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LA CANDIDATA GOVERNATRICE DELLA LEGA IN TOSCANA E’ QUELLA CHE DICEVA CHE I MEDICI CALABRESI “LASCIANO IL BISTURI NEGLI STOMACI DEI PAZIENTI”

Giugno 23rd, 2020 Riccardo Fucile

LA TEORICA DEL “E’ GIUSTO CHE I MEDICI IN CALABRIA GUADAGNINO DI MENO DI QUELLI DEL NORD”

Susanna Ceccardi è la candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Toscana in quello che sembra essere proprio un bis dell’operazione Borgonzoni in Emilia-Romagna. Negli scorsi mesi si è fatta notare per aver pubblicato un attacco ai militari italiani allo scopo di polemizzare su Silvia Romano.
Su Twitter però è tornato d’attualità  un suo prestigioso intervento ad Agorà  che risale al 2017 in cui dice che è giusto che i medici calabresi guadagnino meno di quelli dell’Emilia-Romagna: “Ci saremmo tutti stupiti del contrario, meno male che non è così”, esordisce. “Non dovrebbe essere uguale perchè in Emilia-Romagna hanno delle strutture più specializzate… bisogna utilizzare il metodo meritocratico come in tutte le sanità ”.
E ancora: “Bisogna premiare la qualità , scusi ma i casi di malasanità  in Calabria lei li ha presenti? Lo sa che lasciano i bisturi negli stomaci della gente? Ci sono medici meno bravi… Io non è che ce l’ho con il medico calabrese, ma la sanità  calabrese non è un’eccellenza in Italia”.
Per la cronaca, l’ultimo caso di bisturi lasciato nella pancia di un paziente si è verificato a Torre Annunziata nel 2019. Prima era successo a Brescia.

(da “NextQuotidiano”)

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DATI INAIL: AUMENTANO I CONTAGI DA COVID SUL LAVORO, SONO QUASI 50.000 CON 236 DECESSI

Giugno 23rd, 2020 Riccardo Fucile

IL SETTORE PIU’ COLPITO E’ QUELLO DELLA SANITA’… OTTO CASI SU DIECI ARRIVANO DAL NORD ITALIA

Quasi 50mila casi di denuncia di contagi sul lavoro. Un totale di 236 decessi, pari al 40% circa dei casi mortali denunciati dall’inizio dell’anno.
Questi sono i dati emersi dal quinto monitoraggio sui contagi sul lavoro da Covid-19 sulla base delle denunce presentate all’Inail. Le cifre sono aggiornate al 15 giugno ed evidenziano che rispetto al precedente report, quello del 31 maggio, le infezioni di origine professionale sono 1.999 in più. I casi mortali sono aumentati, invece, di 28 unità . Il 71,7% dei lavoratori contagiati sono donne, mentre solo il 28,3% uomini. Un rapporto che, però, si inverte per quanto riguarda i decessi: quelli maschili sono l’82,6% del totale.
L’età  media dei lavoratori che hanno contratto il virus è di 47 anni sia per gli uomini che per le donne. Per i casi mortali, invece, l’età  sale. A 57 anni per le donne e a 29 per gli uomini. Nello specifico, il 70,3% dei casi di decesso si registra nella fascia che va dai 50 ai 64 anni, seguita dagli over 64 con il 18,6% dei casi. Meno denunce di morte per la fascia 35-49 (il 9,4%) e per gli under 34 (solo l’1,7% dei casi di morte registrati).
Gran parte delle denunce di infortunio da Covid-19 riguarda la gestione assicurativa dell’industria e dei servizi. Sono invece circa 600 in totale i casi registrati nei settori di agricoltura, navigazione e nella gestione per Conto dello Stato.
Il settore più colpito è quello della sanità , con il 72,2% dei casi denunciati e il 26,3% dei decessi. Il settore comprende non solo gli ospedali, ma anche le case di cura, di riposo, gli istituti, le cliniche, le residenze per anziani e disabili. Se a questo si aggiungono anche gli organismi pubblici preposti alla sanità , ovvero le Asl, il dato sale all’81,3% delle denunce e al 36,5% delle morti. A seguire troviamo i settori di vigilanza, pulizia, call center, manifattura, alloggio e ristorazione e commercio.
La categoria più coinvolta è quella dei tecnici della salute, con il 40,9% dei casi, di cui l’83% relativo a infermieri. Seguono gli operatori socio-sanitari (21,3%), i medici (10,7%), gli operatori socio-assistenziali (8,5%) e il personale non qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,8%). Anche per i decessi i più colpiti sono tutti quelli che rientrano nella categoria di tecnici della salute, con il 12,8% di casi accertati, di cui il 61% di infermieri, seguiti da medici e operatori socio-sanitari.
La maggior parte delle denunce — ben otto su dieci — arriva dal Nord Italia. Il 56,1% dei casi si registra nel Nord-Ovest, con ben il 36% in Lombardia; il 24,2% nel Nord-Est (con il 10% in Emilia-Romagna). Gli altri casi sono distribuiti tra Centro Italia (11,8%), Sud (5,7%) e in misura ancora minore le Isole (2,2%). Passando poi ai decessi, la percentuale del Nord-Ovest è del 57,2%, con il 43,2% — quindi quattro casi mortali su dieci — che vengono registrati nella sola regione Lombardia.

