Ottobre 5th, 2023 Riccardo Fucile
“IL PAESE È CLASSIFICATO SOLO UNA TACCA SOPRA IL LIVELLO SPAZZATURA DA MOODY’S”
Per quanto Giorgia Meloni sia attenta ai pericoli, non riesce a evitare di provocare i mercati finanziari. Due mesi dopo che il suo governo è stato scosso dalle notizie di un’economia in contrazione, un tentativo malriuscito di tassare le banche e il peggioramento delle prospettive di bilancio della scorsa settimana si sono aggiunti ai rischi che perseguitano gli investitori obbligazionari.
Hanno reagito scaricando il debito pubblico italiano, portando il rendimento dei titoli decennali ai massimi degli ultimi dieci anni. Le banche della terza economia della zona euro stanno aumentando la pressione, vendendo i propri titoli di Stato al ritmo più veloce degli ultimi due decenni. A ciò si aggiunge la crisi dei mercati obbligazionari globali che ha portato il rendimento del Tesoro a 30 anni a superare il 5% per la prima volta dal 2007.
Tutto ciò compromette la capacità della Meloni di rifinanziare il debito italiano di 2.800 miliardi di euro e i funzionari iniziano a preoccuparsi.
Ora l’Italia sta facendo i conti con il terribile incidente di autobus che ha ucciso almeno 21 persone vicino a Venezia. Quando lo shock si sarà attenuato, l’attenzione tornerà a concentrarsi sulle sfide economiche che la Meloni deve affrontare e sulla possibilità che riesca a guidare la sua frammentata coalizione attraverso i venti finanziari senza scatenare una crisi.
“Condivido le preoccupazioni e gli affanni delle famiglie e degli imprenditori che vivono con il debito sulle spalle”, ha dichiarato il mese scorso il ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti. “Ho un grosso carico di debito sulle mie spalle”.
Certo, pochi investitori si aspettano un vero e proprio crollo dei mercati. L’impegno della Banca Centrale Europea, l’estate scorsa, di evitare che i costi di finanziamento delle diverse economie del blocco divergano in modo selvaggio, ha rappresentato una svolta per chiunque volesse puntare forte sull’Italia. La scorsa settimana, il differenziale tra i rendimenti decennali italiani e gli equivalenti tedeschi ha brevemente superato i 200 punti base, un livello tenuto sotto stretta osservazione, ma è ancora lontano dal divario di 570 punti base che alla fine ha costretto Berlusconi ad andarsene.
Il bilancio dell’Italia implica una riduzione del consolidamento fiscale rispetto alle previsioni iniziali, ma gli strateghi di Societe Generale, tra cui Adam Kurpiel, ritengono che la revisione “non cambi il quadro generale”. Mantengono invariata la stima di 310-30 miliardi di euro di offerta lorda di obbligazioni per il 2024. Tuttavia, i funzionari della Meloni sono consapevoli del fatto che mantenere “in gioco” gli investitori sarà una prova importante per lei nei prossimi mesi.
Gli impegni di spesa dell’alleanza di governo hanno bloccato gli sforzi per ridurre un debito che supera il 140% del prodotto e le elezioni europee del prossimo anno stanno già mettendo i partner della coalizione l’uno contro l’altro, come dimostra la sfida del vice primo ministro Matteo Salvini su Autostrade questa settimana. Anche la presidenza del G7 comporterà pressioni, ponendo il primo ministro sotto i riflettori mondiali come non ha mai sperimentato prima.
“Con il rallentamento della crescita, il futuro consolidamento fiscale è molto importante”, ha dichiarato Evelyne Gomez-Liechti, stratega di Mizuho International Plc. “La Meloni ha bisogno di realizzare qualcosa di simile, o di pianificare di farlo nei prossimi anni, per evitare che le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito riemergano di nuovo”.
Le turbolenze finanziarie sono state una parte formativa della formazione politica della Meloni: ha avuto un posto in prima fila quando il mercato obbligazionario ha rovesciato Silvio Berlusconi nel 2011. L’anno scorso, poi, la leader di Fratelli d’Italia è entrata in carica pochi giorni prima che il primo ministro britannico Liz Truss si dimettesse in mezzo a un altro disastroso selloff.
Quel pasticcio ha convinto la Meloni che le cattive decisioni turbino gli investitori più dei discorsi sui complotti contro l’Italia a cui indulgono alcuni teorici della cospirazione del suo partito, secondo persone che hanno familiarità con la questione.
La premier italiana ha iniziato imponendo una disciplina fiscale alla sua coalizione a tre, ma l’aumento dei tassi d’interesse, unito ai dati di luglio che mostravano un andamento dell’economia molto peggiore di quanto sperato dai funzionari, ha minacciato le sue ambizioni di spesa populista.
Il governo della Meloni ha cercato di raccogliere denaro extra con una mannaia sui profitti delle banche ad agosto. Invece, questo ha cancellato 10 miliardi di dollari dal valore di mercato degli istituti di credito italiani e ha lasciato che molti investitori mettessero in dubbio il suo impegno a non far vacillare la barca. Ora la coalizione ha fatto ampiamente marcia indietro.
