Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
SEQUESTRATI ANCHE 29 MACCHINARI INDUSTRIALI UTILIZZATI PER IL CONFEZIONAMENTO, PER UN VALORE COMPLESSIVO DI OLTRE 38 MILIONI DI EURO
Nuovi sequestri della guardia di finanza di Torino nell’ambito dell’operazione ‘Via dei
semi’, che ha riguardato la commercializzazione su tutto il territorio nazionale di sementi da orto (pomodoro, peperoncino e fagiolini) di origine prevalentemente cinese o comunque estera, ma etichettate come di origine italiana.
Su disposizione della Procura del capoluogo piemontese sono state effettuate perquisizioni nell’area metropolitana di Torino e Piacenza e sono state sottoposte a sequestro 263,3 tonnellate di sementi da orto, in parte già confezionate in circa 1,9 milioni di buste, recanti indicazioni fallaci circa l’origine italiana del prodotto. Sono stati sequestrati anche 29 macchinari industriali utilizzati per il confezionamento illecito delle sementi.
Il controvalore dei prodotti sequestrati è stato stimato in oltre 38 milioni di euro. Il mese scorso, nell’ambito della stessa inchiesta, erano già state sequestrate 8,2 tonnellate di sementi da orto, già confezionate in circa 218 mila buste, pronte per l’immissione in commercio. Nel piacentino è stato scoperto dove venivano confezionate le sementi, con imballaggi recanti la bandiera Italiani e nomi di prodotti agroalimentari del nostro Paese.
Nel complesso, le oltre 800 specie di sementi da orto che, senza alcun processo di trasformazione sostanziale, venivano poi immesse in commercio con le modalità ingannevoli per il consumatore sono risultate in realtà provenire prevalentemente da Cina, India, Ungheria e Tanzania.
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
E’ SOLO PROPAGANDA
Quando i leader della destra usano la parola «libertà», e la usano spesso per dire che viene minacciata, la contrappongono alla parola «comunisti». Ma di quali libertà parlano? E a quale comunismo si riferiscono?
Negli Usa, Donald Trump ha ripetuto per mesi che la sua elezione «non era una scelta fra democratici e repubblicani, ma una scelta fra comunismo e libertà». E il presidente argentino Javier Milei ha salutato così la vittoria del nuovo presidente americano: «Oggi uno spettro diverso s’aggira per il mondo: lo spettro della libertà, per mettere fine al modello di servitù che regna nel mondo libero». Nel resto d’Europa non va diversamente. Per il leader ungherese Viktor Orbán, che pure strizza l’occhio alla Russia rifondata da un ex del Kgb come Vladimir Putin, «i progressisti non sono altro che comunisti con un diploma». Anche in Italia, da trent’anni, il berlusconismo definisce la sinistra italiana «comunista», nonostante il Pci si sia dissolto nel 1991. Giorgia Meloni dice che «è incredibile come la visione comunista si sia rafforzata da quando il comunismo è stato sconfitto». E l’ex comunista padano Matteo Salvini considera i suoi contestatori «zecche rosse, comunisti», senza ricordare che il Pci ha provato a governare solo insieme alla Dc col famoso compromesso storico, e senza riuscirci, quand’era un partito ormai ben lontano da Mosca. Non importa andare troppo per il sottile, l’etichetta di comunista si porta un po’ con tutto. «Uccideremo i comunisti del cambiamento climatico» promette Herbert Kickl, leader dell’ultradestra austriaca, ritenendo comunista ogni liberale o centrista che dia retta ai rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), a cui partecipano gli scienziati di 195 Paesi membri.
Cento partiti, quattro al governo
Attenti ai comunisti, allora. Ma che cosa s’intende oggi per «governo comunista»? Quelli di stretta osservanza, e che comandano da soli in un regime di dittatura, li troviamo soltanto in quattro Paesi: Cina, Cuba, Laos e Vietnam. Poi esistono i comunisti che regnano senza dirsi più comunisti: nella Corea del Nord, dove il marxismo-leninismo è stato cancellato dalla costituzione nel 2012 e s’è trasformato nel culto della personalità di Kim Jong-un; in Nicaragua, dove il sandinismo ha deviato verso una specie di nazionalismo. Putin è un leader post-comunista e la Russia è diventata un’autarchia con altri connotati.
Oggi, i partiti comunisti hanno un ruolo di comando in Angola, Congo, Mozambico, Ecuador, Brasile, Cambogia e Mongolia. In molti altri casi sono partiti che non contano nulla, neppure rappresentati nei parlamenti: sono minuscoli e irrilevanti come in Italia e nemmeno s’ispirano al marxismo leninismo. In Europa, degli oltre 40 partiti esistenti, nessuno è al governo
Quali libertà sono minacciate?
