Settembre 11th, 2011 Riccardo Fucile
BOCCIATA IN COMMISSIONE LA RIDUZIONE DEGLI STIPENDI DI DEPUTATI E SENATORI… LA LEGA SI SUPERA: PRIMA PRESENTA UNA PROPOSTA DI TAGLI, POI VOTA CONTRO LA STESSA
I parlamentari hanno il diritto di essere rispettati, quindi niente tagli alle indennità .
E` finita così, con la Commissione bilancio della Camera che ha bocciato gli emendamenti alla manovra presentati dalle opposizioni che puntavano a ripristinare il taglio del 50% dell`indennità dei parlamentari.
La Lega ha votato contro il proprio emendamento, che prevedeva il taglio degli stipendi.
Il sottosegretario Cesario ha spiegato che il governo ha cambiato idea in materia «dopo un lungo dibattito in Commissione al Senato e, sentita la maggioranza, ha ritenuto di decidere in tal senso».
Nonostante all`orizzonte si profili il ricorso al voto di fiducia anche alla Camera (con relativa blindatura del provvedimento uscito dal Senato), alcuni membri del Carroccio provano a modificare il comma dell`articolo 2 che riguarda il contributo di solidarietà .
L`emendamento prevede di inserire, soltanto per i calciatori professionisti, un contributo di solidarietà del 6% sui redditi oltre 200mila euro ed un ulteriore contributo del 5% «per ogni giornata di sciopero effettuata durante l`anno fiscale».
Tanto per far vedere che i padagni sono per il contenimento degli stipendi (degli altri)
La manovra ieri ha incassato anche il no dei magistrati che entrano in stato di agitazione.
Nel mirino ci sono, in particolare, il mantenimento del contributo di solidarietà che si applica ai dipendenti pubblici e ai “pensionati d`oro” – pari al 5% della parte eccedente i 90mila curo e del 10% le somme percepite oltre 150mila euro – oltre al prelievo del 3% per i redditi privati superiori ai 300mila euro.
Un duplice intervento sul quale il parlamentino dell`Associazione nazionale magistrati esprime la propria «indignazione».
«Sono misure che penalizza- no esclusivamente i dipendenti pubblici, senza colpire in alcun modo i possessori di grandi ricchezze e gli evasori fiscali e senza intervenire sulle numerose fonti di spreco del denaro pubblico».
Per il sindacato delle toghe «appaiono evidenti l`iniquità e la contrarietà al principio di eguaglianza e di parità contributiva del mantenimento del contributo di solidarietà per i redditi superiori ai 90mila euro solo per il pubblico impiego».
Negativo quindi il giudizio sulla eliminazione dell`imposta sui redditi dei privati oltre 90mila euro.
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Settembre 8th, 2011 Riccardo Fucile
SALE LA TENSIONE TRA LEGA E PDL: LA LEGA CEDE SULLE PENSIONI E NEL CARROCCIO C’E’ APERTO DISSENSO VERSO BOSSI
Berlusconi insiste sulle pensioni: «Umberto, dobbiamo toccare l`anzianità con lo scalone e dobbiamo equiparare subito il ritiro dal lavoro delle donne a quello degliuomini». La risposta del Capo leghista è di quelle ruvide: «Silvio, vai a quel paese…».
Poi, poche ore dopo, l`appello del presidente Napolitano a rinforzare il decreto.
Passa la notte e i due soci del governo tornano a parlarsi.
È mezzogiorno quando il premier convoca il vertice di Palazzo Grazioli.
Poco dopo arriva la delegazione padana guidata da Roberto Calderoli. Con lui Rosy Mauro e Federico Bricolo.
Chi ha partecipato al vertice sponda lùmbard – racconta di una Lega che si impunta, che boccia i ritocchi sull`anzianità , sposta l`intervento sulle donne al 2014 e chiede che i soldi dell`Iva siano usati per consolidare i conti pubblici, non per fare spesa. Nella vulgata leghista Berlusconi accetta anche di reintrodurre la supertassa sopra i 300mila euro.
A quel punto Calderoli sente Bossi e Maroni dà l`ok.
Un accordo che però nel Carroccio lascia più di una ferita aperta.
Basta leggere il titolo di ieri della Padania, house organ leghista che per tutto agosto ha martellato i lettori con le vittorie delle camicie verdi, in particolare sulle pensioni. Ebbene, il giornale di Bossi apre con un freddo “Via libera alla manovra” senza alcun riferimento alle novità sulla previdenza.