L’entità della sfida è diventata più chiara la scorsa settimana, quando i funzionari hanno ammesso che l’Italia non rientrerà nei limiti di deficit dell’Unione Europea fino al 2026. L’anno prossimo non è più previsto il cosiddetto avanzo primario, in cui le entrate superano le spese prima dei costi di interesse – in passato considerato un impegno fondamentale per la disciplina fiscale.
Gli istituti di credito italiani, che attualmente detengono il più alto stock di debito pubblico della zona euro, hanno iniziato a ridurlo, secondo l’analisi di Bloomberg dei dati appena pubblicati. Non è chiaro se si tratti di una risposta alla misura di tassazione dei profitti, ma il cambiamento ha comunque catturato l’attenzione dei funzionari.
Gli istituti di credito italiani, che attualmente detengono il più alto stock di debito pubblico della zona euro, hanno iniziato a ridurlo, secondo l’analisi di Bloomberg dei dati appena pubblicati. Non è chiaro se si tratti di una risposta alla misura di tassazione degli utili, ma il cambiamento ha comunque catturato l’attenzione dei funzionari.
Gli strateghi di Unicredit SpA, la seconda banca italiana per dimensioni, hanno offerto una spiegazione più positiva. Secondo gli strateghi di UniCredit, il calo potrebbe riflettere una spinta a diversificare le partecipazioni ora che i rendimenti di altri titoli di Stato sono molto più alti. Il rendimento decennale della Germania è appena sotto il 3%, rispetto a meno di zero anni fa.
Insieme agli sforzi della BCE per ridurre gli acquisti obbligazionari del passato, questo spostamento pone un maggiore onere ad altri investitori per colmare il divario. Per il momento ciò sta accadendo, poiché le famiglie e le società non finanziarie italiane approfittano dei rendimenti più elevati dell’area dell’euro.
In ogni caso, i funzionari riconoscono in privato che i recenti eventi hanno danneggiato la fiducia e le persone vicine alla Meloni temono che sia sempre più chiusa in se stessa: Deve accontentare sia i suoi partner di coalizione che i suoi elettori, rispettando allo stesso tempo i requisiti dell’UE per una sana finanza pubblica
La speranza della Meloni, espressa da Giorgetti in una conferenza stampa la scorsa settimana, è che i mercati e i partner “capiscano la situazione”. Ma non ha molto margine di errore.
Il Paese è classificato solo una tacca sopra il livello spazzatura con outlook negativo da Moody’s Investors Service, che dovrebbe pubblicare la sua prossima valutazione a novembre. L’Italia potrebbe anche essere vulnerabile se l’inflazione dovesse rimanere al di sopra dell’obiettivo del 2% fissato dalla BCE, costringendo i tassi a rimanere elevati.
Gli analisti di Rabobank, tra cui Erik-Jan van Harn, hanno delineato uno scenario in cui l’inflazione al 3% spinge il rapporto tra interessi e ricavi del Paese oltre il 10%, un livello che, secondo loro, “giustifica al massimo un rating speculativo”.
Guillermo Felices, global investment strategist di PGIM Fixed Income, ritiene che la sostenibilità del debito sia uno dei “rischi più sottovalutati” nella zona euro, con la periferia più vulnerabile di tutte.
“Ciò che ha chiaramente aiutato gli spread della periferia è la crescita al rialzo”, ha affermato. “Ma con l’aumento delle preoccupazioni per la crescita nell’eurozona e l’aumento dei tassi di interesse, l’equazione inizia a diventare un po’ più instabile”.
(da Bloomberg)
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Ottobre 5th, 2023 Riccardo Fucile
“LA SPESA DELL’ITALIA È UN PROBLEMA, A CAUSA DELLA SUA LENTA CRESCITA E DEL SUO INGENTE CARICO DI DEBITO. IL DEBITO DIVENTA INGESTIBILE”… “A MENO CHE NON RIDUCA LA SPESA, LA MELONI SEMBRA ESSERE IN ROTTA DI COLLISIONE CON LA COMMISSIONE EUROPEA, LA BANCA CENTRALE E GLI INVESTITORI”
Mentre si fa strada il timore che i tassi d’interesse possano rimanere più alti a lungo, i rendimenti dei titoli di Stato in tutto il mondo ricco stanno aumentando. Il rendimento del buono del Tesoro decennale americano si aggira intorno al 4,8%, il massimo dal 2007.
La Banca del Giappone ha incrementato gli acquisti di obbligazioni, per mantenere un tetto ai rendimenti. In Europa il 4 ottobre il rendimento dei bund tedeschi decennali ha superato il 3%, per la prima volta in oltre un decennio.
E quelli del debito italiano sfiorano il 5%, il valore più alto dalla coda della crisi del debito sovrano dell’eurozona nel 2012. E questo è preoccupante, perché l’Italia è uno degli Stati membri più indebitati del blocco e il suo governo non si è reso conto che i suoi piani di spesa sembrano ormai insostenibili.
