“COCAINOMANI”, “MAFIOSI”: NELL’UDC RESA DEI CONTI SULL’ASSE ROMA-PALERMO CON L’OMBRA DEL RITORNO DI CUFFARO
ALTRO CHE MODERATI: LE DIVISIONI TRA SI’ E NO SCATENA LA RISSA INTERNA
Il meno originale di tutti discute di scissione dell’atomo, qualche maligno sfiora l’insulto parlando di pidocchi con la tosse mentre invece chi conosce uomini e cose la definisce per quella che è: una guerra tra bande, magari piccole, ma pur sempre bande. È la faida interna all’Udc, il partito di Pierferdinando Casini, fedele alleato dei governi di Silvio Berlusconi che con Salvatore Cuffaro aveva in Sicilia il suo inesauribile granaio di voti.
Archiviata la stagione berlusconiana, con Cuffaro che entrava nel carcere di Rebibbia dopo la condanna definitiva per favoreggiamento alla mafia, ecco che l’Udc — o meglio quello che ne rimaneva — si è avvicinato al Pd, non mollando neanche per un secondo il suo posto al tavolo della maggioranza sia a Roma che a Palermo.
Ed è proprio tra Palermo e Roma che adesso va in onda la ferocissima guerra intestina tutta interna agli ultimi eredi dello Scudo crociato.
Dopo una battaglia a colpi di carte bollate, ieri il segretario Lorenzo Cesa ha deciso di sospendere e deferire ai probiviri Giampiero D’Alia, presidente del partito.
La faida esplosa con il referendum
Il motivo? Ufficialmente il segretario si è adirato per una dichiarazione in cui l’ex ministro sentenziava: “L’Udc? È morta, stiamo parlando del nulla”.
La classica goccia, dato che in realtà il piccolo partito di centro si è spaccato già mesi fa sull’altare delle riforme costituzionali.
A Roma Cesa e i suoi sono sicuri: voteranno No al referendum del 4 dicembre.
A Palermo D’Alia e i siciliani sono certissimi: voteranno Sì al referendum costituzionale, appoggiati in questa scelta dal padre nobile Casini.
Un approccio bipolare che — dopo settimane di dichiarazioni acide — ha prodotto alla fine l’extrema ratio e cioè la sospensione di D’Alia.
È a questo punto che i neo Dc siciliani hanno provato per una volta il piacere dell’estrema fronda.
Giovanni Ardizzone, solitamente misurato presidente dell’Assemblea regionale Siciliana, si è appellato ai religiosissimi Rocco Buttiglione e Paola Binetti, e poi ha metaforicamente incendiato la sagrestia. “Un partito che in Sicilia stringe rapporti con cocainomani e mafiosi sospende una persona per bene come D’Alia, senza vergogna alcuna. Dispiace il vostro assordante silenzio”.
I cocainomani e i mafiosi
A più di qualcuno saranno fischiate le orecchie, ma a chi si riferiva Ardizzone di preciso? Paola Binetti è imbarazzata: “Il collega Buttiglione ed io — dice — abbiamo scelto la strada del silenzio operativo, per schierarci non con questo o quel leader, ma per lavorare intensamente alla difesa dell’unità ”.
Silenzio operativo dunque, mentre a dettagliare le dichiarazioni di Ardizzone, arriva Adriano Frinchi, segretario siciliano dell’Udc: “Cesa è segretario dell’Udc dal 2005, praticamente da sempre, ma non ha mai preso posizioni così estreme come la sospensione e il deferimento ai probiviri per parlamentari coinvolti in vicende di droga o di mafia”.
Segretario, qualche nome? “Penso per esempio a Cosimo Mele, parlamentare coinvolto in note inchieste per droga, ma anche a Salvatore Cintola, ex assessore al Bilancio di Cuffaro, il cui nome era contenuto in altre indagini per spaccio di stupefacenti”.
L’ombra lunga di Cuffaro
E i mafiosi? Frinchi non si sottrae: “Cuffaro è stato mai deferito ai probiviri quand’era sotto processo? Non credo. Poi basta andare a guardare l’archivio di qualsiasi giornale per rendersi conto di tutti gli esponenti dell’Udc che in passato hanno avuto problemi simili senza che nessuno muovesse un dito”.
L’elenco in effetti è sterminato mentre un dito e anche qualcosa di più è stato mosso anche per Frinchi, eletto segretario dal congresso siciliano dell’Udc, ma non riconosciuto dai vertici nazionali, che hanno spedito sull’isola un commissario: il senatore Antonio De Poli.
“Insieme a lui — racconta Frinchi — hanno anche nominato un vice commissario, Ester Bonafede, che ha preso la tessera ad ottobre e la cui storia è nota a tutti”.
Ex assessore del governo Crocetta, Bonafede è infatti una cuffariana di strettissima osservanza: dietro la faida interna all’Udc si allunga dunque l’ombra di Totò Vasa-Vasa (bacia-bacia, per la sua attitudine a baciare qualsiasi cosa fosse a portata di smack)?
“Abbiamo avuto sentore che ci siano stati movimenti di questo tipo — racconta Frinchi — Nei territori, nelle province, quelli di Cuffaro sono di nuovo operativi. Per loro l’Udc è un contenitore appetibile”. È in questo modo, quindi, che deve essere letta l’operazione di Cesa? Un allontanamento dal centrosinistra per poi riportare l’Udc in mano a Cuffaro?
L’ex governatore: “E’ D’Alia che fa gli accordi col Pd”
Il diretto interessato, manco a dirlo, smentisce.
“D’Alia — dice — mi cita come alla guida di una corrente e interprete di una linea politica: nulla di più falso, come sanno anche le pietre”.
L’ex governatore ribadisce “per l’ennesima volta che non faccio, nè potrei fare politica attiva: sono interdetto dai pubblici uffici. Su una cosa però sono completamente d’accordo con Gianpiero D’Alia — dice sarcastico l’ex governatore, tornato libero nel dicembre del 2015 dopo cinque anni di carcere — Quando afferma che con lui l’Udc è al governo nazionale e regionale con il Pd e che è con Crocetta dal 2012, in quanto sostenitore della maggioranza di governo alla Regione. È vero, le cose stanno così: è stato proprio D’Alia a volere Crocetta alla presidenza della Regione e i siciliani non solo lo sanno bene, ma se ne ricorderanno al momento giusto”.
D’Alia: “Cuffaro resti pure con la famiglia Addams del centrodestra”
Parole che per D’Alia, però, suonano come una conferma.
“Devo ritenere — dice l’ex ministro — che le affermazioni di Cuffaro non siano frutto di casualità , visto che in Sicilia nulla accade per caso neanche il 2 novembre e soprattutto sembrano confermare un suo impegno politico, una vera e propria militanza. Ma questi sono affari suoi e dei suoi amici della famiglia Addams del centrodestra siciliano alla quale da ieri si è aggregato un altro poveretto da Arcinazzo”, che sarebbe poi il comune laziale da dove proviene Cesa.
“Su di una cosa — continua sempre D’Alia — posso convenire con Cuffaro: la sfiga dei siciliani nella scelta dei presidenti di Regione degli ultimi 15 anni almeno”.
Presidenti sempre espressi o appoggiati dall’Udc, che potrà anche implodere ma non abbandonerà mai una solida postazione nella maggioranza di governo.
Qualsiasi esso sia.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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