CENTO CONFLITTI DI INTERESSE
CDA, APPALTI, SPIAGGE: I CENTO PARLAMENTARI IN CONFLITTO D’INTERESSI… UN SESTO DEGLI ELETTI DICHIARA QUORE E AZIONI IN DIVERSE SOCIETA’: LOBBISTI DI SE’ STESSI
Hanno quote di aziende, ma si sono dimenticati di dichiararle. Hanno ruoli in consigli di amministrazione e diverse imprese eppure presentano interrogazioni urgenti ai ministri su materie che riguardano quelle stesse società. In alcuni casi siedono contemporaneamente in Parlamento e in due o tre cda di aziende che con lo Stato hanno a che fare per appalti milionari. Sono, in grandissima parte, lobbisti di sé stessi. Tanto in Italia a loro tutto è consentito: non esiste una sola legge sul conflitto di interessi che li riguardi. Così oggi in Parlamento ci sono 100 tra deputati e senatori, alcuni anche ministri, viceministri e sottosegretari, che hanno partecipazioni o ruoli in imprese e società. Fratelli d’Italia, il partito della premier Giorgia Meloni, è quello che assolda il maggior numero di questi parlamentari: quaranta. Seguono nella maggioranza, a gran distanza, Lega (19) e Forza Italia (15). Nell’opposizione il Pd (8) è davanti ai 5 Stelle (4).
Vengono definiti «portatori di interessi» dall’associazione contro la corruzione Transparency. Repubblica può dare sostanza ad alcuni di questi cento «interessi», dopo aver passato al setaccio partecipazioni, soci e attività parlamentare di questa truppa non sparuta. Emerge che il caso del senatore Maurizio Gasparri, che presiede una società che ha partecipazioni in aziende di cybersicurezza e siede in commissione Affari esteri e difesa, non è isolato.
Onorevoli interessi
«Sulla mappatura delle spiagge libere i dati son questi, se ne facciano una ragione»: così parla il deputato di FdI Riccardo Zucconi, a difesa dei balneari e contro le gare che ci chiede di fare l’Europa. Alla Camera è in commissione Attività produttive, commercio e turismo. Tra le sue partecipazioni a Viareggio e Camaiore, nel suo collegio, ci sono il 25% della Shell srl, il 100% della Zuma srl e il 99% della Brocante srl. Sono tutte società nel settore della ristorazione: Zuma, ad esempio, è il veicolo che gestisce il Gran Caffè Margherita sul lungomare di Viareggio, uno dei locali storici della città che da solo fattura un milione di euro (dato 2022). Shell invece veicola la proprietà del ristorante La Conchiglia sul pontile accanto l’omonimo lido a Lido di Camaiore (670 mila euro di fatturato). Zucconi è tra i firmatari di un disegno di legge per concedere agevolazioni fiscali al settore della distribuzione alimentare per i ristoranti, ma ha messo la firma anche su una mozione per ridurre l’Iva che versano i titolari delle concessioni balneari.
Un’altra deputata che conosce bene alcune materie è Ylenia Lucaselli, anche lei di FdI. Nella dichiarazione presentata al momento della proclamazione in questa legislatura ha comunicato di essere amministratrice di una coop sociale e di avere quote in uno studio legale. In realtà risulta attualmente socia, con una quota del 30%, della Hc Consulting srl, azienda di consegne che fa parte della galassia imprenditoriale del marito, Daniel Hager. Lucaselli dichiarava questa partecipazione nella scorsa legislatura, non in questa. Poco dopo la sua prima elezione, nel 2018, venne fuori che dalla Hc Consulting e dal marito Hager, rampollo di una famiglia che è azionista della Southern Glazer’s Wine and Spirits (la più grande azienda americana della distribuzione di vini e alcolici), arrivò un assegno da 200 mila euro come finanziamento a FdI. Lucaselli è stata rieletta. Cosa ha fatto, tra le altre cose, in Parlamento? È prima firmataria di una proposta di legge sull’enoturismo, per sponsorizzare circuiti di vini: «Probabilmente è stata una dimenticanza delle mie collaboratrici non aver dichiarato la partecipazione azionaria e il ddl sull’enoturismo non ha nulla a che fare con le attività di mio marito», precisa la deputata.
