Destra di Popolo.net

A GAZA ALTRI 200 MORTI IN POCHE ORE: SI MUORE CERCANDO UN PACCO DI FARINA”

Giugno 24th, 2025 Riccardo Fucile

I MASSACRI DEI TERRORISTI DI ISRAELE CONTINUANO: AD OGGI 60.000 MORTI, 115.000 FERITI, 2 MILIONI DI SFOLLATI

“Non dimenticatevi di noi” è l’appello incessante che arriva al mondo da Gaza. Mentre tutti i riflettori sono puntati sul resto della regione e sul rischio spaventoso e sempre più concreto di un allargamento del conflitto su scala globale, nella Striscia di Gaza non si ferma la carneficina israeliana che da ottobre 2023 – secondo l’ultimo report di OCHA (aggiornato a inizio aprile 2025) – ha causato circa 60 mila i morti, oltre 115 mila i feriti; più di 2 milioni gli sfollati.
A questi numeri vanno sommate le vittime degli ultimi tre mesi, molte delle quali causate da quella che i gazawi chiamano la “trappola degli aiuti umanitari”: 430 palestinesi sono stati uccisi e più di 3.466 sono rimasti feriti dagli spari dell’esercito israeliano durante la distribuzione di farina nei centri di distribuzione degli aiuti statunitensi gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation dal 26 maggio, giorno in cui ha iniziato a operare nella Striscia di Gaza.
“I punti di distribuzione degli aiuti non sono altro che trappole mortali attentamente pianificate, utilizzate per gestire la fame e l’umiliazione nell’ambito di una sistematica politica di genocidio contro il nostro popolo nella Striscia di Gaza”, ha dichiarato a Fanpage.it il dottor Mahmoud Al-Hajj Ahmed che lavora come medico in una clinica nel nord della Striscia e in diversi ospedali in base alla necessità. “Questo crimine continuo, perpetrato con la copertura internazionale e un vergognoso silenzio, costituisce una flagrante violazione di tutte le leggi e le norme umanitarie – continua il medico – è necessario che la comunità internazionale e le Nazioni Unite si assumano le proprie responsabilità morali e legali intervenendo immediatamente per fermare questi massacri e fornendo un meccanismo umanitario sicuro per la distribuzione degli aiuti, soggetto alla supervisione delle Nazioni Unite e libero dalla morsa e dal controllo dell’occupazione israeliana”.
Intanto, solo nelle ultime 72 ore, sono state uccise dalle bombe e dai proiettili israeliani circa 250 persone. Gli unici a denunciarlo in diretta dai loro profili social sono – ancora una volta – i familiari e gli amici delle vittime.
“In generale, i bombardamenti sulla Striscia di Gaza non si sono fermati con l’inizio della guerra tra Iran e Israele, ma anzi sono stati ancora più feroci di prima. Ci sono numerose fasce di fuoco in tutte le zone residenziali in cui le bombe stanno distruggendo ciò che resta delle case, siano esse vuote o che contengano innocenti. Tutto questo viene fatto in modo studiato e sistematico per uccidere il maggior numero possibile di persone”, conclude il dottor Al-Hajj Ahmed a Fanpage.it, “negli ospedali vi è una grave carenza di cure, dispositivi di medici, attrezzature e posti letto per i pazienti. Oltre l’80% degli ospedali e delle cliniche è fuori servizio. Vi è anche una carenza di medici, dal momento che tanti colleghi sono stati uccisi o arrestati dall’esercito israeliano. Ma la cosa che al momento ci preoccupa di più è il gran numero di civili di tutte le età uccisi dall’occupazione israeliana nelle trappole mortali di distribuzione degli aiuti. Ogni giorno in ospedale arrivano decine di corpi feriti mentre cercavano aiuto, mentre cercavano disperatamente un pacco di farina”.

