Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
LA DELEGAZIONE ITALIANA COMPOSTA DA RICCARDO MAGI (+EUROPA), RACHELE SCARPA E PAOLO CIANI (PD) HA INCONTRATO 4 MIGRANTI PORTATI IN ALBANIA: “POTEVO RAGGIUNGERE LA RIVA A NUOTO, ERAVAMO VICINI”… IL TRASFERIMENTO IN ALBANIA E’ PREVISTO DAL GOVERNO SOLO SE VENGONO INTERCETTATI IN ACQUE INTERNAZIONALI… VENERDI SERA I GIUDICI DI ROMA DECIDERANNO SE CONVALIDARE O MENO IL TRATTENIMENTO IN ALBANIA
Le autorità italiane potrebbero aver soccorso alcuni dei migranti che si trovano al momento
nel centro di Gjader, Albania, in acque territoriali italiane, e non internazionali come prevede la legge. A testimoniarlo è la ricostruzione dei migranti che stamane hanno parlato con una delegazione di parlamentari italiani venuti apposta nel Paese delle aquile. “Avrei potuto raggiungere la costa a nuoto”, ha dichiarato un sopravvissuto, riferendosi al punto in cui è avvenuto il soccorso da parte della motovedetta della guardia costiera, agli onorevoli Paolo Ciani (PD), Rachele Scarpa (PD) e Riccardo Magi (Più Europa). Altri l’hanno descritta come “una posizione molto ravvicinata a Lampedusa”, secondo l’onorevole Magi tre persone su quattro, di quelle con cui hanno parlato, hanno dichiarato che, al momento del soccorso, la terra era vicinissima. Per questo i parlamentari, non appena saranno rientrati in Italia, chiederanno di visionare i tracciati dei soccorsi dei diversi eventi di quella notte.
“Se fosse avvenuto in acque territoriali, il trasferimento in Albania sarebbe a tutti gli effetti un respingimento”, ha dichiarato l’onorevole Ciani alla stampa, appena uscito dal centro di Gjader.
“I migranti dentro ci hanno raccontato delle storie tragiche – continua – uno di loro è stato 9 mesi in Libia, un altro un anno, un altro ancora è stato rapito da un tassista in Libia, poi è stato venduto e dopo gli hanno sequestrato e distrutto il passaporto”.
“Uno dei ragazzi aveva un segno evidente sul naso perché l’avevano colpito con un kalashnikov in Libia”, aggiunge l’onorevole Ciani. C’è chi, racconta l’onorevole Scarpa, ha pianto durante tutto il colloquio chiedendo di essere portato in Italia. “Molti di loro hanno scoperto che stavano andando in Albania solo una volta che il viaggio verso il paese delle aquile era già iniziato”, continua.
Tutti i dodici i migranti, 5 egiziani e 7 bangladesi, rimasti dentro il centro di Gjader, hanno già fatto richiesta d’asilo, ancora prima che venisse convalidato il provvedimento di limitazione della libertà personale, per cui il giudice di Roma si pronuncerà entro domani sera.
La commissione territoriale si è già riunita a Roma, stamane, per valutare le richieste d’asilo dei dodici richiedenti. Ma se il trattenimento non verrà convalidato, le persone dovranno essere riportate in Italia, e le procedure di richiesta di asilo continueranno li.
Resta il dubbio di come, nel caso in cui domani non venisse convalidato il fermo, queste persone saranno trasferite immediatamente in Italia, dal momento che il pattugliatore Libra è già rientrato.
Aumentano, così, i dubbi sulla fattibilità e la regolarità del progetto Albania, inaugurato ieri nel peggiore dei modi, quando, in seguito al primo screening nel centro di accoglienza del porto di Shengjin, due delle sedici persone arrivate nella mattinata di ieri hanno dichiarato di essere minori, mentre altri due uomini sono risultati casi vulnerabili.
Per due volte la motovedetta della Guardia di Finanza ha così fatto da shuttle in acque albanesi, per portare prima i due presunti minori bengalesi, poi i due casi vulnerabili egiziani a bordo del pattugliatore Libra della Marina Militare, ancorato a largo.
