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FUORTES RESTA A CAVALLO: GIORGIA MELONI HA “SALVATO” L’AD A COSTO D’IMMOLARE LE AMBIZIONI DEI SEDICENTI “CAMERATI” NEI CONFRONTI DELLA RAI

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

FAR CADERE FUORTES AVREBBE TERREMOTATO VIALE MAZZINI E DONNA GIORGIA NON VUOLE MANDARE VIA I MANAGER BLINDATI DAL CONTRATTO

Carlo Fuortes ce l’ha fatta. Malgrado la settimana scorsa praticamente tutti i giornali vendessero la pelle dell’orso prima che fosse abbattuto, l’Ad Rai ha incassato il sì del consiglio di amministrazione al budget 2023, con i voti favorevoli di Marinella Soldi (Presidente Rai) e di Francesca Bria (Pd) che, sommati a quello dello stesso Fuortes, hanno garantito la sussistenza dell’attuale governance.
Quanto agli altri membri del consiglio: Igor De Biasio (Lega) e Simona Agnes (Forza Italia) non hanno partecipato strategicamente al voto anziché esprimere parere contrario (come avevano ipotizzato gli organi di stampa), Alessandro Di Majo (M5s) ha votato contro e il consigliere in quota Dipendenti Riccardo Laganà si è astenuto.
Una maggioranza risicata, certo, ma – scongiurati i tentativi più o meno palesi di farlo cadere da parte di rampanti dirigenti interni ed esterni in cerca d’autore e di rivalsa – Fuortes incassa la vittoria più importante di tutte. Ovvero il tacito avallo di Giorgia Meloni che, oggi più che mai, ha dimostrato di non voler mettere mano sulla Rai, approvando lo status quo e il top manager voluto dal predecessore Draghi.
Sarebbe stato del resto suicida far cadere Fuortes innescando il crollo di tutto il “castello di carte”, sovvertendo i delicati equilibri di Viale Mazzini dove, venendo meno un tassello strategico, si sfalda tutto il mosaico. Meloni ha quindi preferito salvare Fuortes a costo d’immolare le ambizioni dei “camerati” nei confronti della Rai. Sia i meloniani storici, sia i tanti scopertisi tali il 25 settembre scorso. E poi, come ha ribadito in ogni circostanza, Donna Giorgia non vuole mandare via i manager ancora blindati dal contratto.
Da giorni non si parla d’altro. L’ annunciata presenza di Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo monopolizza il dibattito pubblico creando tormentose divisioni tra i fautori del suo intervento all’Ariston (come Enrico Mentana e Fulvio Abbate) e i detrattori (fra cui Marco Travaglio e Tomaso Montanari).
In rete è partito addirittura un movimento trasversale che invita a boicottare Sanremo per protesta contro la propaganda anti-russa. D’altra parte, la fazione pro-Ucraina difende a spada tratta il suo beniamino fasciato nell’immancabile maglietta verde militare, e taccia di “filoputinismo” chiunque esprima anche solo un barlume di perplessità.
Sul tema si è perfino ulteriormente diviso il già lacerato Terzo Polo, i cui diarchi Renzi e Calenda non si parlano più da tempo. Se il primo infatti tace sull’ospitata di Zelensky a Sanremo, il secondo si è detto contrario, mentre Maria Stella Gelmini ha difeso la scelta di Amadeus invitando il M5s a prendere “drasticamente” le distanze da un post di Beppe Grillo che criticava la presenza del presidente ucraino all’Ariston “se non vuol essere considerato un fiancheggiatore di Putin e dei suoi crimini”.
Quanto a noi, già stremati dalle polemiche sull’ospitata ancor prima che vada in onda, non possiamo non ricordare con rimpianto quella idilliaca “età dell’innocenza” in cui le diatribe sanremesi vertevano perlopiù sulla farfallina di Belén. Oggi invece, canzoni, cantanti, ospiti e perfino le co-conduttrici sono finiti in secondo piano rispetto al dilemma Zelensky sì-Zelensky no, come potrebbero cantare Elio e le storie tese – visto che siamo in tema Festival.
Oggi è insomma l’ex attore divenuto presidente ucraino a calamitare tutta l’attenzione, mettendo in ombra la vera vittima del conflitto, ovvero il suo popolo. Animale da palcoscenico più chiacchierato, più divisivo, più ubiquo, più presenzialista della stessa showgirl argentina, potremmo chiamarlo “Belensky”.
Non più giovanissima ma ancora avvenente, la rampante ex attricetta dilaga sui media. Si dice sia amica intima di un importante conduttore televisivo, ma molti sospettano che dietro la sua folgorante ascesa si nasconda in realtà un pezzo grosso dell’imprenditoria. Chi sarà?
Dirigente demansionato ed ex dirigente ispirano più o meno ogni giorno, su giornali amici, articoli contro l’attuale vertice di un’azienda pubblica. Riusciranno a logorare ai fianchi il nemico?
Come ogni anno sta facendo il diavolo a quattro per andare a Sanremo e per “scendere dalla scala dell’Ariston” con il suo tacco 25, facendo subissare di telefonate dagli amici potenti i malcapitati organizzatori. Che, seppur costretti a sorbirsi le trasversali raccomandazioni, non cedono d’un passo. E così, anche per quest’anno, l’irrequieta conduttrice vedrà al Festival dal divano. Di chi stiamo parlando?
(da Dagospia)