(Da Fanpage)

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I PRINCIPALI FUNZIONARI DELL’AMMINISTRAZIONE DELLA CASA BIANCA SONO STATI COLTI DI SORPRESA DALL’ANNUNCIO DEL CESSATE IL FUOCO TRA ISRAELE E IRAN: IL PRESIDENTE QUALCHE ORA PRIMA AVEVA AUSPICATO UN CAMBIO DI REGIME IN IRAN E MINACCIATO NUOVI BOMBARDAMENTI

Giugno 24th, 2025 Riccardo Fucile

PER ARRIVARE ALLA TREGUA È STATO DETERMINANTE IL RUOLO DELL’EMIRO DEL QATAR, AL THANI, CHE SI È PROPOSTO COME MEDIATORE E HA CONVINTO LA REPUBBLICA ISLAMICA. NON È CHIARO QUALI CONDIZIONI ABBIA ACCETTATO L’IRAN. FORSE NESSUNA

L’annuncio di Donald Trump di un cessate il fuoco tra Israele e Iran, che ha colto di sorpresa persino qualcuno fra i principali funzionari della sua Amministrazione, è arrivato dopo colloqui del presidente americano con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e con funzionari iraniani, con il contributo del Qatar come mediatore.
Lo scrive il New York Times, che cita un funzionario della Casa Bianca coperto da anonimato secondo il quale c’è stato un ruolo dell’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani.
Stando alla fonte, ad aiutare Trump nel pressing per una tregua
sono intervenuti il vice presidente JD Vance, il segretario di Stato Marco Rubio e l’inviato del tycoon, Steve Witkoff.
I tre hanno lavorato tramite canali “diretti e indiretti” per ‘arrivare’ agli iraniani, ha riferito la fonte, secondo la quale gli israeliani hanno accettato il cessate il fuoco a patto che si fermino gli attacchi iraniani e i raid Usa contro tre siti del controverso programma nucleare della Repubblica Islamica hanno creato le condizioni per parlare di una tregua. Ma la fonte non ha chiarito quali condizioni avrebbe accettato l’Iran.
Missili e diplomazia si sono intrecciati sulle stesse traiettorie ieri sera trasformando una rappresaglia nell’occasione per tentare di fermare la guerra scatenata da Israele contro l’Iran, prima che rischi di trascinare tutto il Medio Oriente in un conflitto senza confini.
I contorni della trattativa che ha portato all’annuncio statunitense di una tregua sono ancora confusi, ma un ruolo chiave lo ha avuto il Qatar: proprio il Paese preso di mira ieri dopo il tramonto da una raffica di missili dei pasdaran, lanciati contro la base americana di Al Udeid che si trova nel deserto a pochi chilometri dalla capitale.
Una ritorsione simbolica, perché le squadriglie Usa hanno abbandonato l’aeroporto qatarino alcuni giorni fa
E oltretutto comunicata in anticipo alle autorità di Doha, che hanno potuto allertare le loro batterie contraeree di Patriot e quelle americane in modo da intercettare tutti i 14 incursori: non ci sono stati danni alle persone o alle cose.
Le immagini dei missili hanno però permesso alla propaganda di Teheran uno show di forza, a cui è seguita la dichiarazione “Non ci sottometteranno” della Guida suprema Ali Khamenei e poco dopo il proclama dei Guardiani della Rivoluzione: “Le aggressioni alla nostra sovranità non resteranno impunite”.
L’intensificarsi dei contatti tra Teheran e Doha a cavallo
dell’attacco hanno dato modo al premier e ministro degli Esteri qatarino Mohammed bin Al Thani di sfruttare le antiche relazioni con gli ayatollah e trasmettere un loro messaggio alla Casa Bianca: la Repubblica islamica considerava chiusa la partita e non avrebbe ordinato altre ritorsioni.
Donald Trump ha colto la palla al balzo, confermando che pure gli Usa non avrebbero condotto altre operazioni offensive. E ha rilanciato mettendo sul tavolo la disponibilità a una tregua nei combattimenti per riaprire negoziati sul programma nucleare, casus belli della guerra scatenata da Israele dodici giorni fa.
Contemporaneamente il presidente americano si è rivolto a Netanyahu illustrandogli il nuovo scenario: “Voglio un deal e non voglio altra guerra”, gli avrebbe detto secondo l’agenzia Axios. Poco dopo la mezzanotte italiana, una volta ottenuta dai qatarini l’adesione degli ayatollah, Trump ha annunciato il cessate il fuoco e lo ha presentato come concordato con Israele: “Secondo me si tratta di un giorno meraviglioso per il mondo, sono convinto che la tregua durerà per sempre”.
Il problema è che l’annuncio della Casa Bianca è arrivato mentre i caccia israeliani stavano pesantemente bombardando il centro di Teheran. E poco dopo c’è stato un raid nella città irachena di al-Taji, a nord di Baghdad
Sono le ultime raffiche prima dell’inizio della tregua fissato, secondo alcune fonti, per l’ora dell’alba in Iran? Oppure il governo Netanyahu vuole continuare negli attacchi? Dopo l’intervento statunitense per bersagliare i laboratori nucleari di Fordow, Natanz e Isfahan, è difficile che possa opporsi alla linea di Trump: senza le superbombe Mop sganciate dagli americani, l’impianto chiave per l’arricchimento dell’uranio costruito sotto una montagna di roccia non sarebbe mai stato colpito.
E la Casa Bianca è convinta che “Il Martello di Mezzanotte” abbia inflitto danni gravissimi ai piani degli ayatollah per
arrivare all’atomica.
Israele, dal suo canto, sa di non potere proseguire a lungo nei raid, per il logoramento subito dagli aerei impegnati ogni giorno in voli di tremila chilometri.
Ma le scelte di Netanyahu sono imprevedibili, tenendo fede al dettato di Moshe Dayan: “Israele deve combattere come un cane pazzo”.
Dopo lo shock per i massacri jihadisti del 7 ottobre 2023, ha sempre agito secondo logiche di aggressione, assalendo gli avversari senza curarsi degli alleati: nella visione del premier si tratta di attacchi preventivi, che oltre all’offensiva che ha raso al suolo Gaza, hanno portato gli israeliani a combattere in Libano, Siria, Yemen e Iran. Tutti fronti aperti, dove non si prospettano soluzioni diplomatiche.