(da Fanpage)

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SALVINI SFOTTE I PARENTI DELLE VITTIME PER IL SELFIE SUL PONTE DI GENOVA: “CHI SE L’E’ PRESA E’ INFASTIDITO DALL’OMAGGIO A CHI LAVORA BENE”

Giugno 23rd, 2020 Riccardo Fucile

I PARENTI DELLE VITTIME: “SIAMO STUFI E DISGUSTATI DI QUESTA SPECULAZIONE POLITICA PER TORNACONTI PERSONALI”

“Il mio selfie sul ponte è un omaggio a Genova che mi ha reso orgoglioso di essere italiano perchè in un anno ha costruito un ponte senza ritardi. Qualcuno si è offeso? Si vede che può dare fastidio a qualcuno che io renda omaggio a chi lavora bene, del resto ci sono persone che si infastidiscono solo perchè mi alzo la mattina: ma voglio rassicurarli, mi sono alzato anche oggi è conto di farlo anche domani e dopo domani”: il leader della Lega Matteo Salvini a margine di una visita al distretto conciario di Santa Croce sull’Arno(Pisa) per sostenere la candidatura dell’europarlamentare del Carroccio, Susanna Ceccardi, alla presidenza della Toscana per il centrodestra, ha deciso di sparare a zero su chi lo ha contestato per il suo videospot.
Ma c’è un problema di cui forse il Capitano non si è accorto: a non aver preso benissimo la sceneggiata di Salvini con tanto di fregnaccia sui pannelli di metano sono stati anche i parenti delle vittime:
«Siamo stufi, allo stremo, non avremmo voluto commentare perchè come Salvini ci avrebbe fatto arrabbiare chiunque altro. Ma non accetteremo mai la spettacolarizzazione perenne che è stata fatta in questo cantiere, sotto il ponte in cui noi abbiamo perso tutto».
È amaro e duro al tempo stesso il commento di Egle Possetti, leader del comitato delle vittime dei familiari, dopo il blitz di Salvini sul ponte. «Se possibile proviamo ulteriore rabbia, ma ormai siamo abituati a non aspettarci niente da nessuno: nè dalle istituzioni, nè tantomeno dalla politica» aggiunge Giuseppe Matti Altadonna, padre di Luigi, il trentacinquenne addetto di Mondo Convenienza ucciso dal crollo del Morandi quasi due anni fa.
Si sente «deluso, triste, arrabbiato» e lo ripete quasi ogni 14 del mese. Nel ricordare la famiglia rimasta senza padre di Luigi (che nel disastro ha lasciato da soli una moglie e quattro figli), nel «provare a dare un senso a questi riti che la politica fa solo per tornaconto personale», – riflette – pure nel tentare di capire se partecipare o meno alle prossime cerimonie in programma sotto il nuovo ponte.
Quella del primo agosto, il giorno dell’inaugurazione del ponte, e quella del 14 agosto, a due anni dalla tragedia, prevista tra gli alberi che saranno piantati dove fino a un anno fa c’erano i palazzi di via Porro.