Chi evoca falce e martello, non pensa affatto a concetti ormai fuori dalla storia come la dittatura del proletariato, visto che dai cinesi ai cubani si sono convertiti all’economia di mercato. Il termine «comunista» in realtà è usato dalle destre per indicare quei governi progressisti e di sinistra che ucciderebbero le libertà individuali. «Voi in Italia e noi in Francia siamo impegnati nella stessa lotta – ha detto Marine Le Pen a Pontida, il 17 settembre scorso –: la lotta per le libertà, per la patria». Il sovranista olandese Geert Wilders: «È necessario tutelare la libertà di coloro che dicono la verità e sono odiati per questo». In agosto, dopo l’arresto in Francia di Pavel Durov, il creatore del social Telegram (utilizzato anche per attività criminali), Salvini ha avvertito che «in Europa siamo ormai alla censura, alla puzza di regime. Chi sarà il prossimo a essere imbavagliato? Il grande Elon Musk?». Anche il leader spagnolo di Vox, Santiago Abascal, è convinto che la vittoria sulla «tirannia» delle sinistre passi per «la difesa dei diritti di Musk». Entrambi ignorano quanto sia improbabile negarli a uno che è il principale consigliere della Casa Bianca, è proprietario di X, di satelliti militari e civili e del più grande patrimonio finanziario mondiale. «Forze oscure vogliono togliervi la libertà» ha avvertito Donald Trump in un comizio a Butler il 20 ottobre: «E io sono l’unico ostacolo».
Ma le destre sono imbavagliate?
Dunque quali sono le libertà invocate dalle destre? Quelle di potersi esprimere contro idee considerate dominanti come il Green Deal, il cambiamento climatico, l’Unione Europea, la cultura woke, il politicamente corretto. Libertà di espressione che però nessuno nega e nessun organismo giuridico, in Occidente, ha mai segnalato restrizioni al diritto d’esprimersi su questi temi. Lo stesso Musk possiede la piattaforma con 368 milioni di utenti, dove proliferano le fake news, dove s’insulta la Commissione europea, dove si chiede il licenziamento dei nostri giudici quando applicano la legge sui migranti.
A proposito di avversione al «politically correct», Confindustria (che è apartitica) finanzia Radio24 che trasmette un programma come «La zanzara», con libertà di turpiloquio e giudizio offensivo.
Nessuno s’è mai sognato di censurare il generale Vannacci, col suo best seller contro il «pensiero mainstream». Quella agitata dalle destre è la libertà di non pagare le tasse che non piacciono, come se un singolo cittadino potesse scegliere; d’avere un’istruzione cristiana, come se l’ora di religione a scuola fosse vietata; di negare il cambiamento climatico. Anzi, in tutta Europa, dall’Olanda alla Polonia, le destre hanno portato le rivolte dei trattori in Parlamento con gli striscioni contro le politiche green della Ue. In realtà i contadini protestavano contro il rialzo dei prezzi del gasolio, gli accordi commerciali con il Sud America (Ue-Mercosur) e lo strozzinaggio della grande distribuzione, poiché le politiche della Pac (Politica Agricola Comune) erano state già state rinegoziate nelle sedi competenti. Lo scorso maggio Giorgia Meloni ha detto: «In questi anni, l’Europa ha messo in atto una limitazione della libertà degli Stati nazionali da cui si deve tornare indietro». È il caso di ricordare che l’Italia è un Paese fondatore dell’Unione e che, a Bruxelles, ogni decisione viene adottata solo con l’approvazione all’unanimità o a maggioranza dei Paesi membri. Bernard Carr, nominato da Trump presidente della Commissione federale per le comunicazioni, sostiene che «dobbiamo ripristinare il diritto degli americani alla libertà di parola», nel Paese che l’ha inserita al Primo Emendamento della sua Costituzione. Ed è Musk a sostenere che «la più grande minaccia alla civiltà moderna» è l’attenzione alle ingiustizie sociali e razziali, di cui dovremmo liberarci
Le simpatie per i censori
È curioso che il modello di ispirazione, non solo d’idee, venga proprio da regimi liberticidi. Marine Le Pen, il leader di Vox Abascal, Matteo Salvini e Giorgia Meloni simpatizzano per l’Ungheria di Orbán. Nella risoluzione del Parlamento Ue contro il leader ungherese per violazione dello stato di diritto, la Lega e FdI hanno votato contro. Eppure, nell’Ungheria di Orbán il concetto di libertà è variabile. Libertà per le famiglie: la Costituzione vieta i matrimoni fra persone dello stesso sesso. Libertà d’istruzione: alcune minoranze, come i rom, devono frequentare scuole separate. Libertà d’espressione: esiste l’Authority dei media, nominata dal premier, che di fatto controlla l’informazione. Libertà di linguaggio: è vietato chiamare «rifugiati» i migranti. Libertà nel processo: i giudici ungheresi dipendono dal governo che ne decide le carriere.