I due minori e i due casi vulnerabili, invece, dopo un’altra nottata in mare, sono sbarcati stamattina a Brindisi, e i due minori si trovano adesso in un centro per minori non accompagnati in Basilicata. Le spese del loro viaggio a ritroso verso l’Italia andranno sommate agli oltre 250mila euro, circa ventimila euro a persona, spesi dall’Italia per portare i sedici migranti in Italia.
“Hanno parlato tanto di questo come un esperimento – conclude l’onorevole Ciani – ma non si fanno gli esperimenti sulla pelle delle persone. Non si fanno gli esperimenti sulla pelle di persone vulnerabili”.
(da Fanpage)
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Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
COSTERA’ INOLTRE 138.000 EURO AL GIORNO PAGARE DIARIE, VIAGGI, VITTO. ALLOGGIO AL PERSONALE INTERFORZE
Oltre mezzo miliardo di euro in 5 anni. È quanto costerà all’Italia la gestione dei centri per migranti in Albania, nati dall’accordo siglato il 6 novembre 2023 tra il governo Meloni e quello di Tirana. Una spesa di circa 120 milioni di euro l’anno, per un totale di 600 milioni fino al 2028, per realizzare e mandare avanti le strutture di Shengjin e Gjader, nel nord del paese.
Per realizzare il centro di Shengjin sono stati spesi 3 milioni di euro, mentre per il sito di Gjader, un ex base dell’Aeronautica albanese fortemente degradata, il conto è salito a 20 milioni solo nel 2024.
A questi vanno aggiunti i costi per gli allacci delle reti e per garantire alloggio, vitto, cure mediche e ogni servizio necessario alle circa 1.200 persone che potranno essere accolte nelle due strutture.
Ma non è tutto. Secondo un’analisi di Openpolis, dei 600 milioni preventivati, oltre 200 non riguarderebbero spese di gestione, ma costi aggiuntivi come i 252 milioni per le trasferte dei funzionari ministeriali in 5 anni, “una cifra pari a una media di 138mila euro al giorno, necessaria a pagare viaggi, diarie, vitto e alloggio del personale interforze”, si legge nel report.
Il confronto
Secondo i dati del Viminale, nel 2022 in Italia si sono spesi circa 55 milioni di euro per gestire poco meno di 600 posti nei Cpr (i centri di permanenza per i rimpatri in Italia), con un costo medio di 250 euro a persona al giorno. Una cifra già piuttosto alta se paragonata ai 35 euro pro capite spesi quotidianamente per l’accoglienza nei Cas e nei Sai, dove nel 2022 sono state ospitate quasi 100mila persone con una spesa complessiva di 920 milioni di euro.
Ma per quanto riguarda i centri in Albania, si stima che per ogni migrante ospitato l’Italia spenderà addirittura 500 euro al giorno, il doppio rispetto ai Cpr e oltre 14 volte in più rispetto alle strutture di accoglienza italiane. Un costo pro capite elevatissimo, che rischia di far lievitare ulteriormente la spesa complessiva per la gestione del fenomeno migratorio.
Nel 2022, infatti, secondo i dati della Ragioneria dello Stato, l’Italia ha già speso circa 2,6 miliardi di euro per accoglienza, soccorsi, controlli alle frontiere e rimpatri. Una cifra importante, che ora si appresta a crescere con l’avvio dei centri in Albania, nonostante questi vadano a ospitare solo una parte dei migranti in arrivo, selezionati in base a criteri restrittivi come genere, età, paese di provenienza e vulnerabilità.
Criteri di accesso e rimpatri
Nonostante l’impegno economico, tuttavia, restano diversi dubbi sull’efficacia dell’accordo con l’Albania. Dai termini del protocollo, infatti, non è chiaro come la creazione dei due centri possa davvero contrastare il traffico di esseri umani e prevenire i flussi migratori irregolari. Perplessità che aumentano se si considera che, secondo la normativa italiana, le procedure accelerate di frontiera possono essere adottate solo per uomini adulti, provenienti da paesi considerati sicuri e che non si trovino in una condizione di vulnerabilità. Criteri non sempre facili da verificare, come dimostrato dal fatto che già al primo trasferimento 4 dei 16 migranti sbarcati a Shengjin dovranno essere riportati in Italia: due perché minorenni e due per le precarie condizioni di salute.
