ALLA FINE IL PD SI CONSEGNA A UN SOCIALISTA
ESPERTO IN SALVATAGGI DISPERATI, ORA E’ STATO CHIAMATO AL CAPEZZALE DEL PD
Quale partito voglia Guglielmo Epifani lo sappiamo da tempo: “Una forza politica espressione dei valori e dei bisogni, con una idea moderna della solidarietà , in lotta contro il localismo, il corporativismo e il privilegio”.
Parole sante pronunciate esattamente vent’anni fa, alla convenzione del Psi riunita dal segretario Ottaviano Del Turco per rianimare il partito devastato dalla caduta di Bettino Craxi.
Un altro socialista di punta, Maurizio Sacconi, replicò che “nessun opportunismo può indurre il Psi ad attenuare la propria autonomia in favore di un rapporto debole con una sinistra allo stato dei fatti incompatibile con i nostri valori e i nostri programmi”.
La diaspora socialista è un’altra storia, ma qui possiamo senz’altro dire che Epifani ha il fisico.
Non solo ha già un’esperienza specifica in tema di salvataggi disperati; non solo è favorito dalla circostanza che stavolta il partito che gli chiedono di sollevare non ha i vertici inseguiti da mandati ci cattura; ma soprattutto, non sembri un paradosso, il Pd è l’organizzazione più piccola e meno complessa tra quelle che ha guidato nella sua vita.
Basti ricordare che ha guidato il potente sindacato dei poligrafici della Cgil per tutti gli anni ’80, epoca difficilissima di passaggio delle tipografie dal piombo al computer, una svolta epocale con la scomparsa di un mestiere, che è qualcosa di più drammatico della perdita di migliaia di posti di lavoro: una tragedia esistenziale molto simile alla morte di un partito.
A 63 anni, Epifani fa parte di quella generazione di sindacalisti che hanno percorso una carriera sempre strettamente intrecciata con la politica.
Laureato in filosofia con una tesi sull’eroina socialista Anna Kuliscioff, nel mondo socialista è cresciuto.
Craxiano quando era l’unico modo possibile di essere socialista, Epifani entra nella segreteria Confederale della Cgil nel 1990 per uscirne vent’anni dopo.
Il capo è il comunista Bruno Trentin, e la pattuglia socialista conta, oltre che su di lui, sul segretario aggiunto Ottaviano Del Turco e su Giuliano Cazzola.
Il primo, dopo il naufragio socialista, si accaserà a sinistra e diventerà presidente della Regione Abruzzo prima di finire sotto processo per tangenti.
Il secondo farà politica con il Pdl (insieme a Sacconi), per candidarsi alle ultime elezioni con la Lista Monti (trombato).
Epifani, dopo l’uscita di Del Turco, diventa il numero due di Trentin prima e di Sergio Cofferati poi, perdendo per strada il marchio socialista.
Una mano gliela dà proprio Craxi, che al processo per le tangenti Enimont, spiega come il Psi finanziasse la corrente socialista della Cgil proprio attraverso Del Turco.
E racconta che, chiamando Epifani per il passaggio delle consegne, lo trova ignaro: “Cadde dalle nuvole dando mostra di non essere al corrente di questo rapporto tra il partito e la corrente sindacale socialista, almeno nei termini che gli stavo esponendo”.
Epifani spalleggia Cofferati per tutti gli anni ’90, soprattutto durante i governi dell’Ulivo (1996-2001, Prodi, D’Alema, Amato) quando la Cgil detta le condizioni all’esecutivo con le fluviali interviste del lunedì del capo.
È al suo fianco al Circo Massimo (23 marzo 2002), nella grande manifestazione contro la modifica all’articolo 18 tentata da Berlusconi e Sacconi.
Quando Cofferati lascia per fine mandato, Epifani diventa nel 2003 il primo segretario socialista della storia centenaria della Cgil.
Una stagione contraddittoria, che si caratterizza per la rottura con Cisl e Uil, sancita dal segretario della Cgil il 14 luglio 2004, quando abbandona il tavolo di trattativa con il presidente della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo.
Senza dialogo con Cisl e Uil, e incalzato a sinistra dalla sempre più aggressiva Fiom, Epifani vede sfumare lentamente forza e potere della Cgil.
Ma rivela la qualità che da oggi potrà sfruttare alla guida del Pd: capacità organizzativa unita a un accanito spirito accentratore.
La Cgil di Epifani è stata, aldilà dell’apparenza dettata dai suoi modi cortesi, il sindacato di un uomo solo al comando.
Che ha saputo abilmente tirare su e imporre come delfino l’altra socialista di razza Susanna Camusso.
Cosa che avverte gli aspiranti alla leadership: con il transitorio Epifani dovranno fare i conti.
Giorgio Meletti
(da “il Fatto Quotidiano“)
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