(da “NextQuotidiano”)

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SALVINI NON AVEVA TITOLO PER SALIRE SUL PONTE DI GENOVA E ALLESTIRE IL SET DELLA SUA SQUALLIDA PROPAGANDA

Giugno 23rd, 2020 Riccardo Fucile

DAI PARENTI DELLE VITTIME RABBIA E SBIGOTTIMENTO… I RESPONSABILI HANNO UN NOME: TOTI E BUCCI

È stata la struttura commissariale guidata dal sindaco di Genova Marco Bucci a permettere a Matteo Salvini la passerella con figuraccia sui pannelli “di metano” sul ponte di Genova.   Repubblica oggi spiega com’è andata la visita del Capitano e come è arrivato alla passeggiata:
Atteso in mattinata all’ingresso del cantiere del ponte a cui verrà  dato un doppio nome (“Per Genova” e “San Giorgio”), Salvini non resiste alla tentazione di dare un’occhiata da lassù, dove ancora nessuno è arrivato, a eccezione di chi ha realizzato l’opera, dei rappresentanti delle istituzioni e di Pietro Salini, ad di WeBuild che ha costruito il ponte in consorzio con Fincantieri Infrastructure e ha appena terminato il primo transito in auto. Il leader della Lega arriva subito dopo, anche se non ha alcun ruolo istituzionale che possa prevedere una simile autorizzazione, fin qui negata ai “non addetti ai lavori” per una comprensibile esigenza di tutela della sicurezza.
La richiesta, prontamente esaudita dai responsabili della struttura commissariale, arriva appena sceso davanti alla sbarra del cantiere. «Si può?» chiede. «Certo» rispondono. Giusto il tempo di concludere la conferenza stampa («Mi piacerebbe un gemellaggio fra Genova e Reggio Calabria, qui il ponte l’hanno fatto, là  lo devono fare») che si parte per il fuori programma.
La macchina si dirige verso l’autostrada e imbocca la galleria che conduce al viadotto, ovviamente sbarrata a chi non è autorizzato. L’auto con Salvini a bordo la percorre fino ad arrivare sul viadotto, con la soletta armata appena asciugata e in attesa delle gettata d’asfalto.
Il leader della Lega scende e fa qualche passo, prima di riprendersi per un commento di poco meno di un minuto. Non appena il video è su Facebook scattano le reazioni.
Ma come si può fare una cosa simile? A che titolo è salito su quel ponte?
Dai parenti delle vittime del Morandi filtrano sbigottimento e rabbia, nella speranza che l’inaugurazione ufficiale sia all’insegna della sobrietà .
Per ora l’unica certezza è che, 680 giorni dopo il crollo, il viadotto resta chiuso.   Tranne che per le passerelle dei politici, anzi di tre soli politici: Salvini, Toti e Bucci.

(da “NextQuotidiano”)

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SALVINI E I “PANNELLI DI METANO” SUL PONTE DI GENOVA CHE “SI AUTOALIMENTERA'”

Giugno 23rd, 2020 Riccardo Fucile

IL POVERETTO NON AVEVA NEANCHE CAPITO CHE SI TRATTA DI PANNELLI FOTOVOLTAICI: MA STUDIARE PRIMA DI SPARARE CAZZATE, MAI?

Ieri l’ingegner Salvini è andato al Ponte di Genova passando per Bolzaneto visto che era di strada e ha tenuto a spiegarci che si tratta di un progetto a “sviluppo e sostenibilità  ambientale visto che questo ponte, coi pannelli di metano sostanzialmente si autoalimenterà . Quindi ci vediamo da agosto in macchina…”.
Il sito PerGenova spiega invece come stanno davvero le cose, facendoci sapere che il ponte avrà  un “impatto ambientale contenuto grazie a pannelli fotovoltaici, che produrranno l’energia necessaria per il funzionamento dei suoi sistemi (illuminazione, sensoristica, impianti) sia di notte che durante il giorno”.
Salvini ha scambiato i pannelli fotovoltaici per “pannelli di metano”: ma studiare un minimo prima di sparare cazzate, mai?

