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PUÒ UNA REGIONE CON LE PEZZE AL CULO DILAPIDARE 3,7 MILIONI DI MILIONI PER UNA MOSTRA FOTOGRAFICA A CANNES? CHIEDETELO AL GOVERNATORE DELLA SICILIA RENATO SCHIFANI

Gennaio 12th, 2023 Riccardo Fucile

DOPO CHE LA FINANZA HA INIZIATO A INDAGARE, HA INTIMATO LO STOP ALL’EVENTO… I SOLDONI DOVEVANO FINIRE IN TASCA A UNA SOCIETÀ LUSSEMBURGHESE, “ABSOLUTE BLUE” DI PATRICK NASSOGNE, CHE AVEVA RICEVUTO L’INCARICO SENZA UNA GARA

Da un lato c’è il Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza, che ieri mattina, su mandato della Procura della Corte dei conti, ha fatto visita all’assessorato regionale al Turismo per acquisire centinaia di documenti sulla mostra dello scandalo, 3,7 milioni per una manciata di giorni a Cannes.
Dall’altro c’è il presidente della Regione Renato Schifani, che dopo una settimana di polemiche ha intimato in serata lo stop all’evento. In Sicilia è a una svolta lo scontro sulla presenza della Regione al festival del cinema in programma in primavera in Costa azzurra: a ridosso di Natale l’assessorato al Turismo guidato dal meloniano Francesco Paolo Scarpinato aveva autorizzato l’affidamento diretto dell’iniziativa a una società lussemburghese, Absolute Blue di Patrick Nassogne, che nel 2022 aveva ricevuto 2,2 milioni da un altro assessore dello stesso partito, Manlio Messina, e nel 2021 altri 91mila euro.
A fare scalpore, in Sicilia, sono stati i dettagli del contratto stipulato per il 2023: questa volta, fra l’altro, sono stati stanziati 511 mila euro per la conferenza stampa e le animazioni, 920 mila per l’affitto del salone, 306 mila per i pannelli pubblicitari e quasi 30 mila per gli ospiti.
Così, fra la fine della scorsa settimana e l’inizio di questa, il fascicolo è finito sulle scrivanie dei magistrati: prima della Corte dei conti, poi della Procura di Palermo, che ha ipotizzato il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.
L’epilogo è adesso politico: Schifani, che da giorni ha ingaggiato un braccio di ferro con Scarpinato, imposto last minute in giunta da una cordata che fa capo al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, ha prima chiesto all’assessore una relazione e si è fatto fornire un parere legale.
«Non è possibile ipotizzare un affidamento del genere senza passare da una gara», sbuffava in serata il governatore, che ha comunicato la propria scelta a Scarpinato con un gelido messaggio di posta elettronica certificata.
(da La Repubblica)

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LA SENTENZA DELLA CORTE DEI CONTI UE CONTRO LA TV POLACCA

Gennaio 12th, 2023 Riccardo Fucile

VIETATO NON RINNOVARE UN CONTRATTO SULLA BASE DELL’ORIENTAMENTO SESSUALE

L’orientamento sessuale di una persona non può costituire un motivo per rifiutare di concludere un contratto con un lavoratore autonomo, né per interrompere con lui o lei una collaborazione in corso. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione europea in una sentenza depositata oggi, giovedì 12 gennaio. Il caso in esame presso il tribunale Ue era quello di un cittadino polacco tagliato fuori nel dicembre 2017 dalla produzione di TP, società che gestisce un canale televisivo pubblico polacco, dopo che l’uomo aveva pubblicato su YouTube un video natalizio insieme al suo partner con l’obiettivo di promuovere la tolleranza verso le coppie di persone dello stesso sesso. L’uomo aveva lavorato per il canale televisivo come professionista autonomo per lunghi anni, tra il 2010 e il 2017, nella produzione di materiali audiovisivi, trailer e spot promozionali. Nel dicembre 2017, l’improvvisa interruzione unilaterale del rapporto di collaborazione.
Protezione da ogni discriminazione anche per i lavoratori autonomi
Considerandosi vittima di discriminazione diretta sulla base del suo orientamento sessuale, il professionista aveva fatto ricorso alla corte distrettuale di Varsavia per chiedere la riparazione del danno causato. Il tribunale polacco si era a sua volta rivolto alla Corte Ue per stabilire se il caso potesse ricadere nel quadro della direttiva europea che tutela il trattamento equo dei lavoratori, con particolare riferimento alla possibilità o meno per un’azienda di porre termine o non rinnovare un contratto di collaborazione a un lavoratore autonomo. La risposta ad entrambe le domande, per il Tribunale di Lussemburgo, è sì: la protezione prevista dalla legislazione europea (direttiva 2000/78) riguarda qualsiasi ostacolo discriminatorio alla possibilità per i cittadini di esercitare la propria attività economica, a prescindere dalla forma legale con cui questa è prestata. La situazione di un consulente esterno cui non viene rinnovato un contratto va considerata dunque del tutto assimilabile a quella di un lavoratore dipendente licenziato, qualora la decisione venga presa sulla base di una palese discriminazione.
(da agenzie)

