Gennaio 12th, 2025 Riccardo Fucile
GLI STATI UNITI HANNO CHIESTO IN CAMBIO LE INFORMAZIONI PRESENTI NEI CHIP E NELLE SCHEDE ELETTRONICHE TRASPORTATE IN VALIGIA DALL’INGEGNERE IRANIANO ABEDINI
Mohammad Abedini negli ultimi quattro anni della sua vita ha rincorso un sogno: nel
2020 con la sua startup Illumove bussò alle porte dei venture capital svizzeri, ma senza successo; a marzo 2021 cercò di inserirsi nel progetto con cui il Politecnico di Losanna puntava a diventare un centro per le startup di tecnologia sportiva.
Alla fine, riuscì a ottenere un contratto con una società di Renens per il rilevamento dei movimenti nelle competizioni equestri.
Meeting aziendali, business plan, presentazioni commerciali: sulla carta il fondatore di una promettente startup come tante.
E allora, com’è che si ritrova da quasi un mese in carcere a Milano e al centro di un intrigo internazionale tra microchip, sangue e catene? Era un “genio sprovveduto” come dicono i colleghi a Losanna o uno spregiudicato trafficante di strumenti di morte, come sostengono gli americani?
Quando Abedini è stato arrestato all’aeroporto di Malpensa il 16 dicembre scorso portava con sé un trolley pieno di chip e schede elettroniche: per l’intelligence americana quel bagaglio potrebbe essere una miniera di informazioni e dunque, in teoria, una contropartita accettabile alla liberazione della giornalista Cecilia Sala ottenuta dall’Italia dialogando con il regime di Teheran.
Specie se contiene prove di triangolazioni verso l’Iran di componenti per i droni kamikaze che hanno ucciso soldati americani. Nei device sequestrati potrebbe esserci anche la documentazione societaria e commerciale della società di Abedini, compresa la presentazione che Il Fatto ha ottenuto, e che potrebbe contribuire a stabilire se fosse un’impresa reale o una società di comodo, come sostengono gli Usa.
Un dilemma attorno al quale si avvita anche il destino dell’ex ricercatore 38enne che da 27 giorni si trova in carcere a Opera: se l’Italia decidesse di estrarlo verso gli Usa, là rischierebbe una pena dai 20 anni all’ergastolo.
Bisogna allora spostarsi tra Losanna a Ginevra e tornare indietro di almeno quattro anni. L’impresa elvetica al centro dell’intrigo nasce alla fine del 2019 all’ombra dell’Epfl a Ecublens. Come quasi tutte le startup da quelle parti, viene costituita con 100 mila franchi svizzeri di capitale, solo la metà versato. Ha bisogno di soldi per svilupparsi e commercializzare il suo business.
Così il 22 gennaio 2020 si presenta a una “competition” di venture capital: in palio ci sono appunto 100 mila franchi. Usano come esempio un contratto che stanno trattando che riguarda l’applicazione dei sensori nel settore dell’ippica. La presentazione parte dalla forte crescita del settore (+38%) e da uno slogan accattivante: “Our mission is to make sports analysis frictionless for sport science experts”. Dopo alcune slide arriva il profilo dei proponenti: il fondatore “mago dei sensori” Abedini e il titolare della “Tacit Motion” Mahdi Mohammad Sadeghi oggi entrambi in carcere, il primo a Milano, l’altro a Boston.
Abedini, forte delle sue ricerche all’Epfl, era riuscito a integrare una gamma di sensori più precisi, piccoli e affidabili e farli dialogare con il software di elaborazione dati che sta nel cuore della scheda.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2025 Riccardo Fucile
I CONSIGLI DEGLI ORGANIZZATORI: “INDOSSATE DELLA BIANCHERIA IL PIÙ NORMALE E SEMPLICE POSSIBILE”
In metropolitana in mutande. I londinesi tornano a spogliarsi per l’amato evento ‘No Trousers Tube Ride’: il pomeriggio di domenica 12 gennaio gli organizzatori dell’iniziativa invitano a prendere la metropolitana di Londra senza indossare i pantaloni.
