Giugno 29th, 2020 Riccardo Fucile
MARIA LUISA FARO SCRIVE AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE: “SIA GARANTITO IL SERVIZIO”…SONO LONTANI I TEMPI IN CUI DICEVANO CHE NON CI AVREBBERO MESSO PIEDE
Venerdì 26 giugno, ore 14.45. Commissione bilancio della Camera: si dibatte di altissime e urgentissime risoluzioni in tema di “materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonchè di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”.
Ma se il Paese muore di fame, come dicono i Giusti animati da genuina e dunque irrefrenabile indignazione, può capitare che almeno un languorino colpisca il deputato, se i diritti castali dei cuochi e dei camerieri non coincidono col suo, di rivoluzionario, che a una certa ora qualcosa sotto i denti deve pur metterla.
Forse l’evocativo presidente di turno, che risponde al cognome di Buompane, contribuisce a sciogliere i pur labili imbarazzi, e la cittadina onorevole Marialuisa Faro (trentaseienne catanese, esordi non vividissimi nei cinque stelle, nel 2013, col 3.59 per cento raccolto da candidato sindaco di Sannicandro Garganico, Foggia, infine restituita alla sua dimensione con l’ingresso alla Camera nel 2018) interviene sull’ordine dei lavori e avanza la vibrante protesta: il ristorante di Montecitorio è chiuso.
Arrivano giorni festivi, chi ci nutrirà ? Farlo riaprire, secondo il saggio detto popolare che se le cose vanno male lo stomaco non ne deve soffrire. Avvertire dunque il collegio dei Questori e la Presidenza della Camera, nella persona dell’onorevole presidente Roberto Fico. Il quale Roberto Fico, alla prima uscita da terza carica dello Stato, due anni e qualche mese fa, aveva proposto le linee guida improntate a eguaglianza e giustizia: qua si spendono migliaia di euro per il ristorante, mentre la gente non ha di che mettere in tavola.
Ma come conciliare i frugali propositi col calo degli zuccheri?
All’ingresso nel palazzo del potere, sette anni fa, i ragazzi dei cinque stelle si riversavano a intasare la più dozzinale mensa, atto emblematico e rivoluzionario, poichè il ristorante era il simbolo dei simboli della Casta, sinchè Luigi Di Maio non pose il drammatico problema: il ristorante è sempre vuoto, vorremo mica avere sulla coscienza dei licenziamenti? Seguì accesa vertenza e brillante deliberazione: andiamo al ristorante, purchè diventi self service. Sennonchè la faccenda dei camerieri sfaccendati, loro malgrado, sarebbe restata tale, e di self service non si parlò mai più. Toccò andare al ristorante e lenire il dolore nelle pietanze.
Del resto già a fine 2013 il rivoluzionario in capo, Beppe Grillo, aveva radunato un drappello dei suoi nelle medesime sale di sbafo, chiarendo che Mao Zedong una l’aveva toppata: la rivoluzione, talvolta, può anche essere un pranzo di gala.
Di Maio, che poche settimane prima aveva detto mai e poi mai al ristorante della Camera, si adeguò (nella stessa circostanza disse anche se mi vedete con un’auto blu linciatemi, perchè le auto blu sono il male assoluto, e settimana scorsa in Svizzera ne aveva una decina, ma per scelta del governo elvetico, qui in Italia ne ha solo due o tre).
A un certo punto girò la foto di non ricordo quale deputato a cinque stelle cui il cameriere parlamentare versava un bicchiere di sincero Morellino — e con colleghi di altri partiti, sacrilegio! — e Alessandro Di Battista si incaricò della difesa: a me lì dentro non mi vedrete mai (però lo vedevamo all’Osteria del Sostegno, delizioso e raffinato ristorante di piazza Capranica, prezzi all’altezza dei piatti), ma non siate troppo severi, disse, non è poi tutto ‘sto privilegio; in ogni caso è molto bello il controllo dei cittadini, ci aiuta a migliorare, aggiunse commentando la shitstorm (tempesta di cacca) scatenata sul cedevole onorevole.
Ormai è tutto dimenticato. Si lavora e si mangia.
Il grillino al sacco si è evoluto in grillino al tavolo, come è giusto che sia. E, se giunta l’ora del desinare il ristorante è chiuso, ed egli deve ricaricare le pile e caricare un saltimbocca, può anche essere che gli girino un po’ le scatole.
E interpelli il presidente Buompane il quale, cinque stelle anch’egli, prenda la questione di petto e la giri al presidente Fico. Pare di vederlo, Fico, con le due noci di Fra’ Galdino, a sospirare sui nobili cuori e l’ignobile pancia.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: la casta | Commenta »
Giugno 29th, 2020 Riccardo Fucile
IN REGIONE TROPPE INFILTRAZIONI E FORZATURE DELLA GIUNTA : “HO RINUNCIATO A INDENNITA’ E DEVOLUTO IN BENEFICIENZA LO STIPENDIO, NON MI SONO CANDIDATO PER INTERESSE PERSONALE”… “HO FATTO DELLA LOTTA ALLA ‘NDRANGHETA UNA RAGIONE DI VITA: NON POSSO STARE IN UN AMBIENTE INQUINATO”
Dopo poco più di due mesi di attività del Consiglio regionale, tornato a riunirsi con
regolarità solo dopo il lockdown, l’ex candidato governatore del centrosinistra Pippo Callipo ha gettato la spugna.