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PICCHIATI DAI BOSS, NON LI DENUNCIANO: ANNULLATA LA CUSTODIA CAUTELARE

Gennaio 12th, 2023 Riccardo Fucile

E’ L’EFFETTO DELLA RIFORMA CARTABIA… IL PRESIDENTE DELL’ANM: “SI IMPONE UN RIPENSAMENTO DELLE SCELTE DEL LEGISLATORE”

Non c’è la querela delle vittime, salta anche la custodia cautelare, pure se rispondere dell’accusa di reato è un boss della mafia palermitana. È il paradossale effetto della riforma Cartabia che si è registrato oggi quando la procura di Palermo si è trovata costretta a chiedere l’inefficacia della misura cautelare per tre boss, imputati di lesioni aggravate dal metodo mafioso. Come prevede la nuova legge, le vittime sono state interpellate dal giudice sull’intenzione di querelare. Al loro rifiuto i pm non hanno avuto alternative e in prospettiva sarà l’intera accusa a decadere. Gli indagati sono Giuseppe Calvaruso, reggente del mandamento di Pagliarelli, Giovanni Caruso e Silvestre Maniscalco che, oltre ai reati di associazione mafiosa ed estorsione, rispondono di sequestro di persona e lesioni aggravate dal metodo mafioso, accuse che, in seguito alla riforma Cartabia, prevedono la querela come condizione di procedibilità. Gli indagati avrebbero sequestrato e picchiato tre persone accusate di aver fatto una rapina senza l’autorizzazione di Cosa nostra. Se non c’è la querela, però, il procedimento si blocca: i tre sono in carcere perché destinatari di altre misure cautelari ma quanto accaduto fa scopa con l’allarme lanciato da giorni da vari magistrati e ora anche dall’Anm. «Le recenti notizie di stampa in ordine alla probabile revoca di misure cautelari per reati diventati procedibili a querela, pur quando sia contestata l’aggravante del metodo mafioso o dell’ agevolazione mafiosa, impongono un ripensamento, in tempi rapidi, delle scelte del legislatore», ha detto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia, dopo i fatti di Palermo.
(da agenzie)

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IL FAR WEST TRA ULTRA’ DI NAPOLI E ROMA POTEVA ESSERE EVITATO

Gennaio 12th, 2023 Riccardo Fucile

“IL FOGLIO” SOTTOLINEA “LA NON ADEGUATA GESTIONE DELL’ORDINE PUBBLICO” E CRITICA L’ORGANIZZAZIONE DELLA POLIZIA PER GESTIRE LA TRASFERTA DEI TIFOSI

Domenica scorsa circa 300 facinorosi riconducenti alle tifoserie di Roma e Napoli se le sono date di santa ragione in mezzo a una corsia dell’A1, nei pressi dell’area di servizio di Badia al Pino (Arezzo). La presenza di coltelli, bastoni, bengala, picconi addirittura, fa pensare a un atto premeditato, se non addirittura concordato, tra due fazioni antagoniste che si fronteggiano regolarmente da oltre vent’anni.
Alla notizia di non convalida dei primi arresti, numerosi giornali hanno definito la notizia scandalosa, parlando di “manica larga” del giudice, di “cavilli che salvano gli ultras”.
La tendenza giustizialista di “sbattere il mostro in prima pagina” come si suol dire, così cara agli organi di stampa nostrani, ha forse fatto vendere qualche copia in più ma di rado ha prodotto buoni risultati. Successe con Tortora, con Amanda Knox e con numerosi altri imputati che hanno dovuto difendersi prima dall’opinione pubblica che dalla magistratura.
Un malcostume che porta a invocare punizioni esemplari per responsabilità penali ancora tutte da chiarire. Lorenzo Contucci, avvocato di difesa, ci dice che “si confondono i cavilli con la Costituzione, in realtà mancavano i criteri di urgenza e impossibilità di effettuare l’arresto sul posto. Non è la polizia ma solo il giudice che può limitare la libertà di una persona”.
Le indagini andranno avanti, i responsabili, la maggior parte dei quali già noti alle forze dell’ordine, verranno indagati e perseguiti come è doveroso che avvenga in un stato di diritto. Quello che si dovrebbe evitare in caso di disastro ricorrente è la consueta ricerca del capro espiatorio.
La seconda riflessione riguarda una non adeguata gestione dell’ordine pubblico che avrebbe invece impedito un evento prevedibile. La presenza di 6-8 agenti della Stradale e la decisione sbagliata di bloccare le uscite dell’autostrada, fermando i napoletani alla stazione di servizio in attesa del passaggio dei romanisti si è dimostrata scellerata.
Oggi si riunisce l’Osservatorio per le manifestazioni sportive del Viminale. Si prevedono misure restrittive esemplari, anche repressive ma sono misure che denotano una tale difficoltà di gestione delle manifestazioni pubbliche fino a impedirle. Come nel caso della tragica morte in piazza a Torino in occasione di una finale trasmessa sui megaschermi. La soluzione fu impedire i raduni in piazza, piuttosto che ammettere delle falle organizzative e prendersi carico delle responsabilità organizzative di gestione di flussi di persone. Sarebbe semplice gestire l’ordine pubblico con un pizzico di pragmatismo, invece si preferisce abdicare, o almeno così sembra.
(da Il Foglio)

