Novembre 16th, 2024 Riccardo Fucile
IL CAPITONE CHIEDE DI TORNARE AL PIÙ PRESTO IN PARLAMENTO PER MODIFICARE LE NORME IMPUGNATE DALLA CORTE COSTITUZIONALE…LA DUCETTA, CHE TEME CONTRACCOLPI SU PREMIERATO E GIUSTIZIA, È PRONTA A VENTILARE IL RITORNO ALLE URNE PER RIDIMENSIONARE L’ALLEATO
L’ha incrociata sotto il palco del comizio conclusivo della campagna elettorale in Umbria, pochi minuti dopo la sentenza con cui la Consulta ha fatto brandelli del ddl Calderoli. «Le riforme dell’autonomia e del premierato camminano insieme — ha ricordato in sintesi Matteo Salvini a Giorgia Meloni, secondo quanto riferiscono fonti presenti — e non si deve mollare su nessuno dei due fronti».
Di più: «La nostra riforma — ha messo in chiaro il leghista parlando poi con alcuni dirigenti del partito — ha necessariamente tempi più rapidi, perché è prevista già dalla Costituzione». Come a dire: l’autonomia viene prima e da lì si deve partire, altrimenti salta il premierato e tutto il resto.
A Palazzo Chigi già la chiamano, sottovoce, «la crisi delle riforme». Di certo, è un gran pasticcio. Reso ancora più allarmante dall’ultima presa di posizione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che pur senza nominare un provvedimento specifico, sembra mettere in guardia la destra da nuove forzature.
La premier ha chiara la portata della minaccia politica del vicepremier leghista. Non la teme, è sempre pronta a ventilare il ritorno alle urne per ridimensionare ancora l’alleato, ma intravede alcuni rischi. In particolare, dover rimettere mano a un puzzle di riforme in cui alcuni pezzi sono ormai smarriti.
Il punto di partenza di ogni ragionamento di Meloni è che la Lega pretende l’autonomia, anche a costo di terremotare l’esecutivo. D’altra parte, era stata la presidente del consiglio a pregare Salvini di non correre troppo, di prendere tempo e di scrivere meglio quel testo, senza farsi trascinare dall’esigenza di approvarlo prima delle Europee. Come allora, anche adesso il segretario del Carroccio non vuole procedere con cautela.
Fosse facile. Meloni ha altre priorità. Deve gestire le tre grandi riforme — con premierato e autonomia c’è anche la separazione delle carriere dei magistrati — consapevole che l’incastro diventa sempre più complesso
Non ha alcuna voglia di forzare di nuovo la mano sull’autonomia, ad esempio, anche perché consapevole che la sua base elettorale (per non parlare del Colle) vive con fastidio le forzature del Carroccio. Al massimo, è disposta ad annacquare il provvedimento, riducendo l’impatto sul Mezzogiorno. E comunque rallentando i tempi di una nuova approvazione. Il problema è che un atteggiamento del genere avrebbe conseguenze sul premierato.
La legge costituzionale cara a Meloni deve ancora superare tre letture parlamentari. Alla Camera sono già in agenda alcune modifiche tecniche. E la premier continua a non escludere di aprire ad alcuni ritocchi delle opposizioni, per provare a sminare il referendum. È un progetto che porta però con sé un pericoloso dilatamento dei tempi, che mal si concilia con la volontà di far votare i cittadini sulla riforma al più tardi nel 2026, per evitare una pericolosa sovrapposizione con le politiche del 2027.
Un bel garbuglio. A cui va aggiunto l’altro grande nodo: la separazione delle carriere, che ha già generato una reazione durissima della magistratura. Palazzo Chigi non sembra intenzionato a rallentare, ma intanto sembra archiviata l’opzione di chiudere la prima lettura entro fine dicembre.
Di fatto, il percorso in aula inizierà a gennaio. Intanto sull’autonomia Tajani, con una certa dose di soddisfazione, fa notare che la corte costituzionale «pone negli stessi problemi sollevati da Forza Italia». Sembra un modo per sfilarsi da nuove avventure.