Negli ultimi 15 mesi, l’impennata dell’inflazione nell’area dell’euro è stata accompagnata da un intervento drastico della Banca centrale europea (Bce), che ha aumentato i tassi di 4,5 punti percentuali. Se si guarda alla spesa pubblica, però, non si direbbe che è in corso una battaglia contro l’inflazione.
I bilanci sono cresciuti in molti grandi Paesi europei, mentre i governi cercavano di aiutare i cittadini a riprendersi dai lockdown pandemici e dalla crisi energetica. Ma anche se questi shock si sono attenuati, i deficit sono rimasti ampi.
La Francia prevede un deficit di bilancio di quasi il 5% del PIL quest’anno e del 4,4% il prossimo. L’Italia prevede un deficit del 5,3% quest’anno e del 4,3% nel 2024. Il deficit arriva proprio mentre il Paese è in procinto di ricevere quasi 70 miliardi di euro, pari al 2% del PIL annuale, dal Fondo comune per la ripresa dalle pandemie dell’UE.
La spesa dell’Italia è un problema particolare, a causa della sua lenta crescita, che quest’anno dovrebbe essere inferiore all’1%, e del suo ingente carico di debito: nel 2022 il debito pubblico netto era pari al 144% del PIL. Se il deficit è troppo elevato o il tasso di interesse è troppo alto, il debito diventa ingestibile. Ora rischia entrambe le cose.
Gli investitori sono ben consapevoli di questi rischi, ed è per questo motivo che ottengono un premio per i prestiti all’Italia, rispetto ai prestiti alla Germania. Quando il 27 settembre il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, ha rivelato i suoi piani di bilancio, lo spread è salito. A meno che non riduca la spesa, la Meloni sembra essere in rotta di collisione con la Commissione europea, la banca centrale e gli investitori.
In un mondo ideale, l’Italia dovrebbe seguire le regole fiscali europee, volte a garantire che le sue finanze pubbliche non siano in pericolo. Ahimè, questo sarà difficile da realizzare. Innanzitutto, le regole non sono realistiche. Pretendere che l’Italia raggiunga un obiettivo di debito/PIL del 60% in un determinato numero di anni è ridicolo. Anche se la Commissione europea spera di rivedere queste regole, i paesi nordici più falchi non sono disposti a cedere molto. Il risultato è una situazione di stallo.
Anche se ci fossero regolamenti migliori, farli rispettare sarebbe un’altra difficoltà. L’esperienza passata suggerisce che i governi nazionali raramente scelgono di seguire le regole stabilite a Bruxelles e di tagliare le spese a casa propria, rischiando di irritare gli elettori.
Tutto questo lascia l’Italia soggetta alla disciplina degli investitori e della Bce. Il ruolo della banca centrale è molto più chiaro di quanto non fosse durante il crollo del debito della zona euro. Se gli spread sul debito pubblico dovessero iniziare a salire fuori controllo, la Bce si è impegnata ad acquistare quel debito. Nel luglio dello scorso anno, la banca ha anche dichiarato che avrebbe cercato di favorire la regolare trasmissione della politica monetaria, acquistando il debito di un Paese se gli spread fossero aumentati più di quanto ritenuto giustificato dai fondamentali economici.
Il dramma della Meloni
Tuttavia, tutto ciò non significa che la Bce farà da spalla a una politica fiscale sconsiderata. I suoi programmi entrano in vigore solo se il Paese in questione accetta la disciplina di bilancio.
L’obiettivo della banca centrale è contenere l’aumento ingiustificato degli spread, piuttosto che il livello del tasso di interesse in sé, ed è questo il problema dell’Italia. Inoltre, dopo essere stata un’entusiasta acquirente di titoli di Stato durante la pandemia, la BCE deciderà presto come ridurre le proprie disponibilità, il che potrebbe ridurre ulteriormente la domanda di titoli italiani.
La scena è pronta per un ulteriore nervosismo del mercato. Il governo della Meloni potrebbe iniziare a ridurre la spesa prima di allora. Più probabilmente, però, aspetterà che gli investitori nervosi e l’aumento dei costi di prestito le impongano la mano. Una resa dei conti con la realtà è quasi certa. L’unica domanda è quanto dramma sia necessario prima.
(da Economist)
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Ottobre 5th, 2023 Riccardo Fucile
DAL SERVIZIO SU “CHI” ALLO SPETTACOLO DEL DUO COMICO
Ah, Il trash. Lo butti fuori dalla porta e rientra dalla finestra. Lo butti fuori dalla tv e rientra sui giornali (e nella vita reale). L’operazione riverginazione di Mediaset è un disastro, si è visto, anche perché per la legge dei vasi comunicanti (del trash) quello si fa liquido, sguscia, sguincia, eccolo già finito alla Rai (vedi Fabrizio Corona in fascia pomeridiana domenicale).