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PD, ECCO COME SI E’ AUTODISTRUTTO

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

CHI STA CON CHI, NELLE PRIMARIE: IL QUADRO INTERNO

In una democrazia le istituzioni funzionano correttamente quando c’è una solida maggioranza che governa e una forte opposizione che controlla. Per dirla con le parole di Adenauer: «In Parlamento una buona opposizione è una assoluta necessità che deve essere esercitata da un grande partito di opposizione».
Un ruolo storicamente esercitato dal Pci, poi Pds, Ds e infine Pd, un partito che è riuscito a sbriciolarsi da solo.
In 15 anni, dal 2007 a oggi, i segretari sono 8: Walter Veltroni, Dario Franceschini, Pierluigi Bersani, Guglielmo Epifani, Matteo Renzi, Maurizio Martina, Nicola Zingaretti ed Enrico Letta.
Il più longevo, e al tempo stesso il più divisivo, è Renzi, l’unico a vincere due volte la sfida per la segreteria, oggi è leader di un altro partito. Nessun segretario Pd ha mai concluso il mandato di quattro anni previsto dallo Statuto.
I motivi delle dimissioni: sconfitta elettorale o spaccature nel partito diviso in correnti.
Vediamo dove si posizionano oggi le diverse anime e come le Primarie stanno definendo nuovi equilibri. Lo facciamo incrociando i database dei politologi Luca Verzichelli (CIRCaP-Università Siena), Luca Carrieri (Unitelma-Sapienza), e Giulia Vicentini (Università Napoli Parthenope) e una laboriosa raccolta di informazioni sul campo.
Le correnti
Il Partito democratico riunisce già dalla sua origine due fazioni: una più di sinistra e laica e un’altra più centrista e cattolica. Succede che quando una delle due diventa minoranza, a seguito della sconfitta alle Primarie o alla perdita della leadership, si arma dando vita a una nuova corrente. Nel corso del tempo le divisioni ne generano di nuove, che vanno oltre le differenti sensibilità politiche e sconfinano in lotte di potere nel mantenimento di interessi personali.
Partiamo dalle correnti: come si formano e chi sono i principali esponenti.
Ala sinistra, che a sua volta riunisce cinque sottocorrenti.
1) I Giovani Turchi: lanciati da Matteo Orfini nel 2010 in piena era berlusconiana. Fanno parte la deputata Chiara Gribaudo e il senatore Francesco Verducci. Si sono staccati e ora sono autonomi il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e il senatore a lui vicino Claudio Mancini.
2) Sinistra Dem: creata da Gianni Cuperlo a un mese dalla sconfitta alle Primarie contro Renzi nel dicembre 2013. La sostiene il senatore Andrea Giorgis.
3) I Dems: fondati da Andrea Orlando nell’agosto 2017, a pochi mesi dalla propria sconfitta alle Primarie di aprile contro Renzi. Tra gli esponenti di spicco, i parlamentari Peppe Provenzano (vicesegretario Pd con Letta) e Antonio Misiani (responsabile economico del Pd).
4) Prossima: lanciata nel maggio 2021 dopo le dimissioni di Zingaretti dai suoi fedelissimi Stefano Vaccari (responsabile dell’organizzazione Pd), Marco Furfaro (responsabile Comunicazione) e Valentina Cuppi (presidente Pd). Tra i più conosciuti Cecilia D’Elia (portavoce delle Donne democratiche), l’ex sindaco di Bologna Virginio Merola e Ouidad Bakkali.
5) Coraggio Pd: creata da Brando Benafei nell’autunno 2022.
Area Dem: nasce nel 2009 per volontà di Dario Franceschini dopo la sconfitta alle Primarie contro Bersani. L’ex coordinatore della Margherita rappresenta i cattolici di sinistra, come i parlamentari Bruno Astorre (segretario regionale Pd Lazio), Alberto Losacco (commissario Pd Marche) e Anthony Barbagallo (segretario regionale Sicilia). Nel tempo aderiscono ad Area Dem anche deputati e senatori ex comunisti come Piero Fassino, Franco Mirabelli, Marina Sereni e l’ex ministra di origine diessina Roberta Pinotti.
Base Riformista (nota come gli ex renziani): esordisce nel maggio 2019 per arginare le fuoriuscite dal partito verso Italia Viva, che Renzi fonderà pochi mesi dopo. È capitanata da Lorenzo Guerini e conta tra le sue fila i deputati Antonella Forattini, Andrea Rossi, Luciano D’Alfonso, Mauro Laus, Nicola Carè e i senatori Alessandro Alfieri, Simona Malpezzi, Alfredo Bazoli, Dario Parrini, Daniele Manca e Nicola Irto.