Questa mattina, a poche ore dall’inizio del Consiglio regionale ha protocollato le proprie irrevocabili dimissioni dall’assemblea. Una decisione arrivata dopo “lunga e sofferta riflessione” dice con una nota stampa, che al momento non ha alcuna intenzione di approfondire o integrare.
I suoi telefoni squillano a vuoto, i suoi collaboratori fanno sapere che al momento non ha dichiarazioni aggiuntive da fare.
“Fin da subito ho lavorato con entusiasmo e ottimismo, tuttavia – si legge – ben presto ho capito che le regole e i principi che ordinano l’attività del Consiglio regionale sono di fatto “cedevoli” al cospetto di prassi consolidate negli anni che mortificano la massima Assemblea legislativa calabrese e che si scontrano con la mia mentalità improntata alla concretezza”.
Consigli al buio con ordine del giorno comunicato a poche ore dall’inizio, sgarbi istituzionali come la presentazione del programma di governo della presidente Jole Santelli a quattro mesi dalle elezioni, forzature, mozioni e proposte di legge messe in votazione al termine dell’assemblea e senza discussione alcuna.
Nella giungla del Consiglio regionale, Callipo si è sentito perso. Impotente – dice chi gli sta vicino – di fronte a procedure, prassi e “liturgie politiche – scrive nella nota – che impediscono la valutazione delle questioni sulle quali l’Assemblea è chiamata ad esprimersi”.
È successo con la norma sulle indennità di fine mandato. Discussa frettolosamente in conferenza dei capi gruppo e portata in aula dopo sette ore di Consiglio, con trattazione affidata al consigliere di maggioranza Giuseppe Graziano, che si è limitato ad un laconico “si illustra da sè”, la legge per qualche giorno ha ripristinato le indennità di fine mandato anche per i consiglieri che non terminino il proprio.
Poi è scoppiato lo scandalo, tutti i consiglieri si sono indignati per la legge unanimemente approvata, per poi correre ai ripari con un Consiglio convocato ad hoc per abrogarla. E senza che ne venisse chiarita davvero la paternità politica, occultata da un rimpallo di responsabilità tutto interno al centrodestra.
Ma per quella norma, l’intera assemblea è finita sotto attacco. Incluso Callipo, che ha dedicato buona parte della propria campagna elettorale a tuonare contro i privilegi della politica.
Per questo, nella sua lettera d’addio, ci tiene a chiarire di non essersi candidato “per interesse personale o per il lauto compenso che viene corrisposto per questa carica, che per altro ho finora interamente devoluto in beneficenza, rinunciando in tempo utile anche al “vitalizio” e all’indennità di fine mandato”.
Lo scivolone sulle indennità di fine mandato, di cui ha giurato di non essersi reso conto, gli è bruciato parecchio. Ma a indurlo a gettare la spugna avrebbero contribuito anche l’ormai consolidata prassi della maggioranza di Jole Santelli di andare avanti per forzature. L’ultima in ordine di tempo si è consumata sulle commissioni, lievitate di numero al prezzo di 100mila euro all’anno di costi aggiuntivi, per tenere a bada gli equilibri interni alla maggioranza. E senza neanche riuscire nell’intento.
Nodo del contendere, la presidenza dell’antindrangheta, inizialmente affidata al consigliere Raffaele Sainato di Fdi, fin troppe volte evocato in un’inchiesta antimafia e su istanza di Giorgia Meloni in persona – dicono le indiscrezioni – spostato sulle “Riforme”.
Uno psicodramma diventato pubblico, che la maggioranza ha provato a sciogliere affidando la commissione al centrosinistra, cui nel frattempo è stata “scippata” la “Vigilanza”, tradizionalmente affiata all’opposizione.
Offerta rispedita al mittente con una nota di protesta e un’uscita dall’aula, mentre la maggioranza approvava presidenze monocolore e assegnava d’ufficio le vicepresidenze all’opposizione, rifiutate – anche queste – con dimissioni in blocco. Impasse ancora tutta da sciogliere al pari di quella sulla “questione morale” che secondo indiscrezioni avrebbe pesato non poco sulla decisione di Callipo di gettare la spugna.
Per il leader di “Io resto in Calabria”, che della battaglia contro la ‘ndrangheta ha fatto una pubblica bandiera, l’ambiente del Consiglio sarebbe fin troppo inquinato.