(da la Repubblica)

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IL CRITICO TV ALDO GRASSO: “AL BANO “MESSAGGERO DI PACE” PER UN RICCO CACHET”

Giugno 24th, 2025 Riccardo Fucile

“MENO IPOCRISIA, SI FA TUTTO PER I SOLDI”

Il critico tv del Corriere della Sera Aldo Grasso commenta l’ultima performance di Al Bano. Il cantante pugliese in collegamento con La volta buona (Rai 1) da San Pietroburgo ha detto che lui è un «messaggero di pace». Dice, ripetutamente, che chi lo critica non capisce nulla: «Quelli che criticano non sanno nulla, non capiscono niente perché sono lontani dalla realtà». Poi, con il Tg1, ha continuato: «Accendi la tv e dicono che qui ci sono bombe e cannoni ovunque. Tu li vedi?», domanda alla giornalista, che però lo corregge: «Ma la guerra non è qui…», riferendosi al fatto che gli scontri avvengono in Ucraina.
Al Bano e l’Ucraina
Secondo Grasso avesse detto di aver cantato a San Pietroburgo per il ricco cachet sarebbe stato meglio: «Non è buona educazione fare i conti in tasca agli altri. Ma questa storia del «messaggero di pace» si porta dietro una buona dose di insincerità: temo che Al Bano inganni più sé stesso che i suoi interlocutori». Grasso dice che il pacifismo dei cantanti è spesso retorica ideologia. Impastato di ipocrisia: «Per questi cantori va bene qualunque pace, ovviamente anche se è ingiusta, basta che la si faccia finita, non se ne parli più e si torni a cantare Felicità».

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LA LEZIONE DI ROMINA POWER AD AL BANO. LUI CANTA “FELICITA’” A SAN PIETROBURGO, LEI RIVELA: “ECCO PERCHE’ NON HO VOLUTO CANTARE IN RUSSIA”