(da agenzie)
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Novembre 16th, 2024 Riccardo Fucile
LA RICHIESTA DELLA PROCURA DI LUCCA: OPERE REALIZZATE SENZA LE AUTORIZZAZIONI… ARRIVA ANCHE L’ORDINE DI DEMOLIZIONE A FEBBRAIO 2025 (VEDIAMO SE SARA’ VERO…)
La procura di Luca ha chiesto il processo per Lorenzo Mazzaro. Ovvero il figlio di Daniela
Santanchè e Canio Mazzaro. Indagato per gli abusi edilizi nella villa di Pietrasanta, la Casina Rossa. Le cui opere ora rischiano la demolizione. Nonostante i nove tentativi di sanatoria senza successo. Si parla di violazioni di beni ambientali e culturali, scrive oggi Il Fatto Quotidiano. Nel mirino le opere realizzate tra 2014 e 2016 senza le autorizzazioni paesaggistiche. La pm Elena Leone ha chiesto gli accertamenti tecnici e la proprietà non ha prodotto documentazione utile a smentire le accuse. Nemmeno con il Salva Casa di Matteo Salvini. Anche perché realizzati in area vincolata. E senza l’autorizzazione della Soprintendenza locale.
Gli abusi
Il comune di Pietrasanta aveva anche inviato i vigili a fare altri accertamenti. E loro ne hanno riscontrati anche di nuovi. Per questo la prima settimana di novembre sono partite tre ordinanze di demolizione. La proprietà ora ha 90 giorni per opporsi. Ma deve adire al tribunale amministrativo regionale della Toscana. E sperare in una sospensiva. Altrimenti entro febbraio arriveranno le ruspe. La villa è intestata a Lorenzo Mazzaro, ma Santanchè l’ha infilato tra i cespiti immobiliari da usare per salvare Visibilia dal dissesto. E lo scorso 6 giugno sull’ex “Casina Rossa ” nel cuore del Parco della Versiliana è stato costituito «un nuovo vincolo di destinazione sull’immobile di proprietà del signor Lorenzo Mazzaro».
(da agenzie)
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Novembre 16th, 2024 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE MAGISTRATI SANTALUCIA INSORGE: “QUESTA NON È PIÙ UNA PRETESA DI IMPARZIALITÀ, MA UNA RICHIESTA DI SILENZIO E NON È ACCETTABILE. VOGLIONO UNA SOGGEZIONE SILENZIOSA AL GOVERNO. SI STA OLTREPASSANDO IL CONFINE DEL POSSIBILE”
“Questa non è più una pretesa di imparzialità, ma richiesta di silenzio e non è accettabile. Un magistrato sui temi della giustizia può intervenire argomentando e spiegando perché è il nostro specifico campo professionale, non si può chiedere il silenzio in nome dell’imparzialità”.
Così il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, a margine della del Comitato direttivo centrale dell’Anm, commentando la richiesta di un’apertura di pratica nei confronti del segretario di Magistratura democratica Stefano Musolino, avanzata dalle due consigliere laiche del Csm Isabella Bertolini e Claudia Eccher alla prima Commissione e alla procura generale della Cassazione.
“Si sta oltrepassando il confine del possibile – aggiunge -. Una cosa è l’imparzialità, un’altra la soggezione silenziosa al governo. Non è nella cifra della nostra fisionomia costituzionale e democratica”.
Le due consigliere citano la partecipazione di Musolino come relatore ad un evento dell’associazione ‘No Ponte’, “avente una spiccata connotazione anti governativa, riguardante – tra gli altri argomenti – il ddl sicurezza”.
Bertolini ed Eccher citano sue “affermazioni di tipo politico”, che “rappresentano una violazione dei principi costituzionali di imparzialità e di indipendenza che secondo la Costituzione tutti i magistrati devono osservare”.