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ADDIO AL FRATELLO DEGLI ULTIMI: BIAGIO CONTE, IL MISSIONARIO LAICO DI PALERMO SI ERA SPOGLIATO DI TUTTO PER AIUTARE MIGLIAIA DI POVERI, EX TOSSICI, EMARGINATI, PROSTITUTE, CLOCHARD ED EX DETENUTI

Gennaio 12th, 2023 Riccardo Fucile

OLTRE MILLE PERSONE RICEVONO TRE PASTI E UN TETTO SULLA TESTA OGNI GIORNO GRAZIE A LUI CHE 30 ANNI FA, AL POSTO DI ANDARE IN AFRICA, DECISE DI RIMANERE TRA GLI ULTIMI DI PALERMO

Ha speso gran parte della sua vita per dare voce agli ultimi. Lui, nato ricco, si era spogliato di tutto per aiutare poveri, ex tossici, emarginati di Palermo, ridando loro dignità e speranza. Un cancro al colon, scoperto due anni fa, si è portato via a 59 anni «fratel» Biagio Conte che, neanche negli ultimi mesi, aveva rinunciato ad assistere migliaia di persone in città senza un tetto sulla testa, prostitute, clochard, migranti, ex detenuti nelle sedi della sua «Missione di speranza e Carità». Negli ultimi mesi non solo migliaia di palermitani ma centinaia di persone da tutta la Sicilia hanno reso omaggio a Conte le cui condizioni di salute si aggravavano di giorno in giorno.
Anche l’Arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, la scorsa Epifania, si è recato al suo capezzale per dare sostegno a uno dei suoi simboli di riscatto del capoluogo siciliano: «Siamo qui perché Biagio è colui che diventa la nostra stella, perché ci conduce all’essenziale e l’essenziale è questa via “altra” che dobbiamo imboccare. Biagio, con la sua scelta di vita, scegliendo i piccoli, ci ricorda l’unica via che dobbiamo imboccare, l’altra via. Ecco perché fratel Biagio, innamorato di San Francesco d’Assisi, si è fatto povero e per i poveri, ribaltando la logica del mondo». Il suo ultimo pensiero, dal letto di agonia, è sempre stato rivolto proprio agli ultimi: «Restiamo uniti per un mondo migliore perché insieme possiamo farcela: non muri ma ponti».
Chi era
Conte, fisico minuto, occhi azzurri magnetici proveniva da una ricca famiglia di costruttori edili ma — dopo essere stato educato prima in un collegio privato in Svizzera e poi in uno di Palermo — aveva deciso di abbandonare la scuola, a 16 anni, per seguire le orme del padre. Ben presto, però, la vista delle disuguaglianze sociali e dei guasti provocati dalla mafia gli causano una profonda crisi interiore e, a 20 anni, decise di andare a vivere a Firenze. Sette anni dopo matura una scelta drastica: spogliarsi di tutti i suoi averi per abbracciare la vita da eremita nelle montagne dell’entroterra siciliano. Quindi, nel 1991, decide di recarsi in pellegrinaggio, a piedi, fino al convento di Assisi per sposare gli insegnamenti di San Francesco.
Non informa i familiari che, non avendo più sue notizie da tempo, si rivolsero alla trasmissione «Chi l’ha visto?». Sarà lo stesso Biagio a tranquillizzarli in diretta tv del suo cammino. Nell’estate del 1991 ritornò a Palermo convinto di partire in missione in Africa ma, camminando per le vie di Palermo, rimase colpito del profondo disagio sociale e dello stato di povertà di migliaia di suoi concittadini. Così decise di rimanere in Sicilia, indossare il saio e portare il bastone. Giorno dopo giorno mise «letteralmente» in piedi la Missione Speranza e Carità, con l’obiettivo di dare conforto e un futuro agli emarginati della città. Comincia con il dare sostegno ai senzatetto che gravitavano intorno alla Stazione centrale del capoluogo siciliano.
La missione
Il progetto, in 30 anni, si è allargato con la costruzione delle tre «Città della gioia»: la «Missione di Speranza e Carità», «La Cittadella del povero e della speranza», «La Casa di Accoglienza femminile». Oggi le diverse sedi accolgono oltre mille persone a cui sono offerti tre pasti al giorno e posso ricevere assistenza medica e, all’occorrenza, vestiti puliti. Chiunque bussa alla porta riceve ascolto da una rete di volontari che hanno accompagnato il percorso di «fratel» Biagio. Un uomo che è stato capace di farsi sentire dalle Istituzioni — anche a costo di prolungati scioperi della fame e proteste eclatanti — per ottenere risorse dedicate alle proprie attività di carità. Questo suo percorso di vita lo ha più volte fatto accostare a San Francesco d’Assisi.