Putin, Xi Jinping e l’idea di libertà
Matteo Salvini ha sempre detto di voler «cedere due Mattarella in cambio di mezzo Putin». L’inchiesta sui fondi russi alla Lega è stata archiviata, ma ha accertato che l’obiettivo del partito era comunque quello d’ottenere «un finanziamento politico» dal Cremlino. Il partito Rassemblement National di Marine Le Pen, fra i primi a riconoscere l’invasione di Putin in Crimea, ha ricevuto 9 milioni di euro da banche di Mosca per finanziare le campagne elettorali. Lo stesso Trump guarda alla Russia di Putin: un Paese dove chi critica l’invasione dell’Ucraina rischia fino a 15 anni di carcere, che considera spie tutte le ong internazionali e indipendenti, che blocca gli accessi a siti internet senza l’obbligo di fornire spiegazioni, che ha chiuso definitivamente giornali scomodi come la Novaja Gazeta di Anna Politkovskaja, assassinata nel 2006, e sopprime fisicamente gli avversari politici. Simpatizza per Putin anche Orbán che, al tempo stesso, ammira la Cina dell’«amico di lunga data» Xi Jinping e il suo stato di polizia. In Cina la legge sulla sicurezza nazionale (2015) vieta la libertà d’espressione, associazione e riunione; la legge sulla sicurezza dei dati (2021) dà al partito unico l’accesso illimitato a qualsiasi informazione dei cittadini; la legge sulla cybersicurezza (2016) impone una sorveglianza video e digitale completa; la legge sulle ong straniere (2016) proibisce la difesa dei diritti umani e nel Paese continua la persecuzione delle minoranze. «Abbiamo filosofie simili ed entrambi stimiamo l’indipendenza e l’agire di propria iniziativa» ha detto cinque mesi fa il leader ungherese al presidente cinese. Un bel complimento all’unico, grande Paese comunista del mondo.
Francesco Battistini e Milena Gabanelli
(da il corriere.it)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
“DENUNCIO CIO’ CHE TUTTI SANNO E FANNO FINTA DI NON VEDERE”… C’E’ ANCHE CHI TIFA PER LUI: 50.000 PREFERENZE ALLE ULTIME ELEZIONI
Francesco Emilio Borrelli, parlamentare di alleanza Verdi Sinistra, ha subito negli
ultimi sei anni di carriera politica 55 aggressioni tra intimidazioni, pestaggi e 40 denunce. In media una al mese. L’ultima sabato scorso a Forcella, nel centro storico partenopeo, dove l’hanno colpito con calci e pugni.
Oggi spiega al Corriere della Sera che la più dura risale al settembre 2020, quando due donne hanno provato a torcergli il collo e staccargli la testa mentre denunciava con il cellulare gli affari della camorra intorno al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli.
Sabato scorso a Forcella l’hanno preso a pugni a calci. Oggi spiega a Serena Palumbo cosa è successo. L’aggressione a Forcella «Denunciavo il controllo della camorra sui parcheggi abusivi e su un’intera strada: via Sant’Arcangelo a Baiano. Lì c’è un parcheggio privato che può ospitare solo due automobili. I proprietari occupano la strada e i marciapiedi. Una mercificazione del suolo pubblico inaccettabile. Stavo riprendendo in diretta social, quando tre uomini e una donna mi hanno aggredito. La mia scorta ha avuto difficoltà nel difendermi ed è intervenuta la polizia. Uno di loro ha finto di sentirsi male. Abbiamo chiamato l’ambulanza, che non riusciva ad arrivare proprio per la sosta selvaggia delle auto. Hanno picchiato anche i medici».
La prima aggressione fisica invece risale al 2018: «Ero fermo nel traffico di via Marina e mi resi conto che la coda di auto era dovuta a una deviazione della careggiata. Un bar si era appropriato del suolo pubblico: parte della strada, della pista ciclabile e del marciapiede era stato usato per creare un dehors e un parcheggio. Avevo la memoria del telefono piena e così decisi di fare una diretta Facebook: la prima. Il titolare del locale, il parcheggiatore abusivo e un dipendente mi aggredirono, rubando il telefono. Ma il video era ormai online. Fu la prova decisiva durante il processo».
La scorta
La scorta ce l’ha «dal 2022, quando denunciai di un intero palazzo a Pizzofalcone occupato abusivamente. In diretta una affiliata mi ha minacciato di morte, il giorno dopo il marito mi ha investito mentre ero in scooter fuori casa e, credo, volesse anche uccidermi».