Insomma è inutile, il trash ha già vinto, è tra noi, è parte dell’identità italiana come e più delle radici giudaico cristiane. E’ l’unico pensiero unico, non dittatura ma resa dolcissima. Un popolo di Santi, Poeti Navigatori e coattoni. “Supercafone”, la hit celebre di Er Piotta, si avvia al giro del quarto di secolo, essendo stata scritta nel 1999, e prendeva in giro un certo tipo di coatti, ma oggi, oggi chi può alzare la mano e dire io, io non sono trash? Il trash è anche (forse, speriamo) garanzia democratica, certamente è distrazione di massa; anche il temutissimo da molti general Vannacci, a chi incute ormai rispetto se non paura, dopo che sulla spiaggia di Viareggio scalcia nell’onde tra le bolle come farebbe neanche Ilary Blasi, no anzi sua figlia adolescente Chanel?
Il generalissimo che ci terrorizzava evocando golpi e Junii Valerii Borghesi viene ripreso per un servizio di Chi (fotografato dal bravissimo Massimo Sestini) col piedone in alto, in favore di camera. Il jeans slavato lo smartwatch. Gioioso. Fa l’amore con l’obiettivo. Di nuovo, nel servizio a corredo delle immagini, riflessioni sull’omosessualità, questa volta di una eventuale figlia. Ma col risultato di sembrare un fissato, e con quel piedone in bella vista, pure calloso, e con quel faccione sordiano, alla fine vien la sensazione di averlo già visto. Ma dove?
Ma certo, su Grindr, app di incontri, e pare di vedere la didascalia e profilo. “Etero curioso 38”, magari togliendosi una dozzina d’anni, magari anche appassionato di piedi come appunto quello scatto fa pensare. E la camicia bianca e il faccione evocano quei mariti che appaiono online verso le quindici/sedici del pomeriggio, annunciando di “aver appena staccato” “a” lavoro (pubblico), precisando di non poter ospitare, di essere e ricercare solo “maschilissimi”, “riservatissimi”. Che paese, che generali. Che fisiognomiche.
E Meloni? Lei, poraccia, da una parte sembra aver azzeccato finalmente il look giusto col doppiopettone multicolor e forse portatore di messaggi (vedi spille di Margaret Thatcher, borsetta di Elisabetta d’Inghilterra ecc.). Colori di Meloni: rosso a Torino, grigio alle Nazioni Unite, blu tenebra con Macron. E bottone dorato. Nella tempesta perfetta che la vede ormai contro tutti, tra un viaggio alle Nazioni Unite e uno a Lampedusa, tra spread e giudici e Mes, chissà che vitaccia. Finalmente si prende una sera libera e che fa? Andrà al teatro Argentina, o magari a un concerto a Santa Cecilia o qualche sperimentazione al teatro India. O al cinema? Magari a vedere Oppenheimer o “Io, Capitano”?
No, si precipita al teatro Brancaccio, sede dei meglio musicarelli romani. E si fionda su quale spettacolo? Pio e Amedeo. Pio e Amedeo, cazzo. Il duo foggiano protagonista di Emigratis. Non ci aspettavamo molto, Meloni aveva fatto sapere del resto di aver visto già otto volte “Notre dame de Paris”, il musical di Riccardo Cocciante.
Ma Pio e Amedeo! E qui si verrà accusati subito di esser degli elitisti, degli alenelkann insomma, senza neanche il vestito di lino, però viene il dubbio che in realtà lei e Giambruno, pure lui in sala, lo facciano per tranquillizzare gli animi e riconnettersi col paese profondo, spingendosi invece di nascosto con cappelloni e occhiali da sole fino ai più filologici festival wagneriani, alle più severe biennali, facendo aprire di nascosto botteghe antiquarie e cappelle giottesche.
Magari “transumando” e “nomadando” a bordo della Cinquecento Abarth immortalata sempre dal meritorio Chi al supermercato (anche qui, l’alenelkann in noi si era sempre chiesto chi mai le guidasse quelle vetturette che ruggiscono ai semafori, l’equivalente delle Uno Turbo con gli alettoni che riscuotevano gran successo al paese negli anni Ottanta). Comunque, vuoi vedere che l’unica opposizione seria in Italia la fa Signorini col suo settimanale?
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 5th, 2023 Riccardo Fucile
COORDINARE GLI INTERVENTI E’ IMPOSSIBILE CON UN GOVERNO CHE VIOLA LE LEGGI INTERNAZIONALI
La nave della Ong Open Arms è oggetto di un fermo amministrativo di 20 giorni e di una multa. Che potrà andare da 3 a 10 mila euro. Lo fa sapere la stessa Ong, spiegando che al termine dello sbarco di ieri a Marina di Carrara il capitano della nave e la capo missione sono stati ascoltati per oltre 6 ore dalle autorità competenti per una ricostruzione di quanto avvenuto durante la missione.
Al termine dell’audizione sono scattati il fermo e la multa. Le operazioni di sbarco, coordinate dalla prefettura, erano iniziate intorno alle 15.30. I naufraghi sono ospitati a CarraraFiere, dove oltre all’identificazione e alle visita medica, hanno ricevuto un pasto e il supporto necessario prima della partenza per i centri di accoglienza a cui sono destinati.