L’iniziativa è nata nel 2019 e ha cadenza annuale: per qualche ora viene chiesto ai partecipanti di salire sulla ‘tube’ di Londra senza pantaloni. L’idea è di comportarsi il più normalmente possibile, facendo ciò che si è abituati a fare durante un viaggio su un mezzo pubblico (come leggere un libro o ascoltare della musica) mentre si hanno le gambe scoperte e la biancheria intima ‘in mostra’.
Porta le mutande con la mappa della metro londinese
Chiunque può partecipare all’iniziativa: basta farsi trovare, in mutande, al punto di incontro scelto (Old Pagoda, a Chinatown) tra le 14.45 e le 15 del 12 gennaio. Gli organizzatori hanno chiesto di indossare della biancheria il più normale e semplice possibile perché l’idea da trasmettere è di aver semplicemente dimenticato di indossare i pantaloni come ogni giorno. Nelle edizioni precedenti invece i partecipanti avevano spesso scelto boxer e slip coloratissimi o con fantasie appariscenti.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2025 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO RAGGIUNGE QUASI LA QUOTA DEL PRESIDENTE DEGLI USA, BIDEN, CHE SI AVVALE DELL’AIUTO DI 44 ESPERTI… NEGLI ULTIMI MESI, BRUNETTA HA COINVOLTO COME ADDETTO AL CERIMONIALE E ALLA COMUNICAZIONE EMILIO ALBERTARIO, IL MARITO DI SIMONETTA MATONE, EX MAGISTRATA OGGI ELETTA CON LA LEGA ALLA CAMERA…I COSTI DA CAPOGIRO DELL’ENTE CHE RENZI VOLEVA ABOLIRE
Più di Sergio Mattarella e appena meno di Joe Biden. Altro che abolito, Renato Brunetta
ha rispolverato il Cnel riprendendosi lo stipendio e reclutando un esercito di consulenti e consigliori che al Colle se lo sognano e che ormai quasi appaia quello che ha avuto a disposizione il presidente Usa.
Decisiva l’ultima infornata, che ha portato a 41 le teste agli ordini suoi e della segreteria, contro i 34 di ausilio alle fatiche di Sergio Mattarella (da Ugo Zampetti a Giovanni Grasso, tutti facilmente rintracciabili sul sito del Quirinale) e i 44 che, nel pieno del suo mandato, sussurravano a Biden. Brunetta non può puntare (per il momento) a raggiungere i numeri dell’intero staff della Casa Bianca, dove lavorano migliaia di persone, ma l’obiettivo a portata di mano è quello di acciuffare al più presto il presidente – o il suo successore – prendendo come riferimento i nomi che compaiono nel report di Akin Gump, colosso lobbistico con sede a Washington che mette a disposizione un pratico opuscolo con tutti i consulenti di Biden e i direttori dei vari comitati, dal National Secirity Council all’Office of Domestic Climate Policy. Il rapporto fotografa la situazione a un paio di anni fa, ma poco cambia: 44 persone.
Brunetta si dà da fare con un certo eclettismo, non disdegnando giornalisti, filosofi, sociologi. Alla schiatta degli avvocati appartiene l’ultimo arrivato Ettore Pieracciani, che ha assistito tra gli altri Luigi Ciavardini (già condannato in via definitiva come esecutore della strage della Stazione di Bologna) nel procedimento in cui era accusato di avere detto il falso durante il processo di primo grado nei confronti di un altro ex membro dei Nar, Gilberto Cavallini.
Ha nominato alla comunicazione Emilio Albertario, coniugato Matone (Simonetta), ex magistrata oggi eletta con la Lega. Ma pure molti altri, compreso Alessandro Barbano già direttore del Mattino e ulteriori otto reclutati tra ottobre e dicembre.
L’antivigilia di Natale è stato emesso un nuovo avviso per assoldare altri cinque studiosi, chi esperto di benessere, chi di lavoro in ambito sportivo o di made in Italy con compensi tra i 10 e i 25 mila euro. Ovvio allora che siano esplose le previsioni di spesa per il 2025, rispetto al 2024: tra addetti alla segreteria del presidente che costano 300 mila euro all’anno, personale alle dirette dipendenze dello stesso presidente (altri 320 mila), esperti (280 mila), fanno la loro parte anche i comandati da altre amministrazioni.