C’è poi il nodo dei rimpatri che, in base al protocollo, spetterebbero all’Italia ma che spesso si rivelano difficili da attuare. Basti pensare che “meno della metà delle persone trattenute in un Cpr nel 2022 è stato poi effettivamente rimpatriato”, ricorda Openpolis. Con il rischio che, in caso di rilascio per scadenza dei termini, i migranti irregolari debbano comunque essere portati in Italia, vanificando l’obiettivo di alleggerire il sistema di accoglienza nazionale.
(da Wired)
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Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
LE ENTRATE MIGLIORANO, MA NON BASTA: I TAGLI AI MINISTERI VENGONO FATTI INUTILMENTE DA DECENNI. L’UNICA STRADA SAREBBE RECUPERARE GLI 85 MILIARDI ALL’ANNO DI EVASIONE FISCALE (E INVECE, IL GOVERNO PREMIA GLI AUTONOMI)
È una manovra che cambierà il corso della storia economica del Paese? Bisogna essere
estremamente chiari nel rispondere: no. Soprattutto se si tolgono agevolazioni come quelle (l’Ace) che prevedevano vantaggi per le aziende che rimettevano gli utili ottenuti nelle loro imprese. Che significava più investimenti e più assunzioni. E quindi più crescita.
Buona parte di quei 30 miliardi (oltre il 50%) sono indirizzati alla conferma di alcune poste di bilancio importanti per i lavoratori. Come il mantenimento della riduzione del cuneo fiscale. Un vantaggio di circa 100 euro in busta paga per i redditi fino a 35 mila euro. Anche perché se non fosse stato fatto si sarebbe tradotto in un taglio sì, ma delle buste paga.
La misura diventa strutturale, la si rende cioè un vantaggio permanente. Analoga strada si è seguita per il taglio delle aliquote Irpef per i redditi medio bassi. Il tentativo di procedere a una riduzione anche per quelli tra i 28 mila e i 50 mila euro annui è legato appunto alle coperture che in questo caso sono relative al successo o meno del concordato fiscale. E anche qui, prevale la prudenza vista la poca adesione registrata sinora.
I soldi per la Sanità arrivano ma saranno sempre troppo pochi a fronte di un Paese che invecchia. E che non vuole affrontare una riforma ormai ineludibile. Arriveranno poi i mille euro per ogni nuovo nato per chi ha redditi entro i 40 mila euro annui di Isee. Ma si tenterà di avvantaggiare le famiglie più numerose.
Siamo ben lontani da quell’operazione verità di cui avrebbe bisogno un Paese che ha una spesa pubblica di mille miliardi (di questi 164 in spesa assistenziale con il paradosso che gli italiani si sentono anche poco assistiti…).
Resta la domanda, a parte l’Ace abolita dove si prendono i soldi? Per fortuna le entrate migliorano. Ma non basta. Si parla di tagli ai ministeri, sono decenni che si fanno. Almeno sulla carta. A questo punto dovrebbero essere anni che si fanno e nei ministeri non dovrebbe esserci più nessuno.
Mancanza di concorrenza, inefficienza nei controlli (per fortuna l’inflazione rallenta ma quella accumulata rimane, tradotto: i prezzi non scendono semmai rallenta la crescita), spesa pubblica inefficace, diventata enorme e ormai una giungla. Ecco alcuni nodi da sciogliere che potrebbero far rifiatare i cittadini. Pretendere che tutto ciò avvenga con una legge di Bilancio è troppo. Ma almeno qualche direzione di marcia si dovrebbe intuire.
(da Il Corriere della Sera)
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Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
L’UNICO DATO STRUTTURALE È RAPPRESENTATO DAI TAGLI LINEARI AI MINISTERI, CHE RENDERANNO CRONICO IL SOTTOFINANZIAMENTO DI SERVIZI ESSENZIALI
Questa è forse la manovra che meglio esprime la visione che Giorgia Meloni ha dell’economia e della società. Si tratta di una visione datata, incompatibile con le possibilità che il paese riprenda la via della crescita e dell’innovazione, o con le grandi sfide che abbiamo davanti, e pure insostenibile nel tempo; e che rivela parecchia improvvisazione, spacciata per decisionismo.