L’accusa
«Affronteremo il fermo e le conseguenti spese legali. Convinti di essere dalla parte giusta delle storia, abituati ormai da 8 anni a doverci difendere per un paradossale capovolgimento della realtà per cui chi salva vite viene inquisito, multato e fermato e chi invece incarcera, tortura, ricatta persone vulnerabili viene finanziato e sostenuto con fondi europei», fa sapere l’Ong su X. Sabato scorso Open Arms ha effettuato tre diverse operazioni di soccorso in acque internazionali. A bordo delle prime due imbarcazioni c’erano 33 e 36 persone.
«Viaggiavano in condizioni di pericolo e senza equipaggiamento di salvataggio», dicono all’AdnKronos dall’ong. Dopo aver terminato i primi due soccorsi e aver ricevuto l’indicazione del porto da parte delle autorità italiane, la nave umanitaria ha ricevuto un mayday da Seabird, il velivolo di ricognizione di Sea-Watch, per un carretta del mare sovraffollata e in pericolo. «Il velivolo ci informava che la Open Arms era l’assetto navale più vicino all’imbarcazione in pericolo e che non c’erano altri assetti nelle vicinanze. Abbiamo, dunque, informato le autorità competenti e ci siamo diretti verso il target che era a circa 20 miglia dalla nostra posizione (2 ore circa di navigazione)».
Il fermo
E quindi: «Arrivati sul posto, ci siamo trovati di fronte a un gommone sgonfio e sovraccarico con a bordo 109 persone, 94 delle quali minori non accompagnati». Il team ha messo in sicurezza i naufraghi e ha effettuato il trasbordo delle persone sul ponte della nave. «Sempre informando in tempo reale le autorità italiane che non hanno mai fornito una risposta a nessuna delle mail inviate», specificano. Terminato il salvataggio la nave si è diretta verso il porto di Genova, inizialmente assegnato dalle autorità italiane e successivamente modificato in quello di Marina di Carrara.
(da agenzie)
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Ottobre 5th, 2023 Riccardo Fucile
LE TARGHE DA ONOREVOLE NELLE STANZE DELLA VILLA… MARTA NON SE NE VA E ISTITUISCE LA SUA “SEGRETERIA POLITICA” NELLA DIMORA
“Segreteria politica onorevole Marta Fascina”. L’intestazione non è passata inosservata ad Arcore. Due targhe di ottone che la fidanzata di Silvio Berlusconi avrebbe fatto mettere all’entrata di alcune stanze di Villa San Martino, la storica residenza del leader di Forza Italia nel cuore della Brianza, che Fascina non ha ancora lasciato a quattro mesi dalla morte del compagno. La famiglia Berlusconi, a partire dal fratello Paolo, e il partito con il capogruppo Paolo Barelli, in questi giorni hanno chiesto a Fascina di tornare in Parlamento (“basta lacrime”) ma la scelta di installare le targhe di ottone nella villa è la dimostrazione che la compagna di Berlusconi si sta muovendo in senso opposto: ad Arcore, vuole mettere radici.
Secondo le indiscrezioni sugli accordi con la famiglia, confermate da due dirigenti di Forza Italia, Fascina avrebbe dovuto lasciare Arcore entro fine settembre. Non lo ha fatto e non sembra intenzionata a farlo ancora per un po’ di tempo.
Chi in queste settimane ha avuto accesso a villa San Martino o ha ascoltato testimonianze dirette, racconta che la compagna di Berlusconi ormai consideri la vecchia dimora brianzola casa sua a tutti gli effetti.
“È la padrona di casa”, dice un dirigente di Forza Italia. Da lì si informa leggendo i giornali e parlando con i propri fedelissimi in Parlamento, con una chat che condivide con Alessandro Sorte, Stefano Benigni, Tullio Ferrante e Gloria Saccani Jotti, deputati azzurri che sono diventati le sue “vedette” in Transatlantico.
Ma non lascia mai la villa: non lo fa per tornare a Roma e partecipare ai lavori delle Camere (è la penultima per numero di presenze in aula), ma non è andata nemmeno a Paestum per la tre giorni di Forza Italia in ricordo di Berlusconi né al Pirellone a Milano per l’inaugurazione del Belvedere intitolato all’ex presidente del Consiglio. “Noi l’aspettiamo in Parlamento – ha detto pochi giorni fa Barelli – torni alla vita, Berlusconi avrebbe voluto così”.
Non è chiaro a cosa servano le targhe con quell’intestazione ma è prassi istituire la “segreteria politica”, cioè l’ufficio di rappresentanza dei parlamentari, nelle proprie abitazioni private.
Un luogo dove spesso deputati e senatori organizzano incontri e lavorano lontano dai Palazzi romani. Quello di farlo ad Arcore, dunque, è il segnale che Fascina voglia fare di villa San Martino non solo la sua residenza privata, ma anche un luogo di lavoro da parlamentare di Forza Italia. Non ha quindi alcuna intenzione di lasciare la villa.
In passato la “segreteria politica” è servita anche come escamotage per evitare l’accesso di magistrati e inquirenti durante le perquisizioni. I parlamentari infatti sono protetti dall’articolo 68 della Costituzione che impedisce all’autorità giudiziaria di essere sottoposti a perquisizione personale o domiciliare senza un’autorizzazione del Parlamento.