L’iscrizione sul registro indagati per concorso esterno in associazione mafiosa dell’assessore regionale Domenica Catalfamo, destinataria nelle scorse settimane di un avviso di conclusione indagini per associazione a delinquere e induzione a dare e promettere utilità , è solo l’ultimo episodio di un Consiglio che “vanta” già l’arresto del consigliere regionale di Fdi Creazzo, più decisamente poco edificanti passaggi emersi in maxioperazioni antimafia su consiglieri di maggioranza come Raffaele Sainato, Giuseppe Neri e Vito Pitaro. Troppo – assicurano i suoi stretti collaboratori – per non inquinare l’intera assemblea a detta di Callipo, che anche per questo avrebbe deciso di tirarsi fuori.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 29th, 2020 Riccardo Fucile
LE VITTIMI SONO INVECE AUMENTATE DEL 38,7%… L’ATTORE E’ LIBERO DI CREDERE ALLE FAKE NEWS AMPIAMENTE SMENTITE, MA NON DI DIFFONDERLE SUI MEDIA
Oggi su La Verità compare un’intervista di Luca Telese a Luca Barbareschi significativamente intitolata “Con la pandemia ha vinto Big Pharma”.
In un passo del colloquio tra i due noti virologi, epidemiologi e statistici prima l’attore e regista dice che lui non è un complottista, ma… (come quelli che non sono razzisti, ma…) e poi afferma che ci sono stati meno morti nel 2020 rispetto al 2019 e quindi il vero vincitore della pandemia è Big Pharma:
E invece quando parli dei tuoi dubbi sul lockdown a cosa ti riferisci?
«Ai numeri che non tornano».
Quali?
«Quelli dei morti. Tu sai che sono un assoluto sostenitore della necessità dei vaccini, sai che credo alla scienza, che nulla è più lontano da me della dietrologia cospirativa, ma…».
Cosa?
«I numeri assoluti sul Covid non tornano con quelli della narrazione ufficiale: addirittura meno morti dello scorso anno, per influenza, e anche in numeri assoluti»
E quindi?
«Vuoi che te lo dica con una battuta? Il vero vincitore di questa pandemia sarà Big Pharma».
Le case farmaceutiche, intendi.
«È un fatto, e non c’è neanche nulla di malvagio. Ma il lockdown pare la più straordinaria campagna pubblicitaria della storia mai fatta a favore di un vaccino coatto».
Vuoi dire che sarà obbligatorio?
(Sorride) «Nel clima che si è instaurato mi pare molto difficile l’impresa di chi volesse dire: “Io non voglio vaccinarmi”»
Di cosa parla Barbareschi mentre Telese recita il suo solito ruolo di paladino dell’informazione corretta e ancorata ai dati?
Di un bannerino che vi sarà capitato di vedere nello scorso aprile, quando girava nelle chat dei più rintronati dei più informati della zona euro:
Come si faceva già notare ad aprile, la prima cifra, 185.967, si riferisce al periodo tra il primo gennaio e il 31 marzo del 2019 ed è corretta: proviene dai dati provvisori elaborati dall’ISTAT sui decessi mensili dell’anno scorso.
La seconda cifra, quella dei morti nei primi tre mesi del 2020, era invece inventata.
Gli autori del messaggio scrivevano che i morti sarebbero stati 165.367, cioè 20 mila morti in meno del 2019, quando non era ancora in corso la pandemia di coronavirus.
In realtà nè l’ISTAT nè altre istituzioni ufficiali avevano ancora diffuso i dati sui decessi nel primo trimestre del 2020.
Nel maggio 2020 l’ISTAT ha pubblicato i dati che si riferiscono al trimestre gennaio-marzocertificando che qualcuno diceva sciocchezze.
Indovinate chi? Seguiamo l’analisi di quei numeri pubblicata da Youtrend:
Nel primo trimestre dell’anno si è passati da una media di 158.139 decessi nel quadriennio 2015-2019 a 175.631 morti nel 2020: insomma, un aumento dell’11,1% nel nostro Paese.
Il coronavirus in Italia ha però iniziato a colpire da fine febbraio: pertanto, se isoliamo il periodo che va dal 20 febbraio (giorno della scoperta del primo caso a Codogno) al 31 marzo, i decessi passano da 65.592 (media 2015-2019) a 90.946 nel 2020, con un aumento quindi del 38,7%.
Come si vede dal grafico, i decessi nel 2020 sono rimasti sotto la media dei cinque anni passati fino al 5 marzo, giorno in cui tale media è stata superata.
Il numero di morti ha poi continuato a crescere: basti pensare che negli ultimi giorni di marzo si sono registrati, in media, tra i 2800 e i 2900 decessi giornalieri, quasi il doppio dei 1500-1600 che ci si sarebbe attesi sulla base della media degli anni passati.
Allo stesso tempo, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità , in questo periodo si sono registrati 13.710 decessi per coronavirus. Tuttavia, questi rappresentano solo il 54,1% dei decessi in eccesso, segno che probabilmente molti deceduti erano positivi al coronavirus ma non sono stati sottoposti a tampone.