(da agenzie)
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Novembre 16th, 2024 Riccardo Fucile
INVITO ALL’ASTENSIONISMO PER EVITARE CHE PASSI IL RIDIMENSIONAMENTO DEL RUOLO DEL GARANTE
In tanti stanno consigliando a Grillo di non presentarsi all’assemblea costituente del
Movimento 5 Stelle in programma il prossimo week end a Roma dove sono previste già tremila persone. «Beppe, rischi i fischi. Una platea contiana contro di te», gli suggeriscono alcuni suoi fedelissimi. Il fondatore però ci sta ancora pensando, prova a organizzare le truppe, quelle che gli sono rimaste, e nelle continue telefonate sul filo Roma-Genova si ragiona anche su come sabotare il voto, almeno quello che riguarda il garante.
D’altronde, per Grillo, la tentazione di esserci e di andare in scena con un suo show resta forte soprattutto dopo aver letto, ma non c’erano molti dubbi, che il suo incarico sarà ridimensionato ben che vada. Ma potrebbe anche sparire.
I quesiti sono stati resi pubblici e da giovedì prossimo fino a domenica sarà possibile scegliere. I militanti, attraverso il voto online, dovranno infatti decidere se «eliminare il ruolo del garante» o se, in alternativa, ridurre i suoi poteri trasformandolo in carica onorifica o in esercizio a tempo determinato per quattro anni. Ma questo non è l’unico quesito che potrebbe declassare, o definitivamente cancellare, il fondatore del M5s. Viene chiesto anche, per esempio, di decidere se eliminare o no la facoltà del garante di chiedere la ripetizione delle votazioni.
Riguardo la sua presenza Grillo giocherà sull’effetto sorpresa. Di certo, però, qualcosa si muove e sono giornate concitate. I quesiti che toccano il garante inciderebbero sullo statuto e necessitano quindi del raggiungimento della maggioranza assoluta degli iscritti per poter essere approvati in prima istanza. Il quorum diventa così terreno di battaglia, con l’ala grillina molto attiva sottotraccia in una campagna per invitare gli iscritti all’astensionismo con l’obiettivo di sabotare l’intera operazione.
(da Rrpubblica.it)
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Novembre 16th, 2024 Riccardo Fucile
3,200 MODIFICHE: LE MARCHETTE PER COMPIACERE GI ELETTORI
Alla fine, tra i primi emendamenti inammissibili (anti-Renzi, nuova rottamazione 2000-2023, Tfr destinato ai fondi pensione) e quelli che salteranno a causa della mancanza di fondi (per le modifiche parlamentari ci sono appena 120 milioni), ne rimarranno solo 250 in totale, i cosiddetti “super segnalati”. Fino a metà della prossima settimana, però, il grosso della valanga è ancora tutta lì: sono oltre 3.200 emendamenti. E tra seri e meno, spicca anche il consueto florilegio di proposte che serve ai partiti di maggioranza per ribadire le proprie battaglie di fronte all’elettorato, ma non si fa fatica neanche a trovare quelle che volgarmente potremmo chiamare mance&affini.
Marchette territoriali.
Sicilia. FI chiede lo stop al pedaggio autostradale nella tratta della A18 da Messina a Villafranca Tirrena per i futuri disagi che ci saranno per l’avvio dei lavori per il Ponte. Mentre la Lega vuole dare 275 milioni in 5 anni per il rilancio del patrimonio forestale siciliano.
Prato. Sempre i forzisti puntano al potenziamento della cassa integrazione per i lavoratori del distretto tessile.
Latina. A battersi per il Porto nel canale di Rio Martino è la Lega: alla città serve “un’infrastruttura pari alle altre italiane” e un rilancio territoriale.
Ponsacco (Pisa). Il Carroccio chiede 100 mila euro per la cittadina, con neo-sindaco del centrodestra, per sgomberare famiglie rom da un fabbricato.
Frosinone. Ancora la Lega, in cui milita l’ex sindaco del capoluogo ciociaro, si batte per fargli ottenere 3 milioni per la realizzazione di un progetto per una stazione sull’Alta Velocità Roma-Napoli, tra Ferentino e Supino.
Macerata. FI chiede 400.000 euro annui a favore dell’Associazione Arena Sferisterio-Teatro di tradizione, per l’organizzazione del Macerata Opera Festival.
Roccella Ionica (RC). Sempre nello stesso emendamento ci sono 250 mila euro per la realizzazione del Festival internazionale del Jazz “Rumori Mediterranei”.