26 febbraio: o si svolta o si muore
I separati in casa ora devono scegliere il nuovo segretario in una sfida che sta rimescolando le correnti. Gli autocandidati sono 4.
Stefano Bonaccini, 55 anni, prima tessera Pci, da sempre nel Pd, una carriera politica costruita sul territorio come assessore comunale poi consigliere regionale e 2 volte presidente dell’Emilia-Romagna. Con la sua rielezione nel gennaio 2020, facendo leva sulla buona Sanità e la tenuta del sistema produttivo in anni di crisi, riesce ad arginare una avanzata del centrodestra a trazione salviniana che sembra inarrestabile. Nella corsa alle Primarie Bonaccini compatta Base riformista, la stragrande maggioranza di sindaci e governatori del Pd, più sostenitori come Deborah Serracchiani e Graziano Delrio. È appoggiato anche da una parte di Area Demcome Fassino, la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, quel che resta dei Giovani Turchi, i lettiani Marco Meloni e Anna Ascani, e la mini-corrente di Brando Benifei, capodelegazione Pd al Parlamento Europeo.
Elly Schlein, 37 anni, tessera Pd nel 2013, lasciata a maggio 2015 in contrasto con Renzi, ripresa il 12 dicembre 2022 dopo la candidatura alle Primarie. È promotrice della campagna di mobilitazione nazionale OccupyPd dopo i 101 traditori di Prodi al Quirinale nel 2013. Entra nel Parlamento europeo nel 2014, dove non si ricandida per aspettare le Regionali del gennaio 2020: eletta, ma non decisiva per la vittoria di Bonaccini perché la sua lista prende solo il 3,77%. Si dimette da consigliera subito dopo per diventare vicepresidente di Bonaccini, carica che lascia per diventare deputata nelle elezioni del settembre 2022. Tra i temi forti ambiente, immigrazione, diritti civili e voto online. Nella corsa alle Primarie è sostenuta dalla parte di Area Dem vicina a Franceschini, da esponenti di spicco dei Dems come Andrea Orlando e Peppe Provenzano, dagli zingarettiani di Prossima e dal lettiano Francesco Boccia. Si è potuta candidare alle Primarie perché l’Assemblea nazionale del Pd cambia l’art.12 comma 6 dello Statuto che prevedeva che solo gli iscritti si potessero presentare.
Paola De Micheli, 49 anni, consigliere comunale e assessore dalla fine degli anni Novanta, poi 4 volte deputata ancora in carica, 2 volte sottosegretaria, Commissaria al sisma e ministro delle Infrastrutture nel Conte II. Nel 2013 appoggia Cuperlo attaccando duramente Renzi sulla vicenda dei voti mancati a Prodi per il Quirinale. Nel 2019 coordina gli eventi di Piazza Grande ai tempi della campagna di Zingaretti a segretario Pd, di cui diventa poi vice. Dal 2016 al 2018 è presidente della Lega Pallavolo Serie A. La sostiene un gruppo di lettiani come Vito Defilippo e l’ex segretario provinciale di Genova Alberto Pandolfo.
Gianni Cuperlo, 61 anni, segretario nazionale della Fgci nel 1988, consigliere per la comunicazione di D’Alema premier nel 1999, 4 volte parlamentare e ancora in carica. Alle Primarie del 2013 prende il 18,2% dei voti contro il 67,6% di Renzi e diventa presidente del Pd per un mese per poi dimettersi. Lo sostengono il senatore Andrea Giorgis e Barbara Pollastrini.
Come si vota
Le Primarie si compongono di due fasi. La prima è riservata agli iscritti che votano dal 3 al 12 febbraio nei circoli, e da dove usciranno i due candidati con più voti. La seconda sarà il 26 febbraio con il voto aperto a tutti i cittadini. Per la prima volta potranno votare online gli italiani residenti all’estero, i fuori sede, i malati e i disabili.
Da sempre chi vince la prima tornata vince anche la seconda. Ma la forza del nuovo segretario/a dipenderà dall’affluenza ai gazebo: passata dai 3,5 milioni del 2007 a 1,6 del 2019. Se diminuiscono ancora, sarà complicato adempiere al mandato, che è quello di riportare voti a un partito al minimo storico, e castigato proprio per le sue guerre intestine.
Milena Gabanelli, Simona Ravizza e Alessandro Riggio
(da il corriere.it)