Giugno 24th, 2025 Riccardo Fucile

LA SPIEGAZIONE IN UNA STORIA SU INSTAGRAM

Sono bastate poche ore a Romina Power per dire chiaro e tondo come la pensa sull’invasione della Russia in Ucraina. E soprattutto del motivo per cui non ha affiancato Al Bano nell’esibizione a San Pietroburgo, che tante polemiche ha sollevato. In una storia su Instagram, l’artista ha preso le distanze dall’ex marito, criticando duramente la sua decisione di partecipare a un concerto in Russia proprio ora: «Mi dissocio
dalla canzone “Felicità” cantata in Russia – ha scritto – Non ho accettato di prendere parte a quel concerto e non mi sembra né il luogo né il momento di cantare “Felicità”!».
La storia pubblicata sul profilo Instagram di Romina Power
Il concerto di Al Bano a San Pietroburgo tra le polemiche
Dopo la decisione del cantante pugliese, criticata da molti, di cantare venerdì 20 giugno sul palco della piazza del Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo non ha tardato il commento dell’ex moglie. Al Bano ha deciso di portare la propria musica, amatissima dal popolo russo, al concerto “Al ritmo dell’estate”, una manifestazione a cui hanno preso parte migliaia di persone. Sul palco, accanto a lui, il cantante avrebbe portato anche Iva Zanicchi, che aveva accettato giustificandosi con il grande affetto nutrito nei confronti dell’amico di lunga data. Dopo l’esibizione, durante la quale Al Bano ha cantato uno dei suoi brani più iconici di sempre, «Felicità», sul profilo Instagram della ex moglie Romina Power è comparsa una storia. «Non ho accettato di prendere parte a quel concerto e non mi sembra né il luogo né il momento di cantare Felicità!», ha scritto. Il messaggio, oltre alla severa critica rivolta all’ex compagno, fa sottintendere anche che lui l’avesse contattata chiedendole di partecipare.
Nel video dell’esibizione di Al Bano in piazza a San Pietroburgo venerdì scorso, si vede il pubblico russo cantare insieme a lui l’iconico brano «Felicità», segno del fatto che l’artista fa parte della rosa di cantanti italiani (altri, per esempio, sono Adriano Celentano e Mina) che il popolo dell’est conosce bene e che ammira da tempo. Dal canto suo, Al Bano ha sempre cavalcato l’onda del successo estero. E anche questa volta non ha resistito. Interpellato poi dal Tg1 a margine del concerto, ha criticato duramente i media italiani per il racconto a suo dire falso della situazione russa. «Tu accendi il televisore in Italia e sembra che qua bombe, cannoni da tutte le parti. A te risulta?», ha detto rivolgendosi all’inviata Caterina Doglio. La risposta della giornalista è arrivata subito: «No, ma non è qui la guerra». A seguito di questo repentino cambio di posizione, in molti si chiedono se ad addolcire le posizioni di Al Bano su Putin non sia stato proprio il cachet propostogli per partecipare alla manifestazione.

(da agenzie)

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SPYCAM, LE TELECAMERE CHE SPIANO LE CASE PRIVATE E MANDANO LE IMMAGINI SU INTERNET

Giugno 24th, 2025 Riccardo Fucile

CINQUE CONDANNE A MILANO NEI CONFRONTI DI ESPERTI INFORMATICI DI GRANDE AZIENDE: RUBAVANO LE IMMAGINI

Cinque esperti informatici di grandi aziende, tra cui alcuni installatori di telecamere di domotica, hanno ricevuto pene dai 2 anni e mezzo ai 3 anni e mezzo in rito abbreviato. Il pubblico ministero di Milano Giovanni Tarzia li accusava di «associazione per delinquere» e «detenzione/diffusione abusiva di codici atti all’accesso a sistemi informatici (615 quater)».
A condannarli il giudice Cristian Mariani. Avevano organizzato
na delle tante piattaforme che videointercettano la vita privata delle persone. Hackerando le telecamere di sorveglianza installate nelle case private o in esercizi commerciali. E «deviandone» le immagini su server esterni. Rivendendo poi in chat in tutto il mondo le credenziali (nome utente e password) di accesso ai momenti più intimi di ignare vittime.
Il servizio
Il servizio si poteva utilizzare acquistando un abbonamento. Ed era pubblicizzato con annunci del tipo: «Benvenuto nel primo canale in Europa dedicato alle spycam. Un maxi archivio dedicato al mondo delle telecamere dove puoi trovare materiale unico: appartamenti, bagni, garage, spogliatoi di palestre e piscine, nightclub, camere di alberghi…». Il Corriere della Sera racconta che le parti lese, spesso non identificabili in quanto ignare di aver subito una violazione della privacy, hanno creato problemi all’accusa. Per esempio per il reato di «accesso abusivo a sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza» (615 ter). Che non è procedibile senza la querela della persona offfesa.
Il fenomeno
Ci sono circa 70 mila telecamere esposte su Internet solo in Italia. I programmi informatici catturano le credenziali di accesso, spesso sfruttando le falle sulle password o il fatto che vengano lasciate di default uguali a quelle delle case madri. Una volta preso il controllo delle immagini, queste vengono catalogate per tipo, luogo e appetibilità della scena. Poi vengono messe in vetrina per la vendita, tipicamente sul social russo Vkontakte che aveva una chat appositamente creata. I prezzi sono popolari: 50 password a 10 euro.