Circa metà dei 30 miliardi previsti serve a rendere strutturali il taglio del cuneo fiscale (a beneficio soprattutto dei dipendenti fino a 40mila euro) e l’accorpamento della terza e della quarta aliquota dell’Irpef (che rimarrà al 23% fino a 28mila euro, con una riduzione di due punti per la fascia da 15mila a 28mila euro).
Tutto questo però c’era già, viene solo reso (forse) permanente: per i cittadini, non cambia assolutamente nulla.
A parte l’incremento del deficit, i fondi necessari arrivano da quattro canali diversi: il contributo chiesto a banche e assicurazioni (3,5 miliardi), una ulteriore spending review per i ministeri (3 miliardi) e anche per gli enti locali (un miliardo), la delega fiscale e il riordino delle detrazioni (6 miliardi), gli esiti del concordato fiscale (1 o 2 miliardi?).
Si pongono però diversi problemi.
Primo: le entrate del concordato e il contributo a banche e assicurazioni sono temporanei, per definizione, non riusciranno quindi a finanziare le riduzioni fiscali previste dalla manovra, che saranno invece strutturali: l’anno prossimo che si fa? Si torna punto e a capo.
Secondo, il concordato per l’ennesima volta non farà che incentivare l’evasione, premiando i più furbi o i più disonesti, il contrario cioè di quello che dovrebbe fare un paese avanzato, o anche soltanto civile. Anche la telenovela del contributo a banche e assicurazioni, mista di atteggiamento punitivo e negoziazioni sottobanco, è indicativa di un modo di procedere un po’ anomalo per un moderno stato di diritto, che dovrebbe fissare dei criteri trasparenti e uguali per tutti.
Terzo, la stretta ai ministeri, quella sì strutturale: si aggiunge ai circa 9 miliardi già previsti dalle ultime due manovre e viene imposta frettolosamente, di fatto con tagli lineari (del 5 per cento), che renderanno ancora più cronico il problema del sottofinanziamento in Italia di servizi fondamentali – per l’economia, il benessere, i diritti – dall’istruzione e ricerca alle infrastrutture, all’ambiente, al welfare.
Fa eccezione l’aumento della spesa sanitaria, che però servirà a mantenerla appena stazionaria in rapporto al Pil (6,4 per cento) nel 2025, dopo il calo dei due anni precedenti, non certo a farle raggiungere i livelli medi Ocse o dell’Unione europa (oltre il 7 per cento).
Quarto, quel che passa come riordino delle detrazioni è, in realtà, un aumento delle tasse: a conti fatti, per i cittadini la pressione fiscale aumenterà, dato che (invece) i tagli fiscali c’erano già. Il contrario di quel che dice il governo.
Quinto, come un macigno: dov’è la politica industriale? Dov’è l’idea di sviluppo? Scomparse o, peggio, azzoppate: ad esempio viene abolito l’incentivo alla crescita economica delle imprese, mentre Industria 5.0 si è arenata nelle secche della burocrazia.
Qual è quindi la visione economica di Meloni? È un liberismo fiscale opportunistico, volto a mantenere lo status quo, corredato di misure propagandistiche e negoziazioni particolari; la cui contropartita è l’indebolimento dell’etica pubblica, della capacità di programmare e investire e dei pilastri fondamentali di ogni paese avanzato.
(da Domani)
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Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
TORNERA’ A LAMPEDUSA MA DOPO AVER FATTO SCALO AD AUGUSTA… L’AGENZIA ONU: “CON LE ESTERNALIZZAZIONI I DIRITTI NON SONO GARANTITI”… ENTRO 48 ORE DALLA RICHIESTA DI “TRATTENIMENTO” CI SARA’ LA PRONUNCIA DEI GIUDICI CHE DOVRANNO CONFERMARE O MENO LA LEGITTIMITA’ DELL’OPERAZIONE
Continua il folle periplo della nave Libra della Marina Militare, usata per trasferire i primi
sedici naufraghi nei nuovi centri in Albania e adesso nuovamente diretta in Sicilia. Alla rotta però si è aggiunta una nuova tappa destinata a far lievitare ulteriormente i costi.