Taranto. Per la preparazione dei Giochi del Mediterraneo del 2026, dovrebbe andare un contributo straordinario di 1 milione anche all’Orchestra della Magna Grecia.
Berlusconiani (il)liberali
Per FI non più le giovani coppie, ma solo “le giovani coppie under 30 che hanno progetto di vita finalizzata al matrimonio” potranno beneficiare del Fondo di garanzia dei mutui per l’acquisto della prima casa.
Bonus casa.
Gli azzurri tornano a dare battaglia sulle detrazioni per le abitazioni e propongono di rialzarle al 50% per il 2026 e 2027 visto che, tra due anni, scenderebbero al 36%.
Marchette paritarie.
Al bonus fino a 1.500 euro destinato agli studenti per frequentare la scuola paritaria che propone FdI (costo totale 65 milioni), si aggiunge l’emendamento dei centristi che favorisce le scuole pubbliche non statali. Si prevede un contributo extra di 100 milioni per quelle che rischiano la chiusura
Una mano all’Aci.
Quello che la vecchia manovra ha introdotto, ora FI cerca di togliere. È il caso del contributo ai conti pubblici da 50 milioni all’anno che, previsto dalla legge di Bilancio 2024, dovrebbe pagare l’Aci dal 2025. Ma gli azzurri dicono di azzerarlo se queste risorse fossero indispensabili per organizzare le gare Formula 1 in Italia (di competenza Aci).
Pensioni (senza fondi).
FI rilancia anche sulle pensioni minime, di cui chiede l’innalzamento nel 2025 del 2,7% anziché del 2,2%. Misura che porterebbe a un aumento non di 3, ma di ben 7 euro al mese.
Irpef.
Coperture permettendo, FI e Noi Moderati chiedono la riduzione dell’aliquota Irpef del 35 al 33% (costo 2,3 miliardi). La Lega punta sulla rateizzazione dell’acconto Irpef di novembre e un ulteriore ampliamento della flat tax.
Welfare (elemosina).
Si potrà cedere, in forma anonima, ai colleghi che ne necessitano – propone FI – la propria parte di benefit del welfare aziendale.
Forze dell’ordine.
La battaglia per salvarle dal turnover imposto al 75% (anziché al 100%) per la P.A. accomuna tutto il centrodestra con svariati emendamenti di Lega, FI e FdI sostanzialmente simili.
Aiuti ad alberghi & C.
FdI chiede con due emendamenti di rendere deducibili i costi per l’alloggio fornito dalle imprese turistico-recettive ai dipendenti che lavorano in un Comune diverso da quello di residenza. Mentre per il personale che lavora nei bar e nei ristoranti è previsto un aumento dal 25 al 30% del limite di detassazione delle mance ricevute dai clienti, innalzando da 50 mila a 75 mila il tetto di reddito massimo.
Niente salasso bitcoin.
Con la criptovaluta che ieri ha superato per la prima volta i 90 mila dollari, la Lega punta ad abbassare l’aliquota dell’imposta sulle plusvalenze dal 42 al 28% (è il 2% in più rispetto ad oggi).
Bipartisan.
C’è la richiesta di ridurre dal 22% al 5% l’Iva sulle bevande sostitutive del latte a base vegetale e l’esclusione dal tetto alle attuali detrazioni anche le spese per i figli con diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento (Dsa).