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IL CERCHIO MAGICO DI GIORGIA: LA SORELLA ARIANNA E IL COGNATO LOLLOBRIGIDA, CHIARA COLOSIMO E “MINNIE” DONZELLI FINO ALLA SEGRETARIA PATRIZIA SCURTI

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

E’ LA TRINCEA MELONIANA CHE ACCENTRA POTERE E DECISIONI… DONNA GIORGIA NON HA CAPITO CHE UN LEADER CHE SI CHIUDE NEL BUNKER DEI FEDELISSIMI, PRIMA O POI, FINISCE SCORNATO

Adesso ogni sera nei tg compare lui: Tommaso Foti. Il volto bonario del melonismo. In genere ci dice che grazie alla nostra premier l’Italia è tornata a farsi rispettare nel mondo. Foti, 62 anni, un vecchio romualdiano di Piacenza, è in Parlamento da ventisei anni, ma mai era stato rincorso dalle telecamere come gli accade ogni santo giorno da capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera.
Anche Giovanni Donzelli è diventato un volto familiare. Duella forsennatamente nei talk. Ma lui in tv ci andava già quindici anni fa: Michele Santoro lo metteva contro Renzi rottamatore. Entrambi toscani. Entrambi politici-ragazzini. “Dov’è Donzelli? Chiamatemi Donzelli” lo evocava sul palco della festa dei dieci anni di FdI Ignazio La Russa, con l’aria di chi reclama la presenza del nipote.
Ma Donzelli, a dispetto dell’aria da eterno studente, ha 47 anni. Ed è il capo dell’organizzazione di un partito del 30 per cento. Meloni ora lo ha nominato addirittura commissario a Roma: Mister Wolf contro l’ex maestro, Fabio Rampelli, accusato di correntismo.
I veri potenti in famiglia
In questi primi cento giorni abbiamo imparato a conoscere le idee di Gennaro Sangiuliano, il ministro della cultura che ad ogni occasione ingaggia il suo personale Kulturkampf. Dante era di destra. Via le parole straniere. Basta con i soldi ai film di sinistra. L’ossessione è picconare l’egemonia culturale della sinistra, un’impresa già portata termine da Silvio Berlusconi almeno trent’anni fa con le sue tv.
La battaglia delle idee finora è stata affidata anche ad Eugenia Roccella, fresca di autobiografia (Una famiglia radicale, Rubettino): “L’aborto fa parte della libertà delle donne? Purtroppo sì”.
Cento giorni meloniani in dieci personaggi.
I veri potenti però bisogna cercarli in famiglia. Come Francesco Lollobrigida, il cognato. “Lollo”. Ministro dell’agricoltura, ma in realtà molto, molto di più: il parente fidato, vicepremier ombra.
Meloni, che è ossessionata dal tradimento, solo così si rassicura. Sullo stesso gradino, ma invisibile, la sorella, Arianna Meloni, la moglie di Lollobrigida. “Insieme siamo dinamite”, scrive nella sua biografia la presidente del Consiglio. Si fa vedere, quando serve, al partito, e in Transatlantico, tipo prima della formazione del governo. È la coordinatrice delle decisioni che contano.
L’eminenza grigia e la “nuova Meloni”
L’altra eminenza grigia è Patrizia Scurti, la responsabile della segreteria, che indovina i pensieri della leader, al punto dal portarle un bicchiere d’acqua quando la voce di Giorgia s’inceppa in un comizio. Lavorava con Gianfranco Fini, che è tornato a farsi vedere in giro dopo anni di piccato silenzio. Lei invece l’abbiamo vista al Quirinale, al giuramento dei ministri.
La più ambiziosa, dicono, è Chiara Colosimo, “la nuova Meloni”. Viene dalla Garbatella, come la premier. Arianna Meloni è stata la sua capo segretaria. Ha 36 anni e al pd Antonio Misiani, che in uno dei talk sul pos le aveva dato del tu ha risposto: “Mi dai del tu? Non siamo usciti insieme!”. Meloni alle politiche le aveva regalato il suo collegio, a Latina. Era in predicato di diventare ministra, o candidata in Regione, nel Lazio. Al prossimo turno.
Il richiamo della foresta
La sera, a casa, nel bilocale a Roma, Donzelli divide la cucina con Andrea Delmastro Delle Vedove, il sottosegretario alla Giustizia, che ha suggerito di punire i giornalisti per la pubblicazione delle intercettazioni. Meloni l’ha voluto lì per marcare Carlo Nordio. “Noi siamo garantisti nella fase delle indagini e giustizialisti nell’esecuzione della pena”, è il suo mantra, che vigila affinché le pene alternative non prendano il sopravvento rispetto al carcere.
È una classe dirigente che sa di avere addosso gli occhi dell’Europa. Ogni tanto tuttavia qualcuno cede al richiamo della foresta. Sui vaccini, sull’italianità. Il liceo del made in Italy, è una delle proposte di legge avanzate. Il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli, in veste di commissario della buoncostume, ha proposto il carcere per i clienti delle prostitute se sorpresi svestiti in luogo pubblico, come ha rivelato l’altro giorno Repubblica.
Foti ha suggerito di uccidere i cinghiali che scorrazzano per Roma con carabine caricate col sonnifero. “Auguri ai rosiconi e ai nostri nemici”, ha scritto a Capodanno Arianna Meloni, pubblicando una foto con la sorella Giorgia mentre brindano entrambe all’anno che verrà. È questo il nuovo partito conservatore.
(da La Repubblica)