Notizia nascosta. Commenta un deputato leghista di fede maroniana: «Abbiamo passato l`estate a dire che non avremmo permesso che si toccassero le pensioni del Nord e ora ci ritroviamo così…».
Un malumore che, è il timore di Via Bellerio, nella base potrebbe essere ancora più esplosivo.
Sarà un caso, ma fino a ieri sulla Padania per sabato prossimo era previsto un comizio di Bossi a Treviso.
Poi, improvvisamente, l`evento viene cancellato.
Gli stessi pretoriani del “Capo” dicono che preferisce «non esporsi» in una fase così delicata.
1 più maliziosi parlano apertamente di paura di contestazioni per la manovra.
Tanto che c`è chi mette in giro la voce che Bossi potrebbe disertare anche il raduno di Venezia del 18 settembre, il mitico rito dell`ampolla che nella liturgia leghista eguaglia Pontida.
Vero o no che sia, le anime del partito sono in fibrillazione.
Il partitone degli amministratori del Nord soffre. Nonostante i tagli a comuni e regioni siano stati alleggeriti, molti di loro la manovra la vivono come un cazzotto nello stomaco.
Uno di loro, e di peso, dice che «qui facciamo solo figuracce, dobbiamo uscire subito dal governo».
In molti si lamentano per un Bossi percepito come ormai evanescente e contraddittorio.
I veleni sono però incrociati.
Se molti parlamentari fanno notare (compiaciuti) l`assenza del capogruppo Reguzzoni sulla manovra, il suo entourage risponde che lui non ha condiviso la gestione dei negoziati e che si è volutamente defilato.
Per molti maroniani il ministro dell`Interno è scontento del testo finale, anche se chi ha negoziato con il premier giura il contrario.
Calderoli si spinge ad affermare che «la Lega ha riscoperto il gioco di squadra».
C`è infine chi sostiene che a essere scontento sia Giorgetti: non sarebbe stato informato in anticipo sulle decisioni.
Sia come sia, le tensioni nel Carroccio restano e il banco di prova sulla sua tenuta sarà il voto sull`arresto di Marco Milanese.
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Settembre 7th, 2011 Riccardo Fucile
NELLA QUINTA VERSIONE DEL DECRETO PERLOMENO I CONT TORNANO… ALLA FINE LA SINTESI E’ “PIU’ TASSE PER TUTTI”… MANCANO MISURE PER LA CRESCITA E LO SVILUPPO
Se non li puoi convincere, confondili. È la legge di Truman. 
Berlusconi e Tremonti, ormai svuotati di spessore politico, la applicano alla manovra con rigore scientifico.
Dopo quattro tentativi miseramente falliti in appena due mesi, spunta ora la quinta versione del decreto anti-crisi.
Già questa abnorme bulimia quantitativa sarebbe sufficiente a giudicare disastrosa l’azione del governo.
Ma quello che stupisce, e indigna di più, è la totale schizofrenia qualitativa delle misure messe in campo.
A giugno Tremonti aveva garantito che, d’accordo con l’Europa, l’Italia non aveva bisogno di una vera e propria manovra di bilancio, e per questo aveva annunciato una modesta leggina di minima “surplace” contabile.
Ai primi di luglio abbiamo scoperto che eravamo sull’orlo dell’abisso.
Così è cominciata la folle teoria estiva dei decreti usa e getta.
Prima la stangata del contributo di solidarietà sui ceti medio-alti.
Poi la batosta sulle pensioni d’anzianità cumulate con il riscatto della laurea e della naja.
Poi ancora la finta caccia agli evasori fiscali a colpi di “carcere & condono”.
Trovate estemporanee di questo o quel ministro, frustate casuali all’una o all’altra categoria.
Senza logica politica, senza tenuta economica.
Non solo i cittadini allibiti e gli speculatori affamati, ma l’intero establishment interno e internazionale ha fatto giustizia di tanta irresponsabile approssimazione.
L’Unione Europea e la Bce, la Banca d’Italia e la Confindustria. Da ultimo, addirittura il Capo dello Stato, che con il suo intervento ufficiale di due giorni fa ha compiuto un passo senza precedenti, fin dai tempi della Prima Repubblica.
Ha imposto la linea non solo sui tempi, ma persino sui contenuti della manovra.