Nel gennaio 2011, nell’ambito dell’inchiesta su Ruby in cui era indagato Berlusconi, proprio i magistrati di Milano non riuscirono a entrare nello studio del ragioniere Giuseppe Spinelli, perché costituiva parte della segreteria politica di Berlusconi, allora presidente del Consiglio e deputato. Così i pm di Milano, per perquisire quello studio dove presumevano di trovare documenti relativi all’inchiesta sulla prostituzione minorile e la concussione, furono costretti a fare richiesta alla Camera dei deputati.
Dopo la morte di Berlusconi, tutti i processi nei suoi confronti sono decaduti. A Firenze è in corso l’inchiesta della procura sui mandanti delle stragi di mafia del 1993 che ha portato, a luglio, alla perquisizione dell’ex braccio destro di Berlusconi, Marcello Dell’Utri. Un fatto che portò alle proteste pubbliche di Marina Berlusconi che inviò una lettera al Giornale per chiedere di lasciare stare il padre defunto: “È perseguitato anche da morto”. Forza Italia chiese anche al ministro della Giustizia Carlo Nordio di mandare gli ispettori a Firenze, ma dopo il “no” di Giorgia Meloni, questa possibilità fu esclusa da Via Arenula.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 5th, 2023 Riccardo Fucile
IL PD È DATO AL 20,8%, A SEI PUNTI E MEZZO DA FDI. IL M5S DI CONTE È STACCATO AL 15,4%. SCHLEIN AVREBBE GUADAGNATO IL 6,6% A SINISTRA, PERDENDO “SOLO” IL 4,8% DEGLI ELETTORI MODERATI
A una manciata di ore dalla direzione nazionale del Pd – la prima dopo l’estate militante e dopo una batteria di polemiche più o meno disinnescate – sulla scrivania di Elly Schlein c’è un sondaggio che la mette di buon umore.
Racconta che sì i dem hanno perso elettori, soprattutto moderati (-4,8%), ma allo stesso tempo ne hanno guadagnati di più a sinistra, pescando tra i rossoverdi, i “cugini” sempre più rivali dei 5 Stelle e nell’area del non voto (+6,6% in totale). E il saldo alla fine è positivo.
Lo studio che rimbalza nelle chat del Nazareno in queste ore, commissionato da Scenari Politici, è stato realizzato da Winpoll. Un amuleto, per Schlein: è l’unico istituto di sondaggi che ha azzeccato l’esito delle primarie, ribaltando i pronostici che davano in testa Stefano Bonaccini.
Dunque la segretaria è convinta che i numeri siano buoni. Il Pd, stando al rapporto, sarebbe quasi al 21% (20,8%), a sei punti e mezzo da FdI (27,3%).
Col partito di Giuseppe Conte staccato al 15,4%. Il grosso degli “elettori persi” finirebbe nell’astensione (3,6%), mentre qualche decimale confluirebbe nel bottino elettorale di Azione-Iv, FI, FdI e 5S.
Gli “elettori guadagnati” arrivano quasi nella stessa proporzione dal non voto (3,8%), l’1,1% sarebbe passato al Pd dall’alleanza Verdi-Sinistra e lo 0,7% arriverebbe dal Movimento. Per il 61% degli intervistati il Pd tendenza Schlein è “più di sinistra”, e ciò per la segretaria, è noto, “non è una colpa”.
Con questi numeri in tasca, Schlein alle 14 parlerà davanti al parlamentino del Nazareno. Vorrebbe evitare di riaprire la discussione interna sulle correnti. O sul terzo mandato dei governatori, sul Jobs act, sulle spese militari. O sulle candidature alle Europee: Schlein stessa potrebbe correre, “ma ne parleremo più avanti”, ha tagliato corto qualche ora fa. Il copione prevede che si discuta solo di piazze e “temi”: manovra, sanità, scuola, e via dicendo. È atteso l’annuncio della manifestazione nazionale del Pd, che quasi certamente si terrà l’11 novembre a Roma.
Il piatto forte della direzione, per la segretaria, sarà comunque la “difesa della sanità”. ? Schlein confida ancora di unire le opposizioni.
L’altro ieri ha risentito Carlo Calenda. Ma Conte continua a giocare da guastafeste: “A Calenda e Schlein voglio dire che se uno prima di confrontarsi va in tv e dice ‘queste sono le nostre proposte’, non può funzionare – la stoccata di ieri – Prima si fanno gli accordi, poi si strombazzano”.
L’altro punto di frizione con i 5S, al solito, è l’Ucraina. Schlein ha appena confermato che i dem voteranno sì all’ottavo pacchetto di aiuti a Kiev. E ha fatto capire che le posizioni del premier incaricato della Slovacchia, il filo-russo Robert Fico, “sono un problema per il Pse”. Qualche bega interna, in realtà è stata affrontata ieri mattina, in segreteria. Si è deciso di accelerare sulle alleanze per le Regionali, “ma in Piemonte è dura”.
E la discussione si è animata quando si è parlato dell’ultima fatica letteraria del governatore campano, Vincenzo De Luca, che ha appena sfornato un libro intitolato simpaticamente Nonostante il Pd. “Ma perché resta nel partito, se lo vede come un ostacolo?”, uno dei commenti più benevoli.
