COME UN ADDETTO DEI CENTRI PER L’IMPIEGO DOVREBBE TROVARE LAVORO A 620 PERSONE: LA BUFALA DI MAIO GLI ESPLODERA’ IN MANO
ATTUALMENTE SU 2,5 MILIONI DI PERSONE CHE SI RIVOLGONO AI 500 CENTRI PER L’IMPIEGO SOLO L’1% TROVA LAVORO… E SOLO L’1,5% DELLE AZIENDE SI RIVOLGE AI CENTRI
Ogni anno oltre 2 milioni e mezzo di persone (disoccupati e inattivi disposti a lavorare) si mettono pazientemente in fila nelle sedi degli oltre 500 Centri per l’impiego italiani.
Vanno a firmare la Did, la dichiarazione di immediata disponibilità a lavorare, senza la quale non scatta l’indennità di disoccupazione e non si può accedere a riduzioni sui ticket, sconti sui bus, punti in più nella graduatoria delle case popolari.
Attualmente poco più dell’1% di quanti si rivolgono ai Centri, secondo l’Istat, riesce alla fine a trovare lavoro.
E se questa è la situazione di partenza, scrive oggi Repubblica in un articolo di Marco Ruffolo, cosa potrà accadere quando in primavera ciascuno dei circa 8 mila dipendenti dei servizi per l’impiego, invece di prendersi carico, come oggi, di 312 persone a testa, dovrà gestirne 620, da accompagnare per lo più fino al raggiungimento di un impiego
Diversamente che in Francia, Germania e in molti altri Paesi europei, da noi i Centri per l’impiego non dialogano tra loro per via di gelosie regionali, impedendo così l’incrocio tra offerta e domanda di lavoro, soprattutto tra Nord e Sud.
E non dialogano neppure con l’Inps, per cui l’istituto di previdenza, che è tenuto a distribuire il reddito di cittadinanza, potrebbe non venire a sapere che il beneficiario ha nel frattempo trovato lavoro o lo ha rifiutato per tre volte di seguito e non ha più diritto al sussidio.
Consapevoli dell’inefficienza dei Centri, le imprese, dal canto loro, hanno già da tempo rinunciato a comunicare loro i propri fabbisogni di personale.
Secondo Unioncamere, solo l’1,5% delle aziende (quasi tutte al Nord) si affida (e non esclusivamente) ai servizi per l’impiego.
A perfezionare il quadro delle inefficienze — che sul piano tecnico annoverano anche dotazioni informatiche scarse per metà dei Centri (il 72% al Sud) — interviene l’organico, che, secondo l’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, non è solo sottodimensionato ma qualitativamente inadeguato.
Mancano orientatori e psicologi (in testa con il 40% delle richieste di personale), ma anche consulenti aziendali, informatici, mediatori culturali. E ovviamente “amministrativi”.
Ma ad aprile sarà tutto pronto. Parola di Di Maio.
(da “NextQuotidiano”)
Leave a Reply