Il miracolo
Uno spendersi anche fisicamente per «costruire» accoglienza che lo avevano inchiodato per anni su una sedia a rotelle a causa di uno schiacciamento di alcune vertebre che gli provocavano lancinanti dolori alla schiena, abbinati ad altri problemi circolatori. Poi dopo un pellegrinaggio dalla Madonna di Lourdes e il bagno nella vasca, Conte torna ritto in piedi. Una guarigione improvvisa che fu ricostruita dalla newsletter dell’Arcidiocesi di Palermo che parlò di miracolo. «Per me è stata una grazia inaspettata — raccontò Conte in un’intervista — che ho ricevuto dal buon Dio che ha incaricato la sua madre Maria.
Subito dopo essermi immerso ho avvertito come un fuoco dentro che mi ha permesso di tornare non a camminare, ma a correre verso le tante persone che me lo chiedono». Il fatto prodigioso fu confermato anche da padre Pino Vitrano, il sacerdote che collabora con Biagio Conte nella missione Speranza e carità: «Subito dopo il ritorno dal pellegrinaggio, me lo sono veduto venire incontro a piedi in maniera clamorosa, senza nessuna difficoltà. Anche i medici da noi interpellati non sanno fornire una spiegazione scientifica plausibile».
Gli incontri con i papi
Conte, missionario laico, ha avuto uno stretto rapporto con la Chiesa cattolica. Non solo con l’arcivescovo di Palermo ma persino con gli ultimi due papi. Il 3 ottobre del 2010, durante la sua visita a Palermo, Benedetto XVI incontro il missionario laico nel Palazzo vescovile e quel giorno maturò il nome di Missione di speranza e carità. Nel 2018, invece, Papa Francesco andò oltre e, una volta in città, decise di pranzare nella missione di Conte con altri 160 suoi ospiti: poveri, migranti, ex detenuti, volontari.
Nella mensa fu realizzata con materiale riciclato una barca da un falegname tunisino sordomuto. La comunità femminile realizzarono delle statuine raffiguranti persone di tutto il mondo. Poi furono collocate sull’imbarcazione per lanciare il messaggio «siamo tutti sulla stessa barca per costruire insieme un mondo migliore». Il menu? Fettine di pane con l’olio, olive condite, formaggio a tocchetti, caponata, poi insalata di riso, petto di pollo panato alla siciliana, insalata mista, sorbetto di limone e cannolicchi.
Le reazioni
«La scomparsa di Biagio Conte lascia un vuoto incolmabile a Palermo — ha commentato il sindaco Roberto Lagalla — e anche nelle ultime ore più drammatiche tutta la città si è stretta attorno a fratel Biagio, a testimonianza del valore dell’eredità umana che oggi ci lascia e che non dobbiamo disperdere. Resterà per me indimenticabile l’ultimo incontro di pochi giorni fa con Biagio Conte, durante il quale mi ha raccomandato di non dimenticare mai i poveri».
Di fatto, un’eredità lasciata alla città. «È con questo spirito che l’amministrazione e la nostra comunità devono a stare vicini alla Missione speranza e carità — ha concluso il primo cittadino — che continuerà a essere un punto di riferimento per Palermo anche se da oggi dovrà fare a meno del suo fondatore, della sua guida che resterà comunque fonte di ispirazione per tutti noi».
(da il Corriere della Sera)

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I BERLUSCONES VANNO ALL’ATTACCO DI GIORGIA MELONI: LUCA SQUERI, RESPONSABILE ENERGIA DI FORZA ITALIA AL VELENO CONTRO MELONI E SALVINI

Gennaio 12th, 2023 Riccardo Fucile

“DAL GOVERNO MISURE POPULISTE CONTRO IL CARO BENZINA. L’OPERAZIONE TRASPARENZA CON I CARTELLI CON LA MEDIA DEI PREZZI? È UNO STRUMENTO INEFFICACE E SOPRATTUTTO DI DUBBIA FATTIBILITÀ. L’ANTITRUST POTREBBE FARE DELLE OBIEZIONI”