Ma lui non smetterà: «Voglio dare il buon esempio. Non faccio nulla di speciale, denuncio ciò che tutti sanno e nessuno ha il coraggio di dire». Più che odiato o amato, per lui i napoletani provano «Un mix (di sentimenti, ndr). Molti mi sostengono, ma tanti mi criticano. Danno fastidio i modi. Voglio solo raccontare la verità. Male e bellezza».
(da Open)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DEL BITONTO C5 FEMMINILE, CAMPIONE D’ITALIA ALLO SCORSO CAMPIONATO DI CALCIO A 5, DENUNCIA IL FURTO DI 10 BORSONI DAL PULLMINIO DELLA SQUADRA, PRIMA DELLA PARTITA CONTRO IL KICK OFF AL PALAMATTEI DI SAN DONATO MILANESE…IL CLUB NON HA POTUTO DISPUTARE IL MATCH VISTO CHE DENTRO C’ERA TUTTO L’EQUIPAGGIAMENTO, COMPRESI I DOCUMENTI
Rubati 10 zaini su 12, via quindi praticamente tutto l’equipaggiamento, i documenti da dare all’arbitro e quindi la possibilità di disputare un match al vertice di calcio a cinque femminile: la brutta avventura è capitata al Bitonto C5 Femminile, squadra pugliese campione d’Italia allo scorso campionato.
La squadra si è fermata a pranzo in un albergo-ristorante a Peschiera Borromeo, nel Milanese. Poi ragazze e staff sono salite sul pulmino. Solo quando sono arrivate PalaMattei di San Donato Milanese per disputare la gara del campionato di serie A contro il Kick Off, si sono accorti che erano stati rubati gli zaini.
Un “vergognoso furto” scrive la squadra sui propri social. “Giro l’Italia in lungo – ha commentato il presidente Silvano Intini – e in largo e ogni volta mi devo sentire le battute sulla delinquenza e sui furti della mia città. Ma poi mi capita di venire a Milano, fermarmi a mangiare con la squadra in un ristorante a Peschiera Borromeo, nella periferia di Milano, uscire che hanno rubato tutti gli zaini impedendoci di giocare una partita importante contro la Kick Off. Prima di parlare del Sud, guardatevi allo specchio”. La squadra ora farà ricorso chiedendo di poter ripetere la partita per cause di forza maggiore.
“Ritrovati i borsoni – si legge sulla pagina Fb della società – Quando eravamo già sulla strada per Malpensa le chiamate di alcuni numeri sconosciuti ci hanno comunicato che tutte le borse rubate erano ammucchiate in un giardino in zona di Piazza Ovidio a Milano. Uno dei pullmini si é recato subito sul posto e ha ritrovato gli zaini praticamente vuoti”.
“Ringraziamo gli amici della ASD San Pio V – aggiunge – nostri tifosi che hanno recuperato email e contatti dai nostri canali social, hanno chiamato tanta gente (anche i dirigenti della società di calcio a 11 bitontina) e sono riusciti a mettersi in contatto con noi mentre eravamo sui pullmini”. “La solidarietà dello sport vince sempre. Gli oggetti personali, gli scarpini, le divise, le polo, gli accappatoi, li potremo ricomprare – si legge infine nel post – la sensazione delle violenza subita rimarrà. L’amicizia vince. Proud to be Lions”.
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
SONDAGGIO DEMOS: IL 56% RITIENE CHE LA CORRUZIONE NON SIA DIMINUITA RISPETTO AL PASSATO
Oggi è la Giornata internazionale contro la corruzione, approvata dall’Onu. Una
ricorrenza che ci riguarda direttamente, in quanto in Italia la corruzione persiste e resiste negli anni. Dall’epoca di Tangentopoli. Anzi, rispetto ad allora si è diffusa ulteriormente. È questa l’opinione condivisa da un’ampia maggioranza di cittadini. In crescita rispetto agli ultimi anni.
È quanto emerge da un sondaggio condotto da Demos per Libera. Attualmente questa percezione coinvolge una larga area di persone. Il 56%, infatti, ritiene che la corruzione non si sia ridimensionata rispetto all’epoca di Tangentopoli.
Nei primi anni Novanta. Quando venne alla luce un sistema esteso di corruzione e concussione, che coinvolgeva ampi settori dei partiti politici e dell’imprenditoria.