La nave ha dovuto far scalo a Brindisi, dove in fretta e furia sono stati fatti sbarcare i quattro naufraghi che mai avrebbero dovuto essere trasferiti a Shengjin.
Due sono due ragazzini bengalesi di sedici anni, gli altri sono stati vittime di vessazioni e torture e come tali sono considerati vulnerabili. Per i minorenni però il viaggio non è concluso: dalla Puglia sono stati spediti in un centro in Basilicata. Gli altri saranno accompagnati nel Cara di Restinco, nel brindisino.
La Libra nel frattempo continua il suo viaggio. È diretta ad Augusta per cambusa e rifornimento carburante, dopo dovrebbe fare nuovamente rotta su Lampedusa. E sull’operazione Albania continua a infuriare la polemica.
“Non è possibile immaginare di scegliere su una nave chi è fragile e chi non lo è, chi è minore e chi non lo è”, attacca la segretaria dem Elly Schlein.
“Se cerchi di smistare i naufraghi senza rispettare le procedure internazionali – dice Nicola Fratoianni – e lo fai frettolosamente su una nave, il primo risultato è quello che stiamo vedendo in queste ore, con 4 migranti su 16 che, dopo la traversata nel Mediterraneo, con una nave della nostra marina militare vengono riaccompagnati in Italia”.
Oim: “Con l’esternalizzazione diritti non garantiti”
Com’è stato possibile un errore così grossolano nonostante i numeri ridotti? “La procedura di pre-screening che si fa in mare è molto veloce e deve essere necessariamente completata da un esame approfondito a terra – spiega Flavio Di Giacomo, portavoce dell’agenzia Onu per le migrazioni – L’Oim supporta le operazioni con esperti in “protezione umanitaria” e mediatori culturali e ha deciso di essere presente nella consapevolezza che questi sistemi di esternalizzazione non sono in grado di garantire la tutela dei diritti e di individuare le vulnerabilità dei migranti”.
Con i suoi operatori è presente sia sulla nave Libra, sia nei centri albanesi. “È grazie alle operazioni di pre-screening che su 80 persone ne sono state selezionate solo sedici. Senza personale qualificato e in grado di riconoscere rapidamente le vulnerabilità, probabilmente le persone trasferite in Albania sarebbero state molte di più. L’Oim partecipa a questa operazione per tentare di garantire il più possibile i diritti delle persone e per tutelare le vulnerabilità di cui sono portatori”. E non è detto che quelli individuati siano gli ultimi. Altro potrebbe venire fuori non solo nei colloqui più approfonditi previsti per oggi, ma anche nel corso delle udienze di convalida dei trattenimenti che si dovranno celebrare entro 48 ore.
A breve le udienze di convalida, i nodi giuridici
Sulla decisione dei giudici della sezione Immigrazione del tribunale di Roma, pesa l’ultima sentenza della Corte di giustizia europea secondo cui un Paese può definirsi “sicuro” solo se lo è in ogni sua parte e per ogni categoria di persone. Una pronuncia cui per normativa comunitaria i tribunali italiani si devono adeguare e che rischia di far venire meno il presupposto legale dei trattenimenti in Albania: dalla lista dei Paesi sicuri della Farnesina, tocca depennarne almeno 15, Egitto – su cui il tribunale di Catania si è già espresso – e Bangladesh inclusi.
Tutta da definire è poi la legittimità delle procedure in territorio albanese: il trattenimento può essere solo “l’ultima ratio” anche in caso di procedure accelerate di frontiera, ma in Albania è l’unica soluzione possibile.
Stando al protocollo firmato nel novembre scorso dal premier albanese Edi Rama e da Giorgia Meloni, i migranti non sono autorizzati a mettere piede fuori dai centri. Insomma, la “soluzione innovativa” del governo Meloni – così l’ha definita la premier – rischia di essere solo una costosissima débâcle.