(da agenzie)

argomento: denuncia | Commenta »

“SONO TORNATI I TURISTI”: IL GRILLINO CANCELLERI SCAMBIA UNA NAVE DA QUARANTENA PER UNA DA CROCIERA

Giugno 23rd, 2020 Riccardo Fucile

IL VICEMINISTRO NEANCHE SI ERA ACCORTO CHE ERA LA MOBY ZAZA’, USATA PER ISOLARE I MIGRANTI SALVATI DALLA SEA WATCH

“Ho visto che c’è una nave ormeggiata, questo significa che arrivano turisti e che ci sono prospettive”. Il viceministro delle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri ieri ha confuso la Moby Zazà  – cioè una nave usata per mettere in quarantena i migranti appena sbarcati – con una nave da crociera.
La nave sta ospitando 211 migranti che erano stati salvati dalla Sea Watch 3.
Cancelleri si trovava a Porto Empedocle per presentare dei progetti per un valore di 70 milioni di euro di investimenti, volti a potenziare ancora di più il porto e a renderlo meta proprio delle navi da crociera.

/da agenzie)

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CAPORALATO IN CALABRIA, CINQUE ARRESTI: IMPRENDITORI ITALIANI COSTRINGEVANO GLI OPERAI STRANIERI A MANGIARE PER TERRA

Giugno 23rd, 2020 Riccardo Fucile

SOLO I BRACCIANTI ITALIANI AVEVANO DIRITTO A UN TAVOLO

Non è solo una questione di sfruttamento del lavoro agricolo, ma anche di razzismo. La Procura di Paola, in provincia di Cosenza, ha scoperchiato l’ennesima storia italiana di caporalato e discriminazione: le vittime sono alcuni braccianti provenienti dal Bangladesh. Gli uomini erano sottoposti a turni massacranti e sottopagati.
I lavoratori agricoli erano costretti a mangiare per terra, a differenza dei colleghi italiani ai quali era concesso l’utilizzo di un tavolo. Arrivavano a lavorare fino a 26 ore di fila e la paga pattuita era di 1,50 euro l’ora.
Vessati da insulti e minacce, i bengalesi avevano a disposizione per vivere una struttura di 70 metri quadri, suddivisa in dieci appartamenti, con bagni rotti e condizioni igieniche inesistenti.
L’inchiesta è partita dalla denuncia di uno dei lavoratori. Il gip, su richiesta della Procura di Paola, ha disposto un’ordinanza di arresto domiciliare per cinque imprenditori italiani e due persone straniere. Gli indagati sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cittadini stranieri. L’azienda agricola di cui i cinque imprenditori erano soci è stata sequestrata.

(da Open)

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COLPO AI CLAN MAFIOSI A PALERMO E CATANIA: TORNA IN CARCERE IL BOSS CAPORRINO