Insomma, Barbareschi e Telese su La Verità veicolano una bufala che girava su Facebook e Whatsapp ad aprile e che nel frattempo è stata ampiamente smentita un po’ ovunque.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 29th, 2020 Riccardo Fucile
DAL DOMINIO DEI CLAN LA TORRE, GAGLIARDI, FRAGNOLI A PIAZZA DI SMISTAMENTO DEI BRACCIANTI…E OGGI SALVINI ARRIVA IN CITTA’
Manifestazione di Matteo Salvini, contro-manifestazione di associazioniBper protestare
contro l’arrivo del segretario della Lega in città .
Il pomeriggio di Mondragone sarà animato da uno scontro di ideologie politiche: il pretesto è stato il focolaio di Coronavirus scoperto nella comunità bulgara e le tensioni susseguite tra cittadini locali e immigrati. Ma dietro alla fede per l’uno o per l’altro partito, dietro all’interpretazione di quanto accaduto nel Comune casertano, in realtà , esiste un odio sociale che affonda le radici negli anni ’80.
Tra i vetri infranti, le cariche della polizia e le urla in un pidgin est-europeo e campano, c’è un uomo che osserva la sua città degradarsi in una guerra lontana.
Si chiama Marco Pagliaro, di professione è un avvocato ed è un attivista di un gruppo locale. Lui, a Mondragone, è cresciuto. Ripercorrendo i passaggi del sogno infranto della sua terra — dalla “Versilia campana”, alle ripercussioni dei terremoti dei Campi Flegrei, dal dominio dei clan La Torre, Gagliardi, Fragnoli, alla piazza di smistamento dei braccianti -, Pagliaro riesce a raccontare con lucidità l’origine del male, la xenofobia di Mondragone
L’area ex Cirio
«La comunità di bulgari è concentrata quasi interamente all’interno delle palazzine ex Cirio», spiega. Si tratta di cinque edifici costruiti sul finire degli anni ’70 in una zona centrale della città . Gli investitori immobiliari volevano riqualificare quell’area intravedendo un potenziale turistico. «Gli appartamenti, ancora oggi e nonostante il degrado, rivelano alcune accortezze architettoniche che nulla hanno a che vedere con l’edilizia popolare».
La “Versilia” incompiuta
Quel sogno di sviluppo finì nel giro di qualche anno, con la crisi bradisismica dei primi anni ’80 e gli sfollati che, dalla zona di Pozzuoli, si trasferirono lungo il litorale Domizio. Fu allora che il sogno di Mondragone di diventare la meta prediletta di una sorta di “Versilia campana” cominciò a tramontare. «Gli appartamenti dei Palazzi ex Cirio, acquistati da persone facoltose di Napoli e Roma che volevano investire nel mattone, vennero in parte affidati ad alcuni nuclei famigliari che avevano perso la casa nei terremoti dei Campi Flegrei», racconta Pagliaro.
La svalutazione del mattone
Iniziò così, con il collocamento degli sfollati, il decadimento dell’area ex Cirio. Perso l’appeal turistico e constatata l’incertezza della situazione, i residenti dell’hinterland napoletano presero a occupare o ad acquistare gli appartamenti rimasti liberi, a costi irrisori. «Era in corso un’immigrazione autoctona di gente poco affidabile. Alcuni di loro erano camorristi alla ricerca di fortuna in una zona ancora poco battuta dalla malavita. Ci fu una trasformazione rapida, in cui la politica e le istituzioni restarono a guardare, assenti», lamenta Pagliaro.
L’immigrazione bulgara
Ma quella degli anni ’80 fu solo la prima delle ondate che trasformarono Mondragone. Nel primo decennio degli anni 2000, prese il via una strana immigrazione di massa: persone di cittadinanza bulgara prendevano casa nella cittadina casertana, «territorio solitamente poco interessato dai movimenti migratori».
Inizialmente, ci fu una sottovalutazione del fenomeno e i bulgari, essendo cittadini comunitari, non dovevano attraversare chissà quale trafila burocratica. Arrivavano a Mondragone e prendevano residenza nell’area ex Cirio. La maggior parte di loro trovava impiego nei campi agricoli della zona.
La situazione degli affitti
Pagliaro ci tiene a precisare che i cinque palazzi che si stagliano su via Domiziana non sono occupati: «Molti parlano di occupazione abusiva degli stabili da parte dei bulgari, ma non è così». La realtà è che la maggior parte degli appartamenti dei palazzi ex Cirio hanno proprietari italiani che affittano, con contratto regolare e registrato, a cittadini bulgari.
Da dieci anni a questa parte, i bulgari erano e sono impegnati nella raccolta di pomodori, fagioli e frutta nei campi di quel territorio: «Mondragone è diventata un vero e proprio centro di smistamento dei braccianti dell’area».
Il sovraffollamento dell’ex Cirio
Il caporalato, però, iniziava a produrre il sovraffollamento abitativo dei palazzi ex Cirio. «In un appartamento in cui risultavano residenti, con contratto regolare e registrato, quattro persone, in realtà vivevano una ventina di bulgari, in condizioni igieniche precarie».
Quei palazzi, racconta Pagliaro, non sono mai stati sottoposti a opere di manutenzione da quando furono costruiti. «E per ogni residente regolare, ce n’erano e ce ne sono tutt’oggi altri tre che vivono in una sorta di anonimato, di invisibilità ».