Solo per questa voce, il costo è schizzato da 490 mila a 900 mila euro. Gli unici che non beccano una lira, se non in termini di rimborso spese, sono i magnifici 15 – dall’ex ministro Giovanni Tria all’ex prefetto Tronca passando per l’ex banchiere rosso Nicola Rossi – che danno lustro al sinedrio brunettiano detto “collegio degli esperti”.
(da il Fatto Quotidiano)
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Gennaio 12th, 2025 Riccardo Fucile
LA CARICA DI INSULTI E DILEGGIO CHE SALVINI AVREBBE SCARICATO SUL MINISTRO DELLE INFRASTUTTURE SE FOSSE ALL’OPPOSIZIONE
Non saprei dire quale sia il grado di responsabilità del ministro dei Trasporti, in carica da un paio d’anni, nei ripetuti inceppi del sistema ferroviario nazionale: ormai si sale sui Frecciarossa con spirito avventuroso, sperando che il fato sia generoso. Nel dubbio, penso sia giusto richiamare il ministro in carica alle sue responsabilità senza cedere alla tentazione dell’accanimento.
Ho però la sensazione, quasi la certezza, che a parti rovesciate, e cioè se Matteo Salvini fosse all’opposizione, e il ministro dei Trasporti fosse un altro, la scarica di insulti, discredito, dileggio che il Salvini e il suo codazzo mediatico (compresi i quattro o cinque quotidiani di complemento) gli avrebbero scaricato addosso sarebbe stata tremenda.
Dare dell’imbecille e dell’incapace agli altri è stato il fondamentale talento politico del Salvini, la cui attività comunicativa, ai tempi della Bestia, raggiunse livelli di indimenticabile bassezza, e non solo nei confronti degli avversari politici, anche ai danni di cittadini molto meno potenti e più indifesi di lui.
Don Rodrigo non avrebbe saputo fare di peggio, con l’ulteriore aggravante che i Bravi, sui social, sono migliaia, e prestano servizio gratuitamente.
Oggi il Salvini meriterebbe il classico pan per focaccia non fosse che, a fronteggiarlo, in mezzo a qualche suo simmetrico fazioso, ci sono anche persone disposte a non scaricargli addosso ciò che lui ha scaricato sistematicamente addosso agli altri.
Cercare di essere equi con chi non lo è mai stato: non saprei dire se è un eccesso di fair play o la più clamorosa delle rivincite.
(da La Repubblica)
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Gennaio 12th, 2025 Riccardo Fucile
L’INEFFICIENZA DI UN MINISTRO CHE CREA IMBARAZZO AL GOVERNO
Dopo il chiodo fatale arriva il maledetto pantografo, un altro sabato nero per i treni e
l’ennesima giornata no per Matteo Salvini, con la conferma di un dato: quel ruolo alla guida delle Infrastrutture, il polo italiano più arretrato e complicato da gestire, non è proprio cosa sua. Forse neanche c’entrano dedizione e preparazione: semplicemente, non gli interessa. Elenco dei primi otto post presenti sui social del ministro ieri, mentre la rete ferroviaria andava in tilt: indignazione per il tentato sequestro di una bambina, per un genitore che ha minacciato un insegnante, per gli scontri tra extracomunitari. Vicinanza al carabiniere che ha sparato a un egiziano accoltellatore, agli agenti del caso Ramy, ai militari che hanno distolto una ragazzina dal suicidio, al pubblico di Rete4 che lo ha applaudito tantissimo. Promessa di «galera senza sconti» per chi ruba nelle case.
Treni, ferrovie, ponti, autostrade? Non pervenuti.
Nel racconto pubblico del vicepremier praticamente non esistono. E anche quando ha dovuto metterci la faccia, ha utilizzato quella modalità caporalesca che piace (piaceva?) tanto ai suoi elettori ma che mal si adatta a risolvere problemi di sistema antichi e complicati.