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QUEI MEDICI ACCUSATI DI DROGARSI NEGLI OSPEDALI DEL LAZIO: UN ORTOPEDICO SOSPETTATO DI SPACCIO, GLI ALTRI SOLO CONSUMATORI”

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

“NON POSSIAMO SOSPENDERLI DAL LAVORO”

Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza ha arrestato un 38enne di Latina e sospeso per un anno dalla professione un ortopedico dell’Istituto Marco Pasquali. Entrambi sono accusati di spaccio.
Nell’inchiesta sono indagati quattro dipendenti dell’Icot e due società di trasporto malati. In totale 16 persone sono state raggiunte da avvisi di garanzia.
La giudice per le indagini preliminari Giorgia Castriota ha sospeso per un anno dalla professione l’ortopedico Luigi Emanuele. E ha detto che l’assunzione di stupefacenti da parte dei medici può derivare un grave danno per la salute dei pazienti. Ma gli assuntori di droga, spiega oggi l’edizione romana di Repubblica, non possono essere sospesi automaticamente perché manca uno strumento legislativo adatto.
L’indagine sull’Icot di Latina
Dopo l’arresto di Angelo Rigliaco la sezione mobile del Nucleo di polizia economico-finanziaria e la Procura di Latina hanno scoperto uno «smodato uso di sostanze stupefacenti tra i dipendenti dell’Icot». Ovvero una delle strutture più importanti del Gruppo Giomi, che gestisce anche il Sant’Anna di Pomezia e, a Roma, l’ospedale Cristo Re e Villa Betania. Un altro noto spacciatore distribuiva droga all’interno dell’ospedale. Tra i clienti c’erano medici e infermieri. Tra questi un altro ortopedico e un operatore sanitario. Scoperto anche il dipendente di un’associazione di trasporto malati. Secondo l’accusa alcuni di loro consumavano marijuana e hascisc. Entrambe le droghe potenziate con il “roner”. Ovvero uno strumento utile a sottoporre le sostanze stupefacenti ad una reazione molecolare innescata dal calore, che sviluppa un principio attivo molto più elevato. La dipendente della ditta di ambulanze, anche lei indagata, utilizzava invece Amnesia, una variante della cannabis che può essere tagliata con metadone, eroina e acido di batteria. E che è causa anche di danni permanenti al cervello.
(da Open)

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IL PENTITO MUTOLO: “L’ARRESTO DI MESSINA DENARO MI E’ SEMBRATO UN APPUNTAMENTO”

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

L’EX AUTISTA DI TOTO’ RIINA: “NEL GOVERNO C’E’ SEMPRE QUALCUNO COLLUSO”… “DURANTE I MIEI INTERROGATORI BORSELLINO, SUI RAPPORTI TRA MAFIA E POLITICA, SCRIVEVA SOLO SULLA SUA AGENDA ROSSA PERCHE’ NON SI FIDAVA”

L’aveva già dichiarato all’Adnkronos, definendo l’arresto di Matteo Messina Denaro come «una messa in scena – perché – quando arrestano un boss c’è tutto un altro clima. Armi alla mano, confusione».
Il pentito Gaspare Mutolo è tornato a ribadirlo la sera del 29 gennaio, ospite in studio a Non è l’arena.
«Mi è sembrato più un appuntamento, non c’era la concitazione vista in altri arresti di grandi boss».
L’ex autista di Totò Riina, oggi collaboratore di giustizia e pittore italiano, ha detto a Massimo Giletti di auspicare che la cattura di Messina Denaro «segni l’inizio della fine di Cosa nostra».
Mutolo, nel corso della trasmissione, ha parlato anche del rapporto tra Stato e mafia, del quale ne ha avuto evidenza diretta lavorando per Riina: «Nella sua casa c’erano i misteri e i contatti che aveva la mafia con i politici più importanti di Italia. Nei governi ci sono le persone più buone del Paese, ma in mezzo a queste persone buone c’è sempre qualcuno…». Mutolo ha lasciato il discorso sospeso, salvo poi aggiungere: «Quando tuttora sento parlare di intercettazioni, si parla sempre di mafia e terrorismo. Ma la mafia più importante è l’evasione. La mafia sono i contatti che hanno i politici con i mafiosi».
Giletti ha anche chiesto al pentito di raccontare degli interrogatori a cui Paolo Borsellino lo sottoponeva. Mutolo ha ricordato: «Avevo visto il dottor Borsellino il giorno prima di morire. C’era un clima allora… Scriveva i contatti tra mafia e istituzioni sull’agenda rossa, perché non aveva fiducia e non voleva verbalizzare tutto».
(da Open)

