Maggio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
TAGLIO ALLE TASSE, PRECARIATO, RDC, EVITANDO CONTRADDITTORI
Secondo la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, quello approvato il 1º maggio dal suo governo è “il più grande taglio di tasse degli ultimi decenni”. Secondo la ministra del Lavoro, Marina Calderone, è un decreto che “non aumenta la precarietà”.
Secondo la realtà, invece, il mini-taglio di contributi è molto inferiore a diversi altri interventi decisi negli ultimi anni dai governi precedenti e – grazie a questo provvedimento – per le imprese sarà molto più facile assumere con contratti a tempo determinato e, in alcuni settori, con i voucher.
L’operazione propagandistica dell’esecutivo, iniziata con un Consiglio dei ministri nel giorno della Festa dei lavoratori, prosegue con un insolito modo di comunicarne i contenuti, anche sul piano del metodo: non una conferenza stampa, ma un video sui social e qualche dichiarazione. Forse perché così le inesattezze sparse a piene mani dall’esecutivo, facilmente contestabili, non avrebbero avuto il fastidio del “contraddittorio”, termine tornato in auge proprio il 1° maggio sul parco del concertone.
La prima falsità, la più evidente, riguarda la frase di Meloni secondo cui nessun altro governo avrebbe tagliato così tanto i tributi ai lavoratori. Occorre intanto una premessa: il provvedimento non interviene sull’Irpef, ma sui contributi previdenziali. E non lo fa con uno sconto strutturale, cioè valido per sempre, ma con risorse che lo garantiscono solo da luglio a dicembre. Il taglio arriva al 7% per i redditi sotto i 25 mila euro e al 6% per quelli sotto i 35 mila: va ricordato che queste fasce di reddito beneficiavano già di uno sconto – di entità un po’ inferiore – approvato prima dal governo Draghi nel 2022 e poi confermato e ampliato dal governo Meloni con la legge di Bilancio 2023. Ora il governo “spende” sul tema circa 4 miliardi di euro, una somma ben inferiore a quella stanziata in operazioni simili: il governo Draghi, ad esempio, ha messo 7 miliardi sulla riduzione delle aliquote Irpef, passate da cinque a quattro, mentre per il bonus Irpef da 80 euro – arrivato nel 2014 col governo Renzi – lo stanziamento fu di 10 miliardi. Tale somma è stata aumentata di ulteriori 5 miliardi dal governo Conte-2, che portò il bonus a 100 euro estendendo anche la fascia di reddito coinvolta fino ai 40 mila euro. Insomma, anche se sommassimo il taglio contributivo previsto in legge di Bilancio dal governo Meloni (5 miliardi) con quest’ultimo non saremmo affatto di fronte al “più grande taglio di tasse” della storia recente.
Per capire quanto limitata sarà la portata dell’intervento basta fare i conti in tasca ai beneficiari. Quelli con redditi più bassi, tipo chi dichiara 10 mila euro l’anno e già oggi ha uno sconto del 3% (19 euro), adesso avrà altri 25 euro in busta paga. Come al solito, i benefici maggiori – quantomeno considerando i valori assoluti – vanno ai redditi più alti: il risparmio sui contributi arriverà a quasi 100 euro per chi guadagna 35 mila euro, limite massimo per ottenere la sforbiciata. Delizioso che una parte dei 4 miliardi dello sgravio (1,1 miliardi) verrà pagata dal conseguente – e per la verità inevitabile – aumento dell’Irpef, sicché i 100 euro che il decreto di lunedì garantirà ai più fortunati saranno – secondo la Cgil – una sessantina netti e di lì a scendere.
Passiamo al precariato, che secondo Calderone non è incentivato dal decreto, che si limita a permettere alle aziende di stipulare contratti a termine “dove c’è una necessità temporanea per motivi organizzativi e produttivi”.
