoria dello sbarco della sua caravella nell’odierna San Salvador il 1942. Negli scorsi anni, 13 Stati hanno eliminato il Columbus Day dal calendario, sostituendolo una giornata in memoria dei soprusi sofferti dai nativi americani.
Mentre la discussione sulla reinterpretazione moderna dell’uomo che scoprì l’America prosegue a suon di devastazione dei monumenti, la speaker democratica della Camera, Nancy Pelosi, ha chiesto di rimuovere tutte le statue dei confederati che si trovano al Congresso.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2020 Riccardo Fucile
L’ASSOCIAZIONE ANTIGONE HA RACCOLTO NUMEROSE TESTIMONIANZE: “DECINE DI AGENTI SONO ENTRATI NELLE CELLE PICCHIANDO I DETENUTI COME IN UNA SPEDIZIONE PUNITIVA”… I LEGALI: “IMPEDITE LE CHIAMATE AI FAMILIARI”
Ci sono 44 agenti di polizia penitenziaria iscritti nel registro degli indagati per le presunte violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere la notte tra il 7 e l’8 aprile scorsi.
A ricordarlo l’associazione Antigone. Su questi episodi — si spiega in una nota — sono state ricevute numerose segnalazioni, tutte congruenti tra loro, “sulla base delle quali, dopo una serie di approfondimenti, l’associazione ha potuto ricostruire quanto sarebbe avvenuto, inviando una nota al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e presentando un esposto alla competente Procura della Repubblica”.
Da quanto ricostruito da Antigone ci si troverebbe di fronte ad episodi di violenza generalizzata, scaturiti dopo la protesta dei detenuti avvenuta a seguito del diffondersi della notizia che uno dei reclusi del reparto “Nilo”, addetto alla distribuzione della spesa, sarebbe stato posto in isolamento con febbre alta, affetto da Covid-19.
La notizia generò paura e ansia, e queste generano in una protesta che coinvolse circa 150 reclusi.
La protesta si sarebbe spenta alla sera, con la promessa di un colloquio con il Magistrato di Sorveglianza che si tenne effettivamente il giorno successivo.
Una volta andato via il Magistrato, però, tra le 15 e le 16, decine di agenti sarebbero entrati nel reparto in tenuta antisommossa, con i volti coperti dai caschi, e lì, in gruppi, sarebbero entrati nelle celle prendendo i detenuti a schiaffi, calci, pugni e colpi di manganello.
Altri detenuti sarebbero invece stati fatti uscire dalle celle e denudati per delle perquisizioni. Una volta spogliati sarebbero stati insultati e pestati.
Per questi fatti Antigone, con il suo avvocato Simona Filippi, ha chiesto alla Procura di indagare ai sensi dell’art. 613bis che punisce gli episodi di tortura. “E’ importante che su questi fatti sia fatta piena luce da parte della magistratura, nel cui lavoro Antigone confida” dichiara Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione. “Se, come è emerso in queste ore, tra i capi di imputazione dovesse esserci anche quello di tortura, crediamo questo rappresenti un fattore importante, anche per poter svolgere con maggiore serenità le indagini visti i tempi di prescrizione più lunghi. Era questo un reato di cui Antigone ha chiesto per tanti anni l’introduzione nel codice penale ed è importante che i giudici ne facciano uso in casi come quelli su cui sta indagando la Procura di Santa Maria Capua Vetere”, continua Gonnella.
Non solo botte, al punto che qualcuno ha qualche “dente saltato”, ma anche barbe e capelli tagliati. Circostanze che sono state messe nero su bianco in una denuncia, presentata dalla sorella di uno di loro
La donna, nella sua querela, ha fatto riferimento ad alcuni files audio che stanno circolando in rete in cui molti detenuti, in particolare del reparto Nilo, avrebbero riferito di essere “vittime di un pestaggio” operato da personale della casa circondariale.
Voci che si sono trasformate in “amara e cruda realtà ” quando ha appreso dalla voce del fratello che anche lui “era stato vittima di tale pestaggio”.
“Mio fratello conferma che a molti sono stati tagliati capelli e barba e che addirittura vi sia qualcuno con qualche dente saltato”, si legge nella denuncia. Un’azione che, per la querelante, appare come “premeditata da parte di chi ha commesso questo abuso di potere corredato da un eccesso”.
Addirittura più agenti si sarebbero scagliati su detenuti da solo. “Ci picchiano a turno: una volta a uno, una volta un altro … Vengono e dicono che tanto dobbiamo morire tutti prima o poi”, si sente nell’audio della telefonata allegata alla querela.
Fatto sta che a riprova di ciò dal giorno successivo “sono sospesi i colloqui, ovvero le videochiamate”. Motivo per il quale nella giornata di giovedì c’è stata una protesta all’esterno della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
“Credo sia giusto dar voce alle legittime richieste di chiarimento da parte dei familiari su quanto accaduto – fa sapere il legale della famiglia a Casertanews – Mi auguro che la magistratura faccia il proprio corso in tempi rapidi e senza alcun intoppo per accertare le responsabilità di tutti, qualora esistenti”.
Su quanto accaduto è intervenuta anche la Camera Penale di Santa Maria Capua Vetere che ha chiesto il ripristino dei colloqui telefonici con i detenuti. “E’ evidente che tale disservizio infici l’esercizio di diritto di difesa”, si legge nella nota dell’organo di rappresentanza dei penalisti. Chiesto anche il ripristino delle videochiamate con i familiari, qualora si verifichi l’effettiva sospensione del servizio.
(da agenzie)
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