Un fenomeno reso evidente dalle inchieste della magistratura, riassunte con il termine Mani pulite. Per sottolineare quanto fosse importante e difficile agire nella “Città delle tangenti”. Per “ripulirla”. Trent’anni dopo, però, la maggioranza dei cittadini continua pensare che, da allora, sia cambiato poco. Mentre quasi un terzo ritiene, anzi, che il fenomeno si sia esteso ulteriormente. Si tratta, dunque, di un sentimento molto condiviso. Fin troppo, a prescindere dall’effettiva fondatezza. Perché, in effetti, risulta difficile da misurare. Inoltre, dura e si riproduce da molti anni e, per questo, suscita minore “reazione”. Ma solleva, semmai, “assuefazione”. Viene, cioè, “dato per scontato”. Tuttavia, proprio per questo, è più inquietante. In quanto segnala un certo grado di legittimazione.
In altri termini, agli occhi degli italiani la corruzione rischia di divenire una componente “normale” del mondo politico ed economico. Fino a caratterizzare e condizionare la vita quotidiana. Pubblica e privata. Risultati coerenti emergono da un’indagine condotta per l’Università di Pisa e Perugia, nell’ambito del progetto “Sommossa”. Qui circa i due terzi dei cittadini la ritengono quasi una “necessità”, nei concorsi pubblici e nella gestione delle carriere. E nei rapporti con la burocrazia, per ottenere servizi in settori fondamentali come la sanità e l’università. Mentre la metà del campione intervistato la considera “utile” anche nelle attività e negli affari a livello locale.
Pertanto è molto larga la convinzione che, per vivere e sopravvivere, sia necessario “con-vivere” con la corruzione. Dovunque si abbia a che fare con il sistema pubblico. E privato. Per questo motivo quasi la totalità dei cittadini ammette di non aver mai partecipato — tantomeno contribuito — ad attività di protesta contro la corruzione. In maggioranza, per mancanza di occasioni. Ma, in misura molto ampia (quasi un terzo), per motivi di interesse. Molto scarso, nonostante che tre persone su quattro si dicano disponibili a denunciare fatti illeciti, commessi nel posto di lavoro.
In altri termini, la corruzione suscita e sollecita la reazione dei cittadini quando coinvolge il mondo intorno a noi. La nostra vita. Vicino a noi. Mentre se avviene nel mondo pubblico, nell’ambiente economico e a maggior ragione “politico” lascia perlopiù “indifferenti”. Come se si trattasse di una componente “normale” di quel contesto. Che dovremmo non solo contrastare, ma per-seguire.
Per questo motivo risulta difficile immaginare un futuro diverso. Disegnare una realtà dove la corruzione divenga una macchia da cancellare. Un male che possiamo e dobbiamo curare in profondità, fino a spingerlo fuori dal nostro “corpo”. Sociale e politico. Perché, come si è detto, la corruzione è “data per scontata”.
E appare una procedura utile, talora perfino necessaria per favorire il funzionamento dello Stato, delle istituzioni locali, degli affari. Pubblici e privati. Tuttavia, rassegnarsi alla corruzione significa accettare che divenga un elemento “normale” della nostra vita quotidiana. Per questo l’esistenza e l’azione di associazioni come Libera è necessaria e utile. Perché aiuta a guardare il mondo e la società come ambienti che possiamo e dobbiamo “depurare” dal male quotidiano. Senza abituarci a esso.
(da La Repubblica)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
IN ARRIVO UN VIDEO E LA DISCESA A ROMA… MA QUANDO CI DIRA’ PER CONTO DI CHI AGISCE?
«La battaglia è appena iniziata. Il voto è stato solo il preludio dello scontro»: l’ala movimentista non arrende di fronte ai risultati della votazione bis e al «parricidio» del ruolo del garante. Beppe Grillo aveva già messo le mani avanti, ipotizzando una sconfitta nonostante gli inviti dei suoi sostenitori ad andare per funghi. «Io scompaio per i due mandati», aveva detto il fondatore dei Cinque Stelle nel suo video-messaggio alla guida del carro funebre. «So che avete già deciso, io ho già perso».
«Oz ha preso più voti ora che alle Europee», avrebbe detto Grillo ai suoi fedelissimi giocando sempre sul silo del sarcasmo. Il fondatore non demorde. C’è chi assicura che ha vissuto queste ore della votazione «con la massima serenità», aspettando il gong delle 22 per capire come muoversi. Il fondatore si è confrontato anche ieri con il suo entourage e — secondo quanto filtra dalle indiscrezioni — sarebbe pronto per un blitz a Roma. Per muovere i prossimi passi. «Adesso mi ripendo il simbolo», ha ripetuto nei giorni scorsi. E nella capitale potrebbe tessere le fila del ricorso legale. Ma c’è anche e prima di tutto un risvolto comunicativo: ecco allora l’idea di un nuovo video per commentare i risultati. E non solo.