Messa in questi termini, sembra che finora le imprese siano finora state ingabbiate in norme troppo rigide per le loro necessità. In realtà, è dal 2021 che i contratti a tempo determinato sono tornati a volare, raggiungendo infatti a febbraio 2022 il record storico secondo l’Istat, con oltre 3 milioni e 100 mila dipendenti a scadenza.
La semplificazione delle causali, per i contratti da almeno 12 mesi, avrà l’effetto di aumentare le assunzioni precarie. Il Financial Times ad esempio, nel descrivere il decreto, ha enfatizzato proprio questo aspetto: da ora in poi sarà più facile assumere a tempo determinato, cosa che al quotidiano britannico, ovviamente, sembra buona.
(da il Fatto Quotidiano)
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Maggio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
IL PALCO DEL PRIMO MAGGIO E’ VISSUTO CON INSOFFERENZA DAL GOVERNO
Il concertone lo vedremo ancora in tv tra un anno? Ha fatto uno share
dell’undici per cento, incollando davanti agli schermi quasi due milioni di telespettatori, ma la destra al potere non nasconde la sua insofferenza. “Non è stata una bella pagina”, ha commentato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. C’è sempre un Fedez che disturba.
Stavolta non avevano fatto i conti con il fisico Carlo Rovelli, che ha tirato in ballo il ministro della Difesa Guido Crosetto, già presidente della Federazione aziende italiane per l’aerospazio: “È stato vicinissimo a una delle più grandi fabbriche di armi nel mondo, Leonardo», ha spiegato. Crosetto ieri lo ha invitato a pranzo, “così vedrà cosa faccio ogni giorno per cercare la pace e fermare la guerra”. Rovelli ha declinato, ringraziando: “Vorrei che se ne discutesse nel Paese, non a cena in due”.
L’intervento anti militarista di uno scienziato che scrive bestseller, sin dall’inizio critico con gli aiuti militari all’Ucraina, (“piazzisti di strumenti di guerra” che costruiscono strumenti di morte “per ammazzarci l’un l’altro”), porta avanti una tesi che collima con quella della Lega, peraltro.
L’entrata in campo del ministro della cultura è il segno dei tempi: così, dopo Sanremo, anche l’appuntamento del primo maggio finisce nel Kulturkampf di questi primi mesi meloniani. E pensare che il governo aveva fatto di tutto per oscurare il temuto concertone con la narrazione del decreto sul lavoro e il relativo video House of cards di Giorgia Meloni che ci ha fatto entrare direttamente nella sala del consiglio dei ministri. Non è bastato.
Il concertone è un evento “de sinistra”, lo qualificò nel 2019 Matteo Salvini, ricordando che viene pagato “coi soldi di tutti”.
Libero, quell’anno, denunciò anche le spese per ripulire le strade attorno a piazza San Giovanni: duecentomila euro, che si aggiungevano al costo della kermesse, 800mila euro. Nel 2012 erano ancora 650mila. Titolo: “La Rai brucia i nostri soldi”.
Due anni fa fu Fedez a sconvolgere i piani, con un attacco al leghista Ostellari, reo di opporsi al disegno di legge Zan contro l’omotransfobia. Una legge che non ha visto luce, ma la polemica s’infiammò per giorni. Questo invece era il primo concertone al tempo della destra, quello di Piero Pelù che mostra la maglietta di Sergio Mattarella con la cresta punk. L’allarme era massimo. “Il solito concertone allestito dalla sinistra”, titolava lunedì Il Giornale. “Una carrellata di vip in campo per Landini e Schlein“.
Il concertone si tiene dal 1990. E anche agli esordi faceva infuriare i potenti. Elio e le storie tese nel 1991 con la canzone Sabbiature tirarono in ballo Andreotti, il golpe Borghese, Tanassi, Gui, la P2, Remo Gaspari, Nicolazzi, il presidente della Rai Manca. Insomma, una lezione di sarcasmo a un anno dallo scoppio di Tangentopoli. Apparve a canzone in corso Vincenzo Mollica: “Stiamo passando dalla Rete tre alla rete due?”, lo si sentì domandare. Si parlò di censura.
