CAOS M5S: GRILLO “STANCHINO†CALA IL DIRETTORIO DAL BLOG
SàŒ DALLA RETE CON IL 91,7%. MA GLI ELETTI SI ARRABBIANO… PERICOLO SCISSIONE
Ieri, ore 10:50: il Movimento che era diverso non lo è più.
E l’uno vale uno finisce in soffitta. Il Caro leader Beppe Grillo è “un po’ stanchino”. E fa un passo indietro, anzi di lato.
Cala dal blog un direttorio di cinque deputati, “perchè io e il camper non bastiamo più”, e il web batte le mani con il 91,7 per cento.
Ma i Cinque Stelle esplodono come una mina, in mille frammenti.
I dissidenti contrari (ma pure divisi), i falchi furibondi che minacciano l’addio, quelli fedeli alla linea sempre e comunque, i tanti moderati che non ci capiscono più nulla: storditi.
E in serata c’è una rovente assemblea dei deputati. Sullo sfondo, la scissione che si fa concreta. Perchè Grillo e Casaleggio non vogliono fermarla.
Quasi ci sperano, per chiuderla una volta per tutte con i dissidenti. E con l’eterno nemico Pizzarotti: indeciso se andare allo scontro finale.
La seconda vita del M5S è anche questo. Sospetti e veleni, speranze e calcoli.
La certezza è che Grillo non vuole essere più il prim’attore. E si affida a cinque nomi: il numero tre Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carlo Sibilia e Carla Ruocco. Dovranno aiutarlo a governare la linea, a gestire i problemi.
Perchè è stanco, Grillo. Proprio come Gianroberto Casaleggio: affaticato.
I diarchi pensavano da mesi alla creazione di un direttorio di parlamentari fidati. Qualcuno si era anche offerto per il ruolo, in estate. Casaleggio aveva preso tempo: “Non è ancora il momento”.
Ufficialmente nessuno ammetteva nulla. Negavano: “Diventeremmo un partito con una segreteria, come gli altri”. Ma la storia cambia giovedì sera.
Sotto la casa di Grillo in Toscana appaiono decine di attivisti assieme all’appena espulso Massimo Artini. E il fondatore s’infuria. Decide d’intesa con lo staff di Milano che è tempo di mutare rotta. Un passo utile anche per oscurare la notizia dei due nuovi espulsi, i dissidenti Artini e Pinna.
E allora si cambia, tramite post: “Quando abbiamo intrapreso il percorso del Movimento — scrive Grillo — ho assunto il ruolo di garante per assicurare il rispetto dei valori fondanti di questa comunità . Oggi dobbiamo ripartire con più energia ed entusiasmo”.
Ovvero, “il M5S ha bisogno di una struttura di rappresentanza più ampia di quella attuale… Io, il camper e il blog non bastiamo più. Sono un po’ stanchino, come direbbe Forrest Gump”.
Quindi sottopone al voto degli iscritti i cinque nomi, “che opereranno come riferimento più ampio sul territorio e in Parlamento”.
Tutti deputati, 4 su 5 campani. La notizia coglie di sorpresa i parlamentari, nessuno escluso. Tutti notano: “Non ci sono senatori tra i cinque”. Non solo.
Nell’elenco mancano nomi pesanti come Roberta Lombardi, l’organizzatrice della tre giorni al Circo Massimo, o Danilo Toninelli, la mente della legge elettorale grillina, mediatore con il Pd.
Grillo viene inondato di sms. Non risponde. Ma in giornata prende il telefono e chiama alcuni eletti in Senato. Li rassicura: “Nomineremo un direttivo anche per il Senato, siamo partiti dalla Camera perchè da voi bisogna prima sistemare alcune cose”.
Tra i cinque di Palazzo Madama ci sarà sicuramente Paola Taverna, forse Vito Crimi. Ma è bufera, nel venerdì a 5Stelle. Quasi rivolta. Qualcuno difende la scelta. Toninelli, vicino a Di Maio, celebra: “Buon lavoro ai cinquemagnifici ragazzi che insieme a tutti noi faranno risplendere il M5S”.
Il deputato Daniele Del Grosso: “Chiedevamo da tempo una struttura di raccordo”. E il senatore Stefano Lucidi: “La scelta del blog è comprensibile e naturale, i cinque resteranno dei portavoce”.
Ma la pancia del Movimento deflagra di rabbia. “Perchè non sono passati prima per l’assemblea, i nomi dovevamo sceglierli noi” lamentano in parecchi tra i corridoi della Camera. I dissidenti fanno capannello.
Soprattutto, esplode l’ira degli ortodossi. Daniele Pesco lo mette nero su bianco: “Se dovesse vincere il sì io mi dimetto. Sono tutti cari amici, ma il Movimento non è questo, non siamo un partito”.
Irrompe Dino Alberti: “Ho votato no e spero che tutti gli iscritti al portale votino no. Chiedo ai cinque di prendere posizione contro questo comunicato. Se vince il sì presento le dimissioni”.
La dissidente Patriza Terzoni lancia l’hashtag #Beppequestavoltanoncisto. Vota no, come Giulia Sarti e il senatore Giuseppe Vacciano.
Walter Rizzetto, critico di peso, ha un tono diverso: “Il direttorio è un passo in avanti, ma è evidente che l’uno vale uno non c’è più”.
Rizzetto vuole schivare lo scontro, almeno per ora. Perchè in controluce c’è la partita della scissione. Grillo e Casaleggio l’hanno detto chiaramente nelle ultime ore: “Basta con questi dissidenti, se ne vadano prima possibile, anche in 50 se vogliono”.
Le due espulsioni di giovedì erano una miccia per accelerare l’esodo, prima dell’assemblea degli eletti del 7 dicembre, convocata a Parma da Pizzarotti in totale autonomia.
Un appuntamento che potrebbe segnare la scissione. Venti, forse più parlamentari e un bel po’ di amministratori locali vorrebbero saltare il fosso con Pizzarotti, per un Movimento diverso. O per un progetto diverso.
Ma il sindaco non è affatto sicuro. Da Parma, il suo capogruppo Marco Bosi: “Voto no, il direttivo serve ma democratico. E se cacciamo Artini e Pinna dovremmo espellere o no la Taverna, assente non giustificata dall’aula nel 48 per cento dei casi?”.
Si fa sera, e il blog emana la sentenza: sì al direttorio, con il 91,7 per cento. I cinque ringraziano su Facebook: “Sarà bellissimo”. Pizzarotti twitta: “Uno vale.”
A ratificare il risultato sarà un’assemblea congiunta, il 3 dicembre.
Ma alle 20 è già assise straordinaria dei deputati. Il direttorio si presenta davanti a una trentina di colleghi, in un clima gelido.
In tanti chiedono di far uscire dalla sala i tre membri della Comunicazione presenti. Si vota, e i tre devono uscire.
Poi si discute dell’espulsione di Artini. “Serve il voto dell’assemblea” invocano.
E non sono solo dissidenti. Volano urla. I cinque cercano di mediare.
Ma è solo l’antipasto, del futuro. Diverso.
Luca De Carolis
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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