Il ricatto del caporalato
Alle 4 di mattino, oggi come ieri, i bulgari vanno a lavorare nei campi per due euro all’ora. «Passano dei furgoni decadenti a prelevarli». Spiega Pagliaro, prima di raccontare un aspetto che riguarda proprio gli stabili di via Domiziana: «C’è una pratica ufficiosa che è causa di ulteriori problemi abitativi all’ex Cirio. Alcuni imprenditori agricoli, che hanno bisogno di manodopera a basso costo, contattano i proprietari italiani degli appartamenti e si offrono di pagare l’affitto per tre, quattro persone di nazionalità bulgara. L’accordo tacito è che, all’interno, ci vivranno il triplo, forse il quadruplo dei braccianti».
I bulgari, pedine di questa trattativa, ricevono un luogo dove dormire e una ventina di euro al giorno per lavorare dieci ore nei campi.
Degrado genera degrado
«In un’area abbandonata dalla politica, priva di servizi e di una rete sociale forte, si sono stabilite persone che non hanno nella propria cultura l’idea della stanzialità », dice Pagliaro. Si sono generate, nell’incuria del luogo, sacche di criminalità : spaccio, contrabbando di sigarette e sfruttamento della prostituzione. Nel corso di alcuni procedimenti giudiziari, è stata accertata l’induzione alla prostituzione di ragazzini bulgari di 10-12 anni. «E di persone benestanti italiane che approfittavano di questi minorenni, medici e professionisti di ogni genere. Vedete, i problemi del nostro territorio non sono imputabili ai bulgari o ai mondragonesi: sono, piuttosto, il frutto delle mancanze delle istituzioni», chiosa l’avvocato.
L’odio sociale
In questa situazione fuori controllo, da diversi anni si registrano episodi di violenza tra mondragonesi e bulgari. C’è l’insofferenza per la microcriminalità che parte dai palazzi ex Cirio, «ma non si cerca una soluzione per l’integrazione».
Un vero e proprio ghetto, nel cuore della città , è ritenuto la radice di tutti i mali della zona. «Anche i camorristi soffiano sul fuoco dell’odio interetnico, accusando i bulgari dei reati che essi stessi commettono».
Un anno e mezzo fa, un adolescente bulgaro è stato raggiunto da un colpo di pistola esploso da un mondragonese. Baby-gang di locali, composte da 20-30 ragazzi campani, sono state responsabili di pestaggi a sfondo razziale.
Cosa resterà dopo la visita di Salvini
La preoccupazione per il focolaio Covid, in realtà , sta rientrando. Resterà , dopo la visita del segretario della Lega, il problema del forte disagio sociale. L’ultimo contro il penultimo, l’immigrato contro il disoccupato. Una contrapposizione che tiene il freno inserito alla ripresa turistica di una zona che offre una costa molto bella.
«Sulle montagne vicine a Mondragone, passa un lungo tratto di via Appia antica con alcune ville romane ben conservate. I bar e gli stabilimenti balneari hanno un’incidenza positiva e i clan La Torre, Gagliardi e Fragnoli sono stati decimati dagli arresti negli anni ’90. Il controllo del territorio da parte della criminalità è flebile», conclude Pagliaro.
Le condizioni per rilanciare Mondragone esistono, ma la sua rinascita economica e legata alla risoluzione dei problemi tra locali e bulgari. Solo se l’odio sociale riuscirà a diventare collaborazione — il lavoro dei braccianti è indispensabile nella zona — il litorale Domizio potrà tornare a sognare di diventare “la Versilia campana”.
(da Open)
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 29th, 2020 Riccardo Fucile
ORA PUO’ FARE IL CANDIDATO SOVRANISTA A MANTOVA, E’ DEGNO DI LORO… DOPO LA DENUNCIA DI TPI DE DONNO CHIUDE IL PROFILO FACEBOOK E RIMEDIA UNA FIGURA DI MERDA
La curiosa storia del presunto medico di Atlanta, Joseph Dominus, si è conclusa con un profilo Facebook sparito.
Il tutto era partito con una scoperta fatta da Selvaggia Lucarelli che, incuriosita da quell’endorsement pubblico comparso sulla bacheca social di Giuseppe De Donno, è andata ad analizzare quel profilo fino a risalire al numero di telefono (non cancellato da chi lo ha creato) con cui si è registrato sui social.
E a sorpresa, a rispondere alla telefonata è stato lo stesso medico di Mantova (prossimo candidato sindaco).
Alla fine, infatti, lo stesso De Donno ha confermato che si trattava di un profilo fake.
Questo Joseph Dominus, dunque, non esiste.
Quel medico luminare di Atlanta — che come spiega Bufale.net aveva una curiosa immagine di profilo, una spiaggia pugliese — era un fake creato e utilizzato da Giuseppe De Donno.
Il medico di Mantova ha spiegato di averlo creato per ‘spiarci da fuori’. Ovviamente, se non ci fosse stato il lavoro di Selvaggia Lucarelli, questo falso d’autore avrebbe proseguito nel suo intento di incensare il lavoro del medico di Mantova.
