DONNE IN POLITICA: LE QUOTE ROSA SONO COME LA RISERVA INDIANA
BASTA CON L’IPOCRISIA DI ASSEGNARE QUOTE MINIME SOLO PER DARE L’IMMAGINE DI PARTECIPAZIONE DELLA DONNA… IN POLITICA VADA AVANTI CHI MERITA, UOMO O DONNA CHE SIA, COME NEL LAVORO… ALTRIMENTI CI SI RITROVA PIU’ VELINE CHE DONNE COL CERVELLO
“Niente donne, assessori da rifare” hanno titolato i quotidiani, per segnalare la sentenza del Tar di Lecce che ha sanzionato la Provincia di Taranto, in quanto composta da tutti assessori maschi. Sarebbe stato violato lo Statuto e la legge sulle pari opportunità in quanto, si legge nella sentenza, “occorre assicurare la presenza di entrambi i sessi, trattandosi di una tipica obbligazione che non può essere derogata da accordi politici”, come previsto dallo statuto della Amministrazione prov. di Taranto.
A sentire i primi commenti sembra che tutti siano d’accordo, femministe, post-femministe e donne di chiesa, conservatrici e progressiste.
In primo luogo gli uomini che fanno finta di amare le quote rose, magari esclusivamente per avere un viso meno patibolare accanto, in un’assemblea istituzionale, ma che poi se possono tendono ad emarginarle a ruoli secondari.
E’ il festival dell’ipocrisia italica quella che è andato in onda sui media.
Nessuno ha avuto il coraggio di dire che le “quote rose” sono una pagliacciata, in nessun azienda privata si ragionerebbe così.
Noi pensiamo semplicemente che in politica “debba andare avanti chi merita”, cosa ce ne frega se è uomo, donna o via di mezzo, bianco o negro, cattolico, ateo o musulmano.
Non debbono esistere riserve indiane: se ci sono dieci donne migliori di dieci uomini, ben venga che una giunta sia fatta di sole donne o dobbiamo aspettarci il ricorso al Tar poi da parte degli uomini?
Intanto diciamo una cosa: sono poche le donne che si dedicano alla politica.
E per come è intesa oggi, per i compromessi e gli intrallazzi che comporta, le donne dimostrano così di essere sicuramente più intelligenti degli uomini.
In secondo luogo siamo arrivati all’assurdo che spesso i partiti, per rispettare la prassi, non avendo donne impegnate realmente in politica da candidare, vanno a raccattare amiche e conoscenti “per riempire la lista”.
In terzo luogo si sta facendo strada il concetto che le donne più che a una competizione elettorale debbano partecipare a un concorso di bellezza, da cui la domanda “Cosa farai da grande? e la risposta di Noemi: “Mi piacerebbe entrare nel mondo dello spettacolo o in Parlamento”.
E le liste diventano come i provini per il Grande Fratello, lettone di Putin incorporato.
Se è vero che per una donna fare carriera nella professione è sempre più difficile che per un uomo, è altrettanto sicuro che se una vale, si fa strada lo stesso, semmai cambia azienda.
Tanto per dare qualche elemento numerico, in Italia oggi vi sono 15 donne presidenti di Provincia, due donne governatori di Regione, 188 assessori prov. donne (19,8%), 784 donne sindaco (9,8%), 5.362 donne assessori comunali (18,6%) e 20.083 donne consigliere comunali (17,6%).
Continuare a parlare di quota rosa è offensivo e patetico: una donna non ha bisogno di “vivere nelle riserve” per ottenere un risultato.
E’ una logica demenziale e ipocrita che sta alla base delle quote, giusto una spolverata di immagine per dare l’impressione che le donne siano tenute in considerazione dai partiti.
Facciamo un esempio: Renata Polverini, segretaria naz. del sindacato Ugl, donna in gamba e preparata, ha avuto bisogno delle quote rosa per diventare la prima segretaria donna di un sindacato europeo? O ci è arrivata perchè votata a furor di iscritti?
E allora finiamola con fissare quote per i panda.
Con questo criterio un sindaco per costituire una giunta allora dovrebbe nominare almeno un assessore omosessuale per le pari opportunità ? O un immigrato? O un portatore di handicap?
Ma che nomini chi gli pare e possibilmente chi merita, visto che poi ne risponde all’elettorato.
Le donne non hanno bisogno di elemosine, chi vuol farla vada a mettere una monetina in chiesa e accenda una candela, invece che prendere uomini e donne per i fondelli.
Che si cominci a guardare i cervelli in politica, invece delle cosce.
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