Ottobre 2024, vanno in tilt treni e stazioni di mezza Italia: «Ho chiesto nome, cognome, indirizzo e codice fiscale di quelli che non hanno fatto il loro lavoro. Il privato ne risponderà! » . Punirne uno per educarne cento in tutta evidenza non è servito.
L’inefficienza dei servizi di manutenzione, del pronto intervento, la lentezza nella reazione ai guai in agguato su una rete enorme con oltre 16mila chilometri di binari attivi, non si risolvono facendo la faccia feroce. È evidente che la complessità non è nelle corde del ministro. Così come non lo sono le sofisticate competenze legate a esigenze di trasporto che crescono di anno in anno.
Anche per questo forse sarebbe il caso che il governo cominciasse a esercitare forme di vigilanza sul più importante progetto messo in campo nel settore, il Ponte sullo Stretto, che già oggi – prima che si apra il cantiere – assorbe enormi risorse pubbliche e che alla fine dovrebbe costarci la cifra monstre di 13, 5 miliardi di euro.
Fu l’ideona rilanciata da Salvini subito dopo la nomina, per dare consistenza a un ruolo che altrimenti sarebbe sembrato di serie B. Il governo acconsentì a concedergli quella contropartita, un po’ per convinzione e molto per assicurarsi che il capo della Lega non facesse mattane. Ora, magari, sarebbe il caso di capire meglio cosa sta facendo, come, e soprattutto «se» sta facendo. Il silenzio degli alleati nel sabato di fuoco di Salvini ci dice che il problema è ben presente all’esecutivo, e lo imbarazza, come peraltro le inefficienze di altri ministri più furbi, più capaci di rendersi invisibili. Bisognerà prima o poi affrontare la questione: governare non è solo applicarsi a grandi questioni e accordi planetari ma anche gestire gli affari correnti, i minuti interessi di chi prende un treno e vorrebbe ragionevolmente sapere a che ora arriverà.
(da lastampa.it)
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Gennaio 12th, 2025 Riccardo Fucile
NOI CHIEDIAMO SOLO VERITA’ E GIUSTIZIA, IL SUO OME NON VENGA UTILIZZATO PER ATTI DI VIOLENZA O PER FINI POLITICI”
La famiglia di Ramy Elgaml, il ragazzo di 19 anni morto dopo un inseguimento dei carabinieri a Milano, “condanna fermamente ogni forma di violenza e vandalismo che si è verificata nelle manifestazioni delle scorse ore” e chiede che “la sua figura non venga strumentalizzata per fini che non hanno nulla a che fare con la nostra richiesta di verità e giustizia per cui abbiamo riposto massima fiducia nella magistratura e nelle forze dell’ordine”. Il riferimento è a quanto è accaduto ieri sera e ieri notte soprattutto a Roma e Bologna, proteste e vandalismi – nei giorni scorsi avvenuti anche a Torino – condannati anche dalla premier Giorgia Meloni.
Nella dichiarazione all’Agi tramite l’avvocato Barbara Indovina, i familiari del giovane, a cominciare dal padre Yehia Elgaml, prendono per l’ennesima volta le distanze da episodi di violenza legati al nome del figlio – morto durante l’inseguimento da parte dei carabinieri lo scorso novembre –, con particolare riferimento a quanto avvenuto ieri durante il corteo di ieri a Roma: “Noi, la famiglia di Ramy Elgaml, desideriamo esprimere con chiarezza e fermezza la nostra posizione riguardo agli avvenimenti che hanno seguito la tragica morte del nostro caro Ramy”.
Continua l’avvocata della famiglia, a nome degli Elgaml, commentando le manifestazioni di ieri sera nelle altre città italiane, mentre a Milano non si sono registrati problemi: “La perdita di Ramy è per noi un dolore immenso e insopportabile. Il nostro unico desiderio è che la giustizia segua il suo corso senza strumentalizzazioni. Siamo profondamente turbati nell’apprendere che il nome di Ramy venga utilizzato come pretesto per atti di violenza. Condanniamo fermamente ogni forma di violenza e vandalismo che si è verificata nelle manifestazioni delle scorse ore. Crediamo che il ricordo di Ramy debba essere un simbolo di unità, non di divisione o distruzione.Il nostro appello è rivolto a tutti coloro che scelgono di onorare la sua memoria: fatelo in modo pacifico e costruttivo, attraverso il dialogo e il rispetto reciproco”.