(da ilfattoquotidiano.it)
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Novembre 16th, 2024 Riccardo Fucile
SECONDO L’ISTAT, IN ITALIA L’INDICE DI POVERTA’ ASSOLUTA E’ PASSATO, NELL’ULTIMO ANNO, DAL 7,7% ALL’8,5%, CIOE’ PIU’ DI 5,7 MILIONI DI CITTADINI
Secondo l’Istat in Italia l’indice di povertà assoluta è passato, nell’ultimo anno, dal 7,7 per
cento all’8,5 per cento della popolazione, cioè più di 5,7 milioni di cittadini. Secondo l’ultimo report della Banca mondiale quasi 700 milioni di persone, pari all’8,5 per cento della popolazione mondiale, vivono in condizioni di povertà estrema, con meno di 2,15 dollari al giorno. Mentre i poveri diventano sempre più poveri e numerosi, anche i ricchi, senza arrivare alle iperboli di Elon Musk, Bezos, Zuckerberg, diventano sempre più ricchi e anche un po’ più numerosi, ma in proporzione nemmeno lontanamente paragonabile rispetto ai primi. Insomma mentre alcuni, pochi, entrano in quell’Empireo, molti di più scendono all’Inferno. Quindi quella che tende a sparire, almeno in Occidente, è la classe media, il che comporta, e ancor più comporterà in futuro, un grave problema sociale perché la classe media fa da collante e da intermediario fra l’empireo dei più ricchi e l’inferno dei più poveri.
Il problema non è di oggi e nemmeno di qualche decennio fa e neppure degli ultimi due secoli ma risale alla nascita della Democrazia nella forma del capitalismo industriale (oggi si parla sempre in termini denigratori di “populismo” senza sapere che cos’è: quella “populista” è una corrente di pensiero che mirava a un socialismo agricolo e solidale in contrapposizione all’industria e all’industrializzazione). Scrive Claude Julien ne Il suicidio delle democrazie (1973): “Hanno scavato una fossa fra ricchi e poveri all’interno delle democrazie industriali e l’hanno poi ingigantita e globalizzata”. L’opulenza dei Paesi ricchi è in diretta connessione con la povertà dei Paesi poveri che, nonostante l’ottimismo di facciata e per nulla disinteressato, continua anch’essa, la povertà dico, ad aumentare. Marx sbagliava quando pensava che a un certo punto i ricchi sarebbero diventati così pochi che per cacciarli non ci sarebbe stato bisogno di nessuna rivoluzione ma sarebbe bastata una pedata nel sedere. Una classe opulenta e sufficientemente numerosa ci sarà sempre, potente quanto basta per mettere in riga, a livello nazionale e internazionale, i popoli. Un esempio drammatico sulla connessione fra la ricchezza dei più ricchi e la povertà dei più poveri è l’Africa Nera che ai primi del Novecento era alimentarmente autosufficiente e lo era ancora, in buona sostanza (al 98 per cento) nel 1961. Ma da quando ha cominciato ad essere aggredita dalla integrazione economica – prima era considerata un mercato del tutto marginale e poco interessante – le cose sono precipitate. L’autosufficienza è scesa all’89 per cento nel 1971, al 78 per cento nel 1978. Per sapere quello che è successo dopo non sono necessarie statistiche basta guardare alle devastanti migrazioni che non provengono più solo dai Paesi dell’Africa Nera propriamente detta ma anche dal Maghreb.
Qui non siamo più nell’ambito della miseria, ma della fame, della pura fame e per fermare queste migrazioni, che non sono più immigrazioni come quelle degli italiani verso gli Stati Uniti di fine Ottocento e primi Novecento, non basteranno i blocchi navali e le cannonate di Matteo Salvini nè tanto meno gli ipocriti e predatori “Piani Mattei”. In un’economia mondiale integrata, di mercato e monetaria, il cibo non va dove ce n’è bisogno, va dove c’è il denaro per acquistarlo. Va ai maiali dei ricchi americani e, in generale, al bestiame dei Paesi industrializzati se è vero che il 66 per cento della produzione mondiale dei cereali è destinato all’alimentazione degli animali dei Paesi ricchi. I poveri del Terzo Mondo sono costretti a vendere agli occidentali e ai Paesi ricchi il cibo che potrebbe sfamarli. C’è infine un dato psicologico importante, la vera povertà non è essere poveri dove tutti più o meno lo sono, ma essere poveri dove prilla una ricchezza enorme quanto offensiva. Nell’Algeria dei primi del Novecento il ventenne Albert Camus poteva scrivere: “Col sole e col mare anche un ragazzo povero può crescere felice”. E noi, in un percorso circolare dove tutto si tiene, ci stiamo fottendo anche il sole e il mare.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Novembre 16th, 2024 Riccardo Fucile
MELONI HA SCELTO DI STARE CON CHI VUOLE INDEBOLIRE L’EUROPA E LA MASCHERA E’ CADUTA
La presidente del Consiglio è troppo presa dal compiacersi delle sue riforme, che si sbriciolano non appena lasciano il recinto della propaganda e incontrano la realtà dei numeri e delle leggi. La sua ossessione per una politica piegata alla retorica richiede uno sforzo logorante: bisogna inventare nemici quotidiani, fabbricare continuamente nuovi “poteri forti”, e arruolare giornalisti compiacenti che tengano in piedi la narrazione.