Non esisteva, ma in molti ci credevano. Ora che Giuseppe De Donno è diventato un personaggio (molto) pubblico, è normale che l’attenzione dei media si sia catalizzata su di lui. E lui ribatte, dicendo che la storia di Joseph Dominus dimostri come i giornali si concentrino più sulla sua persona che sui suoi studi.
Ma non è questo il punto: creare un profilo falso per incensare sè stessi (con lacune tecnologiche mostrate dalla mancata rimozione del proprio numero di telefono dalle informazioni della privacy), è sbagliato e controproducente.
Ora, però, la verità è venuta a galla e la cancellazione del presunto medico luminare di Atlanta, Joseph Dominus, è la dimostrazione di come il narcisismo conti più di tutto. Nonostante le risposte seccate, gli esperimenti social (e sociali) e tutto quanto. La credibilità di costruisce su altro.
Come il sottolineare che nessuno avesse parlato della plasmaterapia, mentre (in realtà ), tutti ne parlavano.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 29th, 2020 Riccardo Fucile
IL COMITATO DEI PARENTI DELLE VITTIME: “DOVE C’E’ LUI NOI NON ANDIAMO, NON LO VOGLIAMO VEDERE”
Attilio Fontana è stato contestato ieri a Bergamo durante la cerimonia di
commemorazione dei seimila morti per Coronavirus a Bergamo e provincia che ha visto anche la presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Un minuto di silenzio è stato osservato dall’orchestra prima dell’esecuzione della messa di Requiem di Donizetti.
Ad assistere al concerto 243 sindaci di tutta la Bergamasca, i rappresentanti degli operatori sanitari e alcuni famigliari delle vittime, un pubblico ristretto per via delle misure di sicurezza.
Il presidente della Repubblica, accompagnato dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori e dal governatore lombardo, Attilio Fontana ha percorso il viale che porta alla chiesa di Ognissanti, la stessa che nel marzo scorso ha accolto le bare delle vittime attendendo il convoglio militare.
Ai rappresentanti dei parenti delle vittime raccolti prima nella pagina Facebook, arrivata a 60mila adesioni, e poi nel Comitato Noi Denunceremo, la formula scelta non è piaciuta per varie ragioni: il vicepresidente Luca Fusco ha sottolineato di non aver gradito la presenza del presidente della Regione Attilio Fontana, a cui negli esposti presentati alla magistratura si attribuiscono possibili responsabilità per la mancata istituzione della zona rossa nei Comuni di Nembro e Alzano, quelli più piegati dal Coronavirus.
“Quale portavoce dei parenti delle vittime — dice Fusco, che stasera parteciperà alla cerimonia, unico del Comitato — vorrei solo essere capace di nascondere la mia irritazione. Non siamo avvezzi a questo tipo di cerimonie istituzionali ma ho chiarito in modo inconfutabile agli organizzatori di questo evento che non avrei in nessun modo condiviso alcuno spazio fisico con il presidente della Regione, considerato quello che io e il Comitato incarniamo come principi e fini istituzionali”.
Fusco si è augurato che “Fontana possa cogliere questa occasione per sentire il dolore di Bergamo e dei bergamaschi e che, davanti al cimitero simbolo di un’ecatombe, prenda coscienza di questo dolore e chieda scusa ai cittadini che non hanno potuto partecipare per protocollo a quel funerale mai celebrato. Un atto di ammenda che alcuni hanno fatto e che tanti altri dovranno fare”.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 29th, 2020 Riccardo Fucile
“NON TI CONVIENE GIRARE SENZA SCORTA”… ATTENDIAMO DI SAPERE QUANDO LO STATO ANDRA’ A PRELEVARE QUESTE PERSONE A CASA
Ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha presenziato alla cerimonia di commemorazione dei seimila morti per Coronavirus a Bergamo e provincia.
Un minuto di silenzio è stato osservato dall’orchestra prima dell’esecuzione della messa di Requiem di Donizetti.
Ad assistere al concerto 243 sindaci di tutta la Bergamasca, i rappresentanti degli operatori sanitari e alcuni famigliari delle vittime, un pubblico ristretto per via delle misure di sicurezza.
Il presidente della Repubblica, accompagnato dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori e dal governatore lombardo, Attilio Fontana ha percorso il viale che porta alla chiesa di Ognissanti, la stessa che nel marzo scorso ha accolto le bare delle vittime attendendo il convoglio militare.
Purtroppo la sua presenza nella cittadina ha scatenato gli account-con-numeretti o con bandierine che hanno coperto di insulti il presidente della Repubblica.
Naturalmente insieme a quelli che dicono che il COVID-19 è stata “tutta una truffa ai danni degli anziani e della economia italiana”, come se i seimila morti fossero uno scherzo. Tra questi anche i simpaticissimi-issimi-issimi che fanno battute sulla “mummia”.
Secondo alcuni account “bandierinati”, poi, Mattarella, presenziando alla cerimonia, sta “speculando” sui morti per Bergamo.