Inoltre, proseguono i familiari, “ci dissociamo da qualsiasi utilizzo politico del nome di nostro figlio. Ramy era un ragazzo pieno di vita, amato dalla sua famiglia e dai suoi amici, e non vogliamo che la sua figura venga strumentalizzata per fini che non hanno nulla a che fare con la nostra richiesta di verità e giustizia per cui abbiamo riposto massima fiducia nella magistratura e nelle forze dell’ordine. Chiediamo a tutti di rispettare il nostro dolore e di unirsi a noi nella ricerca di un percorso che porti a una vera giustizia, senza odio, senza violenza e senza divisioni”.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2025 Riccardo Fucile
IL PROVVEDIMENTO ANNULLA LA RICHIESTA DI CONSEGNA AGLI USA. LA LIBERAZIONE DI ABEDINI ERA LA CONDIZIONE POSTA DAL REGIME DI TEHERAN PER SCARCERARE LA GIORNALISTA DI CECILIA SALA
“Il ministro Nordio ha depositato alla Corte di Appello di Milano la richiesta di revoca
degli arresti per il cittadino iraniano Abedini Najafabadi Mohammad”, comunica una nota ufficiale del ministero della Giustizia appena diffusa.
“In forza dell’articolo 2 del trattato di estradizione tra il governo degli Stati Uniti d’America e il governo della Repubblica italiana – si legge nella nota del ministero – possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente. La prima condotta ascritta al cittadino iraniano di “associazione a delinquere per violare l’Ieepa” non trova corrispondenza nelle fattispecie previste e punite dall’ordinamento penale italiano; quanto alla seconda e terza condotta, rispettivamente di “associazione a delinquere per fornire supporto materiale ad una organizzazione terroristica con conseguente morte” e di “fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale ad una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte”, nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari” conclude la nota.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2025 Riccardo Fucile
“THE GUARDIAN”: “SECONDO I CLIMATOLOGI LE CONDIZIONI PER UNA TEMPESTA DI FUOCO A GENNAIO NON SONO MAI ESISTITE PRIMA D’ORA. I GAS SERRA CHE L’UOMO CONTINUA A EMETTERE ALIMENTANO LA CRISI CLIMATICA E RENDONO PIÙ FREQUENTI I GRANDI INCENDI IN CALIFORNIA”… DECINE DI MILIARDI DI DOLLARI DI DANNI, BIDEN AL VELENO SU TRUMP: “MOLTI DEMAGOGHI SI APPROFITTANO DEGLI INCENDI”
Le condizioni per una tempesta di fuoco a gennaio a Los Angeles non sono mai esistite prima d’ora, scrive un meteorologo e giornalista climatico
Un’eccezionale combinazione di condizioni ambientali ha creato questa settimana una tempesta di fuoco senza precedenti storici in tutta la California meridionale, scrive The Guardian
Gli ingredienti di questi inferni nell’area di Los Angeles, venti di forza prossima all’uragano e siccità, preannunciano l’emergere di un’era di eventi compositi, ossia di condizioni meteorologiche storiche simultanee, che si verificano in periodi dell’anno insoliti e che danno luogo a situazioni che superano la nostra capacità di risposta.
Mercoledì, Joe Biden ha promesso l’assistenza del Dipartimento della Difesa per rafforzare le capacità di lotta agli incendi a livello statale e locale, un passo raro che ha messo in evidenza quanto gli incendi in rapida evoluzione abbiano messo a dura prova gli sforzi di risposta.