Luca Squeri, deputato e responsabile Energia di Forza Italia, ha il dente avvelenato contro chi, come Matteo Salvini o la stessa Giorgia Meloni, ha parlato «disinformando», di speculazione, sui prezzi dei carburanti. Squeri parla da dirigente di un partito di maggioranza, ma anche da esperto, visto che ha rappresentato la categoria dei distributori di benzina, nella Confcommercio.
Squeri, il governo ha preso misure contro la speculazione.
«Lo scriva chiaramente: la speculazione non esiste! E lo dimostrano i dati del ministero dell’Ambiente. Chi lo ha detto ha disinformato l’opinione pubblica, una cosa gravissima. Finché si è trattato di una frase, di una dichiarazione buttata lì, amen. Ma questa falsa narrazione è servita da base per l’azione di governo».
Mentre venivano pubblicati i dati del ministero che escludevano la speculazione, Meloni e Giorgetti ricevevano il comandante generale della Guardia di Finanza per chiedere più controlli.
«Un cortocircuito effettivamente».
Il Consiglio dei Ministri ha varato la cosiddetta “operazione trasparenza”: saranno esposti dei cartelli con la media dei prezzi. Le sembra una misura giusta?
«È uno strumento inefficace e soprattutto di dubbia fattibilità. Non si può risolvere la questione dei prezzi con un cartello nel piazzale delle stazioni di servizio».
Perché?
«L’Antitrust potrebbe fare delle obiezioni, perché indicare i prezzi medi, comunicati dal ministero, potrebbe essere in contraddizione con il mercato libero. La diversificazione dei prezzi però non è speculazione. Altrimenti si dica che si vuole tornare al prezzo amministrato come prima del 1994, ma è una strada impraticabile».
Quella adottata dal governo una soluzione populista, insomma.
«La sua definizione mi sembra corretta».
Vi siete chiariti tra alleati?
«Ognuno fa i conti con la propria coscienza. Sono contento, però, che ora questa linea sia rientrata». È stato giusto non rinnovare lo sconto sulle accise? “Meloni è stata realista. Per fare uno sconto così importante, servono risorse, che sono state giustamente destinate ad altre misure. Reintrodurlo ora, poco dopo l’approvazione della manovra, mi sembrerebbe un errore”.
Ha visto il video nel quale Meloni chiedeva l’abolizione delle accise?
«Era il 2019 e quando non si hanno vincoli di governo è normale assumere un altro tono. Il fatto che una volta a Palazzo Chigi si siano fatte scelte più realiste lo trovo una qualità, non un’incoerenza».
(da la Stampa)

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IL MINISTRO VALDITARA COME ALADINO