Giugno 23rd, 2020 Riccardo Fucile

SEQUESTRATI 250.000 EURO AL COGNATO DI MESSINA DENARO

I carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari emessa dal gip del Tribunale, su richiesta Dda, nei confronti di 10 indagati (9 in carcere e 1 ai domiciliari), accusati a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate, furto aggravato, violazione delle prescrizioni imposte dalle misure preventive.
L’operazione ‘Teneo’, portata a termine da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, rappresenta un nuovo colpo nei confronti del mandamento mafioso di Palermo di San Lorenzo e Tommaso Natale.
Finisce di nuovo in carcere Giulio Caporrimo, uscito dal carcere nel 2019 e che avrebbe ripreso il controllo del mandamenti.
L’indagine è la prosecuzione delle operazioni ‘Oscar’ (2011), ‘Apocalisse’ (2014) e ‘Talea’ (2017) che avevano portato in carcere capi e gregari del mandamento con Francesco Paolo Liga (figlio dello storico boss Salvatore Liga, detto “u Tatenuddu”), poi affiancato, a partire dalla sua scarcerazione avvenuta nell’ottobre 2015, da Giuseppe Biondino (figlio di Salvatore, l’autista di Totò Riina), arrestato di nuovo nel gennaio 2018.
L’operazione ‘Teneo’ prende il via dal controllo delle attività  di Vincenzo Taormina, imprenditore del settore movimento terra, ritenuto particolarmente vicino a Francesco Paolo Liga reggente non sempre ben visto dagli affiliati.
Questi ultimi, secondo gli investigatori, riponevano grandi aspettative nella scarcerazione nel febbraio 2017 di Giulio Caporrimo e poi di Nunzio Serio e di altri affiliati arrestati nell’operazione ‘Oscar’.
I due erano venerati e ossequiati per la capacità  di comando, il carisma e l’influenza nella dinamiche mafiose (“l’hai sentita la buona notizia? E’ uscito Giulio, è uscito”). Gli equilibri mafiosi si sarebbero così spostati immediatamente in favore dello stesso Giulio Caporrimo e di Nunzio Serio, con un evidente ridimensionamento di Francesco Paolo Liga, senza che questi venisse comunque esautorato.
La figura centrale dell’operazione antimafia condotta oggi a Palermo dai carabinieri è quella del boss Giulio Caporrino, tornato in carcere oggi per le terza volta in tre anni. La libertà  d’azione del capomafia, in pratica, sarebbe durata solo 7 mesi perchè nel settembre 2017, dopo il primo arresto, era stato destinatario di un nuovo provvedimento restrittivo; da quel momento in poi, le redini del mandamento mafioso sarebbero state prese da Nunzio Serio, anche lui poi arrestato nel maggio 2018. Proprio in quel mese si sarebbe riunita per la prima volta dopo l’arresto di Salvatore Riina, la ricostituita commissione provinciale di cosa nostra palermitana, con la partecipazione di Calogero Lo Piccolo, nuovo rappresentante del mandamento di Tommaso Natale.
Ma anche lui fu poi arrestato nel gennaio 2019 nell’operazione “Cupola 2.0”, nel corso della quale finirono in carcere ben 6 capi mandamento, compreso Settimo Mineo che avrebbe dovuto assumere la carica di responsabile provinciale.
Nel corso delle indagini le telecamere e le microspie dei carabinieri immortalarono diversi incontri tra Caporrimo e Serio avvenuti, in alcune occasioni, anche al largo delle coste palermitane, sui rispettivi gommoni.
Uno spaccato anche pittoresco dei “costumi” mafiosi visto che le microspie registrarono che il primo si lamentava per la presenza delle moto d’acqua che scorrazzavano nei pressi di Sferracavallo.
Il capomafia raccontava di essere intervenuto personalmente nei confronti di alcuni di loro, originari dei quartieri di Brancaccio e di Pagliarelli, i quali, riconoscendolo, avevano tenuto un comportamento ossequioso tanto da essersi subito spostati sulla zona di Mondello perchè a Sferracavallo “c’era lo zio in porto”.
Gaspare Como, cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro, ha avuto confiscati beni per un valore di 250 mila euro da parte della Dia di Trapani, oordinata dalla procura di Marsala. Como, commerciante di Castelvetrano, è il marito di Bice Maria Messina Denaro.
Già  sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, attualmente è detenuto per associazione a delinquere di tipo mafioso. La confisca segue la condanna definitiva di Como a 3 anni e 6 mesi di reclusione, per trasferimento fraudolento di valori.
Per concorso nel medesimo reato sono stati condannati Gianvito Paladino (un anno e 6 mesi) e Bice Maria Messina Denaro. I beni sottoposti a confisca, già  sequestrati dalla Dia nel 2013, sono un’attività  commerciale di abbigliamento, un locale di circa 200 mq intestato a Valentina Como (sorella di Gaspare) e un’auto di grossa cilindrata. Gaspare Como, mentre scontava la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, dopo aver espiato una lunga detenzione in carcere, aveva avviato una fiorente attività  commerciale a Castelvetrano e continuato a fare investimenti in beni mobili e immobili, nonchè in aziende, intestando tutto a terze persone.
Ma si è arrivati al vero proprietario grazie all’esame delle movimentazioni bancarie degli indagati (sui cui conti operava esclusivamente il Como, apponendo anche firme false) e alle intercettazioni telefoniche sulle utenze delle aziende.
Nel 2018, è stato nuovamente sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, su proposta del direttore della Dia, e arrestato, insieme a Rosario Allegra (altro cognato di Matteo Messina Denaro, poi deceduto) e numerosi altri presunti affiliati a Cosa nostra, perchè ritenuto il reggente della famiglia mafiosa di Castelvetrano.
Vasta operazione antimafia della polizia a Catania con l’esecuzione di un’ordinanza cautelare in carcere per oltre 50 indagati del clan ‘Cappello-Bonaccorsi’. L’inchiesta della Procura Distrettuale etnea per la disarticolazione della cosca coinvolge anche mogli e figli dei boss. Nel blitz ‘Camaleonte’ sono impegnati centinaia di uomini della Polizia, con i reparti speciali e i nuclei investigativi, coordinati dalla Dda di Catania e dal Servizio centrale operativo. Sono in corso perquisizioni e sequestri di beni.
Sono complessivamente 52 le persone destinatarie del provvedimento restrittivo emesso dal Gip di Catania   Sono 44 gli arresti in carcere e due ai domiciliari eseguiti da squadra mobile della Questura etnea e dal Servizio centrale operativo (Sco) della polizia.
Ad altre due persone è stato notificato l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Ai vertici dell’organizzazione, che ha diverse ‘diramazioni territoriali’, la Dda di Catania colloca lo storico capomafia Salvatore Cappello, ergastolano e detenuto in regime di 41bis. Un’associazione mafiosa, accusa la Procura, dedita alla “commissione di delitti contro la persona, quali gli omicidi, perpetrati al fine di mantenere i rapporti di forza sul territorio, di tutelare i membri della consorteria, nonchè per espandere il proprio predominio criminale”. Il clan commetteva anche reati contro il patrimonio (rapine, furti ed estorsioni) e delitti connessi al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Tutto questo, ricostruisce la Procura distrettuale, per “acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività  economiche, di concessioni, autorizzazioni e di appalti pubblici e per realizzare, comunque, profitti o vantaggi ingiusti”.
Una parte degli introiti della cosca arrivavano anche dalla gestione di ‘piazze di spaccio’ con l’acquisto, l’importazione e la vendita di cocaina e marijuana. Le indagini hanno preso avvio nel gennaio 2017 e rappresentano il proseguo dell’inchiesta su Sebastiano Sardo, esponente di vertice del gruppo mafioso, a capo di una ‘cellula’ interna dedita prevalentemente al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Si sono concluse nel gennaio 2019.
La squadra mobile di Catania e agenti dello Sco hanno anche eseguito il sequestro dell’intero patrimonio aziendale della società  ‘Sc Logistica s.r.l.’ di Catania, e di conti correnti e depositi e rapporti finanziari intrattenuti da Mario Strano, accusato di dirigere il gruppo di Monte Po del clan, che era legato alla ‘famiglia’ Santapola-Ercolano e si era poi reso autonomo nel rione di ‘azione’ alleandosi organicamente al clan Cappello-Bonaccorsi