Meloni non lo sa ancora, ma l’abbraccio a Elon Musk e al suo dante causa Donald Trump è un passo falso irreparabile sul piano internazionale. Finora la leader di Fratelli d’Italia aveva mantenuto un precario equilibrio, fingendo (male) di essere un’illuminata sovranista. Per mesi ha danzato intorno a Ursula von der Leyen, tentando di accreditarsi come un ponte tra i moderati e i sovranisti.
E qualcuno, incredibilmente, ci ha creduto. La presidente della Commissione Europea si era illusa che Meloni potesse diventare un alleato strategico contro i venti dell’estrema destra. Alcuni editorialisti nostrani, con l’ingenuità di chi vuole a tutti i costi vedere un cambio di rotta, hanno celebrato una presunta metamorfosi: “Meloni è cambiata,” dicevano, “non è più quella dei comizi infuocati.”
E invece eccola qui, Meloni. Quella che doveva “chiudere i confini italiani” ha spalancato il tappeto rosso al presidente e al miliardario che dagli Stati Uniti lavorano per disgregare l’Europa, fiaccare la democrazia e costruire una corte di estremisti irrazionali. Con questa mossa, Meloni ha perso l’aura costruita faticosamente. Ha scelto di stare con chi vuole indebolire l’Europa, e la maschera è caduta.
(da lanotiziagiornale.it)
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Novembre 16th, 2024 Riccardo Fucile
LA MELONI RAPPRESENTA LE ELITES. LA GENTE AL MERCADO BOCCIA IL GOVERNO
Sento la presidente del Consiglio, in un comizio, tracciare una divisione netta tra “i giornali
e la televisione” da una parte, e “la gente al mercado” (che sarebbe, nella sua personale dizione, il mercato) dall’altra.
Questa distinzione ripropone per la miliardesima volta la presunta separazione tra élites malvagie e popolo buono e saggio. Così buono e così saggio da ignorare la sleale manipolazione architettata nei palazzi, e apprezzare in massa il governo di destra.
Non finiremo mai di stupirci non solo della falsità, anche della puerilità di una visione della società così caricaturalmente binaria.
Al mercato ci vado quasi ogni giorno, sentendomene parte tanto quanto il resto della folla, e il colpo d’occhio non consente di sapere quanti votano a destra (tanti), quanti a sinistra (tanti), quanti se ne fregano (tantissimi). Certo, però, la vivace chiacchiera tra i banchi non è mai — da secoli — particolarmente amica dei governi, nessuno escluso.
Prevalgono la lagna e il dileggio, nei casi migliori una specie di disincanto di chi le ha viste e sentite tutte. In pochissimi casi, fatta la somma delle voci raccolte, c’è unità di vedute, e uno di questi è sicuramente l’operazione “migranti in Albania”, considerata coralmente una costosa scemenza. Anche da quelli che i migranti li vedono come la peste.
Fa più comodo credere, e far credere, che sia il malanimo dei “giornaloni” (Meloni li chiama così, usando un gergo politico che nei mercati sarebbe equivocato: si penserebbe a giornali molto grossi) a boicottare la brillante operazione albanese.
Ma no: a riderci sopra, supremo smacco, è proprio “la gente al mercado”.
(da repubblica.it)
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Novembre 16th, 2024 Riccardo Fucile
IL RAPPORTO DI SAVE THE CHILDREN
Nel Bel Paese la denatalità è imperante, lo conferma il nuovo Atlante dell’infanzia a rischio 2024, realizzato e diffuso da Save The Children.