(da La Repubblica)
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Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
L’ALLARME È STATO LANCIATO DAL PRESIDENTE DELL’INPS, GABRIELE FAVA, CHE HA SOTTOLINEATO ANCHE IL CROLLO DEL 10% DEL POTERE D’ACQUISTO PER L’IMPENNATA DELL’INFLAZIONE CHE NON È STATA SEGUITA DA UN ADEGUATO AUMENTO DEI SALARI: “TRA IL 2019 E IL 2023 LA RETRIBUZIONE MEDIA ANNUA È SALITA DEL 6,8%, MENTRE LA VARIAZIONE DEI PREZZI AL CONSUMO È CRESCIUTA DEL 15-17%”
Nel 2023 secondo le rilevazioni della Ragioneria Generale dello Stato, la spesa pensionistica cresce rispetto al 2022 del 7,4%, attestandosi al 15,3% del prodotto interno lordo, uno dei più elevati d’Europa. Lo ha detto il presidente dell’Inps, Gabriele Fava i una audizione alla Camera sottolineando che “negli ultimi cinque anni è passata da 268 a 319 miliardi di euro con una crescita di quasi il 19%.
Nel biennio 2023-2024 la spesa in rapporto al Pil “aumenta significativamente portandosi sopra il 16%, anche a causa dell’elevato livello della perequazione imputabile al significativo incremento dell’inflazione”.
“Le ragioni di una spesa pensionistica elevata – spiega Fava – sono storicamente riconducibili a un sistema pensionistico in passato generoso, sia dal punto di vista dei requisiti pensionistici, sia da quello del metodo di calcolo che, seppur modificato dal 1995, produce ancora effetti sulla spesa pensionistica in ragione dello stock di pensioni ancora vigenti liquidate con il metodo precedente.
Nel 2023, l’età effettiva di pensionamento è in linea con quella degli altri Paesi europei, e solo leggermente superiore alla media Ue, nonostante in Italia la speranza di vita sia tra le più alte d’Europa”. “Il tasso di sostituzione della pensione rispetto all’ultima retribuzione percepita prima del pensionamento – spiega il presidente Inps – resta tra i più elevati in Ue, pari al 59%, quasi 14 punti percentuali sopra la media europea, anche in ragione dell’elevato peso dell’aliquota di contribuzione.
Dopo il 2024 la spesa in rapporto al PIL si manterrebbe sostanzialmente stabile fino al 2026, per poi riprendere ad aumentare moderatamente superando il 17% nel 2036. Tale dinamica è essenzialmente dovuta all’incremento del numero di pensioni come conseguenza dell’uscita dal mondo del lavoro dei nati negli anni ’60-’70 (baby boomers). Successivamente dopo un periodo di stabilità, la spesa diminuisce gradualmente, tornando a livelli prossimi al 16% nel 2050 e al di sotto del 14% dal 2059.
Tale dinamica decrescente è determinata dall’applicazione generalizzata ed a pieno regime del calcolo contributivo contestualmente all’applicazione dei meccanismi di stabilizzazione previsti dal sistema pensionistico italiano (adeguamento automatico dei requisiti minimi di pensionamento e dei coefficienti di trasformazione in funzione della speranza di vita), espressamente disegnati per garantire la sostenibilità finanziaria del sistema e l’adeguatezza delle prestazioni”.
“Al notevole recupero occupazionale, sia in termini di unità che di intensità di lavoro, non è corrisposto un incremento dei redditi e delle retribuzioni tale da compensare pienamente la perdita di potere d’acquisto conseguenza dell’aumento dei prezzi che ha interessato gli ultimi anni”. Lo ha detto il presidente dell’Inps, Gabriele Fava in una audizione alla Commissione sugli enti previdenziali.
“La retribuzione media annua pro capite nel 2023 – ha detto – risulta pari a 25.789 euro rispetto al 2019 si tratta di un incremento del 6,8%. La variazione media dei prezzi al consumo tra il 2019 e il 2023 è collocabile attorno al 15-17%”.