Ora i rumours di viale Mazzini dicono che il concertone rischia di finire nella mannaia del “nuovo immaginario italiano”, a cui Sangiuliano lavora alacremente da mesi.
Il romanzo dell’egemonia culturale della destra si aggiunge intanto di un altro capitolo: se ne era parlato agli Stati generali, lo scorso 6 aprile, e al decennale di Fratelli d’Italia, il 15 e 16 dicembre in piazza del Popolo, a Roma. Ieri Sangiuliano è tornato a insistere che bisogna dire nazione, non paese, (“la parola paese nella Costituzione non c’è. C’è la parola nazione”. “Nazione” ripete ossessivamente Meloni, in senso sovranistico, contrapposto alla sinistra che parla di paese. La battaglia passa anche attraverso l’uso delle parole.
Per il resto la parola d’ordine è occupare i gangli vitali del mondo culturale e della comunicazione, esercitare una contronarrazione, imporre contenuti, come la finestra sulle foibe a Sanremo. Lì sfuggì al controllo il solito Fedez, che stracciò l’immagine del viceministro Galeazzo Bignami vestito da nazista. “Hanno passato il segno”, fu la frase attribuita a Meloni. Dopodiché le nomine Rai, a cominciare dal piano per portare Gian Marco Chiocci al vertice del Tg1, sono frenate da una fronda interna
(da La Repubblica)
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Maggio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
GIA’ PARLAMENTARE ED ESPONENTE DI TERZA POSIZIONE, VIENE DALLA CROCE ROSSA E GUADAGNERA’ 110.000 EURO L’ANNO
Ex senatore, ex deputato, ma pure ex terrorista. Un curriculum particolare quello di Marcello De Angelis, cognato dello stragista Luigi Ciavardini, che non gli ha creato però problemi ad arrivare ai vertici della Croce Rossa Italiana e non gli ha creato difficoltà ora a ottenere la nomina di responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio, con uno stipendio da 110mila euro l’anno.
Il presidente Francesco Rocca continua a scegliere all’interno della Cri, di cui è stato il numero uno fino al giorno dell’ufficializzazione della sua candidatura, i collaboratori più fidati e non ha dimenticato l’ex esponente di Terza Posizione.
De Angelis, dopo aver aderito nel 1974 al Fronte della Gioventù, entrò in Lotta Studentesca e poi si avvicinò a Terza Posizione. Arrestato a Londra, dove trascorse sei mesi nel carcere di massima sicurezza di Brixton, nel 1989 tornò in Italia e si costituì.
Venne condannato a 5 anni e mezzo di reclusione, per associazione sovversiva e banda armata, e uscì dal carcere nel 1992.
Proseguito il suo percorso a destra con Alleanza Nazionale, venendo scelto anche come direttore de Il Secolo d’Italia, nel 2006 venne eletto senatore e nel 2008 deputato.
Nel 2017 ha stretto un forte legame con Rocca, divenendo in Croce Rossa suo capo di gabinetto, dal 2018 al 2020 ne è poi stato il portavoce e da allora è responsabile dell’Unità operativa cultura, eventi e pubblicazioni della Cri, oltre che portavoce del presidente nazionale.
Attività a cui De Angelis ha affiancato quella di musicista, fondando il gruppo musicale 270bis, nome tratto dall’articolo del codice penale relativo alle associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico.
De Angelis ha sempre manifestato con chiarezza le sue idee sul fascismo.
Esploso il caso di Enrico Montesano, presentatosi in tv con la maglietta della X Mas, ha definito l’attore un istrione. E di recente, inserendosi nel dibattito sul 25 aprile, ha scritto: ” Tutto questo parlare di libertà e liberazioni di questi ultimi giorni mi ha fatto tornare in mente una frase che lessi da ragazzo: la libertà non è fare ognuno come gli pare, ma la possibilità di scegliere tra il maggior numero di ordini possibili”.