Per Schlein è arrivato un assist insperato dalla grande avversaria, Giorgia Meloni. La premier ha dipinto il Pd come un partito “allergico alla democrazia” che già lavora per far fuori la leader “e metterci un segretario tecnico”. Un canovaccio che nessuno oggi vorrà ricalcare.
(da La Repubblica)
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Ottobre 5th, 2023 Riccardo Fucile
IL LEADER DEL PARTITO COLLASSA IN MEZZO ALLA FOLLA E SI INVENTA L’ATTENTATO CON UN AGO CHE LO AVREBBE PUNTO… GIORNI FA L’ALTRA LEADER AFD ANNULLA UN COMIZIO “PER TIMORE DI ATTENTATO” POI DER SPIEGEL SCOPRE CHE ERA IN VACANZA A MAIORCA
Il leader del partito di ultra-destra tedesco dell’Afd, Tino Chrupalla, sarebbe stato colpito oggi a margine di un comizio che stava tenendo a Ingolstadt, in Baviera. Non è del tutto chiaro al momento quale sia stata la dinamica dell’incidente, ma è certo che Chrupalla è stato portato in ospedale, dove si trova al momento e trascorrerà la notte. Il partito ha parlato genericamente di un «evento violento» avvenuto durante il contatto del politico con le persone del posto, e definisce «da chiarire» le condizioni di Chrupalla. Dopo alcune ore di silenzio, la Polizia bavarese ha emesso un comunicato, confermando che Chrupalla è stato soccorso e «medicato sul posto», dietro le quinte del palco di Ingolstadt, attorno alle 16.30 di oggi, benché – mistero fitto – una «lesione evidente» non fosse stata riconosciuta. A indicare la scarsa chiarezza su quanto accaduto anche per le forze dell’ordine, l’appello a «chi ha scattato foto o girato video» degli attimi del presunto incidente a metterli a disposizione della polizia. Un quotidiano locale, la Bayerischer Rundfunk, riferisce di voci secondo cui Chrupalla sarebbe stato ferito con un ago. Ricostruzione che sin qui non ha trovato conferma. Altre voci riportate da un altro quotidiano locale, il Donaukrier, parlano invece di un crollo del politico di ultradestra dopo aver fatto alcuni selfie con dei simpatizzanti. Nell’area interessata era in corso a quanto sembra una contro-manifestazione antirazzista, cui partecipava come oratore anche il sindaco socialdemocratico Christian Scharpf.
L’allarme (presunto) sull’altra leader di Afd
Solo ieri, martedì 3 ottobre, l’altra co-leader dell’Afd, Alice Weidel, aveva cancellato la sua partecipazione a una manifestazione in Baviera adducendo «ragioni di sicurezza». «Lo scorso finesettimana c’è stato un incidente rilevante per la sicurezza. La signora Weidel e la sua famiglia sono state portate dal loro appartamento privato in un luogo sicuro dalle autorità, poiché erano cresciuti gli indizi che indicavano un attacco alla sua famiglia», aveva poi detto un portavoce dell’Afd sul palco della manifestazione. Peccato che Der Spiegel abbia poi scoperto che Weidel, approfittando del ponte per la festa dell’unità tedesca (il 3 ottobre) si trovava in vacanza a Maiorca.
(da agenzie)
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Ottobre 5th, 2023 Riccardo Fucile
STUDIA BELLE ARTI E DA MESI DORME IN TENDA… IL RACCONTO DI COSA E’ SUCCESSO IN PIAZZA
Si chiama Ada P., studia Belle Arti a Torino e fa parte del comitato “Cambiare rotta”. Da mesi dorme in tenda davanti al Campus Einaudi. E due giorni fa era nel corteo che ha contestato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. È stata ferita da una manganellata durante le cariche della polizia. Oggi racconta a La Stampa cosa è accaduto. Per prima cosa risponde alla premier, che ha messo in dubbio la presenza di studenti al corteo: «Non è vero. Io per prima sono scesa in piazza come studentessa ed ero assieme a una trentina di altri universitari. C’erano anche i collettivi delle scuole, gli studenti dei licei e gli universitari delle tende da mesi in mobilitazione. Sì, Meloni dice che gli studenti non c’erano, ma non è vero. I presenti che sono stati portati in ospedale avevano tra i 14 e i 27 anni».
Cosa è successo
Ada dice a Chiara Comai che si trattava di «una protesta creata a livello cittadino contro la presenza della premier. In piazza c’erano varie anime politiche, come Potere al Popolo, e qualche centro sociale, che chiaramente non sono nostri nemici. Il nostro striscione, “Meloni a Torino non sei la benvenuta” era collettivo».
Aggiunge che gli studenti non hanno tentato di forzare il blocco della polizia: «Ci hanno tenuti per due ore sotto il sole senza far passare neanche le bottiglie d’acqua. Nessuno era a volto coperto, non c’erano caschi né niente. Ci aspettavamo un piano di contrattazione del percorso con le forze dell’ordine». Spiega che gli studenti volevano arrivare dove si stava svolgendo l’intervento di Meloni oppure a piazza Castello. Ma sono stati caricati sotto la Mole.