(da La Repubblica)
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Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
CHI E’ PIETRO STRAMEZZI:”VIA DA TRANS E DONNE TROPPO EMANCIPATE, QUI C’E’ ORDINE E SICUREZZA”… BRAVO, PORTA IN RUSSIA TUTTA LE FECCIA RAZZISTA CHE INFESTA L’ITALIA E TE NE SAREMO GRATI
A dicembre compirà 23 anni ma il suo profilo è già tra i più discussi nella guerra russo-
ucraina. Il suo nome è Pietro «Veniamin Andreevich» Stramezzi. Non vi dice nulla? Sappiate che il «conte» ha una doppia cittadinanza russo-italiana: è no vax, no Ue, di estrema destra e neofascista, ha sangue blue e inevitabilmente ha nostalgia dello zarismo. Apporggia la Chiesa Ortodossa russa e i valori tradizionali della Grande Madre.
Prima l’Italia
Il suo motto? «Dio, patria e famiglia» ma anche «ordine e sicurezza». Il «conte» figlio di una russa e di un medico no-vax, però, ci tiene a sottolineare di non rinnegare la sua italianità. «Solo non mi identifico come cittadino della Repubblica italiana, perché penso che l’Italia sia un Paese pupazzo in balia degli Stati Uniti. Culturalmente mi ritengo sia italiano che russo e amo entrambi i miei Paesi».
Stramezzi si è trasferito a Mosca lo scorso giugno per una missione: aiutare gli italiani che vorrebbero ottenere il permesso di soggiorno in Russia grazie alla procedura semplificata riservata per decreto di Vladimir Putin ai cittadini che si sentono oppressi dalle «distruttive ideologie neoliberiste» delle loro patrie occidentali e che vogliono trovare rifugio nella Russia baluardo dei «valori spirituali e morali tradizionali».
Il pemesso di soggiorno in Russia
Ma cosa dice la legge russa in tema di soggiorno? I cittadini di 47 Paesi, elencati in una lista compilata dal ministero degli Esteri, potranno chiedere il visto e, successivamente, il permesso di soggiorno senza dover superare test di conoscenza della lingua e storia russa e senza dover rientrare nelle rigide quote annuali sugli immigrati.
Contro comunità Lgbtqi+
«Mi trasferisco in Russia perché, in quanto cristiano ortodosso, ritengo le politiche degenerative Lgbtqi+.. E perché le conseguenze dell’immigrazione non controllata in Italia hanno portato molta criminalità», sottolinea Stramezzi.
Il dissidente continua, come riporta La Repubblica: «Qui, in Russia, è considerato un movimento estremista. O le politiche che promuovono la transizione di genere o che, addirittura, in America toglierebbero la custodia dei minori ai genitori che non ne riconoscono l’identità in America».
La guerra
Chiediamo a Stramezzi se sia pronto ad arruolarsi e ad andare a combattere in Ucraina. “Certamente, lo ritengo il dovere di ogni cittadino”. E come vorrebbe che finisse il conflitto ? “Bisogna innanzitutto riaprire i canali diplomatici con la Russia che sono stati chiusi dall’Occidente, organizzare un tavolo di pace e discutere le varie opzioni. Per me la più probabile è che le Repubbliche russofone e russofile vengano riconosciute come territori russi e che ciò che resta dell’Ucraina diventi un territorio neutrale”. In pratica, quello che chiede Vladimir Vladimirovich Putin.
(da La Repubblica)
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Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
LA PROTESTA DEI MOVIMENTISTI FILO BEPPE: “SI TRATTA DI UN GRILLICIDIO A PORTE CHIUSE”… BASTA ELIMINARE IL RUOLO DEL GARANTE PER PRENDERE DUE PICCIONI CON UNA FAVA… IN DISCUSSIONE ANCHE IL SIMBOLO DEL M5S
La svolta per il Movimento arriva a pagina 1. «Ridurre i poteri del garante (o eliminarlo del tutto)»: per la prima volta si parla di cancellare il ruolo di Beppe Grillo. Un passo nero su bianco che i 300 «saggi» estratti a sorte dovranno discutere nel tavolo tecnico di questa settimana in vista dell’assemblea Costitutente. Il documento in questione contiene le proposte redatte da Avventura Urbana per i tavoli tecnici.