Certo, c’è chi dichiara tutto e poi si occupa delle sue imprese in Parlamento senza farsi problemi. Come il patron della Lazio, nonché di grandi aziende nel settore delle pulizie e gestione di immobili pubblici: il senatore di Forza Italia Claudio Lotito, proprietario della Snam Lazio che negli ultimi anni si è aggiudicata appalti pubblici per oltre 100 milioni. In commissione Bilancio, dove siede, ha firmato una mozione che impegna il governo a dare aiuti per l’efficientamento energetico degli immobili pubblici, oltre a due emendamenti sui diritti tv del calcio e per rateizzare le tasse dei club. Il suo compagno di partito e capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, non è da meno: possiede il 90% della società immobiliare Cir Aur e della Punto sport. Quest’ultima gestisce un centro sportivo a Roma, il Villa Bonelli sporting center, con piscina e palestra. Barelli si è speso per far aumentare gli aiuti pubblici in favore delle società sportive che gestiscono piscine e ha firmato alcuni emendamenti per allungare la possibilità di restare in carica per i presidenti delle federazioni sportive con più mandati alle spalle. Come lui, insomma, presidente di Federnuoto dal 2000.
I parlamentari tra imprese e cda
La deputata di FI Cristina Rossello è avvocato della famiglia Berlusconi. Siede nel cda della Mondadori e della Spafid, la fiduciaria di Mediobanca, oltre ad avere ruoli nella Immobiliare Leonardo e in una società di consulenza aziendale. Da sola porta con sé interessi diretti in vari settori. Come Maurizio Casasco, esperto di salute sportiva che ha quote in vari centri diagnostici a Brescia, oltre a essere presidente dell’hub creato tra l’Università Tor Vergata e la Confapi, di cui è stato presidente. Almeno non ha voluto presiedere un intergruppo parlamentare in materia come invece Fabio Pietrella di FdI: ex presidente di Confartigianato Moda, oggi guida l’intergruppo parlamentare Moda. Il deputato della Lega Salvatore Marcello Di Mattina è azionista di quattro società che hanno a che fare con il turismo e la ristorazione: ha firmato una proposta di legge «per la modifica al codice della normativa statale sull’ordinamento e il mercato del turismo». Tra le file del Carroccio c’è Antonio Angelucci, deputato di lungo corso, patron di cliniche convenzionate con il sistema sanitario pubblico ed editore “unico” dei giornali di destra. Anche di Libero, che l’anno scorso ha ricevuto quasi 3,9 milioni di contributi pubblici (quota 2021).
Da destra a sinistra. Il leader di Italia viva Matteo Renzi fa parte del cda della fondazione Future Investment Initiative, di casa in Arabia Saudita, ma è anche azionista pressoché unico di Ma.Re Holding, che dalla consulenza strategica arriva fino alle operazioni immobiliari. Nella lista di Transparency c’è pure Alessandro Zan, deputato Pd e autore del ddl contro l’omotransfobia. È amministratore unico e socio di maggioranza di Be Proud, società che ogni anno organizza a Padova il Pride Village. La società, come scriveva già nel 2021 L’Espresso, fattura intorno al milione di euro. Di recente Zan ha spiegato di non aver mai percepito un euro come amministratore.
I ministri e le loro società
I conflitti di interesse riguardano anche il governo. Prima di essere nominato ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso ha chiuso la sede, in Iran, di Italy world service, società di consulenza alle imprese per investimenti all’estero. Le quote sono passate al figlio Pietro, che porta avanti l’attività mentre il padre, da ministro, gira il mondo per promuovere le aziende italiane. E poi c’è il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato (FdI): farmacista, ha il 10% di Therapia, società «per la gestione di case di cura e di produzione di software e progetti di miglioramento gestionale in ambito sanitario». Fino a poco tempo fa la ministra del Turismo Daniela Santanché aveva partecipazioni nello stabilimento balneare Twiga: quote poi cedute al compagno e al socio Flavio Briatore. E ha ceduto da poco anche quote di società che avevano chiesto fondi a Invitalia, non restituiti.
Ha fatto discutere la nomina a ministro della Difesa di Guido Crosetto, che subito dopo ha chiuso la società di consulenza aziendale di famiglia che ha lavorato per diverse imprese fornitrici del ministero. Ma Crosetto ha una quota del 25% nello studio contabile Co.Pro.Spe, che fa attività di consulenza imprenditoriale e amministrativo-gestionale. Un caso singolare è quello del viceministro dell’Economia Maurizio Leo, il “papà” della riforma fiscale. Ha ancora quote della società Progetto fisco, di cui sono soci anche la moglie e i figli. Lo statuto della società recita: «Realizzazione di pubblicazioni scientifiche in ambito fiscale e gestione e raccolta di sistemi amministrativi e contabili in materia di legislazione fiscale». Fonti vicine al viceministro spiegano che «la società non esercita più la sua attività in materia tributaria e da tempo non ha più proventi, nel rispetto delle regole; in ogni caso il viceministro, al fine di fugare qualsiasi tipo di dubbio, sta valutando di cambiare l’oggetto sociale».
In Italia tutto è lasciato al buon cuore dei parlamentari in conflitto d’interesse. Ma chi glielo fa fare.
(da La Repubblica)
Leave a Reply