«Avete rotto il cazzo»
Poi racconta la seconda carica: «Eravamo a 20 metri dal punto in cui eravamo appena partiti, stavamo per sciogliere la manifestazione. La Digos ha detto che avevamo “rotto il cazzo” e hanno mandato i poliziotti a picchiarci. Non ci aspettavamo questo livello di violenza, è stata la carica più violenta. Molti studenti sono stati mandati in ospedale proprio a ridosso della conclusione del corteo».
Sempre secondo lei «il giorno dopo, lunedì 2, alcuni studenti sono stati manganellati per strada. Da qui il nostro tentativo di cercare un dialogo si è trasformato in dissenso nei confronti di un governo che non ascolta gli studenti». Adesso però la gestione della piazza ha chiarificato che «si è scelto di manganellare gli studenti. Piantedosi dovrebbe dimettersi. Insieme alla premier ha distrutto ogni tentativo di dialogo».
(da agenzie)
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Ottobre 5th, 2023 Riccardo Fucile
L’ARROGANZA DI CHI MANCA DI AUTOCRITICA PER LA PROPRIA INADEGUATEZZA
Tutti abbiamo avuto un compagno di classe così, dalle elementari alla laurea, uno che “È colpa della maestra”, che “Il prof ce l’ha con me”, che “Il cane mi ha mangiato i compiti”, insomma uno che si arrampica su molti specchi, molto insaponati, per dire che lui è bravo, ma il mondo cattivo lo ostacola e lo umilia.
Insomma, una specie di governo Meloni, dove non è dato l’errore, o l’inadeguatezza, ma solo l’accanimento altrui.
A fare l’elenco dei nemici, c’è davvero da stupirsi che l’esecutivo sia ancora in piedi, forse perché invece di fare leggi scritte decentemente o mettere a punto una politica sensata, si passano ore e ore a cercare avversari, probabilmente a Palazzo Chigi hanno un “ufficio nemici” che si riunisce ogni mattina per rispondere alla domanda: “A chi diamo la colpa oggi?”.
Del resto, “Tanti nemici tanto onore” è una massima di famiglia, indicare complotti e trame compatta e tempra, serra le fila, vecchia storia.
Sono passati solo sei mesi da quando Guido Crosetto allarmava il Paese dicendo che i migranti ce li mandava la Wagner per destabilizzarci. Fantasioso. Lo stesso Crosetto dello “schiaffo a Sholtz” di questi giorni (titolo molto gettonato sui giornali amici), perché ora la tesi vittimista è che i migranti ce li manda la Germania (che, sia detto per inciso, ne prende più di noi).
Al complotto contribuisce anche Josep Borrell, alto rappresentante della politica estera Ue: è lui il cattivo che ostacola il “Patto storico con la Tunisia” (sempre i giornali amici), che dovrebbe fermare i migranti a Tunisi, così come i decreti Minniti dovevano fermarli a Tripoli (si è visto, ndr). Se poi i bersagli politici sono troppo grossi, ecco il piano B, attaccare giudici e sentenze, colpevoli di andare contro il governo, cioè di applicare le leggi, risvegliando così un vecchio sogno mai sopito di sottomettere la magistratura al potere politico.
Se si passa all’economia, peggio mi sento. Il cattivo è Gentiloni che non è abbastanza patriota, cioè – dice il vittimismo meloniano – fa il commissario europeo e si dimentica di essere italiano, che è un po’ come indignarsi perché il dottore non ti fa saltare la fila anche se è tuo cugino. Era nemico Macron, quindi asse con la Germania, ora è nemico Sholz, quindi asse con Macron. È amico Orbán, che però i migranti non li prende. Anche dal punto di vista del semplice lettore di giornali è un lavoraccio, bisogna tenere il conto aggiornato dei nemici, farsi una tabella, un foglio Excel, dove si collocano e si aggiornano le caselle dei cattivi che ostacolano Meloni, che è tanto buona e brava, e ha fatto anche cose buone, tipo spezzare le reni ai rave party.
Non bastasse il vittimismo tattico – ora questo, ora quello – è bene tenersi in caldo un vittimismo strategico. Ed ecco i “poteri forti” che tutto possono e tutto controllano, e che se ne stanno acquattati nell’ombra aspettando di estrarre un Draghi dal cilindro, di realizzare un governo tecnico che – a pensarci bene – sarebbe l’unico vero asso nella manica di Meloni, che dopo prenderebbe l’80 per cento.
Peccato che l’unico potere forte a cui il governo Meloni abbia creato qualche vago disturbo sia quello bancario, davanti al quale, sugli extraprofitti, ha fatto repentina ed esilarante retromarcia: la tassa che doveva riequilibrare un po’ i conti è diventata una mancetta per il caffè, abbiamo scherzato.
Così mentre tutti guardano ai nemici, loro tagliano la sanità, all’attacco di nemici più alla loro portata: non l’avranno vinta, quei bastardi dei malati
(da Il Fatto Quotidiano)
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