Insieme c’è anche chi minaccia l’incolumità del presidente della Repubblica, sostenendo che al presidente della Repubblica non conviene girare senza scorta, così come a Conte, perchè entrambi… “non sono molto popolari”.
E infine c’è chi accusa Mattarella di essere “un massone globalista insieme a Bill Gates”. Una girata di sugo li seppellirà ?
Attendiamo di sapere quando lo Stato italiano andrà a trovare queste persone a casa.
(da agenzie)
argomento: Giustizia | Commenta »
Giugno 29th, 2020 Riccardo Fucile
COSA ASPETTA IL GOVERNO ITALIANO A CHIEDERE CONTO DELLE MINACCE DI UN DELINQUENTE ALLA STAMPA ITALIANA?… DOVE SONO I SOVRANISTI DELLA DOMENICA CHE “PARLANO A NOME DEL POPOLO ITALIANO”?
Il lavoro che da mesi, ormai, sta portando avanti Nello Scavo sulle pagine di Avvenire ha
una importanza che spesso, in Italia, viene sottovalutata.
Nelle sue inchieste, infatti, mette in evidenza la responsabilità dei governi — nel triangolo Malta, Libia e Italia — in merito a quello che sta succedendo nel Mediterraneo: come reagiscono i vari stati ai naufragi, come avvengono le comunicazioni, come — spesso — alcuni alti funzionari arrivino a parlare direttamente con gli scafisti (qualche mese fa, svelò come Bija arrivò a parlare con funzionari del Viminale).
Nelle ultime ore, ci sono state minacce a Nello Scavo da parte di un ex funzionario del governo maltese, praticamente nel silenzio generale.
Su Twitter, Nello Scavo ha più volte chiesto conto ai membri del governo dell’isola della loro gestione dei naufraghi che si avvicinano alle loro coste partendo dalla Libia. La risposta che ha avuto, attraverso un tweet pubblico e visibile a tutti, da Neville Gafa’, ex direttore dell’ufficio del premier maltese, è inquietante: «Ferma i tuoi sporchi affari — ha scritto in un tweet — o noi fermeremo te».
Nel silenzio dell’opinione pubblica italiana — soltanto alcuni giornalisti e, recentemente, anche la scrittrice Michela Murgia hanno solidarizzato con Nello Scavo -, Carola Rackete si è inserita in questo dibattito, difendendo la libertà di stampa e, nella fattispecie, il lavoro del giornalista di Avvenire.
Insomma, nè più e nè meno — visto il ruolo di colui che ha minacciato Nello Scavo — quello che avrebbe dovuto fare la politica italiana.
«L’ex direttore dell’ufficio del PM di Malta ha minacciato un giornalista italiano — ha scritto Carola Rackete -. Malta è infatti coinvolta in molti affari sporchi, come l’uso di pescherecci maltesi per riportare i rifugiati in Libia dalla zona di ricerca maltese, come esposto da Nello Scavo nei suoi articoli su Avvenire».
Un messaggio di supporto che arriva dalla capitana della Sea Watch che proprio l’anno scorso, in questo periodo, aveva riportato a Lampedusa i naufraghi a bordo della nave della ong tedesca, forzando il blocco delle autorità italiane.
Un messaggio che sarebbe dovuto arrivare anche da altri settori della politica e delle istituzioni. Questi ultimi, invece, restano pericolosamente in silenzio: c’è il dramma dei migranti e ci sono le minacce per chi lo racconta. E pochi, pochissimi, che ne parlano.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 29th, 2020 Riccardo Fucile
A GENNAIO LA CORTE SUPREMA ITALIANA STABILI’ CHE IL SUO ARRESTO NON ERA GIUSTIFICATO… “QUEI MIGRANTI ANCORA OGGI ANNEGANO PERCHE’ L’EUROPA VUOLE CHE ANNEGHINO, NEGANDO ROTTE SICURE”
Un anno fa il capitano Carola Rackete guidò la Sea-Watch 3 senza autorizzazione nel porto di Lampedusa, dopo che il suo equipaggio aveva salvato 53 naufraghi. L’allora ministro degli Interni Matteo Salvini aveva rifiutato l’ingresso della nave in porto e durante più di due settimane di stallo la situazione a bordo era arrivata allo stremo.
Così il 29 giugno del 2019 Carola Rackete fece attraccare la nave in porto senza autorizzazione e venne arrestata. A gennaio la Corte Suprema italiana ha stabilito che il suo arresto non era giustificato.
”Un anno fa, sono entrata nel porto di Lampedusa senza autorizzazione, dopo che il mio equipaggio e io abbiamo salvato 53 persone dal naufragio e dopo che tutta l’Europa ci ha abbandonato per più di due settimane. Il nostro equipaggio ha dovuto farlo come parte della flotta di soccorso civile perchè l’Unione europea aveva ritirato tutte le sue navi, pur sapendo che i rifugiati in fuga dalla guerra in corso in Libia stanno tentando l’attraversamento”, ha dichiarato alla Dpa.
