REGIONALI, CENTRODESTRA IN STALLO SU FITTO E CALDORO, SALVINI NON HA CARTE DA GIOCARE
IL LEGHISTA E’ TERRORIZZATO DALL’IDEA DI NON POTER METTERE IN CAMPO PROFILI DI SUA STRETTA OSSERVANZA
E’ l’ennesima fumata nera di un centrodestra che prosegue il braccio di ferro sulle candidature di Puglia e Campania.
Con Matteo Salvini, capo della coalizione ma sempre più in difficoltà , a recitare la parte di chi si pone traverso, di chi vuole imporre una linea ma non ha carte sufficienti per annientare gli avversari interni.
“Datemi altri nomi, noi vogliamo profili civici per vincere”, avverte. E con Antonio Tajani e Giorgia Meloni che non intendono cedere di un millimetro su Stefano Caldoro e Raffaele Fitto: “Matteo, prima delle Regionali in Emilia Romagna, firmammo un accordo che prevedeva la Puglia a Fratelli d’Italia e la Campania a Forza Italia. Ricordi?”.
Il terzo vertice in tre giorni finisce in un nulla di fatto. Che le parti siano ancora distanti lo si capisce anche dalle dichiarazioni ufficiali quando i tre si lasciano e si riaggiornano “telefonicamente”.
Uscendo dal suo ufficio in via San Luigi Francesi, prima di raggiungere il carcere di Santa Maria Capua Vetere, Salvini risponde nervosamente: “Non c’è niente di chiuso, lavoriamo con serenità per garantire l’unità della coalizione del cambiamento”.
Pochi metri più in là , Meloni prova a dissimulare con un sorriso ma quando si ferma davanti ai cronisti si serve di una formula differente: “Siamo in dirittura di arrivo. Il vertice è aggiornato nel pomeriggio, probabilmente telefonicamente”. Tutto chiaro? Anche no. Insomma, siamo ancora a carissimo amico dalle parti del centrodestra.
Sono sempre gli stessi gli oggetti della contesa: Puglia e Campania.
Di buon mattino, prima del fischio di inizio, Ignazio La Russa, colonnello di Fd’I, appare speranzoso: “Ieri eravamo a un passo. Io spero che oggi chiudiamo. Anche perchè sta diventando stucchevole”.
Fatto sta che poco prima delle 11 i tre — Meloni, Salvini e Tajani — si rivedono per un ennesimo confronto. Presente anche Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega e propenso alla mediazione. Giro di tavolo, la trattativa sembra orientata sulla conferma in Puglia di Raffaele Fitto , ex enfant prodige degli azzurri, oggi europarlamentare dei Conservatori, e in Campania sull’azzurro Antonio Martusciello, oggi all’Agcom, al posto dell’ex socialista, Stefano Caldoro.
Su questa ultima regione un altro nome che circola è quello del magistrato Catello Maresca.
Ma dura un attimo questo potenziale punto di caduta. Perchè il Capitano leghista, che descrivono “stufo” e “nervoso”, ripropone lo stesso refrain: “Non possiamo presentarci con candidature che andavano bene negli anni ’90”. Il riferimento è a Fitto che per la prima volta divenne presidente della Regione nel 2000.
A questo punto le parti si irrigidiscono. Tajani e Meloni tengono il punto su Caldoro e Fitto perchè trovano dall’altra parte del tavolo un Salvini che non sembra voler affatto mediare e guarda continuamente l’orologio perchè alle 4 del pomeriggio deve essere in provincia di Caserta.
Raccontano che il leader di via Bellerio è terrorizzato dall’idea di non potere mettere in campo profili di sua stretta osservanza.
Perchè in Veneto, Luca Zaia stravincerà ma l’ex ministro dell’Interno non potrà intestarsi il successo del Doge. Per non parlare della Liguria dove Giovanni Toti non è affatto di rito salviniano.
E’ vero, gli rimarrebbe l’europarlamentare Susanna Ceccardi in Toscana ma nella Regione rossa per antonomasia la sconfitta appare più che certa.
E allora ecco spiegato il motivo per cui il capo della Lega chiede con insistenza una candidatura in Puglia e in Campania, due regioni strategiche nel Mezzogiorno di Italia che non solo pesano elettoralmente ma gli potrebbero essere utili nell’operazione di nazionalizzazione di via Bellerio.
Ma sarà difficile che la leader di FdI ceda proprio su Fitto. Giorno dopo giorno la leadership della Meloni prende consistenza, insidia quella del Capitano leghista.
Con un dettaglio: l’accordo sulla ripartizione delle Regioni era stato siglato ai tempi dell’elezione a presidente del Copasir di Raffaele Volpi. Correva l’ottobre scorso. Un’era politica fa.
Il ragionamento della pasionaria di Fratelli d’Italia suona più o meno così: “Ma se le avevamo concordate quando stavo al 6 per cento perchè dovrei rinunciare proprio adesso che sono al 15%?”. Dunque, nelle prossime ore si ripartirà da questa fumata nera.
Ma, come dicono meloniani e berlusconiani, “il problema è che Matteo non ci propone Cristiano Ronaldo e Leo Messi”. Alla fine, forse, la parola magica è “comunali”.
Ovvero? Lasciare tutto così com’è e dare in cambio alla Lega una serie di capoluoghi. Ma la trattativa è ancora lunga. Sperando, forse, nella prossima telefonata.
(da “Huffingtonpost”)
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