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UN TESTIMONE VUOTA IL SACCO: “ERO AI FESTINI CON MESSINA DENARO: “C’ERA ANCHE UN NOTO POLITICO E UNO DELLE FORZE DELL’ORDINE”

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

LA TESTIMONIANZA ATTENDIBILE RESA AL VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA

«Matteo Messina Denaro frequentava salotti importanti della borghesia e partecipava come nulla fosse a dei festini».
Ha dell’incredibile il racconto che Ismaele La Vardera, vice presidente della Commissione Antimafia della regione Sicilia, ha deciso di fare ai microfoni de Le Iene, in un servizio esclusivo che andrà in onda nella puntata di domani in prima serata su Italia Uno.
Nel servizio, curato da Filippo Roma, il deputato regionale racconta la testimonianza di un presunto testimone che avrebbe partecipato insieme a Matteo Messina Denaro ad alcuni festini in una villa del palermitano. Eventi a cui, sempre secondo il testimone, avrebbero preso parte anche un uomo appartenente alle forze dell’ordine, un medico e un «noto politico italiano» di cui ancora non è stata svelata l’identità.
«Il testimone è una persona per bene, che fa una vita normale, che aveva paura di parlare, perché le cose che poteva raccontare erano molto delicate e parlavano proprio di quella zona d’ombra che avrebbe potuto proteggere il boss latitante», racconta La Vardera, ex Iena e oggi membro dell’antimafia siciliana.
La testimonianza
Insieme a Filippo Roma, il deputato siciliano eletto tra le fila di Sud chiama Nord, ripercorre i passi più salienti della testimonianza, che ha già denunciato anche agli inquirenti.
«Ma che vuol dire che ha visto uomini che rappresenterebbero la legge insieme al boss Messina Denaro?», chiede il giornalista de Le Iene a La Vardera.
«Questa persona mi riferisce che ha partecipato più volte a delle feste private; quindi, non si poteva entrare facilmente – risponde il politico siciliano -. Il dove non posso dirtelo, perché inevitabilmente può fare risalire a questa persona. L’obiettivo è restituire ai magistrati tutto quello che so senza filtri. E a voi, semplicemente, frammenti di racconto, per il semplice fatto che questa storia più persone la sappiamo meglio è».
E sulla necessità di verificare la veridicità dei racconti del testimone, La Vardera precisa di aver già trovato «riscontri oggettivi attraverso visure catastali», che secondo lui renderebbero ancora più credibili le accuse dell’uomo.
Frammento della conversazione tra Ismaele La Vardera e il presunto testimone
La Vardera: “E com’è che tu arrivi a capire chi è Andrea Bonafede, cioè Matteo Messina Denaro?”
Testimone: “Io sono consapevole che questa che mi è capitata è una situazione più grande di me. Finché non ho visto i giornali però non avevo collegato. Poi quando ho visto il suo viso, l’ho riconosciuto. Lui era lì.”
La Vardera: “Cioè Matteo Messina Denaro era lì?
Testimone: “Era lì, a quella festa. Quando l’ho visto, lui era lì seduto con uno che lavora a … (il testimone fa il nome del luogo che nel servizio sarà nascosto, ndr.), un appartenente alle forze dell’ordine ed uno che fa il medico.”
Il testimone aggiunge una serie di dettagli che porterebbero tutte all’identikit del boss latitante.
La Vardera: “Come fai a dire che è lui?”
Testimone: “Il viso di adesso, era lui là. Quello che ho incontrato alla festa a … (indica una data che nel servizio sarà nascosta, ndr.), si vedeva che era malato e sofferente.”
La Vardera: “L’hai notato tu?”
Testimone: “Si, si”
La Vardera: “Come si è presentato?”
Testimone: “«Ciao sono Andrea» e aveva ferite post operatorie”
La Vardera: “Come l’hai capito?”
Testimone: “Me L’ha detto lui, aveva una ferita fresca…aveva lo stesso occhiale scuro. E si vedeva un occhio difettoso sotto l’occhiale.”
La Vardera: “Com’era vestito?”
Testimone: “In camicia e pantaloni. Sembrava una persona per bene, io ho notato un orologio importante. Aveva scarpa stile Hogan, ma della Hermes”.
La Vardera: “Lui parlava con altre persone?”
Testimone: “Sì. Uno che io conosco che lavora nelle forze dell’ordine.”
La Vardera: “Come fai a sapere che faceva parte delle forze dell’ordine?”
Testimone: “Perché… (spiega dove l’ha conosciuto ma nel servizio sarà occultato, ndr.). Poi, comunque sia, abbiamo parlato e mi ha fatto capire che lì non ci siamo mai visti.”
La Vardera: “Ah quindi lui ti ha detto non ci siamo mai visti?”
Testimone: “«Noi non ci siamo mai incontrati. Tu ti fai i fatti tuoi ed io i fatti miei e viviamo tutti felici e contenti».”
(da Open)

