DOPO LE URNE, I DOLORI: IN ARRIVO MANOVRA E TAGLI
IL GOVERNO DEVE TROVARE 20 MILIARDI, POI SARA’ COSTRETTO A RISPARMIARNE 17
«Decideremo domani», aveva detto l’altro ieri Matteo renzi a proposito del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto scegliere il successore di Attilio Befera alla guida di Agenzia delle Entrate.
Quel “domani” renziano sarebbe stato ieri. Ma ieri non si è fatto nulla. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non si è visto a palazzo Chigi.
Lunedì scorso, su volere della presidenza del Consiglio, il Tesoro ha annunciato con una nota che la scadenza della Tasi slittava da giugno a settembre. Senza poter dare una data precisa: il 16? Il 30? Impazzano le voci, si parla già di un ulteriore slittamento a ottobre.
Tra palazzo Chigi e ministero dell’Economia, insomma, non fila tutto liscio come l’olio. E non è un bel segnale. Perchè dopo le elezioni, da lunedì prossimo, il premier si troverà intasata la scrivania di scadenze. Soprattutto di natura economica.
Intanto entro fine mese deve decidere i 200 milioni di tagli lineari ai ministeri. Entro giugno, invece, si definiranno i 2,1 miliardi di sforbiciate a copertura del decreto Irpef. Regioni e Comuni devono comunicare dove intendono trovare 700 milioni di risparmi ciascuno altrimenti dovrà intervenire il governo centrale, che comunque deve reperire altri 700 milioni a sua volta.
Poi ci sono le urgenze. Ci sono i fondi della cassa integrazione in deroga: le Regioni già lamentano che i fondi scarseggiano. E c’è da rimpinguare il fondo emergenze, dal quale si attingono le risorse per far fronte alle calamità naturali: si è esaurito.
Siamo all’inizio. Bisogna reperire gli oltre dieci miliardi per rifinanziare l’operazione 80 euro per il 2015, un altro miliardo e mezzo per estenderlo agli incampienti (coloro che hanno un reddito da zero a ottomila euro) finora esclusi.
Ci sono poi i tre miliardi della scorsa legge di stabilità da coprire a cui vanno ad aggiungersi i quasi 500 milioni di detrazioni familiari che impegnano la spending review per l’anno in corso.
Già , la revisione della spesa. Cottarelli è stato fatto sparire perchè i suoi tagli rischiavano di spaventare l’elettorato.
Non bisogna credere che il commissario ai risparmi non stia lavorando. Il governo si è impegnato (e il Parlamento lo ha votato) a tagliare la spesa pubblica per 17 miliardi per l’anno prossimo. Una cifra che appare mostruosa se si pensa che per il 2014 è stata tagliata di 3,5 miliardi: quello che sta per arrivare è quasi cinque volte di più.
Insomma, dopo il voto c’è la manovra. Renzi e Padoan (importante perduri la perfetta sintonia) devono solo stabilire quando farla.
O forse è meglio se ne occupi un governo con un mandato popolare?
Fabrizio dell’Orefice
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