Diversi pure gli attacchi alle tematiche gender e all’antifascismo, da lui descritto come “reinventato” , con una “storiografia dominante” che ha “sempre tentato di fissare un inizio che giustificasse i propri crimini nella forma, già celebrata per glorificare gli infoibamenti, della giusta reazione contro la violenza fascista”.
Per l’ex parlamentare inoltre “chi è morto per l’Italia, ovunque e in ogni epoca, viene ammazzato quotidianamente e il suo cadavere gettato in pasto ai cani ogni giorno che uno dei nostri bambini va a scuola e apre un libro di testo imposto dalle lobby ancora, inspiegabilmente, dominanti”.
Secondo Rocca, De Angelis è l’uomo giusto per assumere la guida della comunicazione istituzionale della Regione Lazio fino alla fine della legislatura, chiedendo al giornalista solo di mettersi in aspettativa non retribuita dalla Cri.
Una figura che, guardando ai principali collaboratori scelti tra quanti hanno lavorato con Rocca nella Croce Rossa, va ad unirsi a quelle di Giuseppe Pisano, nominato capo di gabinetto, e Carla Cace, portavoce del presidente.
(da agenzie)
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Maggio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
FRANCESCA GEROSA: “SI CERCHI UN LUOGO ADATTO DOVE PORTARLA E SI ABBASSINO I TONI”
“JJ4 oggi è rinchiusa in una gabbia e quindi inoffensiva, considero
l’abbattimento una misura inutile”. A dirlo è Francesca Gerosa, candidata di Fratelli d’Italia allo scranno più alto di Piazza Dante nonché la principale avversaria nel centrodestra di Maurizio Fugatti per la candidatura alla guida della coalizione.
Una presa di posizione chiara quella espressa su L’Adige, che evidentemente è lontana da quella del suo sfidante e che, in un certo senso, appare quasi come un potenziale strappo.
Molto più importante, per Gerosa, la ricerca di un luogo adeguato in cui portare JJ4. Anche perché, spiega: “Abbatterla non allevierebbe né il dolore della nostra comunità né quello della famiglia di Andrea, e non renderebbe il Trentino più sicuro”.
Se da un lato appare evidente la posizione di Gerosa rispetto a Fugatti su JJ4, la stessa invita alla distensione dei toni.
“I toni del dibattito mediatico stanno raggiungendo ormai livelli inaccettabili. Sono giorni che sostengo l’urgente necessità di un pacato confronto, per metterci tutti insieme al lavoro per analizzare la situazione ed elaborare strategie da mettere in campo a tutti i livelli.
(da agenzie)
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Maggio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
GLI AUMENTI VANNO DA 25 A 60 EURO E SOLO PER 5 MESI… NON SERVONO NEANCHE A COMPENSARE GLI AUMENTI NEL CARRELLO DELLA SPESA DEGLI ITALIANI
Quanto vale il taglio del cuneo fiscale del governo Meloni? Quanti soldi si metteranno in tasca i lavoratori delle varie fasce di reddito? E cosa succederà nel 2024?
Il decreto lavoro approvato il primo maggio durerà fino a novembre. Il taglio del cuneo fiscale e contributivo tra luglio e dicembre aumenterà di altri quattro punti, senza incidere sulla tredicesima. In particolare, lo sconto sui contributi previdenziali a carico dei lavoratori salirà, rispetto a quanto già previsto nell’ultima manovra dagli attuali due punti a sei punti per i redditi lordi fino a 35mila euro, ovvero fino a 2.692 euro al mese. E dagli attuali tre a sette punti per i redditi fino a 25mila euro. Ovvero chi ha una retribuzione che non superi i 1.923 euro al mese.
Le simulazioni
Il taglio si aggiunge a quanto previsto nella manovra approvata lo scorso dicembre. Allora il governo Meloni ha rifinanziato il taglio del 2% introdotto da Draghi fino ai 35 mila euro e ha incrementato questa riduzione al 3% fino a 25 mila euro, per un costo complessivo di circa 5 miliardi. In totale il taglio per quest’anno vale 8,5-9 miliardi.