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CASO COSPITO, SUL TAVOLO DI NORDIO LA CARTA CHE PUO’ LIBERARE DAL 41 BIS L’ANARCHICO

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

IL MINISTRO PUO’ DECIDERE SULL’ISTANZA DI REVOCA, ALTRIMENTI TUTTO RIMANE IN MANO A MEDICI E GIUDICI

Alfredo Cospito, 55 anni, è il leader di Fai-Fri, Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario, una frangia oltranzista e violenta ritenuta responsabile di più di 50 attentati.
Cospito è attualmente detenuto nel carcere Bancali di Sassari per aver gambizzato il dirigente dell’Ansaldo Roberto Adinolfi il 7 maggio 2012. A Torino è in attesa dell’udienza sulla rivalutazione della pena per un attentato del 2006 alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano. Deve scontare in tutto 20 anni di carcere. Dall’ottobre scorso Cospito è in sciopero della fame.
Protesta perché dallo scorso maggio è stato sottoposto al regime del 41bis. Che prevede un isolamento quasi totale. Sul tavolo del ministro della Giustizia Carlo Nordio dal 12 gennaio scorso c’è l’istanza di revoca del carcere duro. Ora, spiega il Corriere della Sera, il guardasigilli deve decidere
Le soluzioni
Il quotidiano spiega che Nordio è in attesa del parere della Procura antiterrorismo di Torino prima di decidere. Si tratta dell’unica via d’uscita che il ministro può imboccare per l’anarchico. Le altre due strade sono quella giudiziaria e quella sanitaria. L’avvocato di Cospito Rossi Albertini ha presentato la sua istanza nei giorni scorsi a via Arenula. Insieme ad un nuovo elemento: una sentenza di assoluzione nei confronti di due imputati anarchici per il reato di associazione con finalità di terrorismo. Proprio in quel processo Cospito era stato chiamato in causa perché, secondo l’accusa, dal carcere forniva indicazioni ai compagni in libertà. La sentenza, secondo il legale, «non evidenzia alcuna pretesa da parte di Cospito di imporre un pensiero unico sul concetto di lotta armata». La stessa sentenza smentisce l’idea di un’organizzazione con un unico capo. «È rimasto assolutamente indimostrato che gli imputati abbiano “sposato” il metodo di lotta violenta, armata, distruttiva, che ispira le azioni della Fai, operando quale “cellula” o gruppo criminale assai vicino all’organizzazione terroristica».
Il caso
Gli attentati commessi sarebbero piuttosto «espressione del pensiero politico ideologico più vicino al fenomeno “dell’antagonismo sociale”, sicuramente privo di qualunque connotazione e valenza terroristica». Se Nordio non si convincerà restano soltanto le strade sanitarie o giudiziarie. I medici del carcere di Sassari dovranno stabilire se le strutture del penitenziario sono in grado di garantire la sopravvivenza dell’anarchico. Il Garante dei detenuti ha già chiesto la scarcerazione su queste basi. Altrimenti il 7 marzo la Corte di Cassazione dovrà pronunciarsi sul ricorso del legale. Ma anche se dovesse annullare l’ordinanza che dispone il carcere duro, la Cassazione rimanderebbe gli atti al Tribunale di Sorveglianza. Che potrebbe in teoria persino reiterarla con altre motivazioni.
(da Open)