Alla fine, dopo molte figuracce penose esibite sul mercato politico e molti miliardi bruciati sul mercato finanziario, il governo si è dovuto arrendere.
L’ennesima, radicale riscrittura della manovra non cancella le storture di fondo.
Con l’aumento dell’Iva e la reintroduzione della supertassa sui redditi oltre i 300 mila euro si fa persino più massiccio il ricorso alla leva fiscale, che già occupava quasi il 70% del menù dei provvedimenti varati nelle stesure precedenti.
Svanisce così, ormai anche sul piano simbolico, la ridicola promessa del Cavaliere: “Non mettiamo le mani nelle tasche dei contribuenti”, aveva giurato il premier, che ora invece in quelle tasche ci entra non solo con le mani, ma con tutte le scarpe.
Si anticipa il giro di vite sull’età pensionabile delle donne, e si rinuncia così a qualunque ambizione riformatrice più generale sul capitolo della previdenza.
Resta la drammatica carenza di misure concrete per la crescita e lo sviluppo.
Resta la plastica evidenza di un governo che non ha una visione sulla società italiana di oggi, nè una soluzione per quella che vuole costruire domani.
Tuttavia la quinta manovra, per quanto iniqua e sgangherata, almeno un pregio ce l’ha: i saldi contabili sono finalmente più solidi, come la stessa Commissione di Bruxelles ha già puntualmente riconosciuto.
È certo il gettito in aumento dell’imposta sul valore aggiuntivo, il “male minore” invocato da tempo dalla Banca d’Italia e osteggiato per puro puntiglio dal ministro del Tesoro.
È certo l’incasso a regime dell’intervento sulle pensioni delle donne, suggerito da Confindustria e ostacolato per puro ideologismo dal leader della Lega.
È certo, per quanto risibile, il maggior introito del mini-tributo di solidarietà per i ceti più abbienti, inopinatamente preferito a una seria imposta sui grandi patrimoni per puro opportunismo elettorale.
Dunque, almeno sulla copertura integrale dei 45 miliardi, la manovra risulta oggettivamente migliorata.
Anche se rimane la sua irrimediabile inefficacia, rispetto alle esigenze di equità sociale e alle urgenze di rilancio del Pil.
E anche se rimane la sua probabile insufficienza, rispetto agli impegni sottoscritti in Europa sul pareggio di bilancio e alle aspettative delle società di rating e della business community
Quella di ieri, in definitiva, è solo una tardiva “riduzione del danno”.
I problemi dell’Italia sono tutt’altro che risolti.
Nel momento in cui aggiusta la manovra, il governo certifica paradossalmente la sua fine. Berlusconi, Bossi e Tremonti si acconciano a continui compromessi al ribasso, ormai logorati dentro una convivenza da separati in casa, che li spinge a camminare a tentoni nella buia notte calata su Eurolandia.
Il governo non c’è più.
Lo sostituisce Napolitano, lo commissaria la Banca d’Italia, lo etero-dirigono i mercati.
La stessa coalizione di centrodestra ne è tanto consapevole, che si vede costretta all’ultimo sfregio alle istituzioni: la richiesta del voto di fiducia, su una manovra che lo stesso Pd era pronto a non votare ma a non ostacolare, sembra più un atto di forza interno al centrodestra che non un atto di sfida rivolto al centrosinistra.
In queste condizioni si può tamponare un’emergenza congiunturale, ma non si può affrontare una crisi globale.
Lo scrive ormai anche la grande stampa mondiale, dal “Wall Street Journal” al “Financial Times”: l’Italia è unanimemente considerata la zavorra che rischia di affondare l’euro.
Per questo, ancora una volta, l’unica via d’uscita da questa tempesta imperfetta è l’approvazione rapida del decretone, e poi le dimissioni immediate del governo. Sarebbe l’ultimo, e forse l’unico gesto di responsabilità compiuto dal presidente del Consiglio.
Con la quinta manovra si recupera un po’ di attendibilità aritmetica, ma non si ricostruisce la credibilità politica.
Quella, per il Cavaliere, è perduta per sempre.
Massimo Giannini
(da “La Repubblica“)
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Settembre 7th, 2011 Riccardo Fucile
RIFLESSIONI A MARGINE DEL PRESUNTO GIRO CICLISTICO DELLA PADANIA
Vi è mai successo di fare un sogno in cui le persone compiono gesti assurdi come se fossero normali e vi guardano come se i pazzi foste voi?