Le sue truppe, intanto, si raccolgono. «La strada era segnata», dicono i movimentisti. Paradossalmente, le mosse sullo scacchiere Grillo inizierà a farle ora. I livelli dello scontro saranno molteplici: comunicativo, legale e politico. Il fondatore ha intenzione di continuare la sua guerriglia di prese di posizione e boutade ironiche (come la lettera inviata a Elly Schlein). Il punto è «far capire ai nostri elettori che quello di Conte non è il Movimento che hanno sostenuto fino al 2022». Poi ci sarà un fronte legale. Anche in questo caso le carte in mano al fondatore sono diverse. Grillo può scegliere se dare battaglia — appunto — sulla proprietà del simbolo o se tentare la via dell’azzeramento della votazione che ha incoronato Conte leader nel 2022. Le due cause tecnicamente potrebbero seguire percorsi paralleli. Anzi, la seconda potrebbe anche non vedere il fondatore impegnato in prima persona.
Il terzo pilastro della controffensiva dei movimentisti è un ritorno alle origini, a liste ispirate da Grillo per Comuni e Regioni. La sfida è sottrarre voti al Movimento. «Dovranno scegliere se votare Beppe, cioè l’originale, o questa deriva senza colore», dicono. Un’idea che potrebbe arrecare danno al Campo largo, sottraendo voti alla coalizione in sfide che si giocano, come in Liguria, su confini sottili. Quello di nuove liste è però di un progetto che hanno in testa più gli ex M5S vicini al garante che Grillo stesso. Anche se il pressing per rivedere una sorta di «Amici di Beppe Grillo 5.0» tra le liste in corsa alle prossime Amministrative è forte.
Ma c’è anche un’ulteriore opzione: lo spettro di una terza votazione online. Ora il M5S dovrà infatti votare il nuovo statuto con le modifiche deliberate alla Costituente. «Ogni volta che delibera l’assemblea Grillo può chiedere il rinnovo della votazione — spiega Lorenzo Borrè —. L’ attuale statuto prevede ancora la figura del garante che sarà eliminata solo con l’approvazione del nuovo testo modificato. E a mio avviso anche in tal caso Grillo potrà chiedere il rinnovo della votazione non essendo immediatamente efficace la delibera di modifica». Insomma, ora tocca a Grillo scegliere quale carta giocare. «Attenzione a dare Beppe per finito: in passato è successo molte volte e poi sappiamo come è andata — dice un movimentista —. Lui è imprevedibile e anche Conte dovrebbe saperlo».
(da Il Corriere della Sera)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
AL VOTO OLTRE 58.000 ISCRITTI…CONTE: “ONDA DIROMPENTE, SI VOLTA PAGINA”
La caduta del garante, l’ultima statua del Movimento dei vecchi tempi che viene giù. Il
parricidio, definitivo. Nel voto bis invocato proprio da lui, da Beppe Grillo, gli iscritti ai Cinque Stelle indicano la porta al fondatore, con numeri perfino superiori alla consultazione di novembre, quando alla Costituente avevano votato 54mila dei quasi 90 mila attivisti, ossia il 61,23 per cento. Ieri sera i votanti hanno toccato il 64,90 per cento, per un totale di 58.029 iscritti. E di questi 46747 hanno detto sì alla cancellazione del garante: l’80,55 dei partecipanti, a fronte del 63 per cento della scorsa volta. Tradotto, quasi i due terzi della base non sono “andati a funghi”, come aveva provato a esortarli Grillo nel video di martedì scorso. E il quorum della maggioranza assoluta è stato superato di netto. Non ha pagato la guerriglia del fondatore, con il filmato in cui celebrava la morte del suo Movimento guidando un carro funebre, e con la lettera alla segretaria del Pd, Elly Schlein, in cui la invitava a prendere nel suo partito l’avvocato, perché tanto “in questi anni ha già travasato nel Pd milioni di voti del Movimento”. Divertente, ma inutile nel duello con l’ex premier.