(da agenzie)

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IN ITALIA CHIUSO IL 15% DEI PRONTO SOCCORSO

Giugno 24th, 2025 Riccardo Fucile

IN 12 ANNI SONO DIMINUITI DI 115 UNITA’

Chiudono i Pronto soccorso in Italia. Nell’arco di 12 anni sono diminuiti di 115 unità, passando da 808 del 2011 a 693 del 2023. Contemporaneamente però diminuiscono anche gli accessi in pronto soccorso, con un tasso per mille abitanti che è passato da 363 a 311. E aumentano i medici specializzati.
È quanto emerge dallo studio dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari (Altems) dell’Università Cattolica di Roma. Secondo l’analisi di Altems basata su dati della Ragioneria Generale di Stato e dell’Annuario Statistico del Servizio sanitario nazionale, le chiusure di pronto soccorso hanno riguardato di più alcune regioni: in Lombardia sono passati da 84 a 76 in 12 anni, nel Lazio da 70 a 66, sono invece stabili in Campania a 68. Bisogna, però, dire che nel frattempo il numero di medici di Emergenza Urgenza è passato da 3.033 nel 2011 a 4.748 nel 2023.
Rispetto al totale dei medici della sanità pubblica, la loro percentuale varia tra lo 1% dell’Umbria al 7% di Abruzzo, Calabria e Toscana. Calano, nell’arco degli stessi 12 anni, gli accessi in pronto soccorso: il tasso per mille abitanti è passato da 363 nel 2011 a 311 nel 2023; mentre il numero di accessi (per 1.000 abitanti) al pronto soccorso per ogni specialista è passato da una media 18 del 2011 a 7 nel 2023 anche se alcune regioni stanno peggio (Molise, Basilicata, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige).
“Il sistema dell’Emergenza Urgenza è sotto pressione. L’esperienza quotidiana – afferma Alessandro Riccardi, presidente della Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza (Simeu) – ci dice che c’è bisogno di soluzioni urgenti e strutturate, non solo di dati incoraggianti su carta. Perché, se è vero che esistono strutture con un elevato numero di specialisti, ce ne sono altre, magari vicino, in cui ce n’è un numero assolutamente insufficiente. I casi di abbandono del lavoro da parte degli specialisti sono sintomo del fatto che mancano condizioni lavorative adeguate”.
“Il problema – spiega Amerigo Cichetti, ordinario di Organizzazione Aziendale all’Università Cattolica – va cercato nell’organizzazione di ciò che viene prima e dopo il pronto soccorso. Manca un filtro sul territorio, ovvero arrivano in pronto soccorso pazienti che andrebbero curati altrove, e ci sono spesso pochi posti disponibili per i ricoveri in reparto”.

(da ilfattoquotidiano.it)

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VENEZIA VAL BENE UNA MANCIA

Giugno 24th, 2025 Riccardo Fucile

LA CONCEZIONE TEOCRATICA DEL QUATTRINO: TUTTO IL MONDO E’ IN VENDITA

Le proteste veneziane contro le nozze imperiali di Jeff Bezos, che per festeggiare con gli amici ha noleggiato mezza città, saranno magari velleitarie, o ingenue, o troppo “no tutto” e quello che volete. Ma appena si sentono parlare i “sì Bezos”, per primo il presidente Zaia, le ragioni dei “no Bezos” riacquistano subito quota e spessore a fronte della modestia di quanto si sente ripetere a macchinetta da quanti aspettano il riccone “a braccia aperte”.
Le opinioni dei sì Bezos sono una sola: questo signore porta un sacco di soldi, e sui soldi non si sputa. Chi usa questo argomento è convinto che sia definitivo, una specie di arma finale che ammazza sul nascere la discussione. Se uno ha abbastanza soldi per comperarsi il mondo, perché non deve poterlo fare?
L’argomento, in realtà, è così angusto, così piccino da suscitare automaticamente una serie quasi infinita di repliche. Davvero il mondo è tutto in vendita? Venezia è ancora una città, compresi i cittadini, o un fondale cinematografico a disposizione di chi paga di più?
Esiste ancora un interesse pubblico, e se esiste che senso ha misurarlo solo come somma degli interessi privati? I soldi sono tutti uguali, tutti da onorare e applaudire, da quelli guadagnati lavorando a quelli che si moltiplicano da soli?
Come siamo arrivati a questa concezione teocratica del quattrino, indiscutibile come era Dio nel Medioevo?
E lo spirito critico è in vendita anche lui, oppure è ancora lecito appendere il cartello “not for sale” senza passare per i soliti rompicoglioni?
Infine: un calcolo attendibile della ricaduta positiva del passaggio di Bezos a Venezia qualcuno ha provato a farlo, o si dà per scontato che bastano gli spiccioli che cadono dalle tasche degli sposi e degli ospiti per fare felice il popolo in cerca di mance?

(da La Repubblica)

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TRUMP HA UN GROSSO PROBLEMA: NESSUNO SA DOVE SIANO FINITI I 408 CHILI DI URANIO ARRICCHITO DALL’IRAN AL 60%. GLI STATI UNITI E ISRAELE NON HANNO LA CAPACITÀ PER RIUSCIRE A INDIVIDUARLO A BREVE

Giugno 24th, 2025 Riccardo Fucile

RICHARD NEPHEW, FUNZIONARIO AMERICANO CHE HA LAVORATO SULL’IRAN CON LE AMMINISTRAZIONI OBAMA E BIDEN, SOSTIENE CHE “DOPO L’INTERVENTO MILITARE AMERICANO, SAREBBE FOLLE DIRE CHE IL PROGRAMMA È STATO RITARDATO PIÙ DI QUALCHE MESE”

Nessuno sa dove siano finiti i 408 chili di uranio arricchito dall’Iran al 60 per cento. Gli Stati Uniti e Israele non hanno la capacità per riuscire a individuarlo a breve. L’intervento militare americano, con 14 bombe GBU-57 fatte cadere da B-2 su Fordow e Natanz, e gli oltre venti missili da crociera Tomahawk lanciati da un sottomarino di classe Ohio contro Isfahan, ha al più ritardato di qualche mese il programma atomico di Teheran.
E’ davvero un magro bilancio quello che fa, intervistato dal Financial Times, Richard Nephew, funzionario Usa che aveva lavorato sull’Iran con le amministrazioni Obama e Biden.
Dove si trovi l’uranio arricchito al 60 per cento dell’Iran, che veniva conservato in polvere in grandi cilindri a Fordow, Natanz e Isfahan, e che potrebbe essere arricchito weapon grade, al 90 per cento, in pochi giorni se Teheran decidesse di farlo, è la questione ora urgente, per gli analisti americani e israeliani, per capire se il programma nucleare di Teheran è stato polverizzato o solo ritardato, e nel caso di quanto, magari con impianti ora distribuiti in siti più piccoli e ancora segreti dove magari erano state sistemate in precedenza centrifughe.
“Tutto si riduce al materiale e a dove si trova”, afferma Nephew. “Sulla base di quello che abbiamo potuto capire fino a ora, non lo sappiamo. Non abbiamo alcun elemento reale per sostenere che abbiamo le capacità per poterlo trovare presto. Sarebbe folle dire che il programma è stato ritardato più di qualche mese”, commenta.
Il consigliere di alto grado di Ali Khamenei, Ali Shamkhani, ha affermato che le capacità nucleari sono rimaste intatte. “Anche se i siti nucleari sono stati distrutti, i giochi non sono fatti. I materiali arricchiti, le conoscente che abbiamo sviluppato e la volontà politica rimangono intatti”.
A fronte di questi commenti tuttavia un altro analista di Iran considerano che sarebbe stato “molto ingenuo da parte del regime averlo mantenuto in questi siti. L’uranio ora è indenne”.
“Hanno abbastanza uranio arricchito da qualche parte e hanno portato alcune centrifughe avanzate da qualche altra parte per poter ottenere prima o poi una testata nucleare. Il programma non è stato completamente distrutto, checché ne dica Trump”, spiega l’ex analista di Iran del Mossad Sima Shine.
(da agenzie)

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BENVENUTI NELL’ERA DELLA STANCHEZZA: SARANNO LE GUERRE, SARANNO I DATORI DI LAVORO CHE PRETENDONO LA REPERIBILITÀ H24 MA LE PERSONE SONO SEMPRE PIÙ STANCHE

Giugno 24th, 2025 Riccardo Fucile

IL SONDAGGIO CHOC NEGLI STATI UNITI: UN AMERICANO SU TRE SI SVEGLIA GIÀ ESAUSTO, E A MEZZOGIORNO È COMPLETAMENTE SENZA ENERGIE – TRA LE CAUSE PRINCIPALI CI SONO LA CARENZA DI SONNO (42%), MA ANCHE LE FACCENDE DOMESTICHE (28%)

Un americano su tre si sveglia già esausto e la sua produttività lavorativa potrebbe pagarne il prezzo. Alle 11:54 la persona media è già completamente senza energie
Un nuovo sondaggio di Talker Research condotto su 2.000 americani rivela cosa ci ruba l’energia durante la giornata e i risultati mostrano che non è solo il lavoro a lasciarci esausti. Le interazioni sociali, le faccende domestiche e persino il tempo sono i principali responsabili della nostra crisi energetica quotidiana.
La ricerca, commissionata da Zipfizz, ha rilevato che un […] terzo degli americani incolpa il proprio lavoro di averli lasciati svuotati. Ma la stanchezza sul posto di lavoro racconta solo una parte della storia.
I più grandi vampiri di energia
Essere interrotti o vedersi “parlare sopra” sono in cima alla lista delle perdite di energia sociale, secondo il 15% degli intervistati. Le chiacchiere imbarazzanti seguono con l’11%, mentre le interazioni con il servizio clienti (9%) e le conversazioni con gli sconosciuti (9%) completano la classifica delle situazioni sociali più dispendiose dal punto di vista energetico.
Tra le altre situazioni che scaricano la batteria ci sono i consigli non richiesti (8%), i pettegolezzi in ufficio (6%) e le videochiamate di gruppo (4%). Anche le interazioni apparentemente minori sul posto di lavoro prosciugano le persone: i colleghi che vi mostrano qualcosa sul loro telefono (3%) o le conversazioni troppo personali con i colleghi (4%).
Per quanto riguarda l’energia fisica, la mancanza di sonno di qualità domina con il 42% delle risposte. Il ciclo infinito di lavori domestici e faccende si colloca al secondo posto con il 28%, seguito dalle preoccupazioni finanziarie (26%), dal maltempo (20%) e dalle interazioni sociali noiose (19%).
Come le persone reagiscono
Quando il crollo energetico di metà giornata colpisce, gli americani ricorrono a rimedi familiari. Un quarto (25%) ricorre alla caffeina, mentre il 15% alza il volume della musica e il 14% cerca di fare un pisolino. Il 13% ricorre all’esercizio fisico o al movimento mentale per aumentare l’energia e l’8% esce all’aria aperta.
Nonostante la convinzione diffusa che mantenersi idratati sia importante per i livelli di energia – il 56% delle persone pensa che sia importante – l’americano medio beve solo 5,3 bicchieri d’acqua al giorno. Si tratta di una quantità ben inferiore agli otto-nove bicchieri raccomandati.
I fine settimana non risolvono il problema
Anche quando arriva il fine settimana, per molti americani non arriva il sollievo. Quasi la metà (48%) si sente ancora distrutta nei giorni di riposo.
Più di un quarto (28%) ritiene che piccoli cambiamenti di abitudini, come bere più acqua, potrebbero avere un impatto significativo sul livello di energia che si prova durante la settimana.
Alla domanda su cosa farebbero con un’ora in più di energia quotidiana, gli americani hanno rivelato cosa manca loro di più: semplicemente rilassarsi (15%), essere fisicamente attivi (14%) e dormire di più (13%).
“Questo sondaggio mostra quanto velocemente le nostre energie possano essere messe a dura prova, anche prima dell’ora di pranzo”,
ha dichiarato Marcela Kanalos, portavoce di Zipfizz. “Dalle faccende domestiche al tempo, sono le piccole e costanti perdite che si sommano. Sapere come riprendersi da questo calo può fare la differenza”.
La soluzione, secondo Kanalos, non è solo quella di insistere. “Quando le persone sono a corto di energia prima di mezzogiorno e il fine settimana non offre il recupero sperato, è segno che le soluzioni rapide non sono sufficienti”, ha aggiunto
“La vera energia deriva da scelte piccole e costanti, come dormire meglio, idratarsi e avere tempi di inattività significativi, che si sommano nel tempo. Non dobbiamo limitarci ad affrontare la giornata, ma dobbiamo imparare a ricaricarci in modi che durino davvero”.
(da /studyfinds.org)

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