CONTE, IL LEADER CHE SI LOGORA PER NON LOGORARSI
DENTRO M5S SI MUOVE COME AL GOVERNO: SOPPESA, CESELLA, LIMA, ASPETTA, RINVIA
“Ma guarda che noi glielo abbiamo chiesto in tutti i modi, anche ieri sera”. Risposte? “Nessuna, gli avranno detto di non parlare perché come al solito non si fidano di noi”. Musica e spartito di uno dei presenti alla riunione che si è svolta online all’ora di cena di giovedì.
Giuseppe Conte ha convocato i vertici di Camera e Senato, all’ordine del giorno l’ascolto dei problemi e delle questioni politiche di ciascuna Commissione. È diventato una sorta di sfogatoio, tre minuti di introduzione e tre ore di interventi intervallati da alcune osservazioni del candidato in pectore alla guida del Movimento 5 stelle.
L’ex premier è prigioniero di un loop: non affrettare i tempi per non logorarsi lo sta logorando, un circolo vizioso dal quale non si può uscire se non con quello che Conte anche ieri ha definito un “accordo consensuale” con Davide Casaleggio.
Nella pancia di Rousseau sono contenuti nomi, dati e voti online della fanbase grillina. Senza quelle schede digitali non si può cambiare lo Statuto, senza un nuovo Statuto Conte non può essere plebiscitariamente legittimato, senza legittimazione plebiscitaria non c’è un nuovo leader. Sono molti fra i consiglieri dell’avvocato a suggerirgli in queste ore di tirare dritto: “Ripartiamo da zero, nuova associazione, nuovo nome, se mettiamo tutto il Movimento su una campagna di reclutamento i circa 100mila iscritti oggi registrati sulla piattaforma di Milano li raggiungiamo in qualche settimana”.
Conte non vuole, o forse non può, fermato anche dall’ingombrante figura di Beppe Grillo, padre padrone che ha posto il veto sulla rivoluzione delle carte bollate. Così il nuovo capo politico anche ieri ha ribadito che un accordo va trovato, mentre ha già sondato tre aziende che gli possano fornire i servizi che Rousseau di qui a breve gli sfilerà dalle mani, tre possibili piattaforme sopravvissute a una prima scrematura più ampia che entreranno nella vita del Movimento come semplici fornitori di servizi, e non più come spina dorsale (prima) e spina nel fianco (poi) quale è stata la società di Casaleggio.
“Ma se continua questo stallo qui il rischio scissione è concreto”, lo ha apostrofato con una certa schiettezza Vita Martinciglio, deputata della commissione Finanze. I peones sono spaesati, le perplessità continuano ad affastellarsi giorno dopo giorno.
Per la settimana prossima è stato annunciato “un grande evento”, l’ex premier presenterà il nuovo decalogo a 5 stelle, una Carta dei valori dalla quale ripartire, forse anche il nuovo Statuto, anche se per quello è presto. “La verità – spiega un esponente di governo – è che ancora non c’è nulla di certo, e queste iniziative servono solo a placare il nervosismo che sta iniziando a superare la soglia di guardia”.
A molti non è piaciuto il webinar di ieri con Enrico Letta: “Parla da leader con gli altri prima di parlare con noi”. Le chat ribollono, c’è attesa sull’organigramma, sulla spartizione del potere interno, apprensione e speranze sul limite dei due mandati. Anche su quello ieri Conte non si è espresso: “Approfondiremo, ne discuteremo con tutti voi”. La certezza è che l’avvocato voglia superare una tagliola che alle prossime elezioni lo priverebbe di un buon pezzo della sua classe dirigente, i dubbi sono sulla possibilità di superare il veto di Grillo, che non vuole avere nulla a che fare con la gestione quotidiana del partito salvo imperversare con spallate o anatemi su quel che gli fa comodo quando gli fa comodo.
Conte si muove con lo stesso stile che aveva assunto al governo: soppesa, cesella, lima, aspetta. La preoccupazione è quella di non logorarsi, non entrare in carica da commissario liquidatore del rapporto con Casaleggio o di Virginia Raggi, che al momento gli sbarra la strada verso il sol dell’avvenire dell’accordo a sinistra. Le amministrative derubricate anche ieri, d’intesa con Letta, a tappa “sì importante, ma l’obiettivo sono le politiche” perché l’accordo non c’è, con Roma di mezzo è impossibile, con Conte che ancora coltiva ambizioni di federatore della sinistra e non vuole mettere la firma sul bis di Raggi che ne minerebbe le aspirazioni, né tanto meno vuol essere lui a dirle di no attirandosi le ire di mezzo M5s.
Un’orizzonte di due anni con un Movimento da ricostruire, senza una tribuna parlamentare, una cavalcata lunga e solitaria nei marosi dei problemi quotidiani, degli scontri tra correnti, delle rivendicazioni personali. “E la mia proposta di legge che fine farà?”, gli hanno chiesto ieri sera alcuni senatori, un livello di dibattito e di prospettive rasoterra che l’avvocato vuole elevare, ma che fatica sarà. Come non finire spolpato sin dall’inizio è il problema, continuare a rinviare potrebbe non risolverlo ma anzi sortire lo stesso identico effetto, e i primi sintomi si sono già manifestati.
Anche perché Casaleggio non ha nessuna intenzione di farla facile. Per il divorzio consensuale chiede 450mila euro di arretrati, conto che include i 300 euro al mese che gli avrebbero dovuto versare tutti i parlamentari dal primo giorno ad oggi, espulsi compresi.
Avere quei soldi è impossibile, le morosità di chi è ancora nel Movimento e ha degli arretrati vengono calcolate in 140, al massimo 160 mila euro, e da quella cifra non ci si schioda.
Anche perché se i soldi da pagare fossero di più c’è il non secondario problema di chi dovrà nel caso sborsarli, perché dal fondo delle restituzioni non si può attingere, dai bilanci di Montecitorio e Palazzo Madama men che meno, e i parlamentari sono già in subbuglio perché “quelli sono accordi con i singoli parlamentari, io già verso il mio e non ci sto a coprire gli ammanchi di altri”. Certo è che come dice uno dei colonnelli di lungo corso “senza accordo con Casaleggio veniamo travolti”.
“C’è da risolvere il problema degli iscritti e dei dati, senza un divorzio consensuale rischiamo di essere sommersi da cause e pendenze”, ha ribadito ieri ancora una volta Conte.
“Ma noi siamo pronti”, ha aggiunto, e qualche idea ce l’ha pure, come l’ok al 2×1000 che spazzerebbe via anni e anni a protestare contro i finanziamenti ai partiti ma alla fine quelli sono soldi dei cittadini, idee che vengono celate e le poche che filtrano diluite, una maratona nella quale non si vede la strada ed è incerto l’arrivo, la prossima settimana un appuntamento importante ma probabilmente non decisivo, altro che “Letta che in una settimana ha detto di sì ed è stato legittimato, noi qui si attende da mesi senza capire il perché”. Tarda la partenza del Movimento di Conte, che aspetta per non logorarsi e che forse si sta logorando già.
(da “Huffingtonpost”)
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