Perché ha stravinto lui, Conte, che in tarda serata in un post celebra “l’onda dirompente del M5S che ha rivotato in massa, una comunità dove tutti contano davvero”. E assicura: “Ora si volta pagina, il Movimento si rifonda sulle indicazioni degli iscritti nella Costituente e adesso abbiamo tante battaglie da fare tutti assieme per cambiare il Paese”. Oggi alle 16 commenterà i dati definitivi, in una diretta sui suoi social in cui dovrebbe soffermarsi sul prossimo futuro del M5S. Comunque a uno snodo storico, dopo il voto bis sulle modifiche statutarie chiesto da Grillo, grazie a una prerogativa che si era riservata proprio nello statuto. Ma i suoi attacchi all’ex premier hanno compattato i contiani. Così, ecco l’addio al padre politico e alla sua carica vitalizia. Con conseguenze innanzitutto pratiche, perché ora i suoi notevoli poteri dovranno essere affidati a “un nuovo organo collegiale appositamente eletto”, così come confermato dagli iscritti ieri con 22.523 voti. Ma non sarà l’unico effetto pratico. Ad esempio l’attuale tesoriere del Movimento è l’ex deputato Claudio Cominardi, vicino a Grillo. Nella precedente formula dello statuto era eletto dall’assemblea “su proposta del garante, d’intesa con il presidente”, cioè con Conte. Nella difficilissima trattativa dell’estate 2021, Grillo volle per quel ruolo un uomo di sua stretta fiducia. Ma da ieri sera il garante non c’è più. E il tema del tesoriere potrebbe porsi. Però le principali ricadute saranno politiche. Perché ormai Conte è leader assoluto, avendo sconfitto l’ultimo avversario interno di peso. Dopo Davide Casaleggio – “salutato” dopo un laborioso accordo economico e legale – e Luigi Di Maio – auto-esclusosi con la scissione del 2022 – l’avvocato si è liberato anche di Grillo.
Non si piacevano per nulla, i due, anche se era stato l’ormai ex garante a chiedere a Conte di prendere la guida del M5S che sembrava alla deriva, nel febbraio 2021. E nelle scorse ore l’ex premier lo ha ricordato: “Mi pregò lui di scendere in campo, e io ci pensai due – tre mesi perché ero consapevole dei nodi irrisolti, a partire dal suo ruolo di garante”. Diversi anni dopo, è naturale chiedersi se Grillo passerà dalle scaramucce alla battaglia legale. Dal suo fronte continuano a giurare che contesterà l’uso del simbolo in tribunale. E che potrebbe mettere in dubbio la validità della Costituente, contestando il taglio di quasi 90mila iscritti perché inattivi sulla piattaforma. E la scissione? Martedì scorso il fondatore aveva promesso per il Movimento “un decorso meraviglioso”. Ma le truppe per una cosa grillina scarseggiano. Sabato si è tirata fuori anche Virginia Raggi, che pure è in ottimi rapporti con il fu garante, smentendo come “false” le ricostruzioni che l’avevano coinvolta in “cordate o tavolate”.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
GLI ISCRITTI DICONO SI’ ALL’ELIMINAZIONE DEL GARANTE… AFFLUENZA IN CRESCITA
Gli iscritti 5 stelle confermano: la figura del garante, ovvero il ruolo ricoperto da Beppe Grillo, va eliminata. A dire sì è stato l’80,5% di chi ha partecipato allo scrutinio. Ripetere la votazione, così come richiesto dal fondatore M5s dopo il primo risultato, non ha cambiato l’esito: la maggioranza è d’accordo con la rifondazione voluta e proposta da Giuseppe Conte. La guerra aperta dal comico non ha ribaltato alcun tavolo, ma è stato anzi l’ennesima conferma che le strade tra il Movimento e il suo genitore si sono separate. Grillo ha provato a spingere i suoi a disertare le urne virtuali per far saltare il quorum, ma l’effetto è stato addirittura contrario e l’affluenza è cresciuta passando dal 61,23 al 64,90 per cento degli aventi diritto al voto (oltre 58mila persone contro i 54mila della scorsa volta).
I risultati del secondo voto – Gli iscritti hanno dovuto ripetere la votazione sui quesiti che riguardavano la modifica dello statuto. In particolare, a proposito della delicata questione del garante, si sono espresse 58.029 persone: 46.747 si sono dette favorevoli, 9.334 contrarie e 1.948 si sono astenute.
I risultati del primo voto – Il 24 novembre scorso gli iscritti del Movimento 5 stelle si erano già espressi in modo inequivocabile. La prima scelta è stata sull’eliminazione della figura del garante: a favore ha votato il 63,24%, contrari il 29,09%, mentre il 7,67% si è astenuto. Era passato anche il superamento del limite dei due mandati: hanno detto Sì il 72% dei votanti. Approvate inoltre, con più del 50% dei voti tutte le opzioni di revisione della regola da sempre considerata intoccabile per i 5 stelle, tra cui l’elevazione del limite a 3 mandati e la deroga alla candidatura come sindaco e presidente di Regione. Confermato anche l’orientamento progressista e il via libera alle alleanze con altre forze politiche (qui tutti i risultati della prima votazione).