Come Open ha spiegato, non si tratta del «più importante taglio delle tasse sul lavoro degli ultimi anni». Le simulazioni sulle varie fasce di reddito effettuate da De Fusco Labour & Legal e rielaborate oggi da La Stampa dicono che:
con una retribuzione lorda di 10 mila euro annui il taglio delle tasse di Meloni fa mettere in tasca al lavoratore 25,67 euro in più, per un totale annuo di 269 euro e 50 centesimi;
chi guadagna 12 mila 500 euro all’anno porta a casa 32 euro e 8 centesimi in più, per un totale annuo di 336 euro e 90 cent;
per la fascia da 15 mila euro di reddito i risparmi ammontano a 38 euro e 50 cent e il totale è di 404 euro e spiccioli
una retribuzione lorda di 17 mila 500 euro dà diritto a uno sconto di 38,41 euro e a 403,30 euro in più l’anno;§con 20 mila euro annui di retribuzione lorda lo sconto è di 43,90 euro e il totale è 460,90
l’asticella a 22 mila 500 euro porta 49,38 euro in più l’anno e il totale a 518,50 euro
Poi c’è la simulazione del taglio in busta paga per le fasce di reddito maggiore:
chi guadagna 25 mila euro l’anno lordi sconta quasi 55 euro con Meloni e 578 euro annui totali;
la fascia da 27 mila 500 euro porta a casa 60 euro in più annui e in totale 543 euro;
per i 30 mila euro annui di guadagno il risparmio con il taglio ammonta a 57,56 euro e il totale a 542 euro;
per la fascia di 32 mila e 500 euro ci sono 61 euro in più in busta paga e 549 euro totali annui;
infine, la fascia di 35 mila euro risparmia 65 euro e 70 centesimi con il taglio di Meloni e 591 euro totali.
Il taglio del cuneo per i dipendenti pubblici
Per i lavoratori statali, fa sapere Il Messaggero, il taglio dei contributi in busta paga porterà in tasca dai 48 ai 65 euro netti in busta paga. Le simulazioni sono del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei commercialisti. Gli aumenti riguardano 2,2 milioni di dipendenti. I lavoratori della prima e della seconda area dei ministeri, ovvero operatori ed assistenti, con retribuzione media annua inferiore a 25 mila euro l’aumento netto mensile sarà di 54,80 euro. Con il taglio precedente arriveranno quasi a 96 euro. I secondi, che guadagnano 29.258 euro l’anno, avranno 61,60 euro in più e 93 euro di beneficio totale. Nelle agenzie fiscali l’aumento netto mensile in busta paga sarà di 64 euro.
I maggiori beneficiari del taglio saranno infermieri e insegnanti. Per chi ha una retribuzione media di 29.834 euro l’aumento mensile sarà di 58,50 euro e il beneficio complessivo sarà di 91,2 euro. Per circa 530 mila dipendenti della sanità, che in media hanno una retribuzione di 31.623 euro, l’aumento netto mensile sarà di 59,4 euro. E quello totale di 89,10 euro. I dipendenti degli enti pubblici non economici, come l’Inps e l’Inail, dove le retribuzione medie sono più elevate (ma comunque inferiori a 35 mila euro) l’aumento netto mensile delle buste paga sarà di 64,9 euro. Quello totale sarà di 97,4 euro netti mensili.
I precedenti
Prima di Meloni i lavoratori avevano già visto un taglio del cuneo del 2% da parte del governo Draghi. L’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce aveva però ridotto anche l’Irpef, con una manovra da circa 7-8 miliardi che aveva portato da cinque a quattro le aliquote previste. A questo aveva inizialmente aggiunto un taglio dello 0,8% del cuneo fiscale (finanziato con 1,2 miliardi) rimpolpato con un altro miliardi con il decreto Aiuti Bis. Totale 9-10 miliardi.
