CASA AL COLOSSEO, SCAJOLA ASSOLTO ANCHE SE GLIEL’HA PAGATA ANEMONE
REGALO CONFERMATO, PRESCRIZIONE AL COSTRUTTORE, MA IL REATO NON C’È
Il fatto sussiste, la casa di 200 metri quadri in via Fagutale c’è ed è costata 1,7 milioni, ma non costituisce reato averla ricevuta in dono da un privato, in tutto o in parte. Quando il giudice monocratico Eleonora Santolini ha pronunciato la sentenza, al sollievo si è subito unito lo stupore, nessuno si aspettava una decisione tanto assolutoria nei confronti dell’ex ministro Scajola, proprietario a sua insaputa e “politicamente ucciso” dalla storiaccia dell’appartamento con vista Colosseo. Politicamente ucciso e ora resuscitato da una sentenza che gli restituisce appieno, contro ogni previsione, onore e credibilità .
Nella confusione è quasi passato inosservato che il costruttore Diego Anemone, l’asso pigliatutto negli appalti del G8 in tandem con Angelo Balducci, protagonista di vari altri processi che lo vedono in veste di corruttore se la sia cavata con un proscioglimento per prescrizione.
Cosa non ha funzionato questa volta?
I fatti messi uno in fila all’altro, sono quelli che conosciamo, assolutamente surreali. Però sono passati oltre 7 anni da quel dannato rogito, dove si presentò l’architetto Angelo Zampolini, per conto di Anemone, e tirò fuori assegni per un ammontare di 1,1 milioni di euro a completamento dei soli 690 mila euro versati dall’ex ministro. Va aggiunto che Anemone contribuì anche alla ristrutturazione dell’alloggio nei due anni successivi, periodo che non rientra nella prescrizione, ma non è stato preso in esame.
E c’è un altro interrogativo: come mai, essendo entrambi imputati del reato di finanziamento illecito ai partiti, uno è stato assolto nel merito e l’altro soltanto prescritto?
La spiegazione di Perroni si limita a Scajola: “Il giudice poteva non entrare nel merito del processo, in caso di prescrizione non lo fa quasi mai, se lo ha fatto è perchè emersa la sua totale estraneità alle accuse”.
Non altrettanto, si deduce, è accaduto per Anemone.
“Di questa maledetta casa non voglio più nemmeno sentir parlare dopo tre anni e nove mesi di sofferenza”, insorge lo Scajola riabilitato, ma il telefonino squilla in continuazione e tra i primi a chiamare è Silvio Berlusconi.
Quasi un invito a rientrare in politica, in quella Forza Italia anch’essa resuscitata cui Scajola apparteneva. “Sono commosso non lo nego, ho sempre detto la verità ”, dice al suo Presidente.
È il ritorno alla vita pubblica da quel maggio 2010 quando uscì dal Viminale senza aver neppure ricevuto l’avviso di garanzia, come tiene a precisare.
La conferma viene dalla valanga di attestazioni di solidarietà di esponenti della sua area, sia pure al momento divisi, da Brunetta a Gasparri, dalla Carfagna alla Gelmini. È tutto un coro.
La casa? Acqua passata, anche se i pm Ilaria Calò e Roberto Felici che avevano chiesto tre anni e 2 milioni di multa, potrebbero decidere di fare ricorso.
La vicenda, surreale nella sua rappresentazione, è intricata anche sotto il profilo giudiziario.
Forse non ha pagato la scelta di contestare soltanto il reato di finanziamento illecito, il più politico dei reati, e non quello di corruzione, ma il tallone d’Achille è sempre stato nella mancata prova di una contropartita, di un do ut des tra Anemone e Scajola. Sembra di capire che il giudice ha valutato l’assenza di dolo da parte dell’ex ministro oppure, semplicemente, gli ha creduto: lui non lo sapeva: “Qualcuno voleva mettermi alla prova”, disse.
Di sicuro gli ha giovato non aver mai cambiato versione: lui la casa l’ha pagata al valore di mercato (quello indicato dal catasto), ovvero circa 700 mila euro.
Smentito dalle sorelle Papa, che lo hanno indicato presente al compromesso e dunque a conoscenza del prezzo reale, è stato invece confermato che fosse momentaneamente assente quando Zampolini tirò fuori gli assegni.
La prova regina non c’era e alla fine il giudice ha creduto al ministro che comprò la casa “a sua insaputa”.
La frase ha segnato un’epoca, ma ieri Scajola ha provato a smentirla: “Non ho detto a mia insaputa ma che non potevo dire ciò che non sapevo e se c’era qualcosa che non sapevo non la potevo dire”.
Ineffabile.
Rita Di Giovacchino
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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