Gennaio 12th, 2023 Riccardo Fucile

STROFINA LA LAMPADA E SPUNTA UN TUTOR

Basta strofinare un po’ sulla lampada magica del ministro dell’Istruzione e del Merito e un tutor magicamente esce. In queste ore il professore di diritto romano, che ha scambiato per un lapsus l’umiltà con l’umiliazione (cosa che non sarebbe accaduta se in viale Trastevere al posto di un accademico ci fosse, ad esempio, il pedagogista Daniele Novara – cito uno per tanti), ha tirato fuori dal cilindro la figura del tutor per ogni classe per i ragazzi in difficoltà.
In queste settimana il ministro ha già creato un tutor per l’orientamento, uno per l’alternanza scuola lavoro e ora arriva anche questo. Nelle prossime settimane, probabilmente, arriverà anche un tutor per l’intervallo; uno per le gite; uno per i collaboratori scolastici. Non potrà certo mancare un tutor per quando si esce nel giardino della scuola o un tutor per i rapporti con i genitori. E poi un tutor per le mense scolastiche ci dev’essere così come Giuseppe Valditara non può non aver già pensato a un tutor per i ragazzi che abitano a più di otto chilometri dalla scuola o per quelli che arrivano in ritardo più di tre minuti per cinque volte consecutive.
Ora il problema evidentemente è un altro: non si vuole realmente affrontare la questione dei ragazzi in difficoltà nel nostro Paese e si fa propaganda. E’ da sempre così: la politica distrae l’opinione pubblica alimentando discussioni infinite sul nulla. Vedi ad esempio la questione cellulare, per la quale vi era persino già la circolare di un ex ministro. Ammettiamo, comunque, sia vero l’annuncio del ministro. Come ha ricordato la Gilda Scuola, in Italia ci sono 370 mila classi: ciò significa avere 370 mila tutor perché in ogni classe c’è almeno un ragazzo in difficoltà. A meno che nella testa del ministro non vi sia già una sorta di “grado di difficoltà” che fa in modo che queste figure siano davvero poche.
A quel punto solo se sei figlio di un detenuto, di un tossicodipendente e vivi nella periferia di Milano accanto a un campo rom hai diritto ad avere il tutor. Altrimenti in ogni classe – spero che il ministro lo sappia – al nord come al sud c’è almeno un alunno/a che fatica perché è da poco in Italia; perché a casa sua non ha strumenti culturali; perché mamma e papà non hanno manco un diploma; perché hanno un’istruzione media, ma non leggono mezzo libro l’anno; perché la famiglia non arriva a fine mese; perché è – come piace tanto definirli ai burocrati della scuola – un “Bes” (bisogno educativo speciale).
Detto ciò, il ministro ha anche detto che il tutor per i ragazzi in difficoltà “dovrà avere una formazione particolare e anche essere pagato di più”. Giusto! Bravo ministro! Ma quanto sarà pagato in più? Cinquanta euro l’anno? Cento? Oppure in base a quanti alunni con difficoltà avrà o forse sulla base della difficoltà dell’alunno?
La verità è che in Italia vengono bocciati ogni anno migliaia (più di dieci mila) bambini fin dalla scuola primaria senza che via sia spesso un progetto su di loro. Spesso ho sentito dire da presidi e professori: “Noi abbiamo mandato la lettera. Abbiamo fatto il nostro dovere”. Lo scorso anno 83 mila ragazzi delle superiori sono stati bocciati per assenze. Ma chi è andato a cercarli? Chi si è chiesto dov’erano?
La soluzione non può essere certo un tutor per classe. Forse abbiamo bisogno, invece, di creare in chi insegna (tutti i docenti di una classe) degli educatori che abbiano strumenti pedagogici e psicologici per affrontare le diverse difficoltà; creare per alcune aree del Paese (nord compreso) dei maestri di strada che vadano a casa dell’alunno che non si presenta a scuola; creare in ogni comune un tavolo di lavoro permanente tra scuola e altre agenzie educative (parrocchie, società sportive, assistenti sociali, procura dei minorenni etc).
Da settimane, come giornalista, sto provando a fare un’intervista (con domande non concordate a far tempo) con il ministro Valditara proprio perché da maestro e giornalista vorrei affrontare questo e altri temi con la dovuta serietà, competenza e senza propaganda. Ma per ora (chissà perché) è stato impossibile.
(da Il Fatto Quotidiano)

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IL DISASTRO DELLA LEGGE CARTABIA