Un alleggerimento fiscale, quello del governo Draghi, che vale quindi circa 15-16 miliardi calcolando anche l’assegno unico. Il governo Conte II ha invece aumentato a 100 euro mensili per i redditi fino a 26.600 euro lordi il bonus di Renzi, con un decalage fino a 40mila euro. Il provvedimento, valido solo per la seconda metà del 2020 è stato poi reso strutturale con la legge di Bilancio successiva. L’estensione era costata 3 miliardi nel 2020 e 5 miliardi nell’anno successivo.
(da Open)
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Maggio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
PER LA GIUDICE “NON PUÒ CONSIDERARSI UN FATTO FALSO”, E RIBADISCE IL DIRITTO DI CRITICA
Tutto parte da due post del 2018, che Saviano ha scritto quando
Sangiuliano è stato promosso direttore del Tg2. Il primo su Twitter: «Sangiuliano direttore del Tg2! Peggio non si poteva. Vicedirettore del Tg1 con Berlusconi, galoppino di Mario Landolfi, Italo Bocchino, Nicola Cosentino, Amedeo Laboccetta. E ora la promozione: con il Governo del Cambiamento (ovvero giallo-verde, ndr), al sud, la società incivile non perde posizioni, anzi».
Il secondo, versione estesa del primo, è andato su Facebook: «Tutto questo è ammissibile solo in un’ottica di spartizione, non certo di alleanza, né di applicazione del contratto di governo. Solo in una spartizione si può giungere a un tale livello di cinismo. E adesso Sangiuliano diventa addirittura direttore del Tg2, direttore in quota Lega. E a chi dice che la Lega non è più antimeridionale rispondo: ma non vedete come, con l’avallo del M5S, continua la triste tradizione di valorizzare il peggio della cultura, della politica?».
Per Sangiuliano, si legge nella sentenza, Saviano era colpevole di aver collegato la sua nomina a direttore del Tg2 «a esponenti politici coinvolti in diverse inchieste giudiziarie nell’ambito della criminalità organizzata».
Nel dettaglio «il Saviano si sarebbe rivolto all’attore definendolo in modo dispregiativo “galoppino”, termine utilizzato al fine di indurre nell’enorme numero di seguaci (c.d. followers)» l’idea che la nomina fosse il compenso per la collaborazione prestata. Il ministro ha visto così leso il suo onore. Ma per la giudice no.
Albano ribadisce l’importanza del diritto di critica: «Garantito dall’articolo 21 della Costituzione, pilastro dello stato democratico e della effettiva possibilità per il popolo di esercitare la propria sovranità anche in ordine al controllo del potere politico in tutte le sue manifestazioni». Quindi passa a vagliare le espressioni.
Sulla nomina legata a Cosentino, la giudice dà ragione a Saviano: «Non può considerarsi un fatto falso, né da escludere dal dibattito politico attuale e già, in passato, ampiamente affrontato».
Allo stesso modo, parlare di lottizzazione in Rai è più che lecito: «Una critica senz’altro sferzante, ma che comunque deve ritenersi rientrante nel diritto di libertà di manifestazione del pensiero». Quelli di Saviano, prosegue, non sono insulti, come ritiene Sangiuliano, ma «giudizi politici», «sebbene aspri e pungenti».
Per la giudice c’è l’interesse dell’opinione pubblica. Infine non si vede nessun danno. Il tono di Saviano, concede la giudice, era oggettivamente aspro, quindi ognuno pagherà le sue spese.
Nel frattempo, è arrivata le sentenza definitiva su Cosentino per concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex sottosegretario è stato coinvolto dal 2013 in almeno quattro importanti processi, tra cui tre per reati di camorra. In due, “Il Principe e la Scheda Ballerina” e il cosiddetto “Carburanti”, Cosentino ha ottenuto l’assoluzione, ma non è andata così nel processo più importante, l’Eco4, vera e propria architrave della tesi accusatoria della Dda di Napoli sul ruolo di Cosentino quale «referente a livello nazionale del clan dei Casalesi». Che la cassazione ha confermato pochi giorni fa.
(da EditorialeDomani)
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