CON I SOLDATI IN RITIRATA DALL’INFERNO DI KHERSON
IL FRONTE DELLA GUERRA ORA E’ A ODESSA
In un silenzio assoluto e nel buio della notte la prima grande città ucraina è caduta nelle mani dei russi.
Anziani disarmati, donne con i bambini per mano e ragazzi arruolati nelle milizie volontarie si sono opposti ai tank e ai blindati di Putin. I soldati di Kiev hanno combattuto casa per casa, coperti dalle molotov fai da te lanciate da tetti e finestre. Prima dell’alba di ieri è stata una delegazione degli stessi abitanti a chiedere alle autorità di città e regione di fermarsi per evitare il definitivo massacro. Troppi morti e feriti.
I 290 mila residenti di Kherson da due giorni erano circondati dai russi: dalle rive del Dnipro, dalla foce sul Mar Nero, dalle colonne di carri armati che Mosca ha spostato via terra da Donbass e Crimea.
Da ore nella città deserta si muovevano solo mezzi militari e truppe nemiche, scaricate dagli elicotteri MI8 attorno ai luoghi decisivi. Senz’acqua potabile, cibo, energia elettrica, medicine, senza la speranza di una via di fuga a ovest, verso la costa del Mar Nero che conduce a Odessa e fino alla Moldavia.
I 60 chilometri della via di fuga fino a Mykolajiv, ultima roccaforte prima che l’avanzata russa irrompa a Odessa, sono oggi invasi solo dai reparti ucraini ritirati da Kherson. Migliaia di camion, tank, ambulanze e furgoni gonfi di soldati feriti, sfiniti e affamati. Ai lati, tendoni improvvisati dove i medici cercano di chiudere le ferite più gravi. Non uno si considera però sconfitto.
«È una guerra – dice Roman, capo dell’esercito di difesa territoriale costretto a ripiegare – non una battaglia. Se i russi vorranno prendere Mykolajiv dovranno accettare un impresentabile sacrificio». Sulla strada vengono scaricati centinaia di blocchi di cemento. Volontari alzano muri di mattoni. Donne e ragazzi dei villaggi trascinano migliaia di cavalli di Frisia anti-tank e seminano sull’asfalto ricci di ferro. Caterpillar scavano voragini. Ovunque crescono trincee fatte con sacchi di sabbia, vecchi copertoni, armadi e carcasse di auto.
La resistenza del Sud lotta anche contro la testa del nemico. Per disorientarlo i contadini sostituiscono i cartelli con i nomi dei luoghi e invertono le frecce. Centinaia di giovani incollano cartelloni che attaccano i russi. Su quelli con una nave a forma di Cremlino che affonda grondando sangue, c’è scritto «Nave militare russa vaffanculo». Altri recitano: «Russo non tornare a casa con la mani macchiate di sangue, per conquistare l’Ucraina Putin ha perso il resto del mondo».
Attorno, migliaia di soldati e cannoni pronti a fare fuoco. Mykolajiv si prepara così alla sua battaglia. Sotto tiro il porto di Ocakiv, a sud della città: silurato dai russi un cargo del Bangladesh, almeno un morto tra i marinai dell’equipaggio. Drammatica la scelta sul ponte mobile che attraversa il fiume Bug, unico collegamento tra la penisola e la costa verso Odessa. «Se lo alziamo per fermare l’avanzata russa – dice il sindaco Oleksandr Senkevych – saremo in trappola anche noi. Se lo abbassiamo per salvarci, aiuteremo gli invasori. Se lo facciamo saltare, sarà un’ecatombe per tutti».
(da La Repubblica)
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