Gennaio 12th, 2023 Riccardo Fucile

MIGLIAIA DI SEQUESTRATORI, LADRI E AGGRESSORI IMPUNITI

Con l’avvento del nuovo anno, migliaia di processi per reati puniti fino a due anni di carcere, tra cui il sequestro di persona, le lesioni personali dolose, le molestie e il furto potrebbero andare rapidamente in fumo. Dall’inizio del 2023, per effetto della riforma Cartabia, approvata nella scorsa legislatura sotto il “cappello” del governo guidato da Mario Draghi, le indagini penali per tali reati scattano infatti soltanto se i pm ricevono la querela di parte. I magistrati, insomma, non possono più agire d’ufficio come accaduto finora: se la querela non viene prodotta direttamente dalla vittima oppure viene successivamente ritirata, i fascicoli decadono automaticamente, così come le misure cautelari già applicate.
L’obiettivo primario della legge in questione sarebbe – almeno sulla carta – quello di velocizzare le tempistiche dei processi, così come richiesto dall’Ue affinché l’Italia possa usufruire dei denari del Pnrr. Ma la riforma nasconde numerose crepe che hanno già da tempo sollevato le lamentele di numerosi ed autorevoli esponenti della magistratura: basti pensare al nuovo meccanismo della “improcedibilità”, che “uccide” quei processi che in Appello e in Cassazione si prolungano oltre il tempo limite stabilito dalla norma.
Gli effetti nefasti della riforma Cartabia sono già ampiamente visibili nella cornice di numerosi casi di cronaca che stanno facendo discutere. A Savona, ad esempio, due persone con precedenti penali sono alla sbarra per avere rapito, legato ed imbavagliato un giovane che veniva terrorizzato dai suoi aguzzini con richieste di denaro continuative e costretto a salire su un’automobile per essere condotto in un appartamento dove veniva chiuso a chiave per molte ore. Per i pm, i due imputati avrebbero dimostrato “una sorprendente pervicacia nelle condotte criminose”, ma dal momento che la vittima ha nel frattempo ritirato la querela saranno prosciolti. E lasceranno l’istituto penitenziario in cui sono ristretti.
Altro episodio indicativo è avvenuto poi in provincia di Venezia, precisamente a Jesolo, dove alcuni ladri hanno razziato il Pineta Aparthotel nella notte tra il 4 e il 5 gennaio. Non potendo il titolare sporgere denuncia nei loro confronti, gli autori del furto sono rimasti in libertà. Poco lontano, a Vicenza, nella medesima data un 21enne romeno è stato fermato per avere rubato tre automobili, ma rilasciato subito dopo: le denunce-querele erano state infatti presentate dal padre di una delle vittime del reato e da una dipendente dell’azienda cui era intestata la vettura e non direttamente dai proprietari delle macchine rubate.
Negli scorsi giorni, inoltre, sono stati scarcerati alcuni membri di una gang milanese, tra cui il trapper Simba La Rue, che erano stati arrestati per aver sequestrato Baby Touché, altro trapper della zona. Lo scorso 9 giugno, dopo averlo accerchiato, il gruppo lo aveva colpito con calci e pugni e chiuso dentro una macchina per due ore. Gli aggressori avevano ripreso con i loro smartphone la vittima con il volto tumefatto, dileggiandolo e trasmettendo il video sui social. Nonostante tutto, Touché aveva negato le responsabilità di Simba e dei suoi sodali, sostenendo che si fosse “inscenata una finta faida per fare spettacolo” con l’obiettivo di farsi “pubblicità”. Il gip le aveva ritenute “menzogne finalizzate a non far emergere l’esistenza di una faida tra le due bande, nell’ambito della quale lui stesso è coinvolto per la commissione di gravi fatti di sangue”. Ma ora, dato che la vittima non ha presentato querela, “liberi tutti”.
In questi giorni, i magistrati di tutta Italia stanno correndo ai ripari, cercando di contattare le vittime di tali reati per spingerle a sporgere querela in tempi brevi. Spesso non riuscendo a concretizzare il proprio intento a causa del considerevole lasso di tempo trascorso dalla consumazione del reato ad oggi, oppure perché vittime di altre nazionalità, avendo subito il reato in Italia in veste di turisti, avevano presentato una semplice denuncia e non una querela formale, facendo poi immediato ritorno al proprio paese.
“Nei mesi scorsi ho invitato i miei sostituti a sollecitare le querele delle parti offese, altrimenti a Belluno sono centinaia di fascicoli che potrebbero rivelarsi improcedibili. – ha affermato il procuratore della città veneta Paolo Luca, mettendo in luce le criticità della norma –. È un lavoro che passa attraverso le segreterie dei pubblici ministeri, ma a complicare tutto c’è la cronica carenza di personale: su ventisei dipendenti amministrativi previsti dalla pianta organica, ne abbiamo appena sedici. La riforma Cartabia ci chiede, comprensibilmente, prestazioni performanti, ma se alla macchina della Giustizia manca il carburante, diventa difficile ottenere i risultati prefissati”.
Lo scenario si dimostra però estremamente preoccupante per motivi ancora più problematici. Molto spesso, infatti, si verificano casi in cui la vittima non denuncia un determinato reato perché ha il timore di possibili rappresaglie da parte di chi l’ha aggredita o vessata: “A differenza dei ‘furtarelli’, spesso gli autori di questi reati sono criminali di alto spessore, in grado di intimorire le vittime, che quindi molte volte non denunciano per evitare ritorsioni – ha spiegato la giudice Francesca Zancan, che fa parte della giunta dell’Associazione nazionale magistrati del Veneto –. Di recente mi sono occupata di un caso di questo tipo: la parte lesa ha avuto molti dubbi se venire a testimoniare in aula contro l’imputato. L’ha fatto, ma le si leggeva in faccia la paura. Per questo motivo, temo che molto presto si rassegnerà a ritirare la querela”.
Tutti gli occhi sono ora puntati sull’azione del governo, chiamato a dare risposte. A questo proposito, è intervenuto il deputato di Fratelli d’Italia e sottosegretario al Ministero della Giustizia Andrea Delmastro: “È evidente che anche se la vittima non sporge querela lo Stato deve tutelarla e deve tutelare tutte le altre ipotetiche vittime del sequestratore. Non si può non perseguire un reato gravissimo come il sequestro di persona. Noi abbiamo intenzione di rivedere una riforma che sicuramente ottiene il vantaggio della velocizzazione della giustizia penale attraverso l’improcedibilità in Appello e la procedibilità per molti reati solo a querela ma lo fa a scapito della sicurezza dei cittadini. Dobbiamo, però tenere conto degli impegni presi in Europa in vista del Pnrr”. Vedremo se alle promesse seguiranno i fatti. E, soprattutto, come gli azionisti di maggioranza, che sul tema giustizia paiono “sparpagliati”, prenderanno posizione rispetto a questa emergenza.
(da lindipendente.online)

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LE MANI DI FRATELLI D’ITALIA SUL TURISMO

Gennaio 12th, 2023 Riccardo Fucile

LA RETE DEGLI ASSESSORI PIAZZATI DA LOLLOBRIGIDA PER GESTIRE 5 MILIARDI

Non è tanto una passione, ma un’ossessione. E si chiama “turismo”. Inteso non come semplice refrain sul “comparto chiave del Belpaese”, ma proprio come poltrone, gestione di finanziamenti e potere. Il cerchio magico di Giorgia Meloni da “anni si concentra su questo settore della Pubblica amministrazione”, ripetono tutti gli addetti ai lavori. E sono due gli uomini chiave che da tempo tessono la rete dal ministero agli assessorati regionali: Francesco Lollobrigida, il cognato-braccio destro della presidente del Consiglio, e il responsabile Turismo di Fratelli d’Italia, Gianluca Caramanna, deputato al secondo mandato e superblindato.
Grazie a questi volti FdI al governo si trova già una base salda nel comparto, dall’Enit a diverse regioni di peso, dalla Lombardia alla Sicilia, in un’unica filiera che ha messo occhi e mani in quello che nella Pubblica amministrazione, e nei partiti, viene considerato un bancomat ideale per ottenere consenso immediato: finanziando eventi, sagre, manifestazioni, e tenendo rapporti diretti in settori economici molto popolati, dai 7 mila balneari ai 32 mila albergatori. Ma soprattutto il turismo muove cifre da capogiro tra i fondi pubblici: 3 miliardi di euro di progetti per la coesione territoriale, 2,5 miliardi di euro del Piano di ripresa e resilienza. Soldi spendibili in maniera veloce e spesso senza gara, come si sta scoprendo in Sicilia con lo scandalo delle missioni della Regione in terra francese per il festival del cinema di Cannes, per le quali sono stati impegnati 6 milioni di euro per mostre ed eventi tra i governi di Nello Musumeci, meloniano di ferro premiato con il ministero – inventato su due piedi – della Protezione civile e del mare, e di Renato Schifani, che annuncia però adesso lo stop, anche perché sulle spese targate Fratelli d’Italia ha acceso i riflettori la procura di Palermo. Ma quello che si è scoperto in Sicilia, in un assessorato gestito prima da Manlio Messina, fedelissimo di Lollobrigida, e adesso da Francesco Scarpinato, altro uomo di fiducia del cognato più potente d’Italia, è solo la punta dell’iceberg della rete di FdI.
In questi anni a qualsiasi governatore del centrodestra che ha vinto le elezioni Lollobrigida ha chiesto in giunta la delega al Turismo, piazzando nomi a lui graditi. In Lombardia è stata nominata nella giunta Fontana Lara Magoni, ex sciatrice della Valanga rosa. Nelle Marche il governatore Francesco Acquaroli ha tenuto la delega al Turismo per sé. In Calabria la forzista Jole Santelli aveva dato il comparto a Fausto Orsomarso, confermato nei primi mesi anche dal successore Roberto Occhiuto. In Liguria Giovanni Toti ha dato la delega al meloniano Gianni Berrino, adesso sostituito da un dirigente ligure sempre di FdI, Augusto Sartori, che appena nominato ha subito firmato un comunicato stampa ossequioso e riverente per ringraziare Meloni, Ignazio La Russa e Lollobrigida.
Ben tre assessori regionali in casa FdI sono stati promossi in Parlamento alle elezioni dello scorso autunno: tutti quelli che avevano la delega al Turismo, e cioè Messina, Berrino e Orsomarso. La rete meloniana sul turismo si è chiusa poi piazzando prima nel board dell’Enit, l’ente nazionale del turismo, Sandro Pappalardo, ex generale dell’esercito per un breve periodo assessore nella giunta Musumeci, e dopo Daniela Santanché alla guida del ministero.
Ma c’è un nome che Lollobrigida ha voluto per avere occhi ovunque nel comparto: il deputato Gianluca Caramanna, ex manager in catene alberghiere, come il gruppo Hotel Domus, e da anni responsabile turismo di FdI. Caramanna è consulente della ministra Santanché, ma era già consulente anche nelle giunte di Musumeci in Sicilia e di Acquaroli nella Marche, dove di fatto fa l’assessore avendo il governatore mille incombenze. Ancora, è stato consulente fino a luglio della Liguria con la “delega a rappresentare l’assessore nei rapporti con le associazioni nazionali di categoria del settore”, ed è stato perfino con un piede nella regione Lazio amministrata dal dem Nicola Zingaretti come componente dell’osservatorio sul turismo.
Una rete vasta e profonda, quella messa in piedi dagli uomini di Giorgia Meloni. Oggi non c’è operatore del settore che non abbia a riferimento un volto meloniano. A partire da chi bussa alle porte della politica per avere finanziamenti per gli eventi organizzati in giro per il Paese. Anche per mostre da milioni di euro dal dubbio ritorno di immagine per l’Italia, oppure per piccoli eventi che costano poche migliaia di euro e creano consenso sul territorio. E forse non solo questo.
(da La Repubblica)

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