”Il nostro equipaggio doveva essere in mare perchè sappiamo che i diritti umani sono universali e il diritto marittimo non si preoccupa dei passaporti: ho pensato che dovevamo essere in mare non solo per effettuare il salvataggio, ma anche come segno di resistenza contro il razzismo strutturale delle autorità europee”, ha aggiunto.
L’attivista rivolge quindi un appello a ”tutti i cittadini dell’Ue” che ”dovrebbero sapere: quelle persone che stanno annegando nel Mediterraneo – almeno 96 morti entro questo mese – non sono vittime di un incidente imprevisto o di un disastro naturale. Annegano perchè l’Ue vuole che anneghino, spaventando coloro che potrebbero tentare di attraversare. Annegano perchè l’Europa nega loro l’accesso a rotte sicure e non lascia altro che rischiare la vita in mare. E nessuno sarebbe entrato in una simile barca, a meno che non fosse più sicuro della costa!”, ha dichiarato. ‘
‘Come cittadini europei, dobbiamo interrompere questa politica! Dobbiamo abbattere la fortezza Europa, creata per far morire i poveri dalle coste del Mediterraneo dove nessuno li vede. Ci deve essere uguaglianza e libertà per tutti, per vivere e muoversi senza paura per la propria vita”, ha proseguito.
”Fino a quando ciò non diventerà realtà , il salvataggio in mare civile continuerà ad essere come i vigili del fuoco volontari che tentano di spegnere gli incendi intenzionalmente in fiamme dagli incendiari dell’Ue e del più ampio Nord del mondo. E nonostante la Corte Suprema italiana abbia convalidato la mia decisione di entrare nel porto e portare le persone in sicurezza in conformità con il diritto marittimo, la criminalizzazione del salvataggio in mare continua; nel mio caso e nelle indagini su altri che agiscono in solidarietà con le persone in movimento”, ha continuato l’attivista.
Inoltre i Paesi europei stanno sfruttando la crisi causata dal coronavirus per ”mettere da parte i diritti umani e per smettere di rispettare la legge del mare”.
”Devo sottolineare ancora una volta che, nonostante sia al potere la nuova coalizione del governo italiano, nulla di fondamentale è cambiato all’interno dell’Ue e alle frontiere esterne dell’Ue. Se c’è stato un cambiamento, le cose sono peggiorate durante l’ultimo anno”, ha proseguito l’attivista.
”Malta, in primo luogo, ma anche altri stati europei, tra cui la Germania, stanno usando la pandemia di coronavirus come scusa per abbandonare i diritti umani e per smettere di rispettare la legge del mare. Nel fine settimana di Pasqua, nonostante la loro posizione fosse nota alle autorità dell’Ue, i naufraghi sono stati lasciati alla deriva per giorni nella zona di salvataggio maltese, prima di essere intercettati da una “nave della flotta fantasma” privata che il governo maltese aveva assunto per riportare illegalmente i 51 sopravvissuti e 5 corpi in Libia. Altri sette erano già annegati. Da allora si sa poco di ulteriori casi simili, perchè gli occhi civili in mare sono indesiderati. Diversi stati europei, tra cui Spagna, Malta, Italia, Paesi Bassi e Germania, continuano a ostacolare il salvataggio e il monitoraggio delle missioni in mare e in volo”, ha affermato.
Spiegando la sua decisione di non rilasciare interviste un anno dopo il suo approdo a Lampedusa, Rackete afferma che ”questa storia, tuttavia, non dovrebbe riguardare affatto me. Questo è il motivo per cui non voglio essere io a parlare. L’inquadramento persistente di me e di altri volontari di salvataggio nel Mediterraneo come eroi è una narrazione profondamente problematica. Rimuove i riflettori dalle persone che abbiamo salvato e crea erroneamente l’illusione che alcune persone siano uniche o diverse. Ma come la maggior parte degli europei, noi – in quanto membri dell’equipaggio di Sea-Watch 3 – siamo soprattutto una cosa: dei privilegiati. Ciò non significa che non affrontiamo alcun problema nella vita. Significa che nel mio caso, come donna bianca, non ho avuto paura per un secondo che la polizia potesse uccidermi durante l’arresto o dopo in cella come invece è successo a molti neri, anche in Germania. Ed è per questo che dobbiamo agire”, ha spiegato.
”Se ci sono eroi in quella storia, sono le persone che abbiamo incontrato in mare e che sono sopravvissute molto più che attraversare il mare in una barca indegna. Non è necessario che una persona bianca salga sul palco come una presunta “voce dei senza voce””, ha spiegato.
”Le persone che salviamo potrebbero aver perso molte cose nella loro vita, ma non hanno perso la propria voce e sono gli esperti delle proprie esperienze. Se vogliamo superare il razzismo strutturale, dovremmo iniziare ascoltandoli. Questo è il motivo per cui non farò interviste per l’anniversario della missione Sea-Watch 3 dell’anno scorso. Invece, chiedo a tutti di ascoltare coloro che l’Europa preferirebbe far affogare piuttosto che permettere di raggiungere le sue coste”, ha concluso.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »