LO CHEF SASSONE DENUNCIA: “EXPO E’ UN MAGNA MAGNA DI RACCOMANDATI”
“SU TRE APPALTI PER LA RISTORAZIONE UNO E’ STATO DATO A FARINETTI SENZA GARA, DUE HANNO PALESI IRREGOLARITA'”…”FARINETTI NON FA NULLA IN PROPRIO, SUBAPPALTA E SI PRENDE IL 30%”
Tre appalti mancati: i più importanti nella ristorazione di Expo.
Chiaro che un po’ “rosichi”, come si dice a Roma. Ma che li abbia persi per scarsa competitività dell’offerta, è ancora da dimostrare.
Piero Sassone è il fondatore dell’Italian culinary institute for foreigners (Icif), collabora con 126 cuochi stellati, ha il quartier generale nel castello di Costigliole d’Asti, tra Langhe e Monferrato, un ristorante a Saluzzo, sedi in Cina e Brasile e uffici in altri 24 paesi.
Ha fornito pranzi e cene dei padiglioni italiani alle Expo di Aichi 2005, Saragozza 2008, Shanghai 2010 e Yeosu 2012.
Ma di lavorare per la ristorazione made in Italy nell’Expo di Milano non c’è stato verso.
Dei tre super appalti, uno è stato dato direttamente all’Eataly di Oscar Farinetti; per gli altri due, uno per 20 tra ristoranti, chioschi e bar sparsi nel sito, e l’altro per il ristorante “Top” del Padiglione Italia (di cui era responsabile, fino all’arresto dell’ottobre scorso, il sub commissario Expo Antonio Acerbo) le gare ci sono state ma, secondo Sassone, di dubbia regolarità .
“Più che nutrire il pianeta qui c’è stata una grande abbuffata per gli amici e i raccomandati” dice Sassone.
Le anomalie secondo lo chef si sono sprecate.
L’appalto a Farinetti, sarebbe solo la punta dell’iceberg: “Era ora che intervenisse l’Autorità anticorruzione”, dice, “non solo si è invocata l’unicità del fornitore per giustificare la trattativa privata in assenza di un’indagine di mercato preventiva e non solo l’accordo presenta diverse altre irregolarità , bisogna anche considerare che Farinetti non farà nulla in proprio, subappalta la ristorazione ad altri 120 chef, insomma si occupa del coordinamento, e per far questo porta a casa il 30% del fatturato”.
Per la ristorazione diffusa nel sito, invece, dopo che le prime due gare sono andate deserte Expo ha avviato una procedura negoziale, trattativa privata a inviti, ma la Icif di Sassone, che ha i titoli e comunica la volontà di partecipare, non viene invitata.
L’appalto viene dato a una coop di Reggio Emilia, la Cir Food.
“Abbiamo chiesto l’accesso agli atti, per capire com’è andata, ma ci sono stati negati. Quale segreto c’è? Per ottenerli abbiamo fatto ricorso al Tar della Lombardia. Siamo in attesa”.
Un ricorso al Tar, oltre che una segnalazione all’Autorità di Cantone, la Icf l’ha inoltrato anche per la gara del Padiglione Italia, vinta da Peck: “Siamo arrivati secondi, ma penso che non sia stata regolare. A procedura aperta un manager della San Pellegrino ci ha chiamati per parlare dell’eventuale fornitura di acqua, dicendo che eravamo rimasti in due in gara: come faceva a saperlo? Inoltre le tre sedute della commissione giudicante non sono state pubbliche, com’era invece previsto, è stato redatto un solo verbale su tre e il file con l’offerta economica di Peck risulta modificato dopo la presentazione delle offerte e dopo l’apertura delle buste”.
Come finirà ?
“Non lo so, ma a questo punto sono quasi sollevato di non aver vinto, vado in cantiere tutti i giorni per i lavori che abbiamo nei padiglioni esteri, e non oso immaginare le difficoltà di Peck: la situazione nel Padiglione Italia è a dir poco allarmante, aprirà con almeno 20 giorni o un mese di ritardo, si immagina cosa vuol dire per la logistica, il magazzino, i costi del personale che corrono senza che si fatturi”.
Marco Maroni
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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