A BARI ANCHE LA DESTRA SI SPACCA: INVECE DI APPROFITTARE DEL CAOS PIOMBATO SUL PD, LA MAGGIORANZA SI DIVIDE SUL NOME DEL CANDIDATO SINDACO
SALVINI SPINGE IL SUO PUPILLO, IL CONSIGLIERE REGIONALE FABIO ROMITO, MA LA MELONI PIGLIATUTTO VUOLE PIAZZARE IL SENATORE FILIPPO MELCHIORRE. E ANCHE FORZA ITALIA, PER GRADIRE, VUOLE PRESENTARE UN SUO NOME, QUELLO DI FRANCESCO PAOLO SISTO
«A giorni», assicura con nordico decisionismo Matteo Salvini. Ad horas lui e gli alleati sceglieranno il candidato sindaco di Bari. La città da cui ieri ha lanciato la sua campagna per le Europee è finalmente contendibile per il centrodestra. Merito delle disavventure del campo largo, tra indagini per voto di scambio, rischi di commissariamento per infiltrazioni mafiose nelle municipalizzate e primarie annullate all’ultimo momento da Giuseppe Conte.
Un piatto ricco, nel quale il vicepremier sceglie di non inzuppare il pane — «non commento le inchieste per corruzione» — ma volentieri ci si ficca. Dopo aver perso la Sardegna, dove era stato estromesso il suo Christian Solinas, indagato proprio per corruzione.
Dopo aver battuto le mani per la vittoria del meloniano Marco Marsilio in Abruzzo, avallato la riconferma dei governatori uscenti di Forza Italia in Piemonte e in Basilicata e apprezzato la scelta del direttore degli Uffizi Eike Schmidt a Firenze, accontentarsi di Donatella Tesei in Umbria è troppo poco, per il leader di quello che rietiene essere il secondo partito della maggioranza.
Che riempendo il teatro Showville punta a riconquistare quel Sud da cui l’ha spodestato Fratelli d’Italia. Offrendo «una proposta nuova, giovane, vincente». Ovvero il suo pupillo, il consigliere regionale Fabio Romito, 36 anni, volto pulito e rassicurante che dice di voler «riportare a casa i moderati in questi anni sedotti da Emiliano e Decaro».
Ma perché neanche ieri lo zio Matteo lo ha ufficializzato? Dei «giorni» promessi ieri da Salvini si potrebbe dubitare. Era ancora il 2023 quando il centrodestra barese trionfale annunciava: «Siamo pronti». A Natale si sperava. E il 27 gennaio il sottosegretario alla giustizia Francesco Paolo Sisto metteva tutti in allarme: «A brevissimo scioglieremo la riserva».
Se per la Lega il candidato è Romito, per Fratelli d’Italia è il senatore Filippo Melchiorre, uno dei pochi che può dire di essere stato allevato da Pinuccio Tatarella, l’ex ministro dell’Armonia che suscita il più importante dei sentimenti per la destra, la nostalgia. Per Forza Italia è Sisto. Il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri, inquisitore di Decaro, ci conta.
Ma non si può aspettare in eterno il commissariamento. Se avverrà, quando? Gli ispettori lavorano in fretta e hanno qualcosa già in mano, riferito al Viminale. Non si possono però fare miracoli: dovrebbero scrivere la relazione, inviarla al Prefetto che deve mandarla al ministro per preparare la bozza da far approvare dal consiglio dei Ministri e infine dal presidente della Repubblica.
E tutto questo, quand’anche ce ne fossero le condizioni — per ora restano le lodi della Procura per l’impegno antimafia di Decaro — si riuscirebbe a farlo entro il 20 aprile, data entro cui il ministero dell’Interno deve pubblicare l’elenco dei Comuni al voto? E se invece le urne fossero rinviate?
Tutte queste variabili sono le giustificazioni che i conservatori baresi adducono per il loro inspiegabile ritardo. «Non si era mai visto un centrodestra senza candidati a due mesi dal voto», trasecolava dal palco di venerdì il candidato del Pd Vito Leccese
(da la Repubblica)
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