(da agenzie)

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TANGENTI E APPALTI TRUCCATI SU METRO MILANO, 13 ARRESTI

Giugno 23rd, 2020 Riccardo Fucile

NEL MIRINO DELLA GDF ALMENO OTTO GARE

Tredici persone sono state arrestate dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano nell’ambito di un’inchiesta su presunte tangenti e appalti truccati. Tra gli arrestati figura Paolo Bellini, dirigente dell’Atm, responsabile degli impianti di segnalamento e automazione delle linee metropolitane.
Al centro dell’inchiesta ci sono 8 appalti da 150 milioni di euro. Trenta persone fisiche e otto società  indagate. Tra gli arrestati due manager di Alstom Ferroviaria e uno di Siemens Mobility. A Bellini vengono contestate presunte tangenti per 125mila euro tra il 2018 e il 2019.
Tra i 13 arrestati (12 in carcere e uno ai domiciliari) ci sono oltre a Bellini, dirigente Atm (società  municipalizzata del Comune di Milano) e ritenuto pubblico ufficiale, imprenditori e manager. Indagate e perquisite otto società  tra cui Siemens Mobility, Alstom Ferroviaria, Ceit e Engineering Informatica.
Tra gli appalti al centro dell’inchiesta, condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, uno sulla manutenzione di impianti di telecomunicazione della linea 5 della metropolitana milanese e quello sui sistemi di segnalazione automatica della Linea 2.
Bellini, secondo l’accusa, avrebbe incassato o pattuito presunte mazzette per 125mila euro tra ottobre del 2018 e luglio del 2019. Perquisizioni sono in corso anche in Atm. L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Giovanni Polizzi ha portato all’ordinanza cautelare firmata dal gip Lorenza Pasquinelli.

(da agenzie)

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