ALLARME AIDS, IN ITALIA DIAGNOSI SEMPRE PIU’ TARDIVE
UNA PERSONA SU QUATTRO NON SA DI ESSERE SIEROPOSITIVA: IL 30% DEI 140.000 CASI STIMATI… PER GLI ESPERTI SI E’ ABBASSATA LA PERCEZIONE DEL RISCHIO, MA NON IL PERICOLO VERO… L’ITALIA AL 39% NELLE DIAGNOSI TARDIVE, PRIMI IN EUROPA
Ha tra 40 e 60 anni, un basso livello culturale e socio-economico, in alcuni casi è un immigrato e in genere è eterosessuale: è l’identikit di chi, in Italia, scopre di avere l’HIV quando ormai convive con il virus da molto tempo.
La diagnosi diventa sempre più tardiva e spesso il sistema immunitario è talmente compromesso che correre ai ripari diventa molto difficile e costoso.
La tendenza italiana alle diagnosi tardive è comune a tutta l’Europa, secondo quanto è emerso nell’ambito del Convegno dell’International Aids Society, tenutasi a Città del Capo (Sudafrica).
In Italia le diagnosi tardive equivalgono al 39% delle nuove diagnosi di sieropositività .
In Europa ci precede solo la Svezia con il 45%, mentre ci seguono la Francia con il 38%, la Gran Bretagna con il 33%, la Germania con il 30%, la Spagna con il 28%.
Ovunque la paura, la mancanza di informazione e una bassa consapevolezza del problema sono le principali cause per cui non si fa il test.
In Italia esiste un grande sommerso, pari ad almeno il 25-30% dei circa 140.000 casi di Aids stimati.
Ovvero una persona su tre/quattro non sa di essere sieropositivo.
Da circa 10 anni i sistemi regionali di sorveglianza continuano a indicare stabilmente 4.000 casi l’anno.
Si è abbassata la percezione dei rischi legati all’HIV sia nella popolazione che nella classe medica: identificare chi arriva tardi alla diagnosi è necessario perchè in queste persone diventa più alto il rischio di progressione verso la malattia, così come aumenta quello di altre infezioni, insieme a problemi cardiovascolari, ai reni e al fegato.
Per non parlare dell’aumento del rischio di diffondere l’infezione.
Dagli studi scientifici emergono dati coerenti a quelli contenuti nel Registro nazionale Aids, secondo il quale 6 persone su 10 vengono a sapere di essere malate di Aids nel momento in cui fanno per la prima volta il test.
Arrivare così tardi significa avere un livello di cellule Cd4 pari a 100 o a 50, contro le 350 che si avrebbero con una diagnosi precoce e in questi casi la terapia diventa un’emergenza e i farmaci hanno un impatto diverso.
I pazienti di questo tipo non sono arruolati per le sperimentazioni, lo ha fatto invece lo studio Castle, basato su molecole ritonavir, atazanavir e lopinavir e che ha evidenziato l’efficacia della combinazione dei primi due elementi.
E’ quindi importante, insieme alla ricerca scientifica, che anche il nostro governo persegua con maggiore impegno una politica di informazione dell’opinione pubblica per limitare anche i riflessi di allarme sociale che sono connessi al diffondersi del virus HIV.
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