La guerra aperta tra Grillo e Conte – La tensione tra i due leader c’è sempre stata, ma nelle ultime settimana è deflagata in una guerra aperta senza esclusione di colpi. Giuseppe Conte ha chiuso la sua Assemblea costituente del Movimento, annunciando il superamento di alcuni dei pilastri 5 stelle, e da lì sono partiti gli attacchi pubblici. L’atto ufficiale ha provocato le ire di Grillo che, seppur senza mai presentarsi a Roma, a distanza ha iniziato le ostilità. Il primo gesto è stato quello di rompere il silenzio: martedì, alle ore 11.03, ha pubblicato un video registrato dentro un carro funebre. “I valori del M5s sono scomparsi”, ha declamato il comico dall’auto. “Siete diventati un partito che non riconosco più”. E ha attaccato direttamente Conte definendolo “Mago di Oz” e accusandolo di “non farsi trovare”, “ignorare le sue proposte” e, di fatto, di essere un traditore. Nel messaggio Grillo ha lasciato intendere di “avere già perso” e ha invitato chi non la pensa come lui di “farsi il suo simbolo”. E ha invitato “ad andare a funghi”, invece di votare, lasciando intendere che per salvare la sua idea di Movimento sarebbe stata necessaria una diserzione di massa delle urne virtuali. Il secondo e ultimo gesto provocatorio del comico è stata poi la lettera, inviata a votazioni in corso, recapitata a Elly Schlein. “Lettera di referenza per candidare Conte nel Pd”, recitava il testo. Ovvero: una lunga missiva in cui Grillo si è preso gioco dell’ex premier e lo ha presentato come un politico “inaffidabile” e interessato “solo alle poltrone” e per questo perfetto per il Partito democratico. Difficile per Grillo pensare a un’offesa peggiore.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
MERITO SOPRATTUTTO DELLE NUMEROSE APP E PIATTAFORME CHE VENDONO VESTITI, ARREDAMENTO, DEVICE E TANTI ALTRI ARTICOLI “PRE-OWNED”…UN MODO PER RISPARMIARE SOLDI
Second hand, pre-owned, pre-loved: tante espressioni per definire il buon vecchio
mercato dell’usato. Che va a dir poco per la maggiore tra le nuove generazioni. Se una volta occasioni e affari di seconda mano saltavano fuori rovistando tra le bancarelle a cielo aperto dei mercati delle pulci, adesso, invece, Millennials e Gen Z le selezionano sul display di smartphone e computer e le aggiungono nei carrelli virtuali di app e piattaforme online.
Da Vinted a Vestiaire Collettive, da Subito.it a Wallapop, è boom di shopping digitale vintage. Nel 2023 il settore dell’usato ha toccato in Italia un giro di affari da 26 miliardi. Stime e proiezioni annunciano per la fine del 2024 una crescita a doppia cifra, tra il 10 e il 15 percento.
A mettere nero su bianco il trend-tormentone è il «Circular fashion survey on new generations 2024», appena rilasciato da PwC Italia e condotto su un campione composto da Gen Z e Millenials residenti in Italia, Germania, Regno Unito, Francia e Spagna. Stando all’indagine, nel 2024 il 54% dei giovani intervistati ha effettuato almeno la metà dei propri acquisti su portali e-commerce, dato in rapida crescita rispetto al 35% registrato nel 2023.
Non solo. Quest’anno 7 giovani su 10 hanno comprato prodotti pre-owned, in aumento del 19% rispetto all’anno scorso, mirando in particolare capi di moda, con il 29% della New Gen che ha acquistato la metà dei propri capi pre-loved (+5% rispetto al 2023), e arredamento, che ha attirato il 26% del campione (+13%).
D’altronde, se in negozio le cifre volano alle stelle, con l’usato si risparmia. E, così, ci si può concedere quel vizio di lusso a lungo desiderato. Perché, se le scarpe, la borsa e la cravatta griffata in boutique costano una follia, magari di seconda mano avranno cifre (più) accessibili.
Consapevoli di non potersi permettere tutto, sono ben disposti a scendere a compromessi: non rinunciano a sfoggiare l’accessorio blasonato, non sia mai, ma accettano di buon grado che sia di seconda mano. Ancor più che sanno di poter contare, oltre che sul proprio occhio clinico e fiuto per lo shopping, su una serie di garanzie. Non tutte, ma le più gettonate piattaforme e app di compravendita di articoli usati hanno policy severe e sono molto attente ai riflettori delle recensioni costantemente puntati.
Altro fattore chiave che spinge la New Gen a fare shopping second-hand è la sostenibilità, che strizza l’occhio al 14% degli intervistati. A quanto pare, il fatto di dare una seconda vita ad articoli ancora in buone condizioni, a volte anche con tanto di cartellino, piace di più rispetto a buttare e comprare ex novo. E piace anche al mercato.
«Tendenze come il second-hand e il crescente interesse delle nuove generazioni per la moda circolare consentono di allungare il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a mitigare concretamente l’impatto ambientale del tessile e dando un segnale molto positivo per il settore», riassume Omar Cadamuro, partner di PwC Italia consumer market.
(da il Giornale)
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