Nel documento si sottolinea come «nello Statuto attuale ci siano elementi di incompatibilità». E vengono suggerite anche diverse opzioni per risolvere il problema. «Ad esempio, possono essere elementi di incompatibilità il fatto che il Garante indichi i nomi dei componenti del Comitato di garanzia e che il Comitato di garanzia proponga a sua volta una rosa di tre nomi per il Garante; il fatto che l’interpretazione dello Statuto da parte del Garante non sia “insindacabile”», si legge.
O ancora: «il fatto che il Garante sia nominato “a tempo indeterminato”, sebbene le sue condizioni possano variare nel tempo e il fatto che il principio della durata temporanea delle cariche è connaturato allo stato di diritto (si veda Ainis); il fatto che il Garante possa essere destituito solo dal Comitato di garanzia, che lui stesso ha nominato. E così via».
La mossa ha fatto scattare subito la protesta dell’ala movimentista. «Si tratta di un grillicidio a porte chiuse», dicono esponenti vicini al garante. Tra l’altro c’è chi evidenzia anche un’altra «diminutio» per Grillo. Si parla anche di «semplificare le modalità di voto per modificare lo Statuto evitando l’eccessiva ripetizione delle votazioni». Il garante al momento ha tra le sue facoltà proprio la possibilità di richiedere la ripetizione delle votazioni.
Anche l’ex ideologo M5S Paolo Becchi commenta su X «Un modo per vincere la sua battaglia contro Grillo Conte lo ha finalmente trovato. Basta eliminare il ruolo del garante per prendere due piccioni con una fava».
Non c’è solo il ruolo di Grillo in discussione. Ma anche il simbolo. «Sia il nome che il simbolo sono stati utilizzati con diverse varianti», si legge. E poi: «In fase di ascolto i contributi inviati hanno espresso la necessità di modificare o il nome o il simbolo del movimento, adeguandoli ad una immagine che va rinnovata, in linea con le sue prospettive strategiche attuali» Viene anche sottolineato come la modifica «attualemente viene deliberata dal Consiglio nazionale».
(da corriere.it )
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Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
LO SCORSO 23 SETTEMBRE, INSIEME A GIORGIA MELONI, L’EX COGNATO D’ITALIA SI ERA FATTO IMMORTALARE CON UNA FORMA DI GRANA PADANO PER INAUGURARE IL G7 ALIMENTARE A SIRACUSA. MA ADESSO, RICORDANDO L’EVENTO, FA CONFUSIONE: “ABBIAMO APERTO IL G7 PROPRIO CON IL PARMIGIANO REGGIANO”
“Abbiamo aperto il G7 proprio con il Parmigiano reggiano, onorando i 90 anni con la
Presidente del Consiglio e una forma di aperta a DiviNazione, l’expo legata al nostro sistema, al sistema Italia, che è anche agroalimentare, è cultura, è tradizione, come lo è il Parmigiano Reggiano, che racconta la storia della nostra Italia, intesa come radici che hanno millenni di storia e che mettono insieme tanti elementi monumentali, musicali, culturali, capacità di produzione e di trasformazione, filiere che oggi riescono a dare valore e a ripartirlo in maniera sempre più eco e convincente a tutela del territorio”
Così ad AGRICOLAE Francesco Lollobrigida, in occasione della celebrazione dei 90 anni dalla fondazione del consorzio del Parmigiano Reggiano. “Questa mattina alle ore 11 avevo già fatto nove incontri bilaterali con diversi paesi alla FAO. Incontrandoli ci chiedevano aiuto, si tratta di paesi in via di sviluppo, A tutti abbiamo offerto con generosità, come è tipico di noi italiani, il massimo sostegno per la ricerca, per la tecnologia, per la meccanizzazione. Ma con una cosa è in cambio, la protezione delle indicazioni geografiche.Questa è l’unica cosa che chiediamo al mondo, proteggere il valore di quello che abbiamo realizzato per permettere ancora alla nostra piccola Italia di rappresentare un’eccellenza che viene riassunta in un termine che è ben percepito nel mondo e che significa bene, bello e buono, Made in Italy”.
(da -agricolae.eu)
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