A partire da mercoledì sera, gli incendi di Palisades e Eaton hanno bruciato più di 10.000 acri ciascuno e non sono ancora stati domati. Circa un’abitazione e un’attività commerciale su tre nella vasta megalopoli della California meridionale sono rimaste deliberatamente senza corrente elettrica, in uno sforzo coordinato dalle principali società di servizi della regione per contenere il rischio di nuovi incendi dovuti a linee elettriche abbattute.
L’incendio di Palisades è ora il più distruttivo nella storia di Los Angeles, con centinaia di case e altre strutture distrutte e danni così estesi da esaurire le riserve idriche comunali. A Pacific Palisades, i ricchi proprietari di case sono fuggiti a piedi dopo aver abbandonato le loro auto nei quartieri bloccati.
Le prime stime dell’impatto economico combinato degli incendi selvaggi si aggirano sulle decine di miliardi di dollari e potrebbero collocare gli incendi come i più dannosi nella storia degli Stati Uniti, superando l’incendio di Camp del 2018 a Paradise, in California.
I prossimi giorni saranno una prova straziante. Il perdurare di venti forti e secchi all’inizio della prossima settimana manterrà il potenziale per la formazione di altri incendi di simile entità. Nel peggiore dei casi, gli incendi non domati di Palisades e Eaton continueranno a diffondersi ulteriormente nella zona urbana di Los Angeles, mentre nuovi incendi cresceranno simultaneamente e rapidamente fuori controllo, superando altri quartieri e limitando le vie di evacuazione più rapidamente di quanto i vigili del fuoco possano reagire. In condizioni come queste, contenere un incendio provocato dal vento è quasi impossibile.
Questi incendi rappresentano un momento di svolta, non solo per i residenti di Los Angeles, ma sono emblematici di una nuova era di disastri climatici complessi e composti. Le condizioni per una tempesta di fuoco a gennaio a Los Angeles non sono mai esistite in tutta la storia conosciuta, fino ad ora.
La risposta breve è che i gas serra che l’uomo continua a emettere alimentano la crisi climatica e rendono più frequenti i grandi incendi in California.
Con il riscaldamento dell’atmosfera, l’aria più calda fa evaporare l’acqua e può intensificare più rapidamente la siccità. Lo scioglimento dei ghiacci artici modifica il comportamento della corrente a getto, rendendo più probabili gli incendi di grandi dimensioni provocati dal vento in California. Studi recenti hanno rilevato che gli eventi di vento Santa Ana potrebbero diventare meno frequenti ma forse più intensi nei mesi invernali a causa della crisi climatica.
Con l’aggravarsi della crisi climatica, l’interdipendenza dei sistemi atmosferici, oceanici ed ecologici che limitano la civiltà umana porterà a cambiamenti composti e di regime difficili da prevedere in anticipo. Questa idea ha costituito un tema guida della valutazione nazionale del clima 2023 dell’amministrazione Biden.
Nei 16 mesi trascorsi dalla prima tempesta tropicale che ha colpito la città, la California meridionale ha vissuto l’estate più calda della storia e ha ricevuto solo il 2% delle precipitazioni normali per iniziare la stagione delle piogge di quest’anno – il periodo più secco mai registrato. Le erbe del diluvio della tempesta tropicale del 2023 sono ancora in giro, e contribuiscono ad alimentare gli incendi.
Di per sé, questa sarebbe una ricetta per il disastro. Ma a ciò si aggiunge la storica tempesta di vento Santa Ana di questa settimana, che da sola ha battuto i record di velocità del vento in tutta la regione per qualsiasi periodo dell’anno, con raffiche fino a 100 miglia orarie all’inizio di mercoledì.
Le stagioni degli uragani 2020 e 2021 hanno visto un totale di sette grandi uragani colpire la Louisiana e la più ampia costa centrale del Golfo, a volte a distanza di poche settimane l’uno dall’altro. Uno sciame di uragani simile si è verificato l’anno scorso in Florida. Nel 2023, gli incendi selvaggi hanno bruciato un’area del Canada più che doppia rispetto al record precedente, inviando pennacchi di fumo in tutto il continente e sollevando problemi di salute pubblica per decine di milioni di persone sottovento.
(da agenzie)
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