Dopo una peperonata sognai un amico che scalava l’Everest in pigiama.
Ma nemmeno tutte le peperonate del mondo riuscirebbero a partorire lo scenario surreale che si dipana davanti ai nostri occhi sbarrati: il giro ciclistico della Padania nel centocinquantenario dell’unità d’Italia.
Autorizzato dalla federazione del ciclismo, finanziato da fior di sponsor, corso da Ivan
Basso e benedetto dal commissario tecnico della nazionale italiana.
Il giro della Padania è un’idea di Bossi e anticipa la sceneggiata del Dio Po toccandone alcuni siti caratteristici.
Se poi restasse qualche dubbio sulla paternità della peperonata, il primo della classifica generale indosserà una maglia di colore verde.
Ma il vero incubo è stata la reazione degli addetti ai lavori.
Un dirigente ciclistico ha detto: c’è anche il giro di Sardegna, eppure non si scandalizza nessuno.
Ho capito, ma la Sardegna esiste, sta nelle cartine geografiche.
La Padania solo nella testa di una parte minoritaria di cittadini del Nord.
Vi raccomando poi la reazione dei politici locali del centrosinistra che hanno negato il passaggio della Corsa Verde nelle province amministrate da loro, frapponendo impedimenti fasulli e scuse arzigogolate.
Mentre bastava dire: non vi facciamo passare perchè la Padania non esiste e quindi non esiste neanche il vostro Giro secessionista, che va fermato per vilipendio dello Stato.
Qualcuno avvisi il ministro degli Interni.
Sarà mica in bici anche lui?
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
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Settembre 6th, 2011 Riccardo Fucile
DOPO IL NO DELLA LEGA AD INTERVENTI SULLE PENSIONI, IL GOVERNO VIRA DI NUOVO SU UN AUMENTO DELL’IVA E SUL CONTRIBUTO PER I REDDITI SOPRA I 200.000 EURO…E CI FACCIAMO BACCHETTARE PERSINO DALLA SPAGNA
La manovra potrebbe cambiare ancora.
Il governo sta infatti pensando a modifiche soprattutto per quanto riguarda l’Iva e il contributo straordinario a carico dei redditi più elevati.
L’invito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a varare «misure più efficaci» e nel contempo la difficile situazione venutasi a creare sui mercati finanziari che sta generando una pressione continua sui titoli di Stato, renderebbe infatti necessario ritoccare un provvedimento che rischia di uscire stravolto dal confronto parlamentare.
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è atteso a Roma per un vertice di maggioranza.
Sul piatto della manovra il capo del governo intende nuovamente mettere la possibilità di un lieve aumento dell’Iva oltre alla riproposizione del cosiddetto contributo di solidarietà , ma in una misura diversa dal precedente.
A essere coinvolti in questo caso sarebbero infatti solo i redditi superiori ai 200mila euro in una misura ancora da decidere.
Del resto i margini di intervento si restringono, visto che dall’incontro di lunedì tra lo stato maggiore leghista e il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, è venuta ancora una volta meno la disponibilità della Lega a dare il via libera a un nuovo intervento sulle pensioni, bocciando soprattutto un’accelerazione dei tempi relativi all’aumento dell’età pensionabile delle donne che lavorano nel settore privato (al momento i 65 anni per tutti andranno in vigore solo nel 2028).
Sul tavolo del vertice, tra l’altro, ci sarà anche l’opportunità di porre la questione di fiducia sul decreto, per evitare di veder stravolta la trama dell’intervento dal confronto parlamentare e di prolungare la discussione oltre i limiti: l’ipotesi, infatti, sarebbe di porre la fiducia già martedì sera per arrivare al voto mercoledì.
Sullo sfondo resta il board di giovedì della Bce, dove la Banca centrale europea potrebbe imporre delle precondizioni all’Italia o stabilire un limite temporale al proprio sostegno ai corsi dei titoli di Stato italiani, che avviene attraverso una massiccia operazione di acquisto.
Insomma, si tratta anche di una corsa contro il tempo, per evitare che la tempesta sui mercati finanziari e la disponibilità di partner europei e istituzioni continentali impongano condizioni non trattabili.
A peggiorare ulteriormente la situazione arriva dall’estero la reprimenda del governo spagnolo.
L’Italia e la Grecia non stanno rispettando gli obiettivi di risanamento dei conti, creando così sfiducia nei mercati.
L’accusa arriva dall’esecutivo di Madrid attraverso il portavoce Josè Blanco.
«Stiamo attraversando una turbolenza economica che è evidente ogni giorno», ha dichiarato Blanco intervistato da «Telecinco», proseguendo: «Siamo molto preoccupati perchè alcuni Paesi sono in una brutta situazione e non stanno rispettando i loro obiettivi: la Grecia e l’Italia, che si è rimangiata in pochi giorni il suo piano di aggiustamento».
«Ciò – secondo il portavoce – influisce sulla decisione dei mercati che devono acquistare il nostro debito e ci dirige verso una fase caratterizzata da una certa instabilità ».
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Settembre 5th, 2011 Riccardo Fucile
NON SONO INFORMATI NEMMENO SULLE LEGGI CHE LORO STESSI HANNO FATTO APPROVARE DUE ANNI FA….CHI NON HA IL PERMESSO DI SOGGIORNO NON PUO’ MANDARE SOLDI AI PARENTI ALL’ESTERO, COME SI FA ALLORA A PROPORRE DI TASSARLI?
Una tassa sul nulla, un bluff che promette di portare zero euro nelle casse dello Stato. E’
l’imposta di bollo sulle rimesse degli immigrati irregolari.
Un nuovo balzello che non tiene conto del pacchetto sicurezza 2009: da due anni per inviare soldi a casa bisogna essere in regola col permesso di soggiorno.
Un passo indietro.
Un emendamento leghista alla manovra finanziaria, approvato in commissione Bilancio al Senato, introduce una tassa (pari al 2%) sui trasferimenti di denaro all’estero da parte di cittadini stranieri che non hanno matricola Inps e codice fiscale. L’imposta non si applica dunque agli immigrati regolari (che sono sempre iscritti all’Inps e in possesso del codice fiscale).
A chi tocca allora?
Il Carroccio pare si sia dimenticato del pacchetto sicurezza varato dal suo stesso ministro dell’Interno nel 2009.
L’articolo 2, comma 20 della legge 2009/94 prevede infatti che le agenzie di money transfer debbano sempre chiedere all’immigrato il permesso di soggiorno.
Se il cliente ne è privo, il denaro viene inviato, ma le agenzie «effettuano entro dodici ore apposita segnalazione all’autorità locale di pubblica sicurezza, trasmettendo i dati identificativi del soggetto».
La conseguenza? L’irregolare che vuole spedire i risparmi a casa, finisce per autodenunciarsi.
Da qui la scelta di canali alternativi: carte di credito prepagate spedite a casa, amici o corrieri che tornano in patria
Insomma, la nuova imposta promette di colpire le rimesse che passano attraverso i canali ufficiali, ma arriva tardi: tassa le transizioni degli immigrati irregolari che dal 2009, effetto del decreto Maroni, sono invisibili alla legge e che continueranno ad essere utilizzati come prima.
Il flusso delle rimesse che non passa più attraverso i canali formali continuerà a rimanere difficilmente individuabile e impossibile da raggiungere per il fisco.
Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica“)
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Settembre 5th, 2011 Riccardo Fucile
UNA TASSA SULLE RIMESSE IN PATRIA DEGLI IMMIGRATI PROPOSTA DAI RAZZISTI DELLA LEGA… CHI PENSA ANCHE AL RECUPERO COATTIVO DEL CONDONO 2002…IL GOVERNO ESCLUDE DI RICORRERE ALLA FIDUCIA E AUTORIZZA NUOVE TASSE COMUNALI
Un colpo di mano della Lega impone una nuova tassa sui trasferimenti di denaro all’estero da parte di cittadini stranieri che non hanno matricola Inps e codice fiscale.
Questo emendamento alla manovra, approvato in commissione Bilancio al Senato, interessa varie centinaia di migliaia di stranieri sconosciuti ai database della previdenza e del Fisco.
In pratica, clandestini o immigrati sfruttati (i lavoratori “regolari” non saranno toccati), in assenza dei due requisiti, pagheranno a caro prezzo l’invio di soldi al di fuori dei nostri confini: la tassa (ufficialmente è un’imposta di bollo) è parametrata sul 2% di ogni transazione, con una soglia minima di 3 euro.
Ad esempio, per un bonifico di 300 euro effettuato in uno dei tantissimi money transfer sparsi in Italia, gli stranieri sborseranno 6 euro mentre la soglia minima al di sotto della quale sarà meno conveniente inviare denaro, è teoricamente fissata a 150 euro (costo 3 euro).
Le rimesse all’estero degli stranieri ammontano a 6,7 miliardi di euro mentre la nuova “imposta di bollo” potrebbe portare in cassa circa 100 milioni.
Praticamente il nulla, ma tutto fa propaganda ormai.
Anche perchè chi potrà fare il trasferimento di denaro a un amico con codice fiscale, lo Stato non incasserà un euro e Calderoli lo prenderà nel naso come sempre.
Ma dal Senato arrivano anche cattive notizie per gli italiani che hanno dichiarato e “dimenticato” di pagare il condono tombale del 2002.
Agenzia delle Entrate ed Equitalia, potranno imporre il pagamento delle somme non versate “anche dopo l’iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle di pagamento”.
Entro 30 giorni dall’entrata in vigore partirà una ricognizione e il mese successivo Equitalia potrà avviare azioni “coattive” volte al recupero delle somme entro il 31 dicembre prossimo.
In caso di mancato pagamento le sanzioni salgono al 50% di quanto dovuto.
Non solo: in questo caso Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, entro il 31 dicembre 2012, potranno passare al setaccio le posizioni dei contribuenti a partire dal 2002.
Inoltre, dal 2015 le maggiori entrate dalla lotta all’evasione andranno a ridurre la pressione fiscale.
Tra le principali correzioni approvate in commissione vanno poi ricordati il salvataggio delle feste laiche, che non saranno più differite alla domenica più vicina (quelle patronali spariranno dal calendario), il paracadute offerto ai piccoli istituti di ricerca e enti culturali, l’addio al blocco delle tredicesime per gli statali.
Aumenteranno, invece, le imposte comunali.
È stato infatti approvato un emendamento del Pdl in base al quale “per assicurare la razionalità del sistema tributario e la salvaguardia dei criteri di progressività , i Comuni possono stabilire aliquote dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito, differenziate in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge”.
Bocciato, invece, l’emendamento delle opposizioni che prevedeva l’asta competitiva per le frequenze televisive nel passaggio al digitale.
I lavori proseguiranno per chiudere e dare l’ok alla manovra mentre il voto, come conferma il presidente del Senato Renato Schifani, resta fissato in settimana: “Non vi è alcun rallentamento nei tempi. Il dibattito parlamentare non sarà strozzato in Aula dalla fiducia che impedirebbe ai parlamentari di confrontarsi con correttezza e senso di responsabilità come stanno facendo”.
Anche il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ribadisce il “no” della maggioranza e del governo alla fiducia e annuncia “una convergenza sia con il Pd che con l’Api: noi diremo sì ad un tema caro al Terzo Polo sulla riforma della giustizia e a un emendamento importante del Pd sulla spending review” in base al quale il ministero dell’Economia avvierà una ridefinizione dei fabbisogni standard di spesa delle amministrazioni dello Stato.
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Settembre 5th, 2011 Riccardo Fucile
AL LIDO IL RAZZISTA VENETO DI ABATANTUONO… NEL FILM DI PATIERNO, DIEGO E’ UN IMPRENDITORE CHE SFRUTTA GLI IMMIGRATI NELLA SUA FABBRICA E POI LI INSULTA DALLA SUA TV
Il suggerimento giusto l’ha dato Diego Abatantuono: «Teniamolo presente per il futuro: si esce con un trailer, nasce la polemica e il lancio del film è bello che fatto”.
Scherza ma non troppo il protagonista di “Cose dell’altro mondo” di Francesco Patierno, in concorso nella sezione Controcampo italiano, presentato al Lido in contemporanea con l’uscita nelle sale e anticipato da una polemica (scatenata appunto dalla visione sul web del trailer) culminata con un’interrogazione parlamentare presentata da Massimo Bitonci della Lega Nord.
Lo stesso che come sindaco di Citadella firmò un’ordinanza contro il kebab. Ordinanza che ottenne il plauso del governatore Zaia: «Bitonci ha fatto bene a presentarla perchè solleva un problema del fatto che comunque bisogna finire di inondare i veneti e la gente del Nord di infamia. Vogliono dipingerci come zulù, con tutto il rispetto per gli zulu, ma è ora di finirla».
«Una polemica nata sulla fiducia, senza aver visto il film», commenta Abatantuono che nel film è Golfetto, un’imprenditore veneto con fabbrichetta piena di lavoratori immigrati e rete tv in cui si lancia in monologhi contro gli stranieri a base di slogan tipo: «Conviviamo con i fondamentalisti islamici, gli zingari, i fancazzisti albanesi: prendete il cammello e andate a casa».
Cose di questo mondo, dunque, direttamente ispirate a personaggi realmente esistenti.
La questione, spiega il regista del film, il napoletano Francesco Patierno, è «che il film non è ideologico. E gli applausi con cui è stato accolto in sala qui a Venezia, lo dimostrano. Il tema è il nostro rapporto con chi è diverso da noi. E parla di sentimenti, non ideologia: segue le vicende di tre persone che hanno relazioni dirette con alcuni stranieri e delle loro reazioni emotive nel momento in cui non ci sono più».
E, comunque, sottolinea Patierno: «I leghisti non rappresentano tutto il Veneto».
Concorda Abatantuono, che ricorda che il film è una favola. «Il mio personaggio è ispirato alla realtà , può succedere davvero che uno dica cose simili, e questo lo rende inquietante. Quello che non può succedere è l’epilogo del film, la scomparsa degli extracomunitari».
Non ideologico, ma molto simbolico, sostiene Valerio Mastandrea, uno degli interpreti. «Io non credo che non sia ideologico. Non parlo di appartenenza politica, ma credo con l’attenzione che dimostra ai risvolti emotivi della nostra relazione con gli stranieri ha un punto di vista. Quando si ipotizza un mondo senza immigrati, si pensa solo alle conseguenze produttive. Il film aiuta a pensare a quelle sentimentali».
Il film arriva oggi nelle sale: già da lunedì, analizzando i dati del box office si potrà notare se gli abitanti del Veneto avranno seguito il consiglio lanciato via web da alcuni concittadini: boicottare il film.
Qualche difficoltà nel girarlo c’è stata: il sindaco di Treviso Gobbo negò il permesso di girare in città , permesso invece accordato dal primo cittadino di Bassano del Grappa.
La pellicola, vale la pena ricordarlo, ha ottenuto il riconoscimento di film di interesse culturale nazionale da parte del Ministero per i Beni culturali, oggi diretto dal Veneto Galan. Ed è distribuita Medusa, che ha anche appoggiato la Rodeo Drive nella produzione.
Stefania Ulivi
(da “Il Corriere della Sera“)
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Settembre 1st, 2011 Riccardo Fucile
IL CAPO DI GABINETTO DI CALDEROLI ORA NEGA: “MAI DETTO CHE SI APRIVA IL 1 SETTEMBRE”
Non sono ancora operative le sedi dei quattro ministeri del nord la cui apertura era attesa per il 1° settembre.
Anche se sulla data, pare, c’è stato qualche malinteso.
Il capo di gabinetto del ministro Calderoli, Maurizio Bosatra, poco prima delle 10.30 è arrivato per aprire la porta a vetri degli uffici: «Non abbiamo mai detto che gli uffici sarebbero stati aperti il 1° settembre, ma i primi di settembre».
Davanti alla sede dei quattro ministeri (Economia, Semplificazione, Riforme e Turismo) dalle 9 sono arrivati gruppi di giornalisti, televisioni, fotografi e qualche curioso.
Nell’ex reggia è stata annunciata l’apertura di quattro sedi ministeriali decentrate: Economia di Giulio Tremonti, Turismo di Michela Vittoria Brambilla, Riforme per il federalismo di Umberto Bossi e Semplificazione normativa.
Obiettivo: dare avvio al decentramento per favorire il rilancio del tessuto socio economico del Nord.
Gli uffici, inaugurati a luglio alla presenza del leader della Lega Nord Umberto Bossi, si trovano nell’ala della Villa Reale definita «la Cavallerizza».
Una delegazione di commercianti padovani dell’Ascom, in previsione dell’apertura dei ministeri (che non c’è stata), ha programmato per oggi una manifestazione di protesta contro la manovra finanziaria del governo.
Chissà se sarà presente quanche esponente della “Lega di lotta”: certamente non si farannno vedere quelli della “Lega di governo”.
La farsa padagna continua, fino a esurimento di coloro che amano farsi prendere per il culo.
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