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CASO COSPITO, L’ANARCHICO TRASFERITO A MILANO NEL CARCERE DI OPERA

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

LO SPOSTAMENTO DECISO DAI MEDICI DELLA ASL DI SASSARI, IN CONTATTO CON IL DAP

Alfredo Cospito lascia il carcere Bancali di Sassari per quello di Milano Opera.
Lo spostamento, deciso dai medici della Asl di Sassari, in stretto contatto con il Dap diretto da Giovanni Russo, avverrà nelle prossime ore.
Ed è frutto delle verifiche mediche sollecitate dalla dottoressa di Cospito Angelica Milia.
Uno spostamento motivato da ragioni esclusivamente mediche, per monitorare la sua situazione dopo 103 giorni di sciopero della fame, ma che non cambia la linea dura sul 41bis, il carcere duro a cui è sottoposto Cospito, che ovviamente viene mantenuto anche nel nuovo carcere.
L’appello degli artisti per Cospito
Anche gli artisti si muovono per Cospito. Con le firme, tra gli altri di Valerio Mastandrea, Jasmine Trinca, Michele Riondino e Paolo Calabresi, ecco la richiesta diretta al ministro Nordio: ”Il 13 gennaio il difensore di Cospito ha rivolto una richiesta al ministro per revocargli il 41 bis, il ministro ha trenta giorni per decidere, nella sua inerzia e indifferenza i giorni scorrono inesorabilmente e Alfredo potrebbe morire da un momento all’altro. La lotta di Alfredo ci chiama a ragionare sul senso di umanità e di utilità delle leggi del nostro paese, sull’evidente dismisura tra reato e pena. Per questo Alfredo Cospito è pronto a morire. Non si tratta solo di una vicenda personale o di buonismo, ma di affermare un principio. Per questo chiediamo al Ministro e alle istituzioni di intervenire prima che sia troppo tardi”.
(da agenzie)

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L’ITALIA AIUTA GLI UCRAINI NEL SEGUIRE LE MOSSE DEI RUSSI CON I SATELLITI COSMO-SKYMED, IN GRADO DI “VEDERE” COSE ANCHE MOLTO PICCOLE

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

E’ UN SISTEMA CHE PUO’ GENERARE IMMAGINI SUL CAMPO ANCHE DI NOTTE, HA UN’OTTIMA DEFINIZIONE, VEDE BERSAGLI DI DIMENSIONI RIDOTTE, BUCA L’EVENTUALE SCHERMO DELLE NUVOLE… L’INSIEME DI QUESTI DATI VIENE RIVERSATO DALLA NATO A KIEV E PERMETTE DI ANTICIPARE EVENTUALI MOSSE NEMICHE

Occhi elettronici in cielo: così l’Italia aiuta gli ucraini nel seguire le mosse dell’invasore russo. Nei pacchetti d’aiuti varati dal governo italiano fin dall’inizio del conflitto, del valore di circa un miliardo di euro ma coperti dal segreto di Stato, una voce importante è svolta dalla ricognizione satellitare combinata con quella svolta lungo i confini dell’Ucraina.
E’ rilevante l’attività di una «classe» di satelliti italiani che usano i radar per «rastrellare» il territorio. «Noi abbiamo un sistema che si chiama Cosmo-SkyMed e ottiene immagini radar della superficie del terreno con una definizione molto interessante», prosegue il generale Camporini. «Il numero è chiaramente soggetto a norme di riservatezza, ma diciamo che si vedono molte cose, anche molto piccole».
Da gennaio 2021, con il lancio di Cosmo-SkyMed Seconda generazione, i satelliti in orbita e operativi sono diventati cinque […] ci sono molti Paesi che sono clienti di Cosmo-SkyMed per ottenere immagini che possono essere utilizzate per fini ambientali, agricoli e militari.
«Un sistema come il nostro ha soprattutto la capacità di generare immagini di notte, e questo lo rende un sistema h 24».
I satelliti Cosmo-SkyMed fotografano il terreno con una frequenza molto significativa, con le immagini che possono essere poi sfruttate per analisi del territorio, per riprendere le catastrofi ambientali o per la ricognizione militare: hanno un’ottima definizione, vedono bersagli di dimensioni ridotte, bucano l’eventuale schermo rappresentato dalle nuvole.
«Vede attraverso le nuvole perché è un sistema Sar, cioè un radar ad apertura sintetica, una tecnologia non nuovissima, impiegata da tanti anni: ci sono immagini radar che si susseguono man mano che i satelliti si spostano e vengono integrate l’una con l’altra in modo tale da avere una visione globale», chiarisce il generale Camporini. L’insieme di questi dati raccolti sul territorio viene riversato dalla Nato a Kiev e permette di anticipare eventuali mosse nemiche, di analizzare cambiamenti sul terreno, di verificare «assetti» militari.
Mosca ha beneficiato dell’assistenza dei cinesi: la settimana scorsa gli Stati Uniti hanno accusato e sottoposto a sanzioni Spacety China […] che avrebbe fornito ai combattenti della compagnia privata russa della Wagner immagini satellitari del territorio ucraino, utilizzate per selezionare i bersagli nella guerra.
(da il Corriere della Sera)

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