EREDITA’ COMPLICATA PER DAVIDE CASALEGGIO E DI MAIO
PIANI FUTURI E CONTRASTI DI POTERE NELLA GALASSIA CINQUESTELLE
“Cambia il mondo”. Sigaretta nell’angolo della bocca, volto scuro, occhi bassi. Poco prima di Pasqua uno degli uomini della comunicazione a 5 stelle in Parlamento non faceva nulla per dissimulare la notizia filtrata poche ore prima: le condizioni di Gianroberto Casaleggio si erano aggravate, probabilmente in maniera irreparabile.
La permeabilità della cortina fumogena che aveva sempre protetto le condizioni del cofondatore era il segnale che ci fosse poco da scherzare, che le smentite di rito non erano più sufficienti a negare l’innegabile, a fissare l’asticella del destino un po’ più in là .
Il fondatore lascia alle spalle una situazione ingarbugliatissima.
Che parte del gruppo parlamentare da alcune settimane sta provando a instradare su un percorso ben preciso. Con risultati che non sono ancora decifrabili.
Ma c’è una parola, che circola con insistenza, che viene pronunciata da tanti, troppi per essere derubricata a speculazione: “Anarchia”.
E c’è anche un passaggio in chiaro che rende più solido il concetto. Perchè Dario Fo manda un messaggio, che il blog pubblica. In cui è presente il cordoglio, c’è la sicurezza sulla strada e sugli uomini che continueranno a percorrerla. Ma c’è anche, esplicita, una grande preoccupazione: “Non so immaginare quali conseguenze possano verificarsi”.
Fino a qualche giorno fa nessuno, tra parlamentari e staff, si sentiva di negare. “Chi te l’ha detto?” rimaneva la più flebile forma di smentita.
Il guru fino all’ultimo è rimasto schivo, riservato. Se n’è andato in punta di piedi. Per preservare con tenacia la propria privacy. E per tenere al riparo la sua creatura, il Movimento, da appetiti e speculazioni.
Per tentare di vincere, anche in punto di morte, la battaglia di una vita. E a chi lo chiamava per consigliargli quello o quell’altro esperto statunitense per la sua malattia rispondeva con voce lieve di non preoccuparsi, che tutto sommato stava bene.
La gran parte della truppa parlamentare non conosceva il dettaglio. Il Direttorio andava avanti con stanche smentite di rito: “Sono tre anni che se ne parla, e lui sta sempre lì”.
Ma come è inevitabile, dove le storie personali si intrecciano con la politica, il potere, da tempo erano iniziate le grandi manovre.
Perchè davvero nel Movimento 5 stelle cambia il mondo.
C’è un prima Casaleggio e c’è un dopo Casaleggio. E quel dopo è difficilmente controllabile.
Il gruppo dirigente, fino all’ultimo, con Gianroberto sempre in prima linea, ha provato a delineare una strategia. In tre passi: una grande vittoria alle amministrative (Roma o Torino), un sostanziale disimpegno nei confronti del referendum costituzionale, dato già oggi per perso, una decisa accelerazione dell’investitura a Luigi Di Maio candidato premier.
Nelle ultime settimane si è sono serrati i ritmi sulla tabella di marcia.
Tappe forzate, ma non abbastanza per arrivare a delineare un quadro certo prima dell’ineluttabile.
Così da una parte c’è Di Maio e il gruppo dirigente che gli si è saldato intorno che provano a chiudere la partita delle decisioni strategiche il prima possibile.
Dall’altra si collocano le ambizioni e le rivalità dei singoli parlamentari e dei gruppi d’interesse diffusi nella pancia del Movimento. Per i quali la fonte primaria del mondo stellato era il “lo dice Gianroberto”.
Senza la formula magica, la questione della legittimità della catena di comando, di chi può dire cosa a chi — che cova sotto la cenere da mesi — è un elemento potenziale di deflagrazione del mondo 5 stelle.
La prima questione da risolvere si chiama Davide. Perchè se è vero che il figlio del co-fondatore è l’erede designato dell’azienda di famiglia, lo stesso non si può dire per la guida del M5s.
Sia perchè è lo stesso Casaleggio jr a non averne nessuna intenzione, sia per una questione d’immagine. La sintetizza così un membro di spicco dello staff della comunicazione: “Mica puoi dire semplicemente che prima c’era il padre e ora c’è il figlio. Che facciamo, ci trasformiamo da movimento a dinastia regale?”.
