BALOTELLI, BERISA E LA NOSTRA IDENTITA’ DIMENTICATA
VIVIAMO SENZA RADICI E NELLA PAURA DEGLI ALTRI, DI QUELLE FACCE CHE ABBIAMO VOLUTO DIMENTICARE… SPECCHIO ROVESCIATO DELLA DISPERAZIONE E DELLA FAME DEI NOSTRI EMIGRANTI… ALLA FINE CE LA PRENDIAMO ANCHE CON CHI SI VUOLE INTEGRARE E SU QUESTA TERRA CI GETTA QUELL’ORGOGLIO CHE NOI NON ABBIAMO PIU’
Mario Balotelli, l’attaccante interista oggetto dei “buuu” dei tifosi iuventini, ha liquidato l’episodio con una frase secca: “Io sono italiano più di tutti voi”, facendo capire l’orgoglio di appartenenza a una comunità nazionale che altri hanno dimenticato da tempo.
Ferdi Berisa vince il “Grande Fratello” e commuove l’Italia con la sua storia: arrivato dal Montenegro con il gommone a 8 anni, padre rom che lo costringe a rubare, madre sparita, lavoro dignitoso conquistato con le unghie dopo essere stato abbandonato.
Capita che anche lui senta l’Italia come una nuova patria, una casa dove costruire il proprio futuro, come una speranza e una appartenenza.
Mario e Ferdi sono tra coloro che sulla nostra terra ci hanno buttato l’orgoglio.
Sono quelli che, come i nostri nonni e i nostri padri, questo straccio di identità se lo sono ritagliato con il sangue, con i dialetti diversi del nord e del sud, con i campanili, la ambita auto Cinquecento, Carosello, come i tanti emigrati in America, con la mano sul cuore e il tacchino sulla tavola.
L’Italia sta vivendo una storia che non conosce e in cui ha difficoltà di radici storiche a riconoscersi.
Vede gli altri arrivare da lontano e dimentica i propri lunghi viaggi.
Teme la violenza, la diversità , gli sbarchi, gli stupri, le rapine in villa, le altre religioni.
E’ solo una parte del fenomeno, quella che la politica ha dimostrato di non saper gestire, di non saper controllare, di non essere in grado di incanalare nel rispetto e nella disciplina che è alla base di ogni convivenza civile.
Ma quelle facce sono simili a quelle che abbiamo dimenticato, una volta erano le nostre.
Noi emigranti, noi stranieri, noi sui transatlantici, le valigie di cartone stipate sui treni per la Svizzera, il Belgio, la Germania, poveri e disperati come loro.
Una forma di specchio rovesciato di una povertà che “ci dà fastidio” vedere.
Preoccupati come sono molti a pensare alle vacanze, ad acquistare la terza auto, a rifarsi le tette e mai il cervello.
Una società dove conta ormai l’apparire e non certo l’essere.
L’immigrazione ha un doppio volto, c’è chi viene per delinquere e allora servirebbe l’efficienza dello Stato per bloccarne le intenzioni, ma c’è soprattutto chi viene per riscattarsi e dare un senso alla propria esistenza.
L’Italia che vota per Ferdi e che si indigna per i cori contro Mario è l’Italia migliore, quella che guarda l’uomo, non il colore della pelle o le origini.
Quella che ricorda i nostri emigrati in Svizzera, costretti a vivere in baracche di lamiera come appestati, e capisce l’importanza di insegnare al mondo l’umanità delle nostre tradizioni di accoglienza.
Gli italiani non sono razzisti, sono generosi e solidali. Pretendono solo il rispetto delle regole, quelle che la politica millanta spesso di dare ma è incapace di coniugare.
E alla fine, grazie alla speculazione politica di pochi, si finisce per alimentare un’oscura paura.
Mentre persino la comunità cinese fa la coda in banca per aiutare i terremotati perchè “ormai ci sentiamo italiani”, siamo noi, con le nostre paure, la nostra mancanza di memoria storica, i nostri egoismi, i nostri localismi fuori dal tempo, ad aver perso per strada la nostra identità , le nostre radici, l’orgoglio di sentirsi parte di una nazione.
A forza di vergognarci sempre di qualcosa, non abbiamo più punti di riferimento, esempi e valori da seguire.
Finchè qualcuno non ci ricorda “l’orgoglio di essere più italiano di noi”, sperando non sia troppo tardi per ricostruire il tessuto di una vera comunità nazionale che guardi con ottimismo al futuro.
Leave a Reply