Sono stati 340 i comuni italiani che nel 2023 non hanno udito neanche un vagito provenire dalle sale parto, dove le culle delle nursery sono rimaste vuote per 365 giorni.
Ciò nonostante, nei comuni in cui i bambini ci sono, la maggior parte di loro è costretta a rimanere a casa con uno dei due genitori che dunque rinuncia al lavoro, con una baby sitter, dai nonni, se ci sono, perdendo la possibilità formativa e il supporto degli asili nido, sempre troppo pieni.
In 340 comuni italiani non sono nati bambini
Lo scorso anno ha registrato un record di denatalità con appena 379.890 nuovi nati, questo ha comportato, come spiega Save The Children che ha rielaborato i dati raccolti da IFEL, che nel 2023 siano nati zero bambini in 340 piccoli comuni italiani (con meno di 5000 abitanti), e che in 72 comuni non vi siano bambini sotto i 3 anni. A vincere questo record di denatalità per comuni è la regione Piemonte, dove in ben 34 comuni non scorrazzano per il paese bimbi di meno di 3 anni. In questa gara di comuni caratterizzati da culle vuote si posiziona seconda la Lombardia con 10 comuni, e terzo l’Abruzzo, con 8 piccoli comuni.
Altri due territori spiccano in fatto di natalità, la Sardegna in negativo, classificandosi come la regione in cui ci sono meno bambini di età compresa tra gli 0 e i 2 anni, rispetto alla popolazione totale, rappresentando infatti l’1.49%, a differenza della Provincia autonoma di Bolzano dove, grazie a serie politiche di sostegno alla genitorialità, i bambini nascono ancora e rappresentano il 2.76% degli abitanti.
Meno della metà dei bambini italiani trova posto all’asilo nido
Ad oggi, con immense differenze territoriali, solo il 30% dei bambini di età compresa tra gli 0 e i 2 anni trova un posto all’asilo nido in Italia.
Un’analisi condotta da Svizem e Save The Children ha però valutato che grazie agli investimenti stanziati dal Pnrr e al nuovo Piano Nidi promosso dal Ministero dell’Istruzione e del Merito la copertura di questo servizio a livello nazionale aumenterà di almeno 10 punti percentuali. Così entro il 2030, ci si avvicinerà a quello che è l’obiettivo europeo con una media del 41,3% dei bambini in una classe d’asilo a giocare con i propri compagni.
La maggior parte delle risorse stanziate per i servizi educativi della prima infanzia sono andate al Sud del Paese, seguito da Centro, Nord Ovest, Nord Est e Isole. Nonostante ciò molti territori in cui la povertà educativa è imperante rischiano comunque di rimanere indietro.
Secondo i dati le regioni in cui i bambini rimarranno con più probabilità tagliati fuori dai nidi sono Sicilia e Campania che permetteranno appena al 25.6% e al 29.6% dei loro piccoli abitanti di trovare posto in aula. In particolare le province di Napoli, Palermo, Catania e Caltanissetta non riusciranno a coprire le esigenze di nemmeno il 25% dei bambini.
Ci sarà invece posto negli asili nido per più della metà dei piccoli in 7 regioni:
Molise (con il 66% si aggiudica il premio della regione con maggiore copertura nazionale), Umbria con il 57.1%, Abruzzo con il 55.3%, Emilia Romagna con il 51.1%, Valle d’Aosta con il 50.4%, Marche con il 50.2, Sardegna con il 50%.
A fondo classifica si trovano invece, seppur con percentuali superiori al 30%, Piemonte, Calabria e Puglia.
I nuovi posti negli asili ovviamente necessitano però di un’oculata gestione grazie ai finanziamenti, previsti all’interno del Fondo di Solidarietà Comunale per i comuni che non riescono a coprire nemmeno il 28.8% dei bambini nei nidi e un piano per reclutare e formare i nuovi educatori, essenziali a gestire i piccoli negli asili.
Dare a tutti i bambini le stesse opportunità educative, oltre a essere un loro diritto è infatti essenziale a non creare disparità che potrebbero protrarsi poi fino alla vita adulta.
(da Fanpage)
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