La questione è cruciale. Perchè il suo carattere duro e schivo, unito alla scarsità di rapporti con l’intero gruppo parlamentare, rende poco sostenibile politicamente un passaggio sic et simpliciter di padre in figlio.
E forzare la mano potrebbe voler equivalere a innescare “la miccia anarchica”.
Ma d’altra parte l’ufficio di Milano, per struttura e per la storia di chi ci lavora, è l’unico luogo al momento che possiede il know-how per gestire il Movimento.
Per questo l’ipotesi su cui si sta lavorando è quella di passare la proprietà dei siti, che sono la piattaforma pulsante del mondo 5 stelle, ai gruppi parlamentari di Camera e Senato.
La gestione tecnica e sostanziale rimarrebbe alla Casaleggio Associati, ma la responsabilità della linea politica si sposterebbe pienamente nelle mani dei suoi “ragazzi”.
A Milano, una fonte interna alla Casaleggio si limita ad un laconico “quale deputato te l’ha detto?”.
Una responsabilizzazione definitiva del Direttorio. Sempre che parlare di Direttorio abbia senso. “Non nascondiamoci dietro un dito — racconta uno dei parlamentari di spicco — I cinque furono nominati per quello, per darci una struttura quando Gianroberto avrebbe passato il timone”.
Ma c’è una postilla, decisiva: “Il fatto è che oggi dire Direttorio equivale a dire Luigi Di Maio”.
Il vicepresidente della Camera si gioca una partita cruciale.
Grava principalmente sulle sue spalle la capacità del Movimento di reggere l’urto. Nella riunione pre-pasquale a Milano, presente lo stesso Casaleggio, Beppe Grillo ha detto chiaramente di non volersi sobbarcare l’onere della gestione quotidiana dei problemi del Movimento.
Il fondatore è impegnato in un tour teatrale fino ad aprile, e a maggio è intenzionato a replicarlo (in altre forme) negli Stati Uniti.
“Ci ho messo tanto a recuperare spazi della mia vita privata, non intendo tornare indietro”, ha messo in chiaro qualche settimana fa.
L’ex comico probabilmente farà qualche apparizionesu qualche palco (Roma, Torino), e in questi giorni si è prestato ad una lunga teoria di interviste.
Un modo per riempire momentaneamente un vuoto. Ma oltre il leader non sembra voler andare. Molti, tra i colonnelli di primissimo piano, non hanno protestato un granchè. “Arrivare a una definitiva disintossicazione in senso positivo dal fondatore, dimostrare che possiamo camminare sulle nostre gambe, sarebbe un successo”, dice uno di loro.
Un modo indiretto per dare via libera a Di Maio. Le convinzioni dei massimi dirigenti M5s sono due: che quella sul referendum costituzionale sia una battaglia persa in partenza; e che alla fine Matteo Renzi si convincerà ad andare a elezioni anticipate.
Così la procedura d’investitura alla premiership di Di Maio è già stata incardinata. Tra fine giugno e luglio arrivà l’investitura via blog. In modo di spostare l’agenda comunicativa 5 stelle lontana dal referendum.
Per il quale verrà creato un comitato autonomo per il “No”, per poterne calibrarne l’impegno a seconda della convenienza.
Anticipare i tempi e preparare una lunga campagna elettorale fino alla primavera del 2017, con il passaggio intermedio della formalizzazione (anche questa tramite voto della rete) della squadra di governo.
Uno schema nel quale le amministrative diventano tassello fondamentale. Vincere a Roma o a Torino permetterebbe di costruire un capitale politico dall’alto della cui rendita potersi muovere più agilmente. Anche perchè senza la legittimazione diretta di Casaleggio tutta l’operazione si fonda su basi molto più fragili.
“Cambia un mondo”. La sfida più difficile, il compito più complicato.
Tra vuoti di potere e ambizioni personali i prossimi mesi saranno decisivi per capire se il Movimento 5 stelle è realmente uno spazio aperto, contendibile nella battaglia delle idee, o se il venir meno dell’esercizio della leadership silenziosa e del carisma del suo co-fondatore aprirà uno squarcio irreparabile.
Perchè, al di là del blog, della premiership, al di là di Renzi e di Grillo, il mondo 5 stelle ha perso l’unica mente che finora aveva la capacità di aprire orizzonti e vedere strategie al di là delle tattiche.
Se giuste o sbagliate, se efficaci o fallimentari, lo si inizierà a capire già dai prossimi giorni.
(da “Huffingtonpost”)
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